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Dall’amore per Gesù al dono di sé ai fratelli. Il Martirio

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I DISCORSI DI ADDIO

Dall’amore per Gesù al dono di sé ai fratelli
Martirio

 

Per introdurci

Nel mio “sabbatico” sto rileggendo la Lettera Testamento anche in vista del suo “centenario”, ma soprattutto per tentare di rispecchiarmi nel testo che San Guido Maria Conforti presenta come la mia fotografia, i miei lineamenti di missionario saveriano, il modo di essere e di agire che mi caratterizza: la caratteristica che mi dovrebbe distinguere![1]

Ho riflettuto su quella che ho chiamato la cornice o l’inclusione e cioè la caratteristica di essere famiglia per annunciare al mondo che l’umanità è una famiglia. Mi sono poi soffermato sul sofferto itinerario percorso dal Fondatore per arrivare alla approvazione nei primi giorni del 1921.

Prima di ritornare al testo della L T, il n. 2 nell’attuale numerazione, mi è sembrato importante rileggere quei piccoli, ma preziosi testamenti che sono “i discorsi di addio”.

Dobbiamo ricordare che nella mentalità, la psicologia e la spiritualità degli inizi del 1900 si partiva definitivamente, una partenza senza ritorno. Significativo che la parola “addio” ritorni otto volte e una volta persino “l’estremo addio” (8º). Il saluto al missionario che lasciava forse per sempre la sua terra era un piccolo, ma prezioso testamento, Il Fondatore, commosso come fratello e padre, saluta i missionari pronti a partire definitivamente

Con affetto di fratello dirò anzi più, con cuore di padre, vi desidero, vi auguro, vi imploro da Dio, che vi ha predestinati alla grande opera. Vi auguro... (9º).

Ed in questo momento essi fanno i migliori voti per voi, ed io in particolar modo vi accompagno coi’ miei auguri che sono quali può formularli cuore di fratello e di padre e tutti li compendio in un solo augurio; nell’augurio che abbiate sempre a mantenervi all’altezza della nostra grande vocazione (11º).

Con affetto di fratello e di padre vi rivolgo commosso la mia parola in questo momento solenne. Tra breve abbandonerete questo santo luogo... (19º),

Il riferimento costante: Gesù       

Possiamo iniziare contando le parole.

La voce “Cristo” appare 14 volte, “Gesù” 5 volte e “Gesù Cristo” 3 volte. Una volta appare abbreviato: N. S. G. C.

Più di 20 volte Gesù riappare senza nominarlo: Egli... Colui...

Credo che si possa riassumere questa centralità di Gesù Cristo con la definizione del missionario, che troviamo alla 12ª partenza, io credo di sapore autobiografico:

Ma il Missionario è la personificazione più bella e sublime della vita ideale. Egli ha contemplato in ispirito Gesù Cristo che addita agli Apostoli il mondo da conquistare al Vangelo, non già colla forza delle armi, ma colla persuasione e coll’amore e ne è rimasto rapito.

Difficile essere missionario senza contemplazione e rapimento. Credo che ci aiuti il texto di Benedetto XVI riferito ad ogni cristiano. Una affermazione ripetuta due volte nel documento di Aparecida e ripresa più volte da Papa Francesco;

All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.

Ecco, incontro con la persona di Gesù, il Figlio di Maria: contemplazione e rapimento. Innamorarsi! Chi il missionario contempla, da chi è rapito?

“Ha contemplato Gesù Cristo”.

Percorriamo le parole di addio e troviamo Gesù presentato come

Il Pastore Divino (2º)

Il Crocefisso Signore (4º)

Il Divino Maestro (4º – 11º - 17º)

La Vittima Immacolata (8º)

Il Salvatore (10º)

Il Salvatore divino (14º)

Il Maestro divino (11º)

Il Redentore (13º)

Il Duce divino (17º)

Il Modello per tutti di perfezione, ma specialmente per gli Apostoli (17º).

