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Testimoni di speranza

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A 22 anni Giuseppe Scintu, giovane di belle speranze, aveva lasciato la sua Sardegna e una fiorente impresa edilizia per ascoltare la chiamata di Dio e diventare missionario saveriano. Sei anni dopo era andato in Congo dove, mettendo a frutto il talento da muratore, ha costruito edifici, case, scuole, cappelle. Ora il coronavirus lo ha colpito a morte, a 85 anni, in quel di Parma. Scintu è uno dei dodici missionari italiani, membri della congregazione fondata nel 1895 da san Guido Maria Conforti, che hanno perso la vita nelle ultime tre settimane.

Dieci di essi erano nella Casa madre dei missionari saveriani, nella città ducale. La casa è il fulcro di quella famiglia religiosa missionaria: ospita il santuario intitolato al fondatore, vescovo parmense dei primi del Novecento, che ne custodisce le spoglie mortali; il museo d’arte cinese ed etnografico; la biblioteca e uno speciale itinerario che racconta memorie e testimonianze missionarie. All’ultimo piano del maestoso edificio dalle forme neoromaniche, c’è anche una residenza per accogliere i missionari più anziani, tornati in patria dopo anni trascorsi in Asia, Africa o America Latina: sono a volte malati, debilitati e fragili, dopo aver speso l’intera esistenza a servizio di popoli in terre lontane.

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In quella residenza la serie ravvicinata di dieci decessi di missionari fra i 73 e i 92 anni, con febbre e sintomi di malattie respiratorie, ha fatto scattare l’allarme per il probabile contagio del covid-19. Anche perché si è avuta la conferma di una dipendente di quella residenza trovata positiva al virus. E sebbene solo un missionario deceduto sia stato sottoposto al tampone (se ne attende l’esito), «l’improvviso picco di mortalità — ha spiegato padre Rosario Giannattasio, superiore dei saveriani per l’Italia — fa pensare inevitabilmente a un legame col coronavirus».

Le aree comuni sono state prontamente sanificate e i missionari presenti nell’intera Casa madre (una sessantina di religiosi, in gran parte anziani, oltre a una quindicina di giovani nella vicina palazzina, destinata allo studentato) sono in rigida quarantena. I padri cercano di restare chiusi nelle proprie camere, riducendo al minimo la vita comunitaria. «Si vive una situazione di attesa, tra speranza e paura, illuminati dalla fede», nota Giannattasio.

È quella stessa fede che ha animato la vita di quanti, da sacerdoti o semplici religiosi, «hanno donato la loro vita in nome dell’annuncio del Vangelo ad gentes e che ora il Signore ha chiamato a sé, in Paradiso», rileva, parlando con «L’Osservatore Romano», il vicario generale della congregazione, padre Mario Carmelo Mula, ricordando l’opera instancabile dei missionari saveriani scomparsi.

Fra loro, Stefano Coronese era stato in Indonesia, nelle isole Mentawai, a poca distanza da Sumatra, dove la missione dei religiosi va avanti in un ambiente sociale islamico, seme di dialogo e segno di pacifica convivenza, in nome del Vangelo. In servizio nell’arcipelago asiatico era stato anche Corrado Stradiotto poi distintosi, una volta rientrato in Italia, come amministratore oculato dei beni della congregazione. In Estremo oriente pure la missione di Vittorio Ferrari, che aveva prestato servizio in Giappone, dove i saveriani animano ventiquattro centri pastorali, impegnati nel primo annuncio del Vangelo e nella carità.

Dall’altra parte del mondo, in Brasile, portavano la loro appassionata testimonianza di fede e carità Luigi Masseroni e Nicola Masi: si erano immersi nella realtà amazzonica con quello spirito tipico dei missionari che danno tutto, senza risparmiarsi, nella condivisione della vita con gli oppressi e gli ultimi.

