Skip to main content

E se le piante bibliche avessero ragione?

2852/500

RITIRO SPIRITUALE COMUNITÀ SX

Brescia/Artigianelli: Lunedì 23 Febbraio 2015

AL CUORE DELLA RELAZIONE NELLA VITA CONSACRATA:

E SE LE PIANTE BIBLICHE AVESSERO RAGIONE?

 p. Pier Giordano Cabra

Proclama delle piante bibliche sulla comunicazione

Nel cuore della relazione c’è:

  1. il silenzio, l’attenzione all’essere prima che al dire e al far e
  2. la convinzione che la costruzione della fraternità non è perdita di tempo.
  3. La convinzione che anche i piccoli gesti possono produrre grandi risultati.
  4. Riorientare continuamente il desiderio verso Dio per salvare le relazioni.
  1. “Perché le piante non parlano”

(silenzio premessa di una relazione profonda) 

  1. Sogno e realtà: Un sogno realistico e una realtà tesa al sogno

- La fraternità: sogno, compito, dono?

- Il dono del sogno e il sogno del dono.

- La necessità di oasi per noi e per gli altri (ambienti accoglienti).

- La costruzione dell’oasi.

  1. La forza costruttrice dell’amore che si fa piccolo per permettere ai piccoli di vedere il Signore

- Mitezza, umiltà, semplicità, condivisione, contatti umani ordinari, che permettono di incontrarlo.

- Sicomoro: “Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro / per vedere il Signore se mai passi / Ahimè non sono un rampicante / ed anche stando in punta di piedi non l’ho mai visto” (Montale)

- La missione: piantare sicomori nelle periferie dei “piccoli”: di spirito, di desideri, di aperture (essere in relazione con le periferie del desiderio di Dio, e non solo quelle della povertà materiale)

  1. All’origine delle divisioni, che seguono la trasgressione: l’autoreferenzialità

- qualche cosa di demoniaco che devia il desiderio

- Riorientare continuamente il desiderio verso Dio, che unisce “le volontà ribelli”

Perché gli alberi non parlano

Noi alberi ci stupiamo dell’importanza che voi esseri umani date alla parola per comunicare. La parola vi permette certamente una comunicazione più sofisticata sulle cose da dire e da fare, ma è sempre sincera e profonda?

La nostra comunicazione invece è esclusivamente basata sul silenzio, tanto è vero che l’unica volta che abbiamo preso la parola, come narrato nel capitolo nono del libro dei Giudici (Si misero in cammino gli alberi per ungere un re su di loro), abbiamo fatto una pessima figura: i migliori di noi si sono dimostrati egoisti, dando la possibilità di emergere al peggiore di tutti. L’ulivo, il fico, la vite non vollero rinunciare ai loro frutti, defilandosi dalle responsabilità, e così si impose il rovo.

Proprio una figuraccia. Che ci ha fatto sentire simili a voi essere umani, che adoperate sovente le parole per distorcere la comunicazione, usando un tono tanto più elevato quanto più volete giustificare il vostro comportamento interessato.

Da quel giorno non abbiamo più pronunciata una parola, ma non abbiamo smesso di comunicare col nostro laborioso   e silenzioso esserci.

Con le nostre radici estraiamo dalla terra e dall’humus la vita; con le nostre foglie, grazie alla fotosintesi clorofilliana, purifichiamo l’ambiente, cresciamo rigogliose e siamo utili, ciascuna secondo la propria specie.

In silenzio mettiamo in comunicazione terra e aria per crescere, senza propagandare i nostri risultati e senza lamentarci delle nostre fatiche. In silenzio sopportiamo pazientemente le avverse condizioni, in silenzio cresciamo insieme formando immense foreste, campi dorati di grano e verdissimi prati d’erba; in silenzio accettiamo che nessuno si curi di noi; in silenzio ci dispiace di non essere considerati come compagni indispensabili di voi esseri umani nell’avventura della vita.

Ma vi confessiamo che siamo lieti di stare presenti al mondo più con il nostro essere che con il nostro parlare, essere più utili per quello che diamo che per quello che pretendiamo, di comunicare a tutti i doni che abbiamo ricevuti mettendoli a disposizione degli altri.

Immergiti nella natura per comprendere che il silenzio è la premessa di una comunicazione profonda : nel silenzio orante saprai perdonare e riprendere il sorriso, nel silenzio è più facile ritrovare le vie  della pace e diventare costruttori di pace;  nel silenzio metterai a tacere il tuo io narcisista, nel silenzio eviterai l’offesa che guasta la comunicazione, nel silenzio comprenderai le difficoltà del fratello, nel silenzio invocherai lo Spirito che ti aiuta a scacciare il demonio dell’invidia e della gelosia, grandi ostacoli alla comunicazione sincera e fraterna.

Nel silenzio ti renderai conto della necessità di passare dalla comunicazione superficiale alla comprensione dell’altro.

Impara a tacere per comprendere, per scendere in quella parte di te, dove ti è possibile incontrare tuo fratello nella sua e nella tua verità.