Il Padre che abita in luce inaccessibile è reso visibile e accessibile dalla persona umana di Gesù di Nazaret, il Signore fatto debolezza, il primo tra i fratelli, in tutto simile a noi eccetto il peccato.

Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con Sé[2].

La Via, la Verità e la Vita, il Crocefisso, camminando sulle nostre strade, sarà il gaudio, la fortezza, la guida (9º. 10º).

Vi conforti questo crocefisso che vi pende sul petto e che dev’essere il vostro gaudio il vostro tutto e da lui, che ha versato sino all’ultima stilla il suo sangue per l’umano riscatto, imparate a sacrificarvi pei fratelli (12º).

Imparate!

Ascoltiamo e impariamo da Lui e sentiremo la sete di salvezza universale:

Al di sopra di tutte le affezioni naturali sta per voi il regno di Dio da dilatare; più non vi resta che la sublime passione dell’Apostolato, la passione di saziare le brame di Gesù morente che ha sete ardente di anime (13º)

Donde tanto ardore e tanto coraggio in voi? Dall’esempio di Gesù Cristo che ha dato tutto se stesso per noi; che sopra l’altare della Croce diceva sitio, sitio ho sete, ho sete. Quella non era tanto una sete fisica quanto una sete morale: era la sete delle anime che egli era venuto a salvare. E voi volete estinguere quella sete ardente ed almeno portarvi qualche refrigerio. Epperciò vi siete proposti di andare in cerca d’anime (21º).

Gesù, il Verbo fatto carne è esegeta del Padre e come il Padre parla, non solo, ma scende a salvare il suo popolo, come YHWH fra gli schiavi in Egitto: Vede, ascolta, conosce e... Scende (Cfr. Es 3,7). In due passaggi San Guido unisce la parola al gesto.

Ed oggi il Signore vi dice chiaramente ciò che vuole da voi e vi addita il campo che vi affida da dissodare (16ª)

Gesù Cristo infatti poco prima di salire al cielo con autorità divinamente sovrana additava agli Apostoli il mondo da conquistare e diceva loro: «Andate e predicate il mio Vangelo a tutte le genti... (22ª)

Il gesto

Nelle parole del Fondatore sembra di vederLo, il Signore, mentre allunga la mano e con l’indice “addita”... Un campo da dissodare... Il mondo e concretamente la Cina e nella Cina l’Onan Occidentale.

Egli ha contemplato in ispirito Gesù Cristo che addita agli Apostoli il mondo da conquistare al Vangelo (12ª)

Il momento da voi sospirato, affrettato con tanti voti, è giunto! La terra che il Signore vi addita è la Cina, sono le lontane contrade dell’Ho-nan Occidentale (9ª).

Il Crocifisso in dialogo con Guido è onesto! Non inganna, non promette vita facile, più volte ricorda il calice proposto ai figli di Zebedeo (Mt 20,22 e par.):

Egli vi addita il Calvario, ma dal Calvario si passa poi al monte della trasfigurazione, al monte dell’Ascensione, alla gloria del trionfo eterno, riservata a coloro che più da vicino avranno su questa terra seguito Cristo (13ª)

Addio, fratelli carissimi, tra pochi istanti lascerete questo Santo Cenacolo ove avete provata la pace ed il gaudio del divino servizio e vi avvierete al Getsemani e poscia al Calvario, ma ricordatevi che dal Calvario presto si ascende alle vette del Taborre e da queste alla trasfigurazione della gloria celeste (7ª). 

diceva loro: «Andate e predicate il mio Vangelo a tutte le genti. Chiunque crederà sarà salvo, chiunque non crederà sarà condannato. Hanno perseguitato me e perseguiteranno ancor voi, ma non vogliate temere imperocchè io ho vinto il mondo e di tutti gli uomini si formerà un solo ovile sotto la guida di un solo pastore» (22).

