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Non una lettera di circostanza

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Quest'anno 2021 noi Saveriani celebriamo il 100° Anniversario dell'approvazione delle Costituzioni da parte della Suprema Autorità della Chiesa; con essa si certificava la provenienza divina dell'Istituto. Il 2 luglio 1921, il Fondatore annunciava l'avvenimento con una lettera accompagnatoria ai: Fratelli carissimi, disideratissimi … vi invito ad esultare e ringraziare; richiamo l'attenzione vostra sopra l'impegno grave e solenne…; noi dobbiamo rilevarne l'importanza…”; “la vocazione alla quale siamo stati chiamati, non potrebbe essere più nobile e grande.... Questa Lettera Testamento (LT) aveva tutto per sembrare una "lettera parenetica" (ovvero di devota esortazione). Il contenuto non era originale, ma per ispirazione e stile era molto più di un'esortazione di circostanza. 

Il mio avvicinamento a questo testo risale all'anno di Noviziato. Il P. Maestro, p. Giovanni Gazza senior, anziano e malato, ebbe frequenti periodi in cui non era in grado di farci le quotidiane conferenze formative. Il buco veniva coperto, mandandoci a passeggio lungo i vialetti del parco di S. Pietro in Vincoli, per mandare a memoria tutto il lungo testo. Periodicamente, venivamo poi interrogati in pubblico sui progressi fatti. Difficile pensare ad un approccio più antipatico allo studio di un testo. In effetti, mi ci volle del tempo per apprezzare il gusto di quella bella pagnotta rimasta sullo stomaco. Sì, perché di pane si trattava. Pane senza additivi (finocchietto, pinoli, uvetta ecc.) che lo facessero sembrare più appetibile. La materia prima era farina integrale (la classica spiritualità di fine '800), cotta sulla brace. Ricorda il fuoco acceso da Gesù sulle rive del mare di Tiberiade per ridare vigore ai discepoli tristi e scoraggiati, poco prima di lasciarli per salire al cielo. Incoraggianti inviti, cuore caldo, parole incandescenti: "Amiamo la povertà ... amiamo la virtù che ci rende simili agli Angeli ... ci sia poi caro il sacrificio della volontà ... dobbiamo però alimentare di continuo questa vita soprannaturale … Oh, quanto bella e dolce cosa ella è che i fratelli siano insieme uniti … Il Signore non poteva essere più buono con noi!" (LT passim).

Lo sentiva anche lui che non stava inviando una lettera di circostanza, benché scrivesse dieci anni prima di lasciarci. Scrive lui stesso: "E dovendo pur prendere da voi commiato… (LT 10); "Ed in questo momento… abbraccio con effusione di cuore, come se fossero qui presenti, quanti hanno dato il nome al pio nostro Sodalizio e quanti saranno per darglielo in seguito" (LT 11). Trepidazione, affetto, abbraccio, bisogno di famiglia, fede impregnano ed impreziosiscono questa lettera. Non le manca neppure il sapore luuungo del "che tutti un giorno abbiamo a ritrovarci in Cielo". Non v'è dubbio: è il lascito del papà ai figli. 

Ho descritto sopra l'effetto che in me ha provocato il poco felice primo approccio alla LT. Credo sia lecito sospettare che in Congregazione ci sia stato un qualche errore di "trasmissione": come non avessimo preso lucida coscienza che il Fondatore ci aveva lasciato un testo (pane) che ha sentore di "sacralità", direi di "eucarestia". Certo, a brani e bocconcini è stato spesso messo in tavola, forse più stuzzichino che piatto principale. Non di rado è successo perfino che ce ne siamo disinteressati ed abbiamo masticato, come dice Dante, "lo pane altrui" o che noi Saveriani potessimo essere figli di un dio minore. Ma il Fondatore sapeva di essere "ispirato". 

Sono uno che non va ricercando tutto quanto il Fondatore ha detto o scritto: era Vescovo e dunque custode fedele di una eterna dottrina non sua. A questi discorsi, sermoni e quant'altro… mi sento tiepidamente interessato, credo, per due buoni motivi: Conforti diceva - seppure bene e da buon teologo - quanto predicavano tutti i Vescovi e preti del suo tempo; la Chiesa vive ora in un tempo in cui deve inventare la maniera di dire quelle stesse cose, ma con un linguaggio assolutamente diverso e comprensibile alla gente di oggi. Da saveriano, dico che il "nostro" Conforti è quello delle Costituzioni, delle conferenze formative, dei discorsi ai partenti, della LT etc. Lì ha fatto delle scelte, come "il padrone di casa il quale estrae dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie"(Mt. 13, 52). 