Folta la pattuglia di quanti avevano donato il cuore, la mente e le forze all’Africa: fra essi Gerardo Caglioni — 73 anni, il più giovane tra le vittime — e Pilade Rossini avevano operato in Sierra Leone dove i saveriani festeggiano, proprio nel 2020, i settant’anni di presenza. «Questi anni sono il nostro lavoro e la nostra fatica, ma anche tutta la nostra gioia. Li presentiamo a te, Padre, perché li benedica e diventino così vita per questa porzione di Africa a noi tanto cara», aveva scritto padre Caglioni. Il gruppo più numeroso è costituito da missionari che avevano speso la vita nell’attuale Repubblica Democratica del Congo, specialmente nella regione del Kivu: area al centro di quella che viene definita “la guerra mondiale africana”, infestata da milizie ma anche da epidemie di un virus letale come l’ebola.

Si tratta di Piermario Tassi, Giuseppe Rizzi, raggiunto dalla cecità durante quel servizio, Gugliemo Saderi e Giuseppe Scintu. Infine, tra i dodici, c’era un “missionario in Italia”, ovvero Enrico Di Nicolò che, su richiesta dei suoi superiori, aveva messo i suoi studi classici a disposizione della congregazione, dedicandosi all’insegnamento e alla formazione dei giovani.

«Oggi proviamo dolore e tristezza. Come famiglia missionaria, siamo colpiti al cuore. Ricordiamo con gratitudine tutti i nostri confratelli che hanno donato la vita per il Vangelo e per la popolazione del Congo», ci dice il saveriano congolese Fabien Kalehezo, consigliere generale dell’istituto. «Pur nella sofferenza, viviamo questo tempo con fede e con speranza: siamo certi della vicinanza e della misericordia di Dio, che non ci abbandona», prosegue. «La fede ci dà forza e ci sorregge: sappiamo che dopo il buio c’è l’alba della risurrezione», argomenta padre Kalehezo, ricordando che tutti i saveriani nel mondo — più di settecento membri sparsi in venti paesi — sono spiritualmente vicini alla situazione che si vive alla Casa madre di Parma e a tutta l’Italia».

Ringrazia i confratelli, che «con dedizione quotidiana restano ad assistere gli anziani», il superiore generale, padre Fernando García Rodríguez, che ha rassicurato tutti i missionari nel mondo con un videomessaggio. E, riferendosi ai religiosi deceduti, ha detto: «Il Signore ricompensi l’offerta della loro vita per la missione di Cristo». Seguendo il loro esempio, conclude il vicario generale, padre Mula, «restiamo immersi in questa storia, vivendo e soffrendo con l’umanità ferita. In questo momento di prova sono vive le parole e lo spirito del nostro fondatore Conforti che così definiva la nostra missione: fare del mondo una famiglia. Vogliamo condividere la vita con chi è povero, malato, solo. Siamo lì, testimoni di speranza. Questo è il Vangelo».

Copyright: Osservatore Romano, 26 Marzo 2020


Español

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Fallecidos en pocos días doce Xaverianos italianos que donaron su vida en la misión.

Testimonios de esperanza

Paolo Affatato

A 22 años Giuseppe Scintu, joven de grandes esperanzas, dejó su Cerdeña y una floreciente empresa constructora para escuchar la llamada de Dios y convertirse en misionero xaveriano. Seis años después partió para el Congo donde. poniendo en obra el talento de albañil, construyó edificios, casas, escuelas, capillas… Ahora el coronavirus lo ha doblegado a muerte, a 85 años, en Parma. Scintu es uno de los doce misioneros italianos, miembros de la Congregación fundada en 1895 por San Guido María Conforti, que han perdido la vida en las últimas tres semanas.

Diez de ellos estaban en la Casa Madre de los Misioneros Xaverianos, en la ciudad ducal. La casa es el fulcro de esta Familia religiosa misionera: hospeda el Santuario intitulado al Fundador, obispo parmense de los primeros años del Novecientos, en el que se custodian sus restos mortales; el museo de arte chino y etnográfico; la biblioteca y un especial itinerario que cuenta memorias y testimonios misioneros. El último piso del majestuoso edificio de formas neorrománicas, es también una residencia para acoger a los misioneros más ancianos, que regresan a su patria después de años pasados en Asia, África o América Latina: están a veces enfermos, debilitados y frágiles, después de haber gastado la entera existencia al servicio de pueblos en tierras lejanas.

