Skip to main content

San Francesco Saverio: amicizia “con e nel” Signore.

1490/500

San Francesco Saverio:
amicizia “con e nel” Signore.

Una storia è viva quando da essa si sviluppano prospettive per il futuro.

L’esperienza dell’amicizia “annuncia” che Dio è un Dio vicino. Ciò vale anche per i missionari. Allo stesso tempo, l’amicizia ci ricorda che la missione non è un cammino solitario, ma un itinerario percorso “a fianco dei fratelli”. Infatti, la missione e il lavoro fatto assieme agli altri ci conducono sempre più profondamente nel mistero del Dio presente.  

Francesco Saverio ci è presentato come un instancabile missionario. San Guido M. Conforti lo ricorda come “tutto di Dio, tutto del prossimo e tutto di sé stesso”.[1] È il “tutto” che qualifica la sua esperienza: un “tutto” di uno che si sa conquistato e quindi provocato ad una nuova coscienza di sé e della realtà intera.

La categoria di amicizia occupa un posto fondamentale per capire bene il senso di questo “essere tutto di Dio, tutto del prossimo e tutto di sé stesso” del Saverio. Tutti e tre elementi – in chiave di amicizia – definiscono, misurano e qualificano il Saverio. Infatti, messi insieme, essi dicono un rapporto d’amore: un amore di Dio e un amore per i fratelli che non trascura una attenzione a sé stesso in modo ad essere sempre in grado di corrispondere a ciò che riceviamo continuamente da un altro diverso di noi. Più da vicino, il vissuto concreto del Saverio indica che l’amicizia abbraccia la sua intera esistenza missionaria ed è alla base della fiducia su cui sviluppa e approfondisce le sue relazioni con i compagni che lo raggiungono in missione e con le nuove culture-persone che va incontrando.

Per il Saverio, l’annunzio della Buona Nuova apre al mistero di Dio e stabilisce un rapporto con lui: prima di esser un andare nel mondo, si tratta di un andare verso Dio. Solo dopo aver fatto esperienza di Dio, possiamo a nostra volta considerarci comunicatori di questa esperienza: una conoscenza per amore, direbbero i maestri di spiritualità.[2] Un missionario, quindi, parla di ciò che ha sperimentato e che tuttavia sperimenta in modo sempre più crescente. L’amicizia con il Signore trasforma in modo strutturale la persona del Saverio al punto di esclamare: A cosa serve all’uomo guadagnare il mondo se perde la sua anima! Ricordiamo che era andato a Parigi per studiare e poi – con lo studio – compiere cose grandi e restituire la gloria alla sua famiglia umiliata per la sconfitta. La prima via di trasformazione consiste nell’offrire a Dio tutto quello che io sono. È per opera di Dio che avviene la trasformazione, però noi dobbiamo assicurare il nostro contributo. Il Saverio quindi, in un dialogo constante, si fida completamente di Dio: cerca la sua vicinanza, però senza perdere la spontaneità e la qualità dei rapporti con i fratelli.

            Come amico del Signore, tutto il suo sforzo consiste nel vivere alla presenza di Dio – pure durante i lunghi viaggi che deve fare sul mare – e attualizzare questa presenza nel proprio intimo. Ciò era una fonte che nutriva quotidianamente la sua vita. Mentre attendeva di continuo alla salvezza delle anime, nulla perdeva della sua unione con Dio.

Si parte dall’amicizia. “Amici nel Signore” è stata la prima denominazione che avevano scelto i compagni attorno a Ignazio.[3] Poco tempo dopo, il Saverio deve andare in missione e quindi allontanarsi da questa amicizia che si stava appena formando. Però, conquistare al Vangelo gli infedeli rimane un traguardo più alto. Deve comunque partire ma, pure da lontano, salvaguarderà l’importanza che gli amici, ormai diventati fratelli, rappresentano nella sua vita.

            Lungo la sua missione, con la sua fedeltà, il Saverio ci ispira a:

  • Praticare la rilettura della propria vita: non scrive solo per informare. Scrive pure per formarsi, per rileggere la propria vita e così fare delle scelte coerenti al quotidiano.
  • Aspirare a cose sempre maggiori: il suo amore andava sempre crescendo come amore per Dio e per i fratelli. Si conferma nella sua identità usufruendo dei frutti di questi tre elementi: il discernimento, l’accompagnamento e la presenza attenta.