Tento di esplicitare quelle che a me paiono le tre linee principali (ugualmente importanti): la prima è la missione ("acuendo in noi il desiderio di propagare ovunque il suo Regno", vera punta di diamante; la seconda linea è quella della "consacrazione" che prende avvio dalla lezione del Crocifisso vivente, sia come metodologia che come contenuto; la terza linea è quella della "famiglia", come collante delle due. 

La LT è il compendio/suggello che ci riunisce attorno ad un pane home made. Tutto quello che il Fondatore ha detto ai e per i saveriani costituisce come le perle di una collana (prototipo "griffato") da portare al collo, una specie di simbolico "Conforti pride" che forse potremmo ravvivare sulla brace non spenta di quel "ed in questo momento in cui sento tutta la soavità della carità di Cristo… abbraccio con effusione di cuore quanti hanno dato il nome al pio nostro Sodalizio e a quanti saranno per darglielo in seguito". 

Parma, 11 giugno 2021


Año Jubilar – Carta Testamento

Este año 2021, los Javerianos celebramos el Centenario de la aprobación de las Constituciones por la Suprema Autoridad de la Iglesia. Aprobación que certificó la procedencia divina del Instituto. El 2 de julio de 1921, el Fundador anunció el evento con una carta de acompañamiento dirigida a los “Queridísimos hermanos... los invito a regocijarse y a dar gracias”; llamo su atención acerca del compromiso grave y solemne...”; “Debemos poner de relieve toda la importancia de este compromiso...”; “la vocación a la que hemos sido llamados, no podía ser más noble y grande...”. Esta Carta Testamento (CT) tenía todo como para ser una “carta parenética” (es decir, de devota exhortación). El contenido no era original, pero por su inspiración y estilo era mucho más que una exhortación de circunstancia. 

Mi aproximación a este texto se remonta al año del noviciado. El P. Maestro, P. Giovanni Gazza (senior), anciano y enfermo, tenía periodos frecuentes en los que no podía darnos las conferencias formativas diarias. El vacío era llenado, enviándonos a dar un paseo por los caminos arbolados del parque de S. Pietro in Vincoli para memorizar todo el largo texto. Luego, periódicamente éramos interrogados en público sobre los avances realizados. Es difícil pensar en un enfoque más antipático para el estudio de un texto. De hecho, me tomó tiempo apreciar el sabor de ese delicioso pan que quedó en mi estómago. Sí, porque de pan se trataba. Pan sin complementos (hinojo, piñones, pasas, etc.) que lo hicieran parecer más apetecible. La materia prima era harina integral (la clásica espiritualidad de finales del siglo XIX), cocida sobre las brasas. Recuerda el fuego encendido por Jesús a orillas del Mar de Tiberíades para devolver fuerzas a los discípulos tristes y desanimados, justo antes de dejarlos para subir al cielo. Invitaciones alentadoras, corazón cálido, palabras incandescentes: “Amemos la pobreza... amemos aquella virtud que nos asemeja a los Ángeles... amemos el sacrificio de la voluntad ... Pero debemos alimentar continuamente esta vida sobrenatural” ... Oh, qué hermoso y dulce es que los hermanos vivan unidos... ¡El Señor no podía ser más bueno con nosotros!” (CT passim). 

Conforti sentía que no estaba enviando una carta de circunstancia, aún si la escribía diez años antes de dejarnos. Él mismo lo explica: “Y ya teniendo que despedirme de ustedes...” (CT 10); “Y en este momento… abrazo con efusión cordial, como si estuvieran aquí presentes, a cuantos han ingresado en nuestra Congregación y a cuantos han de ingresar en lo sucesivo” (CT 11). Trepidación, afecto, abrazo, necesidad de familia, fe… impregnan y embellecen esta carta. No le falta tampoco el perdurable sabor de que “todos, algún día, nos hemos de encontrar en la misma Patria bienaventurada”. No hay duda: es el legado de un papá a sus hijos. 