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En esta residencia la serie de diez muertes de misioneros entre los 73 y los 92 años, con fiebre y síntomas de enfermedades respiratorias, ha hecho disparar la alarma ante el probable contagio del covid-19. También porque se ha tenido la confirmación de que una dependienta de ésta residencia dio positiva al virus. Y aunque sólo un misionero fallecido ha sido sometido a las pruebas del caso (y se espera aún el resultado) “el repentino pico de mortalidad — explica el P. Rosario Giannattasio, Superior de los Xaverianos en Italia — todo hace pensar inevitablemente en una relación con el coronavirus”.

Las áreas comunes de la casa han sido rápidamente sanitizadas y los misioneros presentes en la Casa Madre (unos sesenta religiosos, en gran parte ancianos, y unos quince jóvenes en el cercano palacete destinado a los estudiantes) están en rígida cuarentena. Los Padres permanecen encerrados en sus propias habitaciones, reduciendo al mínimo la vida comunitaria. “Se vive una situación de espera, entre esperanza y miedo, iluminados por la fe”, anota Giannattasio.

Es la misma fe que animó la vida de todos ellos que, como sacerdotes o meramente consagrados, han donado su vida en nombre del anuncio del Evangelio ad gentes y que ahora el Señor ha llamado a sí, en el Paraíso”, comenta, hablando con “L’Osservatore Romano”, el Vicario General de la Congregación, P. Mario Carmelo Mula, recordando la obra incansable de los Misioneros Xaverianos fallecidos.

Entre ellos, Stefano Coronese que estuvo en Indonesia, en las Islas Mentawai, a poca distancia de Sumatra, donde la misión de los Xaverianos va adelante en un entorno social islámico, semilla de diálogo y señal de pacífica convivencia, en nombre del Evangelio. En servicio en el archipiélago asiático también estuvo Corrado Stradiotto que luego se distinguió, una vez que regresó en Italia, como administrador cuidadoso de los bienes de la Congregación. En Extremo Oriente estuvo también la misión de Vittorio Ferrari, que prestó su servicio en Japón, donde los Xaverianos animan veinticuatro centros pastorales, comprometidos en el primer anuncio del Evangelio y en la caridad.

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De la otra parte del mundo, en Brasil, llevaron su apasionado testimonio de fe y caridad Luigi Masseroni y Nicola Masi: se encarnaron en la realidad amazónica con aquel espíritu típico de los misioneros que dan todo, sin ahorrarse, en la compartición de la vida con los oprimidos y los últimos.

Numeroso el contingente de cuantos donaron su corazón, su mente y sus fuerzas a África: entre ellos Gerardo Caglioni —73 años, el más joven entre las víctimas — y Pilade Rossini que trabajaron en Sierra Leona donde los Xaverianos celebran, precisamente en 2020, setenta años de presencia. “Estos años son nuestro trabajo y nuestra fatiga, pero también toda nuestra alegría. Los presentamos a ti, Padre, para que los bendigas y se conviertan, así, en vida para esta porción de África a nosotros tan querida”, escribió el P. Caglioni. El grupo más numeroso está constituido por misioneros que gastaron la vida en la actual República Democrática del Congo, especialmente en la región del Kivu: área al centro de aquella que es definida “la guerra mundial africana”, plagada por milicias y también por epidemias de un virus letal como el ébola.

Se trata de Piermario Tasssi, Giuseppe Rizzi, afectado por la ceguera durante su servicio, Gugliemo Saderi y Giuseppe Scintu. En fin, entre los doce, hubo un “misionero en Italia”, es decir, Enrico De Nicolò que, a solicitud de sus Superiores, puso sus estudios clásicos a disposición de la Congregación, dedicándose a la enseñanza y a la formación de los jóvenes.

“Hoy probamos dolor y tristeza. Como Familia Misionera hemos sido heridos en el corazón. Recordamos con gratitud a todos nuestros hermanos que han donado la vida por el Evangelio y por la población del Congo”, nos dice el xaveriano congoleño Fabien Kalehezo, Consejero general del Instituto. “Pero, no obstante que sufrimos, vivimos este tiempo con fe y esperanza: estamos seguros de la cercanía y de la misericordia de Dios, que no nos deja”, continúa. “La fe nos da fuerza y nos sostiene: sabemos que después de la oscuridad viene el alba de la resurrección”, argumenta el P. Kalehezo, recordando que todos los Xaverianos en el mundo — más de setecientos miembros esparcidos en veinte países — están espiritualmente cercanos a la situación que se vive en la Casa Madre de Parma y a toda Italia”.

