Questioni di “poco conto”.
Leggendo il capitolo 8 degli Atti degli Apostoli ho incontrato tale Simone Mago. Un samaritano, questa volta, sfortunato.
Poveraccio!
Lo vedo ancora frastornato dai prodigi operati da Filippo e che si stropiccia gli occhi davanti a ciò che Pietro e Giovanni compiono.
È in preda ad un esagitato stupore.
Vorrebbe comprare, con i denari, il “potere” degli apostoli, il “segreto” di questi nuovi concorrenti che gli rovinano la piazza.
Povero diavolo!
Passerà alla storia, e sarà ricordato da tutti, per un peccato mai commesso, e che nemmeno avrebbe potuto commettere, ma che porterà per sempre il suo nome: simonia.
Una vera e propria ingiustizia!
Nessuno può barattare il Dono di Dio con il denaro.
E tenterebbe il baratto inutilmente chi gratuitamente ha ricevuto il Dono e volesse venderlo o trarne profitto.
La tentazione del mercificare e dell’accumulare è sempre ricorrente.
Il solo pensiero di ricevere un sostentamento a compenso dell’evangelica predicazione faceva inorridire quel Paolo che aveva capito la purezza radicale del comando del Signore: Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.
L’annuncio del Dono e la condivisione dei suoi frutti libera la mente, il cuore, la vita.
Anche tutto ciò a cui possiamo premettere l’aggettivo possessivo “mio”: beni, denaro, relazioni non è mai solo mio. Questioni di “poco conto”, ma di tanto cuore.
Perché non provare un esercizio collettivo per la Giornata del Ringraziamento: sostituire ogni volta l’aggettivo “mio” con l’aggettivo “nostro”. Si può ridefinire un punto di vista condiviso sul bene comune e sull’uso dei beni?
Non è forse vero che siamo solo amministratori, ministri, servi e mai padroni del Dono e dei doni?
Possiamo vivere veramente grati, riconoscenti di quel bene comune che appartiene a tutta l’umanità.
Anche questo è Ringraziamento e un seme di futuro.
E.V.
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