He descrito anteriormente el efecto que me provocó el desafortunado primer acercamiento a la CT. Creo que es legítimo sospechar que en la Congregación se ha dado un error de “transmisión”: como si no hubiésemos tomado conciencia de que el Fundador nos había dejado un texto (pan) que tiene una pizca de “sacralidad”. Yo diría de “eucaristía”. Por supuesto, que a trozos y como cosa exquisita, a menudo ha sido puesto en la mesa, quizás más como aperitivo que como plato principal. No pocas veces ha ocurrido, también, que no nos interesa y lo hemos masticado – a decir de Dante – como “el pan de los demás”, o como si los Javerianos fuésemos hijos de un dios menor. Pero el Fundador sabía que estaba “inspirado”.

Soy uno que no ha ido investigando todo lo que el Fundador dijo o escribió: era Obispo y, por tanto, fiel guardián de una doctrina eterna que no era suya. Sobre esos discursos, sermones y demás… me siento tibiamente interesado, y creo que sea por dos buenas razones: Conforti decía – aun si muy bien y como buen teólogo – lo que predicaban todos los Obispos y sacerdotes de su tiempo; la Iglesia vive ahora una época en la que tiene que inventar la forma de decir esas mismas cosas, con un lenguaje absolutamente diferente y comprensible para la gente de hoy. Como Javeriano, digo que “nuestro” Conforti es el de las Constituciones, de las conferencias formativas, de los discursos de envío, de la CT, etc. En ello, hizo sus opciones, como “el padre de familia que saca de su tesoro cosas nuevas y cosas viejas” (Mt 13, 52). 

Ahora intento presentar aquellas que a mí me parecen las tres líneas principales (igualmente importantes): la primera es la misión (“avivando en nosotros el anhelo de propagar por todas partes su Reino”, una verdadera punta de diamante); la segunda línea es la de la “consagración” que parte de la lección del Crucifijo viviente, ya sea como metodología, que como contenido; la tercera línea es la de la “familia”, como el aglutinante de las dos anteriores. 

La Carta Testamento es la recapitulación/credencial que nos reúne en torno a un pan home made. Todo lo que el Fundador ha dicho a los Javerianos y para los Javerianos se asemeja a las perlas de un collar que se pone en el cuello (prototipo de “marca”), una especie de “Conforti pride” que, quizás, podamos revivir en las brasas no apagadas de aquel: “Y en este momento en que experimento toda la suavidad de la caridad de Cristo… abrazo con efusión cordial a cuantos han ingresado en nuestra Congregación y a cuantos han de ingresar en lo sucesivo”. 

Parma, 11 de junio de 2021


Année Jubilaire - Lettre Testament

Cette année 2021, nous, les Xavériens, nous célébrons le 100ème anniversaire de l'approbation des Constitutions par l'Autorité suprême de l'Église, ce qui attestait la provenance divine de l'Institut. Le 2 juillet 1921, le Fondateur annonça l'événement avec une lettre d'accompagnement à : « mes frères, très chers et bien-aimés... je vous invite à exulter et à rendre grâce » ; « j'attire votre attention sur l'engagement grave et solennel… » ; « nous devons en souligner toute l’importance... » ; « la vocation à laquelle nous avons été appelés ne saurait être plus noble et plus grande... ». Elle avait toutes les caractéristiques d’une « lettre parénétique » (c'est-à-dire d'une exhortation pieuse). Le contenu n'était pas original, mais dans l'inspiration et le style, c'était bien plus qu'une exhortation de circonstance. 

Mon approche de ce texte remonte à l'année du Noviciat. Le père Maître, Giovanni Gazza senior, âgé et malade, pendant un long temps, il n'était pas en mesure de nous donner les conférences quotidiennes. Le trou a été couvert, nous envoyant nous promener le long des sentiers du parc de S. Pietro in Vincoli, pour mémoriser tout le texte de la LT. Périodiquement, nous étions alors interrogés en public sur les progrès réalisés. Il est difficile de penser à une approche plus désagréable de l'étude d'un texte. En fait, il m'a fallu un certain temps pour apprécier le goût de ce bon morceau de pain resté toutefois dans l’estomac. Oui, parce que c'était du pain. Pain sans additifs (fenouil, pignons de pin, raisins secs, etc.) qui le rendaient plus savoureux. La matière première était la farine complète (la spiritualité classique de la fin du XIXe siècle), cuite sur les braises. Souvenez-vous du feu allumé par Jésus sur les rives de la mer de Tibériade pour redonner des forces aux disciples tristes et découragés, juste avant de les quitter pour monter au ciel. Des invitations encourageantes, un cœur chaleureux, des paroles incandescentes : « aimons la pauvreté... aimons la vertu qui nous rend semblables aux Anges... que le sacrifice de notre volonté nous soit cher... il nous faut, cependant, alimenter continuellement cette vie surnaturelle... Oh, quel plaisir, quel bonheur de se trouver entre frères... Le Seigneur ne pouvait être plus bon envers nous ! » (LT passim). 