Agradece a los hermanos, que “con dedicación cotidiana permanecen en la asistencia a los ancianos”, el Superior General, P. Fernando García Rodríguez, que ha animado a todos los misioneros en el mundo con un video-mensaje. Y, refiriéndose a los religiosos fallecidos, ha dicho: “El Señor recompense el ofrecimiento de sus vidas a la misión de Cristo”. Siguiendo su ejemplo, el Vicario General, P Mula, concluye: “seguimos adelante inmersos en esta historia, viviendo y sufriendo con la humanidad herida. En este momento de prueba, mantienen su actualidad las palabras y el espíritu de nuestro Fundador Conforti que así definía nuestra misión: hacer del mundo una familia. Queremos compartir la vida con quien es pobre, está enfermo, sólo… Somos en esas circunstancias, testimonios de esperanza. Este es el Evangelio”.

Copyright: Osservatore Romano, 26 Marzo 2020 -

 


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En peu de jours sont morts douze xavériens italiens qui ont passé toute leur vie en mission

Témoins d’espérance

Par PAOLO AFFATATO

A 22 ans Giuseppe Scintu, jeune aux belles espérances, avait laissé sa Sardaigne natale et une naissante entreprise de construction pour répondre à l’appel de Dieu et devenir missionnaire xavérien. Six ans après, il est allé au Congo où, mettant en œuvre son talent de constructeur, il a réalisé des bâtiments, maisons, écoles et chapelles. Il a été frappé à mort par le coronavirus, à 85 ans, dans la maison de Parme. Scintu est un des douze missionnaires italiens, membres de la Congrégation fondée en 1895 par Saint Guido Maria Conforti, qui ont perdu la vie dans ces trois dernières semaines.

Dix d’entre eux étaient à la Maison Mère des missionnaires xavériens, dans la cité ducale. La maison est le cœur de cette famille religieuse : on y trouve le sanctuaire dédié au fondateur, évêque de Parme au début des années 1900, et au sein duquel sont conservés ses restes. On y trouve aussi le musée d’art chinois et ethnographique ; la bibliothèque et un spécial itinéraire qui raconte les mémoires et les témoignages missionnaires. Au dernier niveau du majestueux édifice aux formes néo-romaines, on trouve aussi une résidence réservée aux missionnaires âgés, qui rentrent en patrie après des années de service en Asie, en Afrique ou en Amérique Latine : parfois ils reviennent déjà malades, affaiblis et fragiles, après avoir passé leur entière existence au service de peuples en terres lointaines. Dans cette résidence a eu lieu la série de dix décès des missionnaires dans la tranche de 73 à 92 ans qui, atteint par la fièvre et d’autres symptômes des maladies respiratoires, a alerté sur une probable contagion du Covid-19. Il y a aussi le fait qu’une employée de la même résidence venait d’être confirmée positive au virus. Et bien qu’un seul des missionnaires décédés soit l’unique à être soumis au test (on est encore en attente du résultat), « l’augmentation subite de mortalité – explique le père Giannattasio Rosario, supérieur des xavériens pour l’Italie – fait penser inévitablement au coronavirus ».

Les lieux communs ont été opportunément désinfectés et les missionnaires présents dans toute la structure de la Maison Mère (une soixantaine de religieux, majoritairement avancés en âges, autour de quinze jeunes dans l’annexe voisin, qui fonctionne comme Théologat) sont tous en stricte quarantaine. Les pères restent dans leurs chambres respectives, et les activités communautaires sont réduites au minimum. « On vit une situation d’attente, entre l’espérance et la peur, illuminés par la foi », ajoute Giannattasio.

C’est cette même foi qui a animé la vie de tous ceux qui, prêtres ou tout simplement religieux, qui « ont donné leur vie au nom de l’annonce de l’Evangile ad gentes et qui maintenant le Seigneur a appelé à Lui, au paradis », relève, dans son échange avec « L’Osservatore Romano », le vicaire général de la Congrégation, Père Mario Carmelo Mula, en rappelant l’œuvre infatigables des missionnaires xavériens qui nous ont quitté.

