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Se verrà la guerra chi ci salverà?

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Editoriale Missione Oggi (Marzo-Aprile 2022)


"Se verrà la guerra… chi ci salverà”. Sono le parole del “Girotondo” di Fabrizio De André, che, ascoltate oggi, alla luce del massacro che si sta consumando in Ucraina da parte delle truppe russe di Putin, fanno venire i brividi. In un mondo sconvolto dalla “terza guerra mondiale a pezzi”, in Ucraina, ma non solo, dove non c’è più posto per far giocare i bambini, chi ci salverà? Non certo i 100 miliardi di euro stanziati dal governo Scholz per riarmare la Germania; non il miliardo di dollari annunciato da Joe Biden in nuovi aiuti militari all’Ucraina; non l’invio di armi da parte dell’Italia; non i 104 milioni di euro al giorno proposti dal nostro governo per spese militari. Siamo ricaduti nella trappola della pace facile, preparata in tempo di guerra. “La violenza – scriveva Jacques Maritain nel 1937 di fronte alla guerra civile spagnola – quando viene posta sul primo gradino della gerarchia dei mezzi e si conta anzitutto su di essa, si volge in senso contrario e porta in sé stessa la propria debolezza”. La guerra e la violenza – ribadiva ancora Maritain – non sono “virtù politiche”, ma “la catastrofe della vita politica” e – aggiungiamo noi – di qualsivoglia strategia politica. 

Dopo le grandi guerre del ‘900 e la caduta del muro di Berlino, ci sembrava spuntata l’alba di una nuova era di pace. Ma si trattava di una pace fittizia, con gli arsenali ancora gonfi di armi, sempre più moderne e micidiali. Non abbiamo scommesso abbastanza sul disarmo, sui corpi civili di pace. Non abbiamo investito nella pace, non ne abbiamo finanziato i progetti, ci siamo accontentati di una pace armata. Di lì a poco è scoppiata la guerra nei Balcani, con ogni genere di violazione dei diritti umani. Siamo ripiombati nella barbarie del secolo breve. A trent’anni di distanza, un’altra guerra colpisce il cuore dell’Europa, tra paesi che rivendicano “radici cristiane”. Ancora ferita, l’Europa sembra politicamente smarrita, colpita da una stanchezza ideale e spirituale, come ha denunciato papa Francesco nel suo discorso al Parlamento e al Consiglio d’Europa il 25 novembre 2014: “All’Europa possiamo domandare: dov’è il tuo vigore? dov’è quella tensione ideale che ha animato e reso grande la tua storia? dov’è il tuo spirito di intraprendenza curiosa? dov’è la tua sete di verità, che hai finora comunicato al mondo con passione?”.

C’è bisogno di un’inversione a U, di un sussulto della politica europea, altrimenti destinata al fallimento. La strada della militarizzazione è senza uscita: dal male non ci salverà il male. L’unica strada, “stretta”, da imboccare è disarmare la pace, come propongono i movimenti pacifisti, snobbati in tempo di pace e inascoltati in tempo di guerra. In questo senso è ancora più profetica la voce del Movimento pacifista ucraino, che si è espresso così prima della guerra: Le persone del nostro paese e dell’intero pianeta sono in pericolo mortale a causa dello scontro nucleare tra le civiltà dell’Est e dell’Ovest. Dobbiamo fermare l’accumulo di truppe, di armi ed equipaggiamento militare in Ucraina e dintorni, il folle lancio di denaro dei contribuenti nella fornace della macchina da guerra, invece di risolvere gravi problemi socioeconomici e ambientali. […]. Chiediamo la riduzione e il disarmo globali, lo scioglimento delle alleanze militari, l’eliminazione degli eserciti e dei confini che dividono le persone […], di sancire la neutralità del nostro paese con la Costituzione dell’Ucraina. La guerra è un crimine contro l’umanità. Pertanto, siamo determinati a non sostenere alcun tipo di guerra”.

Mario Menin sx
24 Mars 2022
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