Come amico del Signore: c’è in lui uno slancio di generosità missionaria, frutto della sua amicizia con Dio: è animato da una passione interiore, quella di salvare le anime che si perdono perché non conoscono la Buona Nuova di Gesù Cristo. Sente ed esprime l’urgenza di evangelizzare, e lo fa senza risparmiare le sue forze. Francesco Saverio mette in pratica il principio di collaborazione e partecipazione nel suo lavoro missionario. Tra la sua partenza da Lisbona e la sua morte alle porte della Cina passano dieci anni. Quantitativamente, non è un tempo significante per il percorso che ha fatto. Eppure, qualitativamente, è un periodo fecondo. Il suo metodo ci suggerisce un modo di prossimità, una vicinanza nei confronti della gente che prefigura un processo di “inculturazione”.

            Francesco Saverio – avverte Pierre Molères – è un “chiamante” (uno che chiama). Non c’è di fatto missione senza l’audacia di chiamare; non c’è missione senza questo desiderio di condividere e di fare partecipare gli altri a questo amore che ci spinge, questa fede che proclamiamo con la nostra vita. Dobbiamo fare delle proposte coraggiose, indicare non solamente cammini spirituali, ma anche cammini di fede in chiave vocazionale.

Amico del Signore nella solitudine

La solitudine nella sua prima e immediata accezione, significa distanza fisica dalle persone. Per noi, al di là della distanza fisica, è una sospensione dell’attività per un momento di “tu per tu” con Dio, uno spazio per rivolgersi a lui soli a soli. È evidente la solitudine materiale che prova il Saverio. Però anch’essa vissuta come grazia divina, cambia di senso. È lui stesso che ne parla allo stesso tempo che parla delle esigenze della missione. Anche nella solitudine, rimane fedele alla Compagnia e agli amici, perché fedele al Signore.

Accettata e vissuta in orizzonte di fede, la solitudine diventa purificazione, diventa un “solo a solo” creativo, una necessità per il missionario. Nella solitudine, il Saverio integra la sua debolezza fino a consegnarsi totalmente a Dio, fidandosi soltanto di lui. È dunque normale che l’educazione alla solitudine sia un elemento chiave nella pedagogia missionaria del Saverio. Una solitudine però, che non sia evasione o fuga da qualcosa o da qualcuno. Una solitudine che sia presenza a una “PERSONA”: la solitudine non è fine a sé stessa ma in funzione dell’incontro con Dio, della presenza all’Amico.

Dalla qualità dei nostri rapporti, dalla qualità delle nostre amicizie, dipende pure la nostra vita comunitaria e la nostra missione. È importante ricordare che siamo interdipendenti gli uni dagli altri in una prospettiva di fede. La nostra fraternità, così come le nostre amicizie, se non sono alimentate da questo rapporto intimo e abituale con Chi ci ha conquistati per primo, rimangono fragili ed esposti alle sconfitte. Dopo queste considerazioni ci resta solo da ribadire con le parole di San Guido Maria Conforti: ispiriamoci agli esempi del Saverio e ricordiamo sempre che se vogliamo essere degni apostoli del Vangelo, noi pure dobbiamo essere amici con-per-nel Signore, cioè tutto di Dio, del prossimo e di noi stessi.[4]

Mbula p. Gilbert sx

 (Sintesi della Conferenza per il Ritiro Spirituale

tenuto nella casa generalizia a Roma il 30 Novembre, 2019)

 

[1] Cfr. La Parola del Padre 45, luglio-agosto 1923.

[2] Riguardo la conoscenza per amore, diceva per esempio il nostro confratello Dagnino: “…è un traguardo difficilissimo: ha per oggetto beni o valori invisibili. Finché si tratta di contemplare un tramonto, di ascoltare una sinfonia o di gustare un cibo, non ci sono problemi…” (cfr. Amato Dagnino, Ditelo nella luce. Spiritualità dell’apostolo, Milano, Edizioni Paoline, 1987, 25).

[3] Cfr. Christophe Henning, Saint François Xavier. 1506-1552, Paris, Le Figaro, 2017, 125.

[4] Cfr. La Parola del Padre 45.