Parmi eux, Stefano Coronese qui a été en Indonésie, dans les îles Mentawai, proche de Sumatra, où les missionnaires xavériens réalisent leur mission dans un milieu social islamique, germe de dialogue et signe de cohabitation pacifique, au nom de l’Evangile. Il a aussi été au service dans l’archipel asiatique le père Corrado Stradiotto qui, une fois rentré en Italie, s’est distingué comme administrateur judicieux des biens de la congrégation. Toujours en Extrême Orient nous pouvons parler de la mission de Vittorio Ferrari, qui a été au Japon, où les xavériens animent vingt-quatre centres pastoraux, engagés dans la première annonce de l’Evangile et dans la charité.

De l’autre bout du monde, au Brésil, ils y ont porté leur témoignage passionné de foi et de charité les pères Luigi Masseroni et Nicola Masi : ils s’étaient insérés dans la réalité de l’Amazonie avec cet esprit typique des missionnaires qui donne tout, sans réserve, dans le partage de vie avec les opprimés et les derniers de tous.

Nombreux sont ceux qui avaient donné leur cœur, leur intelligence et leur force à l’Afrique : parmi ceux-ci, Gerardo Caglioni – 73 ans, le plus jeunes parmi les victimes – et Pilade Rossini qui ont travaillé en Sierra Leone où les xavériens réalisent, en ce 2020, les soixante-dix ans de présence. « Ces années constituent notre travail et notre fatigue, mais aussi toute notre joie. Nous te les présentons, Père, pour que tu les bénisses et quelles deviennent ainsi vie pour cette portion de l’Afrique qui nous est chère », écrivit le père Caglioni. Le groupe le plus nombreux est celui de ceux qui ont donné leur vie, au service de la mission, dans l’actuelle République Démocratique du Congo, spécialement dans la Région du Kivu : zone qui se situe au centre de ladite « guerre mondiale africaine », infectée non seulement par des milices, mais aussi par l’épidémie d’un virus mortel comme l’Ébola. Il s’agit de Piermario Tassi, Giuseppe Rizzi, frappé par la cécité pendant son service, Guglielmo Saderi et Giuseppe Scintu.

En fin, parmi les douze, il y avait aussi un “missionnaire en Italie”, en la personne de Enrico di Nicolò qui, à la demande de ses supérieurs, s’était consacré avec ses études classiques, à l’enseignement et la formation des jeunes.

« Nous ressentons aujourd’hui une grande douleur et tristesse. Comme famille missionnaire, nous sommes touchés au cœur. Nous nous rappelons avec gratitudes de tous nos confrères qui ont donné leur vie pour l’Evangile et pour le peuple congolais », nous dit le xavérien congolais Fabien Kalehezo, conseiller général de l’Institut. « Malgré la souffrance, nous vivons ce moment avec foi et espérance : nous sommes certains de la proximité et de la miséricorde de Dieu, qui ne nous abandonne pas », poursuit-il. « La foi nus donne force et nous soutient : nous savons qu’après la nuit arrive l’aube de la résurrection », argumente le père Kalehezo, en rappelant que tous les xavériens à travers le monde – plus de six cent membres dans vingt pays – sont spirituellement proches à la situation qui se vit à la Maison Mère de Parme et à toute l’Italie ».

Le supérieur Général, Père Fernando García Rodriguez, remercie les confrères qui, « avec dévouement quotidienne assurent l’assistance aux confrères âgés », dans son vidéo à tous les missionnaires dans le monde. Et, faisant allusion aux religieux décédés, il a dit : « Que le Seigneur récompense le don de leur vie pour la mission du Christ ». A leur exemple, conclut le vicaire générale, père Mula, « demeurons unis à l’histoire, tout en vivant et souffrant avec l’humanité blessée. Dans ce moment d’épreuves sont vives les paroles et l’esprit de notre fondateur Conforti qui définissait ainsi notre mission : faire du monde une famille. Nous voulons partager la vie avec tout celui qui est pauvre, malade, seul. Nous sommes là, témoins d’espérance. Voilà l’Evangile ».

Copyright : Osservatore Romano, 26 mars 2020.

 

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Paolo Affatato
26 Marzo 2020
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