Noi Palme

Quando volete sognare un luogo di pace, voi, esseri umani, parlate sovente di oasi. Nella vita, piuttosto arida e conflittuale che conducete, sentite il bisogno di qualche cosa che assomigli a un’oasi ove si possa vivere in serenità e in fraternità. Noi palme ne siamo lusingate, ma siamo anche sorprese di fronte alla vostra ingenuità, perché fare un’oasi non è cosa semplice, né facile, come voi l’immaginate. Prima di tutto noi palme abbiamo avuto un’educazione severa: crescere nel deserto non è agevole. Soltanto il lungo e paziente tirocinio ci ha permesso di diventare alberi robusti e capaci di resistere al tempo e di sopravvivere ai climi più avversi e difficili. Non è pensabile fare un’oasi con palme deboli: verrebbero spazzate via dai terribili venti e soffocate dal caldo.

 Abbiamo poi dovuto crescere assieme, a giusta distanza: troppo vicine ci saremmo soffocate, troppo lontane non avremmo garantito una protezione sufficiente dalle furiose tempeste di sabbia. Le quali soffiano ora da un lato ora dall’altro, distribuendoci l’onere della protezione reciproca, affidata ora alle une ora alle altre.  E naturalmente è necessario essere ben distribuite per lasciare spazi di accoglienza.

La nostra esperienza millenaria ci permette di affermare inoltre che un’oasi per essere desiderata non dovrebbe essere troppo frequentata, perché può impigrire e rendere meno coraggiosi nell’affrontare la durezza dei viaggi nel deserto. L’oasi è un punto di arrivo, di ristoro, di rifornimento, ma anche un punto di partenza. Non si può vivere soltanto nell’oasi. Ma se la sosta non deve essere troppo lunga, non deve essere neppure troppo breve, per permettere di rifocillarsi, curarsi, per essere in grado di riprendere le forze per un altro tragitto.

 L’oasi è dunque il luogo del noi non dell’io, perché una palma sola, anche robusta non fa un’oasi. Del resto anche il deserto è il luogo del noi, perché, se è vero che stare in una carovana può rallentare gli spostamenti, è altrettanto vero che muoversi da soli nel deserto, si corrono non pochi rischi e pericoli. Solo assieme possiamo essere utili. E per di più il nostro è un noi che non pretende di risolvere tutte le necessità. Se, per esempio, mancasse l’acqua, che cosa saremmo e che cosa potremmo offrire?

Noi palme, nel silenzio delle fresche notti stellate, pensiamo spesso a voi, avendo sentito i vostri discorsi, vedendovi alla ricerca di oasi. E immaginiamo il deserto delle vostre affollate città, le vostre frequenti illusioni di costruire oasi di sogno, quando cercate di ricevere più che di donare, quando coltivate più i diritti che i doveri, quando vi illudete che si possa costruire il noi rassicurante senza coltivare la propria robustezza, che produce pazienza e comprensione.

Le nostre oasi sono un dono che è frutto delle nostre lunghe e pazienti fatiche. E così possono diventare un sogno.

Le vostre oasi non rischiano sovente di essere un sogno che svanisce di fronte alla dura realtà quotidiana?

IL SICOMORO

Devo ammettere che c’è stato un lunghissimo periodo di tempo, in cui non ero molto soddisfatto di me. Sono un albero strano, a partire dal mio nome insolito, formato da due parole che significano il fico e il gelso.  Si potrebbe dire che non sono né l’uno né l’altro, né carne né pesce. Potrei essere l’immagine dell’uomo qualunque, della persona senza molte qualità, persino un poco confusionario.

La Bibbia per dire che il profeta Amos era stato strappato a un lavoro di scarsa rilevanza, lo descrive come un coltivatore di sicomori, il che vuol dire uno che incideva i miei frutti per farli crescere e maturare: infatti i miei frutti assomigliano ai fichi, ma non ne hanno la dolcezza e la delicatezza. Non solo sono di scarsa qualità, destinati per lo più al bestiame e, in tempi di fame anche agli esseri umani, ma sono frutti laboriosi, dal momento che senza quella incisione, uno per uno, rimangono piccoli e poco utilizzabili.

Non sono considerato insomma un albero prestigioso, poco citato nei paragoni, per non far sfigurare chi viene paragonato a me. Eppure ho anch’io il mio pregio, uno di quei pregi che sfuggono alla grande storia, ma che condiscono la cronaca quotidiana. E’ il pregio che ha consentito al piccolo e rotondetto Zaccheo di salire in alto per vedere il Maestro che passava. Se non avesse avuto i miei rami bassi, a portata di mano per aggrapparsi, come avrebbe potuto avere la possibilità anche soltanto di pensare di salire? 

E così è bastato un piccolo sforzo per vedere quello spettacolo che gli avrebbe cambiata la vita: “Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: ‘Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua’. Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Gesù gli disse: ‘Oggi in questa casa è venuta la salvezza’” (cfr. Lc 19,1-10).

