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Accoglienza e ospitalità

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RITIRO SPIRITUALE INTERCOMUNITARIO DELLE COMUNITÀ SAVERIANE

DI BRESCIA-DESIO-ALZANO LOMBARDO

Lunedì 20 Gennaio 2014

con Pier Giordano Cabra già superiore generale dei Piamartini

“Accoglienza e ospitalità nella vita fraterna in comunità”

L’accettazione reciproca

San Gregorio Magno:

            Rivestiti agli occhi di tutti dall’abito religioso, noi siamo venuti da situazioni sociali diverse a vivere insieme la nostra fede e l’ascolto della parola del Signore onnipotente e, diversamente peccatori, ci siamo riuniti fino a formare un cuor solo nella santa Chiesa, in modo tale che si vede chiaramente realizzato ciò che dice Isaia annunciando la Chiesa: “Il lupo dimorerà assieme all’agnello” (Is 11,6).

            Sì, grazie alle viscere della santa carità, il lupo dimora assieme all’agnello, perché quelli che nel mondo erano rapaci convivono in pace con i miti e i mansueti. Il leopardo si sdraia accanto al capretto, perché un uomo variegato per le macchie dei suoi peccati, accetta di umiliarsi insieme con chi si disprezza e si riconosce peccatore (in EZ II, 4,3)

 IL CORVO E LA VITE

Appena chiusa la porta dell’arca, Noè tirò un grosso sospiro di sollievo e si buttò stremato sul pavimento. Era appena arrivato a tempo, perché cominciavano a scendere i primi goccioloni del disastro annunziato.

Aveva dovuto lavorare notte e giorno per preparare l’arca, ma questo era niente a paragone con la fatica di dover rintracciare le varie specie di animali, per di più maschi e femmine, e convincerli ad entrare nell’arca. Ne entravano dieci e tanti ne uscivano. Una confusione inimmaginabile, anche per separare il 1upo dall’agnello, i predatori dalle prede.

Per fortuna aveva i tre vigorosi figli che, con le loro robuste mogli, se ne intendevano di queste cose, sistemando il tutto nel migliore dei modi.

Le cateratte del cielo che si aprirono e rovesciavano una terrificante quantità d’ acqua, provocarono all’interno dell’arca un silenzio reverenziale, che favorì non solo la disciplina di quell’eterogeneo ammasso di esseri viventi, ma introiettò in ciascuno il senso della gravità del momento e la responsabilità per il futuro della sopravvivenza della propria specie.

Ma, dopo alcuni giorni, qualcuno cominciò a gracchiare: “Chi ha costruito questo barcone così scomodo? Ci voleva così poco a farlo con un poco più di testa! “E qualche giorno dopo se la prese con il cibo scarso, poi con l’acqua che non finiva mai di cadere, poi con il cielo crudele, poi con Noè che non aveva detto che le cose sarebbero andate per le lunghe”.

Gli ospiti non ne potevano più di quella lamentala continua, che gettava sconforto e pessimismo in un ambiente già teso e preoccupato.

Quando Noè apri lo sportello e lanciò fuori per primo il corvo, un applauso di sollievo salutò la partenza liberatrice di quel guastafeste. Purtroppo il corvo ritornò, raccontando a tinte tanto fosche i disastri che aveva visto, da riuscire a insinuare il sospetto dell’inutilità di quella avventura, destinata a finire malamente, con l’aggravante d’essere stati prigionieri per tanto tempo.

Il lancio della colomba avvenne in un clima di crescente malumore e, al rientro, il suo racconto più rasserenate e positivo fu accolto con scetticismo, “Ha mandato un suo tirapiedi”, gracchiava il corvo, “Come ci si può fidare? Perché non ha mandato me”?

Oramai si era all’aperta contestazione del povero Noè, che, pur amareggiato, tuttavia non perdette la calma.

E quando, al rientro della sua seconda uscita, la colomba “portò nel becco una tenera foglia di ulivo” (Gen 8,11), il corvo disse trionfante: “Se non ci fossi stato io a protestare, chissà quanto tempo Noè ci avrebbe trattenuto ancora con sé”.