Mi pare interessante notare questa strano itinerario: dopo il calvario, il “Taborre”. Certamente non è l’ordine cronologico che i Vangeli ci hanno tramandato. Una ipotesi, solo una ipotesi.

São Guido dice “si passa poi”...“si ascende”...  Potremmo pensare che non significasse un prima e un poi, temporaneo, ma una contemporaneità, oserei dire un giovanneo “croce-gloria”... “gloria-croce”. Se qualcuno meno limitato del sottoscritto ci facesse una tesi.

Tuttavia, anch’io vorrei tornarci più avanti, proprio riflettendo sul martirio.  

Dobbiamo notare che non si tratta di un discorso generico, uno spiritualismo della sofferenza, ma una chiara conoscenza delle situazioni concrete di disagio, sofferenza e martirio. Conosce i problemi che i suoi missionari in Cina hanno dovuto affrontare. Il padre e fratello non avrà timore a ricordare i reali pericoli che in quel momento correvano i confratelli in Cina, una nazione in guerra civile, un paese che sta attraversando “un’ora grigia”, “un mare in tempesta”... (22ª)

Vi attendono difficoltà di ogni genere, andrete in mezzo ad un popolo dilaniato ora da intestine discordie, giungerete colà mentre non vi è sicurezza per alcuno, e specialmente per gli stranieri, per i banditori di una novella religione (13º).

Ma non dimenticate che voi dovrete seminare nelle lagrime. Per questo Cristo vi ha predetto persecuzioni, onde non abbiate un giorno a scandalizzarvi: «Si me persecuti sunt, et vos persequentur». I Confratelli di vocazione che vi hanno preceduti sul campo del lavoro, hanno già sperimentata la verità di queste fatidiche parole. Hanno già subita la prigionia e sostenuti disagi e tribolazioni d’ogni maniera. Non sarà dissimile la vostra sorte, perché identica è la missione che voi andrete a compiere colà ove essi si trovano, identiche le difficoltà che dovrete affrontare (17ª).

Proverete amari disinganni e penose delusioni; esperimenterete l’ingratitudine umana, vi parrà di essere abbandonati perfin dai vostri cari, come Cristo sulla croce fu abbandonato dal Padre suo celeste (11ª).

Per questo Cristo vi ha predetto persecuzioni, onde non abbiate un giorno a scandalizzarvi: «Si me persecuti sunt, et vos persequentur» (17º).

Siamo così arrivati alla parola. Con il gesto, una parola: cosa dice?

Tre parole

La vittoria di Cristo.

Mi pare che la parola più ripetuta sia proprio questa: Non temere! Onesto e sincero nel presentare le situazioni politiche e religiose della Cina, ma anche sicuro nella sua fede in Gesù Cristo e nella sua parola. Non si lascia rubare la speranza!

  • Non temere, io sono con Voi, sempre (10ª).
  • Non temere, io ho vinto il mondo (9ª. 10º. 13ª, 22ª) .
  • Non temere, io ho vinto il mondo. E voi pure, vinti in apparenza, sarete alla fine vincitori (13ª).
  • Non temere, come agli apostoli dice anche a voi “comanderete ai Demoni che a voi saranno costretti di obbedire, porrete le mani sopra gli infermi e saranno risanati e se qualche cosa di venefico berrete, non potrà nuocervi” (13ª).
  • Non temere, Gesù “vi ripete: niente vi turbi, niente vi sgomenti: «non turbetur cor vestrum . . . tristitia vestra convertetur in gaudium». (17ª)

La gioia di Cristo

Su questa parola di speranza si fonda allora l’altra parola: la gioia.

Tutto il testo dei discorsi di addio è pervaso di serenità, speranza e felicità (una decina di volte) e i termini gaudio (9 x), gioia e gioia ineffabile (3x) costellano questi discorsi fino a chiedere di “dilatare”, ingrandire il cuore perché possano essere contenuti (2x).