Quel fatto, che mi ha dato una certa popolarità presso la gente presente alla scena, non mi ha tolto però dall’atavica malinconia per la mia debole identità: chi avrebbe voluto assomigliare a un sicomoro?

Ma per poco, perché il Maestro, ritornando rinfrancato dal lauto pranzo imbandito da Zaccheo, si fermò di nuovo proprio nei miei pressi e, forse intuendo il mio disagio, mi guardò fisso dicendomi: “Caro sicomoro, ti sono grato per aver facilitata la chiamata di Zaccheo. Ma ancor più ti sono grato perché tu rappresenti quelle persone alla mano che con la loro vicinanza permettono agli altri di risalire la china e di riprendere fiducia nella vita. Persone che senza fare rumore, senza pretendere riconoscimenti e senza farlo pesare, danno una mano con semplicità a chi è in ricerca o a chi è angustiato. Tu oggi le hai rappresentate e devi esserne fiero perché hai realizzato lo scopo per cui sei stato creato, trasformando un dettaglio in protagonista, la ferialità in gioia festiva”.

Che luce da quelle parole! Improvvisamente mi è sembrato che una folla crescente guardasse a me, ai miei rami bassi, tendendo le mani per salire e vedere il Maestro. Mi sono sentito utile, un mirabile ascensore dei piccoli che vogliono scoprire la loro dignità.

Che fortuna essere un sicomoro!

L’albero del desiderio

Quando fui piantato in un angolo del Paradiso terrestre ero orgoglioso della mia unicità: ero infatti l’unico albero i cui frutti non potevano essere raccolti, perché dotati di speciali proprietà, che io non riuscivo a comprendere. Mi chiamarono, non so perché, albero del bene e del male. Sentii parlare anche della parola “morte”, ma io non sapevo che cosa fosse (Gen 2,16-17).

Vi racconterò il mio passaggio dallo stupido orgoglio alla vergogna. So che siete piuttosto curiosi di sapere come sono andate le cose. All’inizio ho visto una sola volta Adamo ed Eva, venuti per rendersi conto qual era quell’albero unico i cui frutti erano pericolosi. Erano una splendida coppia: il paradiso non aveva mai visto nulla di simile. Belli, anzi stupendi, innamoratissimi, ammirati e riveriti da tutte le creature.

Col passar del tempo le loro visite nei miei paraggi aumentavano, con una crescente intensità.  Che cosa era successo? Penso che voi del XXI secolo possiate capire quelle che considero mie illazioni. Quelle due splendide creature avevano trovato tutto fatto, senza faticare. E voi sapete che quando si ha tutto, sembra stranamente che manchi qualche cosa. Si va a cercare qualche cosa di insolito. Che cosa fanno i vostri ragazzi?

Aggiungete che erano riveriti da tutta la creazione, da animali e piante e persino dagli astri, trovando ciò naturale. Man mano passava il tempo sentivano strano e incomprensibile quell’unico divieto. Non erano sovrani di tutte le cose? Se uno è abituato a realizzare ogni desiderio, non gli riesce difficile non darsi da fare per appagare anche l’ultimo incompiuto desiderio?                         

E così io divenni l’albero del desiderio incompiuto. Poi ci si mise di mezzo anche il serpente che intavolò abilmente una discussione filosofica e teologica su Dio. Volevo metterli in guardia, gridando: “Non discutete su Dio, ma obbedite a Dio”. Ma non potevo, non avendo il dono della parola. Ma quando si discute di Dio, non lo si fa simile a noi, che siamo discutibili? Avvenne poi quello che avvenne. Ed io vedendo di colpo lo sconvolgimento in quelle due povere creature, improvvisamente invecchiate, divenute ansiose, litigiose, vergognose, mi sono vergognato di me e del mio orgoglio.

 E così, un giorno, mentre mi passava accanto il Signore Iddio, ebbi il coraggio di lamentarmi con Lui, perché mi sembrava che li aveva cresciuti nella bambagia, mettendo per di più nel loro cuore un eccesso di desiderio, che li aveva condotti alla rovina. Con mia sorpresa rispose: “Quel desiderio è quello che li salverà. E’ eccessivo, lo so, perché è un desiderio infinito, il desiderio del Tutto, il desiderio di me, che non si può realizzare su questa terra, neppure nell’Eden.  Con quel desiderio nel cuore, gli esseri umani ritorneranno a me, seppur attraverso le vie difficili nelle quali si sono cacciati.

E tu, che sei l’albero del bene e del male, sarai la memoria che la via che li realizza è quella preparata dal Costruttore, che sa qual è quella che porta alla meta e quella che porta nel deserto, quello che è bene e quello che è male.  E’ meglio fidarsi di Lui! Ma che, quand’anche si ribellassero, non potranno mai cancellare il desiderio di me, inscritto in tutti i loro desideri”.

Che forza! Aveva previsto tutto, proprio tutto!

Cabra Pier Giordano
02 Marzo 2015
2852 visualizzazioni
Disponibile in
Tag

Link &
Download

Area riservata alla Famiglia Saveriana.
Accedi qui con il tuo nome utente e password per visualizzare e scaricare i file riservati.