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Siamo invitati ad ascoltare la voce dei nostri martiri

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Testimonianza di un missionario in occasione della giornata della memoria dei missionari martiri al Centro Missionario di Piacenza.

Non potendo essere fisicamente presente a causa dalla pandemia, vi invio questa mia testimonianza. Mi chiamo p. Gianni Pedrotti (a sinistra nella foto), sono un missionario saveriano di 87 anni perché sono nato a Edolo (BS) nel 1934, sono missionario in Africa da 52 anni essendo arrivato in Burundi nel gennaio del 1969. Ho lavorato in Burundi dal 1969 fino al 1981, data in cui siamo stati espulsi dal governo. L’anno seguente, sono stato inviato in Congo dove mi trovo fino ad oggi.

Piacenza mi ricorda i miei due anni di teologia che ho frequentato nel nostro studentato teologico che in quegli anni si trovava in santa Chiara, via Farnese. Piacenza mi ricorda anche l’allora vescovo S.E. Mons. Manfredini (se ricordo bene) che era venuto in visita alle nostre missioni in Burundi, accompagnato dall’economo, il diacono che noi chiamavamo “Vittorione” per la sua stazza. La sua visita era dovuta soprattutto alla presenza di un gruppo di missionari e missionarie laici volontari che lavoravano con noi, alcuni dei quali erano piacentini.

In Burundi ho vissuto la drammatica tragedia, scoppiata nel 1972, della lotta tribale tra TUTSI e HUTU: tutti cittadini dello stesso Paese, il Burundi, ma di etnia diversa. Non è stato per niente facile, per i nostri battezzati, ricordarsi che, prima di essere Tutsi o Hutu, erano cristiani cioè fratelli, figli dello stesso Padre… Molti sono stati travolti da questa tragedia e il cristiano ha ucciso, ha odiato il suo fratello perché considerato nemico in quanto appartenente all’altra etnia…

Ma io vorrei ricordare, come veri martiri anonimi, tutti quei cristiani, quei catechisti che hanno rischiato la loro vita per aiutare, proteggere, difendere l’altro che, pur essendo dell’altra etnia, era un fratello da rispettare e amare.

Un solo caso tra tanti: il mio catechista Bernard ha rischiato la sua vita per mettere in salvo la vita dell’altro catechista e della sua famiglia di etnia nemica. Li ha salvati ma lui ci ha rimesso la vita.

Nel far memoria dei missionari martiri non posso dimenticare i seminaristi del seminario di Buta in diocesi di Bururi, siamo nel 1997.

Un gruppo armato si presenta in seminario a Buta (diocesi di Bururi) e impone ai seminaristi di dividersi in due gruppi: da una parte i seminaristi di etnia Tutsi e dall’altra quelli di etnia Hutu. Si rifiutano categoricamente di separarsi e vengono uccisi tutti, Hutu et Tutsi, insieme, testimoniando con il loro sangue mescolato, la fratellanza universale proclamata da papa Francesco.

Siamo nella notte del 30 settembre 1995, nella missione del Buyengero in diocesi di Bururi vengono uccisi p. Ottorino Maule, p. Aldo Marchiol e la laica missionaria Catina Gubert. Perché? Sono martiri della verità e della giustizia… Combattere per la verità e per la giustizia può costarti la vita…

Nella Repubblica Democratica del Congo, dove mi trovo da 40 anni, il sangue dei nostri martiri ha cominciato a scorrere fin dal lontano 1964.

A Baraka e a Fizi, nel sud-Kivu, in diocesi di Uvira, vengono uccisi fratel Faccin, p. Carrara, p. Didoné e il sacerdote diocesano congolese Abbé Jubert. Avrebbero potuto mettersi in salvo ma, da veri pastori che non abbandonano le loro pecore nei momenti di pericolo, hanno scelto liberamente di rimanere; è già a buon punto la causa per proclamarli Beati e mi commuove pensare a p. Giovanni Didoné, con cui giocavo a ping-pong, vederlo sugli altari!

Non posso dimenticare la testimonianza del vescovo CHRISTOPH MUNZIHURWA ucciso a Bukavu nel 1996. Era un prete diocesano della diocesi di Bukavu che era entrato tra i gesuiti. Era stato cappellano degli studenti universitari nella capitale Kinshasa e aveva partecipato alle proteste contro le ingiustizie del governo di Mobutu finendo anche in prigione. Era poi stato eletto provinciale dei Gesuiti. Nominato vescovo, ha preferito essere consacrato vescovo a Roma per evitare solennità esterne con spese inopportune in un paese con tanti problemi. Nominato in Diocesi di Kasongo come ausiliare di Mons. Pirigisha, sono andato ad accoglierlo perché venisse a visitare la mia parrocchia. Solo dopo essere entrato in sacrestia ha tolto dalla tasca la semplice croce pettorale e l’anello. Aveva tre o quattro camicie dello stesso colore che si lavava e stendeva al sole.

Conversando con lui, mi diceva che bisognava cambiare il rito per l’ordinazione sacerdotale perché non sottolineava abbastanza l’aspetto, per lui essenziale, che il sacerdote non è ordinato per essere capo ma servo. Nominato vescovo di Bukavu in periodo di guerra, ha esortato i cristiani a non fuggire, ma a rimanere a difendere il loro paese. Con coraggio ha difeso l’integrità territoriale denunciando le ingiustizie, le invasioni, le guerre. L’hanno bloccato mentre in macchina stava spostandosi verso l’episcopio; l’anno fatto scendere dalla macchina, gli hanno sparato e abbandonato il cadavere sulla strada. Tutta la popolazione lo considera e lo venera come un martire e desidera che la chiesa lo proclami tale. Il suo processo di canonizzazione è, a livello diocesano, agli inizi.

burundi

Prima di concludere, non possiamo non ricordare le tre sorelle Missionarie di Maria – saveriane martiri in Burundi: sr. Olga Raschietti, sr. Bernadette Boggiani, sr. Lucia Pulici. Una vita più esemplare della loro non si può immaginare. Tutte e tre erano state a lungo in Congo. Parlavano swahili, francese e si arrangiavano un po’ con il kirundi, lingua ufficiale del Burundi.

Olga (nella foto), catechista da sempre, aiutava i giovani provenienti dal Congo e che vivevano per motivi di studio o di lavoro alla periferia di Bujumbura, a Kamenge. Lo faceva con gioia, sempre prodigandosi per i poveri. Lucia era stata in Brasile dove aveva fato l’ostetrica e ora assisteva i malati più gravi nelle loro case. Bernadette aiutava le famiglie in difficoltà con tanta serenità e fraternità.

Nella vita delle tre suore ottantenni c’era un posto per tutti. Olga suonava l’armonium; Lucia amava le orchidee che sovente fotografava con stupore; Bernadette era addetta alla casa dei religiosi, era sempre pronta al sorriso che donava senza stancarsi. Tutte e tre, con fervore e amore distribuivano Gesù Eucarestia… Tutte e tre erano anziane e malate, ma sempre pronte a rispondere a ogni chiamata.

E per tutte e tre la chiamata fu grande: la sera tra il sei e sette settembre 2014 furono trucidate nella loro casa, offerte per amore di Gesù che tanto amavano e per quello verso i fratelli e sorelle che sempre avevano servito con gioia e dolcezza… Chi le ha uccise? Perché sono state uccise?

Siamo invitati ad ascoltare la voce dei nostri martiri!
Siamo invitati a donarci con gioia e coraggio, come loro!
Siamo invitati ad amare e a perdonare sempre!
Siamo invitati a seminare sempre semi di speranza.

Gianni Pedrotti sx
26 março 2021
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