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"Il Signore non poteva essere più buono con me"

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“Il Signore non poteva essere più buono con me”

Con questo titolo faccio mia la considerazione che il nostro Fondatore faceva rispetto alla vocazione missionaria.

Prima – durante – poi…

Prima. Dio prepara sempre la sua chiamata attraverso persone e avvenimenti che diventano un terreno fertile capace di accogliere il seme delle sue scelte programmate nel crearci. Non esiste nessuna vocazione uguale all’altra: ciascuna ha una sua componente che può somigliare alle altre ma rimane sempre unica e personale, proprio perché ciascuno di noi è unico e irripetibile.

Mia madre, santa Teresa di Lisieux compatrona delle missioni e don Janes Tosi sono stati strumenti personali e liberi nelle mani di Dio per indicarmi la mia vocazione religiosa, missionaria e saveriana.

Mi ha più volte detto mia madre che da giovane pregava così: Gesù, se tu vuoi, io mi farò suora; ma se vuoi che diventi madre, che uno dei miei figli si faccia sacerdote. Se penso che sono il quarto dei miei fratelli maschi e certamente il più fragile, devo concludere che mia madre era veramente una donna di grande fede, come disse di lei monsignor Giacomo Zaffrani, allora vescovo di Guastalla.

Non posso dimenticare la grande gioia di mia mamma quando le dissi che volevo farmi sacerdote missionario.

Ma quale fu la scintilla iniziale che mi orientò decisamente verso la scelta? In modo chiaro la lettura della vita di santa Teresa di Lisieux, Storia di un’anima, che mi aveva dato da leggere il viceparroco don Quinzio Bonezzi, di san Rocco di Guastalla. Per più di un anno feci un cammino di discernimento vocazionale con l’indimenticabile giovane sacerdote don Janes Tosi, amico personale dei saveriani. Diretto e sostenuto da lui, entrai nel noviziato di san Pietro in Vincoli il 18 Settembre 1956, dove emisi la professione religiosa missionaria il 19 Marzo 1958. L’anno seguente ebbi la fortuna e la gioia di incontrarmi a tu per tu personalmente con padre Pio a san Giovani Rotondo, che, mettendomi in segno di benedizione sul capo le sue mani, mi disse solo due parole: “Sii perseverante”. Parole che furono per me una risposta che considerai proveniente dall’Alto e che interpretava il mio desiderio non solo di continuare nella mia vocazione, ma, qualche tempo dopo, di partire per il Brasile. Nonostante la salute non troppo robusta, non avrei mai immaginato allora che in missione avrei salvato la vita di una giovane mamma brasiliana che, dopo aver dato alla luce una bella bambina, la sua esistenza rischiava di spegnersi perché perdeva molto sangue. Donandole un po’del mio sangue la salvai. Rimasi in quella missione 14 anni, non di seguito, ma alternando vari ritorni in Italia per alcuni mesi.

E ora? Sono a Salerno dal 1994. Quindi per più di 20 anni. Dovetti lasciare la missione per motivi di salute, perché un po’esaurito. Era il giorno 16 Luglio 1994, una data molto significativa per me, devoto di Teresa di Lisieux, a cui devo la mia vocazione, festa della madonna del Carmelo. È come se la santa compatrona delle missioni mi dicesse: “D’ora innanzi sarai missionario come me. Non più al fronte ma nelle retrovie.” Pian piano ho raggiunto l’età di anziano, 81 anni, un’età nella quale è più facile pensare al passato che al futuro. Grazie a Dio sono ancora in grado di fare ministero. Sono molto grato ai miei confratelli saveriani e a tanti amici laici di Salerno e dintorni che in casa o fuori mi sono esempio di viva fede e di altruismo. Volentieri li contatto con visite a domicilio o per telefono.

Vorrei poter scrivere un libricino con il titolo Cronaca bianca, riportando le testimonianze di tante persone che, con il loro nascosto eroismo quotidiano, portano avanti la loro vita e quella di tanti altri.

È stato scritto che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. Se il mondo non crolla è perché esistono sempre anche oggi tante foreste! Ci vuole più intelligenza a vedere il bene che il male, la stessa intelligenza di Dio che ha creato l’umanità capace di Lui, espressione della sua verità e bontà. Santa Teresa di Lisieux diceva: La carità consiste nel non meravigliarci dei difetti del prossimo, ma nel gioire per anche il più piccolo progresso nel bene.

E poi… Il poi è nelle mani di Dio. Da parte mia vorrei dire, come diceva sempre padre Mitidieri Vincenzo a chi gli chiedeva: Come stai?. Egli rispondeva sempre: “Meglio di tanti altri.

Vorrei poter lasciare un ricordo gioioso e positivo di me, con un grazie enorme a Dio, alla Madonna, alla mia personale patrona Teresa di Lisieux… ma in modo specialissimo, un grazie a mia madre, che sento sempre vicina a me come se non fosse mai morta. Comprendo che a lei devo non solo la vita materiale, ma anche un orientamento di donazione al Signore. Mi ha dato grande gioia quando l’ultima volta sono stato nella casa di Parma a parlare a lungo con padre Luca Augusto. Quasi centenario, non più brillante naturalmente nella salute, ma così stupendamente sereno, gioioso e così umanamente aperto ai valori umani e cristiani. Un saveriano che fa onore al fondatore e ai saveriani tutti e che costituisce un esempio forte da imitare da parte di tutti i saveriani. Un esempio che si può e si deve essere missionari anche quando si è imboccato il viale del tramonto. Le foglie possono ingiallire, ma lo spirito quando è autentico rimane sempre verde.

Rileggendo queste mie righe mi accorgo di non parlare anche di Paolo Cibelli, nostro caro amico di lunga data che da oltre vent'anni produce in casa nostra (ex “gabbiotto” del compianto fratel Palumbo) varie opere di scultura in legno. Ormai ha creato quasi un centinaio di sculture. Una di esse che rappresenta il beato Bartolo Longo è stata donata al papa emerito Benedetto XVI. Credo fermamente che in seguito sarà riconosciuto come un vero artista. Mi dispiace che non sia sempre apprezzato come di dovere anche dai saveriani. Quando me ne andrò da Salerno avrò certamente la gioia se non la certezza di aver salvato qualche anima e di aver aiutato un vero artista.

Nazzareno Corradini sx

Corradini Nazzareno sx
09 Maggio 2015
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