La colomba, aliena dalle polemiche, chiese di ripartire subito, trovandosi a disagio in quel ambiente avvelenato.

E quando poi  Noè,  più tardi, ricordava, attorno ad un fuoco serale,  questi particolari, terminava sorridendo  il racconto con il condividere con i presenti l’immancabile goccetto del prodotto della sua vite, ch’egli considerava quale premio del buon Dio per la collaborazione data ad una impresa non certamente facile;  ma anche, e forse più,  come un prezioso dono  per poter dimenticare le ore di angustia provocate dalla saccente incapacità di intendere la reale portata degli avvenimenti, da parte di presuntuosi “maestri del sospetto”, in situazioni tanto drammatiche.

Perché in quei tempi antichi poteva accadere che uno svelto di lingua fosse più influente di chi lavorava, e chi si rimboccava le maniche fosse meno apprezzato di chi criticava.

E sembra che ci fosse persino poca riconoscenza.

Che tempi! Per fortuna c’era il buon vino, dopo tanta acqua pericolosa e dopo tante chiacchiere inconcludenti!

IL LUPO E LA COLOMBA

La storia di noi lupi è tanto intricata e strana che nessuno riuscirebbe a immaginarla, se non la raccontasse uno che l’ha vissuta.

Cercherò di farlo in poche parole, attenendomi all’essenziale.

Quando fummo cacciati dal Paradiso terrestre, assieme alla prima coppia sventurata, il Creatore diede a noi lupi la possibilità di fare una scelta tra due opzioni: vagare liberi per il mondo o vivere nascosti nel cuore degli uomini. La prima opzione ci avrebbe dato più libertà, la seconda più tranquillità.

Io, che detesto i piccoli spazi e la clandestinità, scelsi la libertà di correre, cacciare, ululare e, se necessario, assalire.

Confesso che non compresi quelli che fecero l’altra scelta, anche se avevano la fama di essere i più astuti e persino i più feroci.

All’inizio la nostra libertà ci rendeva felici.  Col passare del tempo però, la nostra vita di libertà diventò sempre più difficile: mentre si restringevano i nostri spazi vitali, gli esseri umani trovavano mezzi sempre più micidiali per combatterci. Ed ora viviamo braccati e, quello che è peggio, siamo presentati, fin dalle fiabe per i bambini, come i cattivi e pericolosi nemici dell’umanità,

Se non fossero arrivati i “verdi”, noi saremmo già in via di estinzione.

Quante volte mi sono pentito di non avere aderito alla seconda opzione: loro sì che vivono tranquilli nel cuore degli uomini! Possono fare tutti i travestimenti, da quello degli agnelli a quello dei difensori della giustizia e dell’ordine stabilito. Possono trasmettere agli esseri umani tutta l’aggressività della nostra indomabile natura, senza che nessuno li disturbi, dal momento che i colpevoli per gli esseri razionali sono sempre gli altri e normalmente i rimedi ai disordini, violenze, omicidi, guerre, sono cercati nelle riforme delle leggi e delle condizioni esterne.

La loro astuzia è quella di non apparire e di convincere gli emancipati esseri umani che non vale la pena di pensare a riforme interiori, troppo aleatorie.

Tuttavia anche loro hanno un nemico assai temibile, che sarebbe micidiale se fosse attivato dagli esseri umani, i quali, evoluti come sono, non lo prendono neppure in considerazione.

Scommetto che sorriderete anche voi, quando vi dico che il vero loro terrore è la colomba. Eppure le poche sconfitte clamorose le hanno subite quando la candida e potentissima colomba dello Spirito Santo è entrata nei cuori degli esseri umani e, sorreggendo quello che essi chiamano buoni sentimenti, ha ingaggiato con i miei colleghi infiltrati, una lotta che li ha ridotti all’impotenza, creando oasi non dominate dalla conflittualità.

Non ci sono lupi che possano resistere a quella colomba, che alimenta e persino aiuta a realizzare i sogni di fraternità che ogni essere umano coltiva e spera di incontrare.