 SAN FRANCISCO XAVIER
Amistad "con y en” el Señor.

Una historia está viva cuando de ella se desarrollan perspectivas para el futuro.

La experiencia de la amistad "anuncia" que Dios es un Dios cercano. Eso vale también para los misioneros. Al mismo tiempo, la amistad nos recuerda que la misión no es un camino en solitario, sino un itinerario recorrido “al lado de los hermanos”. En efecto, la misión y el trabajo hecho junto con los demás nos introducen cada vez más profundamente en el misterio de Dios presente.    

Francisco Xavier nos es presentado como un misionero incansable. San Guido M. Conforti lo recuerda como “todo de Dios, todo del prójimo y todo de sí mismo”[1]. La expresión “todo” es la que cualifica su experiencia: es un “todo” de uno que se sabe conquistado y, por lo tanto, provocado a una nueva conciencia de sí y de la realidad entera.

La categoría de amistad ocupa un lugar fundamental para entender bien el sentido de este “ser todo de Dios, todo del prójimo y todo de sí mismo” de Xavier. Los tres elementos -en clave de amistad- definen, miden y cualifican a Xavier. En efecto, juntándolos, hablan de una relación de amor: amor a Dios y amor a los hermanos que no descuida una atención a sí mismo para ser siempre capaces de corresponder a lo que recibimos continuamente de otro diferente de nosotros. Viéndolo más de cerca, la vivencia concreta del Xavier indica que la amistad abraza su entera existencia misionera y está a la base de la confianza sobre la que desarrolla y profundiza sus relaciones con los compañeros que lo alcanzan en misión y con las nuevas cultura-personas que va encontrando.

Para Xavier, el anuncio de la Buena Nueva abre al misterio de Dios y establece una relación con Él: antes de ser un ir al mundo, se trata de un ir hacia Dios. Sólo después de haber hecho experiencia de Dios, podemos, a su vez, considerarnos comunicadores de esta experiencia: un conocimiento por amor, dirían los maestros de espiritualidad[2]. Un misionero, por lo tanto, habla de lo que ha experimentado y que experimenta aún de modo cada vez más creciente. La amistad con el Señor transforma de modo estructural la persona de Xavier al punto de exclamar: ¡De que le sirve al hombre ganar el mundo si pierde su alma! Recordamos que fue a París para estudiar y luego -con el estudio- cumplir cosas grandes y restituir renombre a su familia humillada por la derrota. La primera vía de transformación consiste en el ofrecer a Dios todo lo que yo soy. Es por obra de Dios que ocurre la transformación, pero nosotros tenemos que asegurar nuestra aportación. Xavier, por lo tanto, en un diálogo constante, confía completamente en Dios: busca su cercanía, pero sin perder la espontaneidad y la calidad de las relaciones con los hermanos.

                  Como amigo del Señor, todo su esfuerzo consiste en vivir en la presencia de Dios -incluso durante los largos viajes que tiene que hacer por mar- y actualizar esta presencia en lo más íntimo de sí. Esto era una fuente que nutría cotidianamente su vida. Mientras procuraba sin parar la salvación de las almas, nada perdía de su unión con Dios.

Se parte de la amistad. “Amigos del Señor” fue la primera denominación que eligieron los compañeros en torno a Ignacio[3]. Poco tiempo después, Xavier tiene que irse a misión y por lo tanto alejarse de esa amistad que se estaba apenas formando. Pero conquistar para el Evangelio a los infieles era una meta más alta. Tiene que partir, pero, incluso desde lejos, salvaguardará la importancia que representan en su vida los amigos, ahora ya hermanos.

                  A lo largo de su misión, con su fidelidad, Xavier nos inspira:

  • A practicar la relectura de la propia vida: no escribe sólo para informar. Escribe, también, para formarse, para releer la propia vida y así hacer opciones coherentes cada día.
  • A aspirar a cosas siempre mayores: su amor crecía siempre como amor por Dios y por los hermanos. Se confirma en su identidad disfrutando los frutos de estos tres elementos: el discernimiento, el acompañamiento y la presencia atenta.

