VERSO DOVE VANNO I SAVERIANI IN ITALIA ?
Da oltre un anno sono di ritorno dal Ciad. Ho molto ascoltato, letto, discusso, riflettuto, cercando di capire lo stato di salute della nostra Famiglia, qui in Italia soprattutto. Sono impressionato dall’ “angoscia degli ultimi cento metri” che si percepisce in molti confratelli e anche presso le Saveriane. È in parte comprensibile, tenendo conto dei dati anagrafici della maggioranza dei fratelli e delle sorelle che con estrema evidenza fanno intravedere un drastico, inevitabile, calo del numero di missionari/e italiani nel giro di dieci anni.
Ma mi sto chiedendo se questa angoscia sia veramente accettabile e di cosa sia segno. Invece di passare il tempo a piagnucolare, riusciamo a fare piuttosto un discernimento serio, comunitario, nello Spirito ? Quale è il vero oggetto della nostra paura ? Cosa lasciamo dietro ? Cosa “perdiamo” ? lasciamo il vuoto ? Cosa può o deve morire perché qualcosa di nuovo appaia all’orizzonte? Un “virgulto” non sta forse spuntando dal vecchio ceppo che sembra rinsecchire ?
Si sta dicendo in ambito ecclesiale che sono i carismi che sono importanti e che non finiscono. Quello missionario, poi, resterà vivo fino alla fine dei tempi. Per quello, dunque, nessuna paura ! Ciò che cambia – e che deve cambiare – sono le strutture generate da questi carismi, le modalità di incarnazione, le quali dovranno sempre adattarsi ai tempi, alle necessità, alle culture. Su questo, magari, siamo tutti teoricamente d’accordo. Ma poi, staccarci veramente dalle nostre “tradizioni”, dal modo preciso nel quale siamo cresciuti, ci mette in agitazione, in confusione, ci fa paura. Il nostro modo di fare missione, di vivere in comunità, di pregare insieme, di gestire i nostri spazi, i “nostri” beni… ci siamo attaccati.
Ma allora, cosa difendiamo veramente ? il carisma o noi stessi, o dei mattoni, o un museo ? Naturalmente anche la tradizione di una istituzione come la nostra ha una sua importanza; non buttare mai l’acqua sporca col bambino dentro. I Saveriani hanno delle caratteristiche che tutti riconoscono. Ma c’è da coglierne lo spirito prima di tutto; non siamo fondamentalisti ! Del resto, i confratelli provenienti da altri contesti culturali, ci aiuteranno a dare un’imbiancata al nostro museo. Per fortuna.
E questo è un primo elemento importantissimo per il nostro discernimento. La geografia del mondo saveriano cambia. Non è una minaccia ! È una opportunità.
Un secondo elemento è il cambio di paradigma della missione. Cioè una crescita. Non c’è da avere sensi di colpa : abbiamo fatto quello che dovevamo e potevamo fare a quell’epoca lì. Io la chiamerei una vera e propria epopea, vissuta da santi (e da peccatori!). Ma apriamoci al nuovo. Evangelii Gaudium resta un riferimento. La missione non è più “laggiù”!
Un terzo elemento è il cambiamento ecclesiologico. Il “santo popolo di Dio” prenderà sempre di più e meglio il suo posto. Prima e dopo il Concilio c’è stata una vera esplosione di esperienze nuove in questo senso. Anche questa è un’indicazione per una direzione nuova da prendere. Forse non più missione fatta da gruppi – istituzioni specializzati unicamente, come detentori esclusivi della ricetta… ma dal “santo popolo di Dio”. Insieme.
Un quarto elemento che entra in gioco per un miglior discernimento è l’interculturalità del mondo di oggi, verso cui andiamo a grandi passi malgrado le tendenze nazionaliste, particolariste, ecc. Ne abbiamo già tanto parlato. Ma concretamente per la nostra missione, è ancora e sempre la cultura italiana (cultura italiana ?) che la farà da leone ? O sarà la cultura omogeneizzata appiattita verso cui si vuole convogliare a passi forzati tutte le culture ? E noi missionari siamo capaci di una vera interculturalità ? ne abbiamo gli strumenti ? quale “cultura missionaria” generiamo ? Ogni carisma è generativo di cultura. La storia Saveriana ne è testimone. Ma oggi ? Che esperienze concrete proponiamo ? Continuiamo a parlare di Dio con un linguaggio oggi incomprensibile ?
E cosa ne è della spiritualità ? quinto punto. Anche qui, rischiamo di entrare in un labirinto senza via di uscita. La spiritualità missionaria di Conforti, ma anche quella del Concilio, necessitano di un restauro continuo: attualizzare le migliori intuizioni di Conforti da un lato, recepire l’evoluzione della spiritualità missionaria nella Chiesa e, perché no, esserne protagonisti dall’altro. Non si tratta di sbiadirci in una religiosità vacua, ‘à la carte’, secondo la domanda degli utilizzatori (coi giovani occidentali, per esempio). Ma di coltivare un terreno fertile e fecondo, una spiritualità solida ed essenziale, sempre cristocentrica, in cui accogliere anche nuovi elementi che vengono da altri. Attualizzare, recepire, coltivare, accogliere: e il nuovo spunta all’orizzonte.
Per riassumermi :
* Basta coi pessimismi e la paura di morire; il carisma missionario non finisce.
* Lasciamo morire le nostre vecchie strutture ottocentesche; apriamoci decisamente a nuove soluzioni. La presenza dei laici, delle famiglie, della grande “Famiglia Carismatica” di Conforti, delle Missionarie di Maria, è la grande porta aperta sul futuro. Inventiamo la nuova missione INSIEME. Tutti insieme discepoli-missionari. Aprire, aprire, aprire ! Riposizionarci, dicevamo.
* E’ questa la “cultura missionaria” di cui anche i giovani sembrano avidi : esperienze concrete di fraternità aperte al territorio e al mondo. Conversione : dalla vita evangelicamente orientata all’elaborazione teorica e non viceversa. La vita genera cultura. La vita pensata, interiorizzata.
* Una spiritualità cristocentrica, cioè antropocentrica. Con l’Uomo e per l’Umano. La missione, non per ‘la salvezza delle anime’, ma perché fiorisca l’Umano a tutti i livelli. Perché fiorisca Dio nell’Umano. Allora: attualizzare, recepire, coltivare, accogliere.
Affrontare i prossimi dieci o quindici anni con audacia (‘l’audace progetto’ !), come su una piccola piroga, stretta, insicura, che già fa acqua e potrebbe rovesciarsi da un momento all’altro. Per attraversare un fiume che fa paura. Non possiamo lasciar andare la nostra piroga al caso della corrente, ma remare INSIEME, TUTTI, verso l’altra riva. Audacia, fiducia, speranza. “Coraggio ! SONO IO !” (Mt 14,27). “Perché avete paura ? Non avete ancora fede ?” (Mc 4,40).
Un “virgulto” non sta forse spuntando dal vecchio ceppo che sembra rinsecchire ? (cf. Is 11,1).
E anche un piccolo consiglio : leggi di Luigino Bruni (economista, consultore del Dicastero per i laici) “LA COMUNITA’ FRAGILE. Perché occorre cambiare molto per non perdere troppo”, un libretto semplice e facile da leggere, lucido e coraggioso.
Non dimentichiamo il documento ‘A’ dell’ultimo Capitolo Generale : “La vocazione Saveriana nel mondo”, molto ricco.
P. Armando Coletto sx
Links e
Downloads
Acesse aqui com seu nome de usuário e senha para visualizar e baixar os arquivos reservados.