La fortuna dei miei colleghi clandestini, sta nel fatto che la Colomba scende solo quando è richiesta. E chi non sa che gli esseri umani sentono tutti i bisogni, meno quello di pregare per chiedere l’intervento di un alleato tanto vago e incerto come una colomba invisibile?

E così se noi lupi in libertà siamo in pericolo, proprio a causa dell’aggressività degli esseri umani sempre meglio armati, anche i nostri colleghi clandestini non sono in migliori condizioni dal momento che l’homo homini lupus, rischia di estinguere la specie umana, alle cui sorti essi sono strettamente legati per la loro sopravvivenza.

A volte mi viene la tentazione di chiedere aiuto alla Colomba, per salvare il salvabile!

Ma in questo caso dovrei cessare d’essere lupo.

E allora, io che so fare solo il lupo, che cosa farei?

L’ULIVO

Da quando la colomba tornò da Noè “sul far della sera, avendo nel becco una tenera foglia di ulivo” (Gen 8,11), sono diventato l’albero simbolo della pace.  

Ho dimostrato infatti d’essere un albero vigoroso, affidabile, capace di sfidare le intemperie, in grado di rimettermi in attività per primo dopo un disastro totale quale è stato il diluvio, che non si lascia demoralizzare dai rovesci. Un albero robusto, che sfida i secoli, tranquillo, non lamentoso, che diffonde un senso di sicurezza e serenità.

La mia presenza, secondo la Bibbia, contribuisce a fare del paese di Canaan una terra di sogno (“terra di ulivi, di olio, di miele”: Dt 8,8); l’olio che produco, “onora déi e uomini” (Gdc 9,9) e consacra sacerdoti, re e profeti. Lo stesso olio, lenisce le ferite, rinvigorisce le membra, lubrifica gli attriti, profuma i corpi.

Il mio olio, che agevola il quieto vivere, contribuisce a rafforzare la mia fama di albero di pace.

Produco, è vero, anche olio di dubbia qualità, come quello che viene usato per ungere la vanità dei potenti con gradite parole, grazie alle quali si è lasciati in pace. O come quello che permette di ottenere favori e di evitare guai, ungendo con pregiate valute le persone giuste al momento giusto. Avviene anche questo!

Fortunatamente produco anche l’olio vergine (“Vergin di servo encomio e di codardo oltraggio”, direbbe il Nostro Grande Lombardo) che evita adulazione e denigrazione, che non avvelena i rapporti sociali, rispettando e riconoscendo a ciascuno il suo.

Ma il mio prodotto migliore è l’olio extra vergine destinato a rendere fluente e fragrante la barba di Aronne, una barba ispida e irsuta, sovente arruffata ed incolta, come tante convivenze difficili e pungenti di famiglie, di fratelli e di sorelle, di ambienti di lavoro: “Ecco come è bello e come è dolce che i fratelli vivano insieme. E’ come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull’orlo della sua veste” (Sal 132).

 Di quest’olio della buona educazione e dell’accettazione reciproca, della cortesia e del perdono, io vado particolarmente fiero, “perché là il Signore manda la benedizione e la vita per sempre” (ivi).

Sappi che la Colomba dello Spirito è sempre pronta a partire con il ramoscello d‘ulivo e l’olio della letizia, dopo ogni diluvio che ha sconvolto la vostra pace.

Perché non chiamarla in soccorso?

EVANGELII GAUDIUM

Papa Francesco (EG 98: No alla guerra tra di noi): “Che tutti possano ammirare come vi prendete cura gli uni degli altri, come vi incoraggiate mutuamente e come vi accompagnate”.

“Mi fa tanto male costatare che in alcune comunità cristiane, e persino tra persone consacrate si dia spazio a diverse forme di odio, divisione, calunnia, diffamazione, vendetta, gelosia, desiderio di imporre le proprie idee a qualsiasi costo, fino ad un’implacabile caccia alle streghe. Chi vogliamo evangelizzare con questi comportamenti? (EG 100)

Pregare per le persone con cui siamo irritati (EG 101)

“Non lasciamoci rubare l‘ideale dell’amore fraterno” (EG 101)

 

Cabra Pier Giordano
09 Marzo 2015
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