Como amigo del Señor: hay en él un entusiasmo de generosidad misionera, fruto de su amistad con Dios: vive animado por una pasión interior, la de salvar las almas que se pierden porque no conocen la Buena Nueva de Jesucristo. Siente y expresa la urgencia de evangelizar, y lo hace sin ahorrar sus fuerzas. Francisco Xavier pone en práctica el principio de colaboración y participación en su trabajo misionero. Entre su salida de Lisboa y su muerte a las puertas de China pasan diez años. Cuantitativamente, no es un tiempo significativo dado el recorrido que ha hecho. Sin embargo, cualitativamente, es un período fecundo. Su método nos sugiere un modo de proximidad, cercanía respecto a la gente, que ya prefigura un proceso de “inculturación”.

                  Francisco Xavier - advierte Pierre Molères- es un “convocante” (uno que llama). No hay, de hecho, misión sin la audacia de llamar; no hay misión sin este deseo de compartir y de hacer participar a los demás en este amor que nos empuja, esta fe que proclamamos con nuestra vida. Debemos hacer propuestas valientes, indicar no sólo caminos espirituales, sino también caminos de fe en clave vocacional.

Amigo del Señor en la soledad

La soledad, en su primera e inmediata acepción, significa distancia física de las personas. Para nosotros, más allá de la distancia física, es una suspensión de la actividad para un momento de “tú a tú” con Dios, un espacio para dirigirnos a Él sólo estando solos. Es evidente la soledad material que experimenta Xavier. Sin embargo, también ésta, vivida como gracia divina, cambia de sentido. Xavier mismo habla de esto al mismo tiempo que habla de las exigencias de la misión. También en la soledad, permanece fiel a la Compañía y a los amigos, porque fiel al Señor.

Aceptada y vivida en horizonte de fe, la soledad se convierte en purificación, se convierte en un "sólo a sólo” creativo, una necesidad para el misionero. En la soledad, Xavier integra su debilidad hasta entregarse totalmente a Dios, confiando solamente en Él. Es pues normal que la educación a la soledad sea un elemento clave en la pedagogía misionera de Xavier. Una soledad que no sea evasión o fuga de algo o de alguien. Una soledad que sea presencia ante una “PERSONA”: la soledad no es fin a sí misma, sino en función del encuentro con Dios, de la presencia ante el Amigo.

De la calidad de nuestras relaciones, de la calidad de nuestras amistades, depende, también, nuestra vida comunitaria y nuestra misión. Es importante recordar que somos interdependientes unos de otros en una perspectiva de fe. Nuestra fraternidad, tal como nuestras amistades, si no es alimentada por esta relación íntima y habitual con Aquel que nos conquistó por primero, queda frágil y expuesta a las derrotas.

Después de estas consideraciones sólo nos queda reforzar todo con las palabras de San Guido María Conforti: inspirémonos en los ejemplos de Xavier y recordemos siempre que, si queremos ser dignos apóstoles del Evangelio, también nosotros tenemos que ser amigos con-por-en el Señor, es decir, todo de Dios, del prójimo y de nosotros mismos[4].

Gilbert Mbula, sx

 (Síntesis de la Conferencia para el Retiro Espiritual

tenido en la Casa General – Roma, 30 de noviembre, 2019)

 

[1] Cfr. Palabra del Padre 45, Julio-Agosto 1923.

[2] Respecto al conocimiento por amor, decía, por ejemplo, nuestro cohermano Dagnino: “… es una meta dificilísima: tiene por objeto bienes o valores invisibles. Mientras se trate de contemplar un ocaso, de escuchar una sinfonía o de gustar una comida, no hay problemas…” (cfr. Amato Dagnino, Ditelo nella luce. Spiritualità dell’apostolo, Milan, Ediciones Paulinas, 1987, 25).

[3] Cfr. Christophe Henning, Saint François Xavier. 1506-1552, Paris, Le Figaro, 2017, 125.

[4] Cfr. La Palabra del Padre 45.


 SAINT FRANÇOIS XAVIER :
Amitié “avec et dans” le Seigneur.

Une histoire est à considérer vivante quand elle aide à mettre sur pied des perspectives pour le futur.

L’expérience d’amitié « annonce » que Dieu est un Dieu proche. Ceci est aussi valide pour les missionnaires. L’amitié nous rappelle aussi que la mission n’est pas un chemin solitaire, mais un parcours réalisé « en compagnie des frères ». En effet, la mission et le travail fait en collaboration avec les autres nous conduisent toujours plus profondément vers le mystère du Dieu présent.