Notiamo, non solo la gioia futura, dopo la morte, ma la gioia qui in terra di essere stati prescelti a vivere una vocazione che non potrebbe essere “più nobile e grande”. Una gloria che ci aspetta, certamente in cielo, ma che assaporiamo già qui in terra. La voce “gloria” ritorna 25 volte! Gloria e gioia di essere come missionario “la personificazione più bella e sublime della vita ideale”. La gioia di vivere nella fede e nella imitazione di Gesù Cristo, la gioia di fare le scelte che Lui ha fatto, la gioia di essere apostoli della fraternità universale. Con Papa Francesco possiamo dire, noi oggi:

La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia (EG 1). 

Senza gioia non si evangelizza.

Certo a noi il Fondatore chiede di vivere nel mondo della fede, ci chiede perseveranza, la frequentazione diaria dell’Eucaristia, fedeltà alle pratiche che ci uniscono a Dio e ci fanno vivere con lo sguardo fisso in Gesù. In altre parole, vivere le virtù teologali. Ed è proprio questo che San Guido augura ai partenti.

Ma per compiere degnamente questa grande missione vi abbisogna un corredo non comune di virtù, e queste appunto con affetto di fratello dirò anzi più, con cuore di padre, vi desidero, vi auguro, vi imploro da Dio, che vi ha predestinati alla grande opera. Vi auguro quella fede viva che animava gli Apostoli, che costringe in certo qual modo Dio ad operare i prodigi, che è il segreto della vittoria e del trionfo. Vi auguro quella speranza incrollabile che, fidente nelle divine promesse, attende ogni cosa da quell’amabile Provvidenza che tutto dispone sapientemente e soavemente e che dilatava il cuore agli eroi della nostra fede in mezzo ai più duri cimenti della vita, alle prove più difficili, rendendoli esempi ammirabili di costanza e di fortezza; vi auguro quella carità che a tutto rende superiori, che non viene mai meno, perché è forte come la morte e che non cerca se non quae Iesu Christi (9ª)[3].

Il segreto di Cristo

Nella fede viva, nella speranza incrollabile e nella carità a tutta prova si comprende e si può vivere la gioia del martirio.

L’intuizione è semplice: stessa missione, stesso metodo o, come dice Conforti, per vincere: stesso scopo, stesso segreto. Rimeditiamo direttamente le sue parole

E’ grande la missione che Egli vi affida: è la missione stessa che fu da Cristo commessa agli Apostoli; è la missione stessa per la quale egli è disceso dal Cielo in terra (9ª).

«Quando io sarò innalzato dalla terra, sopra la croce, attirerò a me tutte le cose». In queste parole è compendiato lo scopo della sua missione ed il segreto delle sue vittorie.

E la missione di Cristo è la missione vostra, il segreto delle sue vittorie deve pur essere il segreto dei vostri successi; la croce, il sacrifizio di voi stessi (16ª).

Ed otterrete tutto questo senza la forza delle armi, senza l’influenza delle ricchezze, senza l’aiuto di aderenze potenti; unicamente colla vostra fiducia in Dio, con quella fiducia che trasporta i monti ed opera le meraviglie (13ª).

Il sillogismo è semplice: stesso obiettivo, stesso metodo, stessa missione, uguale itinerario: il sacrificio di se stessi, amando come Lui fino alla fine, fino all’estremo (Cfr. Gv 13,1).

Il Martirio

Notiamo anzitutto che le partenze e l’addio ai partenti avveniva nella “Cappella de martiri”. Quattro volte il saluto verrà celebrato in altre chiese, ma non era una sua scelta. Lo dirà espressamente:

I generosi confratelli che vi hanno preceduto sul campo dell’Apostolato tra le pareti del Cenacolo in cui si erano preparati alle future lotte ed ai futuri trionfi, furono armati cavalieri di Cristo, come in una festa intima di famiglia, ed io avrei preferito che così avvenisse di voi che state per muovere i vostri passi verso di essi ond’essere a parte delle loro fatiche e dei loro meriti. Ma aderendo al desiderio di tanti che preferivano che il rito della vostra partenza si compisse pubblicamente ad edificazione di tutti, ho scelto all’uopo questa Basilica Cattedrale come il luogo più adatto alla solenne circostanza. 