Conforti pressentait qu'il n'envoyait pas de lettre de circonstance, bien qu'il l'ait écrite dix ans avant de nous quitter. Il écrit lui-même : « Et, étant donné qu’il me faut prendre congé de vous... (LT 10) ; en ce moment précis... j'embrasse avec effusion de cœur, comme s'ils étaient ici devant moi, tous ceux qui ont donné le nom à notre humble Société et tous ceux qui le feront dans l’avenir » (LT 11). Trépidation, affection, étreinte, besoin de famille, foi… imprègnent et embellissent cette lettre. Elle ne manque pas non plus de la longue saveur que « tous doivent se retrouver un jour au Paradis ». Il n'y a pas de doute : c'est l'héritage du père à ses enfants.

J'ai décrit ci-dessus l'effet que la malheureuse première approche de LT a provoqué en moi. Je pense qu'il est légitime de soupçonner qu'il y a eu dans la Congrégation une erreur de "transmission" : c’est comme si nous nous n’étions pas rendus compte que le Fondateur nous avait laissé un texte (pain) qui a un sens de "sacralité", je dirais de "l'Eucharistie". Bien sûr, en morceaux et en petits morceaux, il était souvent mis sur la table, peut-être plus pour un petit-déjeuner que pour un plat principal. Il n'est même pas rare qu'il nous soit arrivé de ne pas nous y intéresser et que nous ayons mâché, comme le dit Dante, « le pain des autres » ou que nous, Xavériens, nous ayons pu être les enfants d'un dieu inférieur. Mais le Fondateur se savait « inspiré ».

Je suis quelqu'un qui ne cherche pas tout ce que le Fondateur a dit ou écrit : il était évêque et donc gardien fidèle d'une doctrine éternelle qui n'était pas la sienne. Dans ses discours, sermons et ainsi de suite… je me sens tièdement intéressé, je pense, pour deux bonnes raisons : Conforti a dit - bien que magistralement et en bon théologien - ce que tous les évêques et prêtres de son temps ont prêché ; l'Église vit maintenant à une époque où elle doit inventer la façon de dire ces mêmes choses, mais avec un langage absolument différent qui est compréhensible pour les gens d'aujourd'hui. En tant que Xavérien je dis que "notre" Conforti est celui des Constitutions, des conférences de formation, des discours d’envoi en mission, des LT etc. Là, il fit des choix, comme « le maître de maison qui tire de son trésor du neuf et du vieux » (Mt 13, 52).

J'essaie d'éclaircir ce qui me semble être les trois grands axes (chacun de la même importance) : le premier est la mission ("aiguiser en nous le désir de répandre son Royaume partout", un véritable fer de lance) ; le second est celui de la "consécration" qui part de la leçon du Crucifix vivant, à la fois comme méthodologie et comme contenu ; le troisième est celle de la « famille », comme colle des deux.

La LT est le recueil/sceau qui nous rassemble autour d'un pain fait maison. Tout ce que le Fondateur a dit aux Xavériens constitue comme les perles d'un collier (prototype bien de marque) à porter autour du cou, une sorte d’une symbolique "Fierté Conforti" que l'on pourrait peut-être raviver sur les braises non éteintes de cette phrase :« et en ce moment où je ressens toute la douceur de la charité du Christ... j'embrasse avec effusion de cœur tous ceux qui ont donné leur nom à notre humble Société et tous ceux qui le feront dans l’avenir ».