François Xavier nous est présenté comme un missionnaire infatigable. Saint G. Maria Conforti le présente en terme de: «tout de Dieu, tout du prochain et tout de soi-même».[1] C’est le «tout» qui qualifie son expérience : il s’agit d’un « tout » de quelqu’un qui se reconnait conquis et donc provoqué à une nouvelle conscience de soi et de la réalité entière.

La catégorie d’amitié est essentielle pour pouvoir bien comprendre le sens de cet être « tout de Dieu, tout du prochain et tout de soi-même » en la personne de Saint François Xavier. Ces trois éléments – dans une perspective d’amitié – définissent, mesurent et qualifient François Xavier. En effet, mis ensemble, ils nous renvoient à un rapport d’amour : un amour de Dieu et un amour pour les frères qui ne laisse pas de côté une attention à soi-même, de sorte à pouvoir correspondre à ce que nous recevons continuellement de l’autre différent de nous. L’expérience concrète de Saint François Xavier indique que l’amitié caractérise toute son existence missionnaire et celle-ci est à la base de la confiance avec laquelle il noue et approfondit ses relations avec les compagnons qui le rejoignent en mission ainsi qu’avec les nouvelles cultures-personnes qu’il rencontre sur son chemin.

Pour François Xavier, l’annonce de la Bonne Nouvelle ouvre au mystère de Dieu et établit un rapport avec lui : avant d’être un « aller dans le monde », il s’agit d’abord d’un « aller vers Dieu ». C’est seulement après avoir fait l’expérience de Dieu que nous pouvons, à notre tour, nous considérer communicateurs de cette expérience : une connaissance par amour, comme diraient les maîtres de la spiritualité.[2] Un missionnaire parle donc de ce qu’il a lui-même expérimenté et qu’il expérimente encore d’une manière croissante. L’amitié avec le Seigneur transforme de façon structurelle la personne de François Xavier au point de s’exclamer : A quoi sert à l’homme de gagner l’univers s’il vient à perdre son âme ! Rappelons-nous qu’il était parti à Paris pour étudier et par la suite – avec ses études – pouvoir accomplir des grandes choses et restituer l’honneur à sa famille humiliée par la défaite. La première transformation consiste à offrir à Dieu tout ce que nous sommes. La transformation est œuvre de Dieu en nous, mais nous devons aussi assurer notre contribution. François a su, dans un dialogue permanent, faire complètement confiance à Dieu : il tâche di vivre continuellement en sa proximité, sans pour autant perdre la spontanéité et la qualité de ses relations avec les frères.

Comme amis du Seigneur, tout son effort a consisté à vivre en présence de Dieu – même pendant ses longs voyages en mer – et à actualiser cette présence dans son intimité. C’est une source à laquelle il nourrissait sa vie au quotidien. Pendant qu’il veillait au salut des âmes, il ne perdait rien de son union à Dieu.

Tout commence par l’amitié. « Amis dans le Seigneur », telle est la première dénomination que choisirent les compagnons autour d’Ignace de Loyola.[3] De par sa longue mission, François fut vite éloigné de cette amitié si précieuse qui venait à peine de prendre forme. Conquérir les âmes à l’Evangile reste un horizon supérieur. Il doit partir, cependant, même au lointain, il sauvegardera l’importance que les amis, devenus désormais frères, représentent dans sa vie.

Le long de sa mission, avec sa fidélité, François Xavier nous inspire à :

  • Pratiquer la relecture de notre vie : il n’écrit pas seulement pour informer. Il écrit aussi pour se former, pour relire sa vie et ainsi faire des choix cohérent au quotidien.
  • Aspirer à des choses toujours plus grandes : son amour augmentait de jour en jour comme un amour pour Dieu et pour ses frères. Il se confirme dans son identité mettant au profit ces trois éléments : le discernement, l’accompagnement et une présence attentive.