Ecco un altro tema da tesi di dottorato: il martirio nella letteratura confortiana. Il pensiero del dono totale di sé fino al dono della vita lo accompagna sempre, quasi come il sogno di una vetta che lo farebbe in tutto e definitivamente uguale al suo amato Gesù Cristo. É il dono massimo che il discepolo-missionario di Cristo può ricevere. Forse l’espressione più sincera e simpatica, incomprensibile per me povero missionario da quattro soldi, è la reazione per il martirio mancato dei suoi primi due missionari. Dice a pe. Caio Rastelli:

A Parma nulla di nuovo. Pochi gironi or sono, ha avuto luogo un solenne triduo nella chiesa dei carmelitani ad onore dei due loro protomartiri, Dionigi e Redento, sollevati testé all’onore degli altari. E l’Istituto di San Francesco quando potrà vantare questa bella sorte? Si faccia coraggio col rendersi meritevole di tanta grazia: l’occasione non potrà forse mancarle un’altra.                       

Martirio: bella sorte... Tanta grazia!

Non si scoraggi, questa volta è andata male, ci sarà altra occasione!

Credo che dobbiamo ritornare con il giovane Guido ai piedi del Crocifisso e tentare di ascoltare almeno alcune delle parole fra le tante che l’Uomo della croce gli diceva. Quindi: ascoltare la croce che è trono e cattedra (16º) ed è “compendio del Vangelo” (4º; vedi PP p. 39[4]).

Nella Parola del Padre scriverà:

È il libro più sublime sul quale dobbiamo meditare di continuo per trovare la ragione sufficiente di tutte le questioni dell’ordine morale. Nessun altro libro può parlare con maggiore efficacia alla nostra mente e al nostro cuore, nessun altro libro può farci concepire propositi più generosi e ride e per essa egli trionferà stare in noi tutte le energie necessarie per attuarli a costo delle più grandi rinunzie e dei più duri sacrifici. Per questo al missionario che parte per lontani nidi ad annunciare la buona novella, non viene fornita altra arma all’infuori del crocefisso, perché questa possiede la potenza di Dio e per essa egli trionferà di tutto e di tutti dopo aver trionfato di se stesso.

Già nel secondo discorso di addio (il primo che abbiamo) sembra sfidare il coraggio dei quattro partenti:

Vi attendono tribolazioni e patimenti d’ogni fatta e fors’anche la corona dei martiri. Ma niente vi turbi, niente vi sgomenti. Vi conforti questo crocefisso che vi pende sul petto e che dev’essere il vostro gaudio il vostro tutto e da lui, che ha versato sino all’ultima stilla il suo sangue per l’umano riscatto, imparate a sacrificarvi pei fratelli.

Subito dopo aggiunge:

Se mancherà il martirio di sangue, non mancherà quello dell’abnegazione, di sacrifizi, di patimenti; martirio continuato e più grave del vero (2º).

Troviamo qui i lineamenti di una consacrazione a Dio per la missione, la coscienza di una quotidianità concreta, senza per questo eliminare il sogno. Significativo il verbo che si ripete quando parla del martirio: Suggellare.

Un verbo poco usato. Mi ha aiutato il dizionario dei sinonimi:

Suggellare di lettera o plico: sigillare, chiudere.

Suggellare di patto, di amicizia: confermare, concludere, ratificare, sancire, sanzionare.

Vi è dunque uno stile di vita che viene confermato, ratificato. Il martirio non cade sul vuoto, ma viene a sanzionare (approvare, confermare...) una esistenza vissuta nella dinamica martiriale, o di chiara e serena testimonianza del Vangelo. Alcuni testi sono chiari:

 Imparate a sacrificarvi pei fratelli. Se mancherà il martirio di sangue, non mancherà quello dell’abnegazione, di sacrifizi, di patimenti; martirio continuato e più grave del vero (2º).