Parme, le 11 juin 2021


Jubilee Year – Testament Letter

In this year 2021, we Xaverians celebrate the 100th Anniversary of the approval of our Constitutions by the Supreme Authority of the Church; that approval certified the divine provenance of the Institute. On July 2nd, 1921, the Founder announced the event with a letter saying: My dear brothers… We have good reason to rejoice and thank; … I draw your attention to the serious and solemn commitment…; The importance of this event must not pass us by unnoticed; … the vocation to which we have been called could not be greater or more noble…”. This Testament Letter (TL) had all it needed to be considered a “parenetic letter” (i.e., a devout exhortation). Its content was not original, yet its inspiration and style were much more than those used in an occasional exhortation.

My first encounter with this text goes back to the year of Novitiate. The Master of Novices, Fr. Giovanni Gazza sr., was old and sick. There were frequent periods when he was not able to give us his daily lectures. He would make up for those gaps by having us stroll along the park alleys of San Pietro in Vincoli to memorise the entire long text of the Letter; then, our progress would be tested in public. It is hard to imagine a more detestable approach to the study of a text. As a matter of fact, later it took me some time to start appreciating the taste of that heavy loaf of bread that had got stuck in my stomach, for that true “bread” it was. But it was a bread without additives to make it appear more appetising (like fennel, pine nuts, raisin, etc.). Its basic ingredient was whole wheat flour (the classic spirituality of late 19th century) and was cooked over a charcoal fire. It reminds of the fire that Jesus lit on the shores of the Sea of Tiberias to invigorate his sad and disheartened disciples, just before leaving them and ascending to heaven. Here one finds encouraging invitations, a warm heart, powerful words: “Let us love poverty … Let us love that virtue which makes us similar to the Angels … Let us treasure the sacrifice of our will … We must constantly cultivate this supernatural life … How good and pleasant it is when brothers live together in unity! … The Lord could not have been more benevolent towards us!” (TL passim).

Conforti too felt that he was not sending an occasional letter, even if he was writing ten years before passing away. He personally writes: “In concluding these reflections [as I am about to say goodbye]” (TL 10); “Right now, … I warmly embrace the present and future members of our Society, as if they were here present” (TL 11). Trepidation, affection, need for a home and faith pervade and enrich this letter. Not even the strong aftertaste of words such as “we will one day meet together in heaven” is missing. There is no doubt: this is a father’s legacy to his sons. 

Above I illustrated the effect that my first unhappy approach to the TL had on me. I believe it is fairly safe to suspect that within the congregation there may have been some errors in its “transmission”, as if we were not completely aware of the fact that the Founder had left us a text (bread) which emanates a scent of “sacredness” – I would call it a scent of the “Eucharist”. To be sure, it has often been served on our table, but in excerpts and morsels, as an appetizer rather than as the main course. It even occurred, not infrequently, that we neglected it and that, as Dante would say, we chewed “lo pane altrui” (someone else’s bread); it was as if we Xaverians were children of a lesser god. But the Founder knew he was “inspired”.

I am not one who is after all the Founder said or wrote: he was a bishop and, therefore, he was a loyal custodian of an eternal doctrine that did not belong to him. I guess I am lukewarm toward those kinds of speeches, sermons and all the rest, for a couple of good reasons: no matter how well, and as a good theologian, he put it, Conforti was saying what all bishops and priests of his times were preaching; today the Church lives in an age when she must invent new manners to say the same things, that is, with an absolutely different language, one which sounds comprehensible to today’s people. As a Xaverian, I say that “our” Conforti is the one of the Constitutions, of the formative lectures, of the addresses to departing missionaries, of the TL, etc. In these documents he made some choices, “like a householder who brings out from his storeroom new things as well as old.” (Mathew 13: 52).

Let me try to make explicit those which appear to me to be the three main (and equally important) lines in Conforti’s thought: the first is mission (intensifying our desire to spread his kingdom everywhere”), the true cutting edge; the second line is that of consecration which begins with the lesson imparted by the living Crucifix, intended both as methodology and as content; the third line is that of family, the bonding force of the other two.

The TL is the compendium and seal of a legacy that gathers us around the table of a homemade bread. All that the Founder said to and about the Xaverians is like a string of pearls that forms a necklace (a “branded” prototype) to be worn around the neck, a sort of symbolic “Conforti pride” that we can probably rekindle on the never extinguished charcoal of that: “Right now, as I feel the love of Christ in all its fullness… I warmly embrace the present and future members of our Society, as if they were here present.”

Parma, June 11th, 2021

Emilio Iurman sx
23 Giugno 2021
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