Comme ami du Seigneur : il fait preuve d’un élan de générosité, fruit de son amitié avec Dieu : il est animé d’une passion intérieure, celle de sauver les âmes qui se perdent tout simplement parce qu’ils ne connaissent pas encore la Bonne Nouvelle de Jésus-Christ. Il ressent et exprime l’urgence d’évangéliser, et s’y engage sans ménager ses forces. Par ailleurs, François met en pratique le principe de collaboration e de participation dans ton travail missionnaire. Entre son départ de Lisbonne et sa mort aux portes de la Chine, sont passés à peine dix ans. Quantitativement, ce n’est pas une période significative pour le parcours qu’il a effectué. C’est pourtant, qualitativement parlant, une période féconde. Sa méthode nous suggère un mode de proximité dans nos rapports avec les gens, une proximité qui préfigurent un processus d’inculturation.

François Xavier – estime Pierre Molères – est un appelant. En effet, il n’y a pas de mission sans audace d’appeler ; pas de mission sans ce désir de faire partager son amour et sa foi au plus grand nombre : cet amour qui nous presse et cette foi que nous proclamons avec notre vie. Nous devons faire des propositions courageuses, indiquer – non seulement des chemins spirituels – mais aussi des chemins de foi dans une perspective vocationnelle.

Ami du Seigneur dans la solitude

La solitude dans sa première et immédiate acception, signifie distance physique, éloignement de personnes. Pour nous, au-delà de la distance physique, elle est une suspension de l’activité pour un moment de « face à face » avec Dieu, un espace où nous nous adressons à lui « seul à seul ». Elle est évidente la solitude matérielle qu’a traversé François, mais celle-ci, vécue comme grâce divine, change de sens. C’est lui-même qui nous en parle en même temps qu’il présente les exigences de la mission. Au milieu de la solitude, il reste fidèle à la Compagnie et aux amis, parce que fidèle au Seigneur.

            Acceptée et vécue en horizon de foi, la solitude devient purification, devient un « seul à seul » créatif, une nécessité pour le missionnaire. Dans la solitude, François Xavier intègre sa faiblesse au point de s’abandonner totalement à Dieu, et de n’avoir confiance qu’en lui. C’est donc tout à fait normal que l’éducation à la solitude soit un élément important dans la pédagogie missionnaire de François Xavier. Une solitude, cependant, qui n’est pas synonyme d’évasion ou fuite de quelque chose ou de quelqu’un. Une solitude qui soit présence à une « PERSONNE » : la solitude n’est pas une finalité en soi, elle est plutôt en fonction de la rencontre avec Dieu, de la présence à l’Ami.

            De la qualité de nos rapports, de la qualité de nos amitiés, dépend aussi notre vie communautaire et notre mission. Il est important de nous rappeler que nous sommes interdépendants les uns des autres dans une perspective de foi. Si notre fraternité et nos amitiés ne sont pas alimentées par un rapport intime et habituel avec celui qui nous a conquis en premier, elles restent fragiles et vouées à l’échec. Après ces considérations, il ne nous reste qu’à souligner avec les paroles de Saint Guido Maria Conforti : inspirons-nous aux exemples de François Xavier et rappelons-nous toujours que, si nous volons être des apôtres dignes de l’Evangile, nous devons aussi vivre dans l’amitié avec-pour-dans le Seigneur, c’est-à-dire, tout de Dieu, tout du prochain et tout de nous-mêmes.[4]

Mbula p. Gilbert sx

(Synthèse de la conférence pour la retraite spirituelle

tenue à la Maison Générale à Rome le 30 novembre 2019)

 

[1] Cf. La Parole du Père 45, juillet-août 1923.

[2] Au sujet de la connaissance par amour, disait par exemple, notre confrère Dagnino : « … c’est un horizon assez difficile à atteindre : il a pour objet des biens et des valeurs invisibles. Tant qu’il s’agit de contempler un couché du soleil, d’écouter une symphonie ou de déguster un repas, il n’y a pas de problème… » (Cf. Amato Dagnino, Ditelo nella luce. Spiritualità dell’apostolo, Milano, Edizioni Paoline, 1987, 25).

[3] Cf. Christophe Henning, Saint François Xavier. 1506-1552, Paris, Le Figaro, 2017, 125.

[4] Cf. La Parole du Père 45.

Mbula Gilbert sx
02 Dicembre 2019
1490 visualizzazioni
Disponibile in
Tag

Link &
Download

Area riservata alla Famiglia Saveriana.
Accedi qui con il tuo nome utente e password per visualizzare e scaricare i file riservati.