Gesù Cristo che addita agli Apostoli il mondo da conquistare al Vangelo, non già colla forza delle armi, ma colla persuasione e coll’amore e ne è rimasto rapito. Ed egli a questo ideale sacrifica la famiglia, la patria, gli affetti più cari e legittimi... unicamente in cerca di anime da conquistare alla Fede di Cristo; non già armato di spada e di fucile per spianare tutte le difficoltà che incontra ed abbattere chi cercasse attraversargli la via, ma armato unicamente della croce di Cristo, pronto sempre a versare il proprio sangue, se questo sarà necessario pel bene dei fratelli, anzi col desiderio in cuore di suggellare col martirio il proprio apostolato (12º)

Il Missionario che tutto sacrifica per il più sublime degli ideali, che tutto si dedica al bene dei fratelli senza nulla chiedere, che non cerca che anime da conquistare alla verità, che aspira al martirio per suggellare degnamente l’opera sua, è un tipo incomparabile di morale bellezza; niente di più grande ed eroico può rifulgere alla nostra mente (22º)

(Paolo) ha conquistate alla verità una moltitudine ingente di anime, ha fondato innumerevoli Chiese, suggellando poscia col martirio il suo apostolato (10º).

E la parola confermerete coll’esempio di una vita santa, coll’esercizio fecondo della carità, collo spirito di sacrificio, che a tutto vi renderà superiori ed anche coll’eroismo del martirio se a questo pure sarete chiamati. E a tutto questo vi conforti anche il pensiero che alla Cina non può mancare uno splendido avvenire di glorie cristiane, perché anche di recente è stata fecondata dal sangue dei martiri. Sono Vescovi venerandi, Sacerdoti intrepidi, candide colombe disposate a Cristo, migliaia di cristiani invitti, che nella persecuzione del 1900 hanno suggellato col sacrificio della vita la loro Fede. Essi vi hanno preceduto col loro esempio luminoso. Essi hanno irrorata col loro sangue la terra che voi dovete coltivare; ed il sangue dei Martiri è seme sempre fecondo (16).

Il pensiero non poteva essere più esplicito: vi è una vita di impegno apostolico, una vita santa, l’esercizio di una carità feconda, lo spirito di sacrificio e il concreto sacrifico di tutto, per i fratelli, abnegazione... Su tutta questa esistenza donata, consacrata può arrivare il “sigillo” del martirio.

Penso possiamo concludere questa lettura delle parole di addio con la domanda proposta dal Fondatore:

Donde tanto ardore e tanto coraggio in voi?

Risposta, semplice ma chiara e definitiva|:

Dall’esempio di Gesù Cristo che ha dato tutto sé stesso per noi.

 

[1] Vedi lettera Testamento n. 10

[2] Il vescovo Conforti ripete spesso questa verità, forse il momento più solenne si trova nella prima lettera ai Ravennati datata il giorno della suo consacrazione episcopale: “La divi­nità che abita una luce inaccessibile, si è resa visibile nella Persona adorabile di Gesù Cristo, e così il modello per eccellenza della san­tità di Dio fu sottoposto ai nostri sguardi, le perfezioni divine si sono rese, per così dire, sensibili, e la vita immacolata dell'Uomo‑Dio è di­ventata legge per il mondo tutto, pietra di paragone dell'umana perfezione. Una nuova via fu aperta allora all'operare umano, via per la quale Gesù Cristo camminò per il primo, tracciandone a noi la dire­zione. (1902, 11 luglio, Roma, Prima lettera Pastorale ai Ravennati, in FCT 11, p. 448).

[3] Ho trascurato il tema della consacrazione perché penso che vada meglio meditato e pregato con il secondo numero della lettera testamento.

[4] Nella edizione di Augusto Luca 1981

Alfiero Ceresoli sx
11 Ottobre 2019
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