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Non possiamo tacere

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Non possiamo tacere

L’onda umana del continente africano arriva sulle nostre strade: sono persone. Vogliono vivere. Hanno lasciato la loro terra sfidando il deserto, gli aguzzini di turno, il rischio del mare. Perché?

E’ quanto tanti si chiedono non senza perplessità e paure. Le immagini dei salvataggi si moltiplicano. Il problema coinvolge tutti ed è alimentato da affermazioni e minacce che non aiutano a comprendere i fatti che stanno accadendo sul amare Mediterraneo in particolare e nei paesi che lo circondano. E Il Mediterraneo non è che una delle tracce dell’esodo che si sta vivendo. Il problema è complesso: riflette certamente lo sfruttamento secolare del continente africano e il confronto all’interno del mondo islamico con l’esasperazione violenta del gruppo fondamentalista.

Non sono un politico né un esperto ma un semplice cittadino, migrante del Vangelo, perché ho sentito la gioia di condividere le proposte che alimentano l’anelito alla pace che c’è nel cuore di ogni uomo.

“Confessare un Padre che ama infinitamente ciascun essere umano – scrive papa Francesco – implica scoprire che con ciò stesso gli conferisce una dignità infinita”. Sono della famiglia dei Missionari Saveriani. Ho vissuto in Congo tanti anni, sono stato accolto come un fratello, ho cercato anch’ io di condividere i valori delle mie radici e di imparare altri valori della cultura africana Bantu, in particolare.

Nei viaggi Nord-Sud ho colto i “vuoti” nei rapporti tra i nostri popoli che si riflettono pesantemente sulla vita di tutti i giorni. Un dato che mi fa soffrire particolarmente: la media della vita. Là non più di 43/45 anni. Poi la guerra… con dolore ho visto in questi anni infrangere la vita semplice ma pacifica dei villaggi, città gonfiarsi con folle di profughi e di sfollati, la vergogna di isole di benessere con ville circondate da alti muri protetti dal filo spinato e da miliziani. Segno di una sicurezza pagata con il compromesso nella svendita delle ricchezze minerarie.

Ciò che si vive in Congo avviene in tanti paesi dell’Africa. Il PIL è aumentato negli ultimi anni, ma a vantaggio di chi? 33 sono le guerre in atto a causa delle ricchezze del continente.

E’ triste pensare alla geopolitica delle grandi potenze economiche e politiche che si contendono le ricchezze del paese. “Questa economia uccide” ha detto recentemente con forza Papa Francesco. Spesso l’ho visto con i miei occhi, seduto sulla mia carrozzella a rotelle, davanti alla dogana vicino all’aeroporto. Passavano camion di coltano, cassiterite, uranio, legno pregiato…Ciò che era più triste era sapere che c’è un rapporto diretto tra l’uscita dei minerali, soprattutto dell’oro, e l’entrata delle armi.

Ho sentito con la gente che porta il peso di un dolore senza fine l’umiliazione delle guerre chiamate di “bassa intensità” inondare la regione costringendo la gente a scappare dai loro campi e dai villaggi. Non è difficile documentarsi. I rapporti ONU sui diritti umani e sullo sfruttamento delle ricchezze in RdCongo, lo hanno denunciato più volte. Quando rientravo in Italia mi dicevano: “Sii la nostra lettera ”. La stessa frase la ripetevano ai miei compagni. Forse non abbiamo parlato abbastanza!

Oggi arrivano loro in massa, spesso dopo essere stati derubati e calpestati. Chiedono, a volte vogliono, cibo e lavoro, e soprattutto il diritto di vivere. Anche per loro i nuovi mezzi di comunicazione hanno eliminato barriere, offerto miraggi che spesso si infrangono nella traversata del deserto e nel cimitero del Mediterraneo. In Italia e in occidente molti si chiedono: perché questo esodo?

I grandi affaristi come tanti politici sanno bene il perché. Ma il vicino di casa e molta gente spesso non conoscono i drammi che li spingono a scappare. Vedono e sentono il disagio dei problemi che nascono dalla loro presenza soprattutto se accolti male, disprezzati o lasciati soli. Ma penso anche alle difficoltà incontrate dai nostri italiani nelle migrazioni del secolo scorso. Non possiamo dimenticare la scritta davanti ad alcuni negozi: “vietato entrare ai cani e agli italiani”.

Per questo credo che quanti di noi hanno visto il furto nei loro paesi, il dolore e le sofferenze causate dalle guerra, l’impoverimento dei mercati locali a causa dell’arrivo di eccedenze alimentari a basso costo, la svendita delle loro terre, già saccheggiate con le piantagioni a profitto delle multinazionali, perché ridotti alla fame non possono tacere.

E’ stato appiccato il fuoco, ora la casa è in fiamme. Chi tenta di scappare vuole semplicemente vivere. Quale soluzione? C’è chi può offrire valide indicazioni. Amo come tanti altri la nostra umanità. E questo mi spinge ad esprimere i miei sentimenti davanti al problema che stiamo vivendo.

La famiglia umana è una e il nostro tempo è chiamato a portarne la responsabilità con risposte concrete che impegnino tutti, individui e società. L’onestà chiede di rivedere i rapporti tra i nostri popoli a cominciare dall’economia, alla politica nel rispetto delle proprie radici culturali. Sono convinto inoltre che la sapienza originaria delle grandi religioni porti elementi comuni come la benevolenza, la com-passione del povero e del sofferente, e rappresentano in ogni persona una vera risorsa per la società planetaria verso cui siamo incamminati.

Nel recente viaggio nel Kivu (Congo) davanti al Memoriale a Kanyola, villaggio dell’oro, abbiamo toccato le piaghe della violenza assurda…abbiamo sentito vergogna per il profitto che abbiamo avuto ieri e oggi per e sofferenze del popolo congolese per il traffico e illegale delle ricchezze e per gli aiuti senza controllo e corresponsabilità a poteri dittatoriali lontani dalla gente.

Sono risuonate le parole di papa Francesco davanti al sacrario dell’Olocausto a Gerusalemme “Adamo dove sei? Uomo chi sei? Non ti riconosco più”.

Il futuro chiede una crescita comune in umanità.

Vicomero, 12 giugno 2015

Turazzi Silvio

Turazzi Silvio sx
15 Juin 2015
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