Skip to main content

La missione in Papa Francesco

2890/500

Introduzione

Fino a non molto tempo fa la missione occidentale era fondata sulla Chiesa e risaliva al Concilio di Trento che ricordava che il Vangelo era portatore di una verità e di una morale, sottolineando che il Vangelo si dà nella Chiesa: Evangelium in Ecclesia (il Vangelo è nella Chiesa).

Quello che è sempre parso più chiaro dal 1940 in poi, è che il Vangelo non dipende dalla Chiesa. La Chiesa dipende dal Vangelo; il Vangelo è legato a Cristo e allo Spirito, mentre la Chiesa deve vivere di questa realtà, è serva del Vangelo. Questa prospettiva ha rivoluzionato tutto.

E in questa prospettiva dobbiamo guardare all’oggi. Gli Istituti Missionari a volte si impauriscono e si chiedono: “ma dov’è il nostro posto?”.

Cominciamo col dire che questo radicale cambiamento, che ha messo la missione alla base di tutta la Chiesa, impegnando tutta la Chiesa a proclamare e vivere la missione, è la vittoria dei movimenti missionari degli anni ‘30-‘40-‘50. Sono loro, e non le Chiese e i vescovi. Sono stati i movimenti missionari che hanno portato alla luce questa capacità splendida di una Chiesa serva del Vangelo. Non è “un problema” dei movimenti missionari il fatto che oggi le Chiese dicano: “la missione è un fatto che ci riguarda”.

C’è anche un secondo fattore. Dobbiamo considerare che in questa prospettiva la missione chiede un’attenzione profonda. M. Amaladoss dice nel suo lavoro che ci sono tre modi di leggere il Vangelo:

  1. Quello portato da Gesù: Gesù parlava della venuta del Regno.
  2. Quello delle prime comunità cristiane che lo scrivono ed è il frutto del contatto con il mondo greco e latino.
  3. Quello portato dai missionari, il Vangelo dell’Europa del 1500.

Bisogna cominciare a proclamare il Vangelo del Regno di Dio, come Cristo ha fatto. Questo implica una conversione al Vangelo che è stupefacente.

Non c’è nessuna cultura cristiana. Esiste un Vangelo alle prese con una cultura multiforme e in questa cultura sta sia il Vangelo su misura per i singoli popoli, sia il Vangelo che è unità per tutti. Come ci può essere unità? Come multiformità?

Papa Francesco cita molte volte i documenti delle Chiese locali, soprattutto quella latinoamericana. Nella Evangelii Gaudium (EG) cita un documento europeo una sola volta. Siamo davanti ad un cambiamento che non ci deve fare paura. La missione genera la Chiesa nella sua totalità, perché la Chiesa deve essere totalmente missionaria. Questo è ciò che i missionari hanno sempre detto.

Se tutta la Chiesa diventa missionaria allora qual è il ruolo degli Istituti Missionari? C’è la spiritualità e ci sono i monasteri che vivono di spiritualità, ognuno secondo le sue caratteristiche e a seconda dei luoghi. Con questo contribuiranno a una unità di tutto il mondo ecclesiale.

I problemi dell’Europa non sono quelli del Terzo Mondo. Grace Davie, una sociologa inglese, ha formulato in due libri delle precise affermazioni. Lei dice che la Chiesa è legata oggi a un credere senza appartenenza, believing without belonging; è la Chiesa che scompare nell’occidente. L’occidente è qualcosa di differente. Non è l’occidente che porta il Vangelo. È il Vangelo che deve rifare la fede dell’occidente e il cammino di tutte le Chiese con la loro peculiarità.

1. L’azione missionaria (EG 21-24)

In questi numeri c’è la più bella spiegazione. Papa Francesco dice che l’azione missionaria inizia con la GIOIA del Vangelo. EG 1 (seconda metà) dice che il documento indica le vie nuove per la Chiesa nei prossimi anni, con una particolare caratteristica: la GIOIA. La GIOIA per il Vangelo è un’espressione di Paolo VI, che troviamo in EN 80. Quel Papa dalla faccia mesta parlava della GIOIA del Vangelo. Papa Francesco lo riprende all’inizio del suo documento.

  • La Parola (EG 22)

La Parola ha una sua libertà inafferrabile ed è efficace a suo modo e in forme molto diverse, tale da sfuggire alle nostre previsioni e agli schemi dei teologi. La Parola risponde alla gioia, all’entusiasmo, al coraggio, alla bellezza dell’annuncio di quello che è il Vangelo.

Il Vangelo ha il primo passo nella gioia, ma poi è la Parola: la Parola di Dio sorprende, non risponde agli schemi. È una libertà inafferrabile, non si può dominare…, dice Francesco, dipende dalla spiritualità, dalla sapienza e dalla logica d’amore.

  • L’intimità itinerante (EG 23)

Questa intimità che abbiamo con Gesù nella Parola implica una intimità itinerante. Non si sa come Papa Francesco abbia messo insieme queste due parole, perché “intimità” non viaggia, ‘sta’ nel cuore di una persona, nel suo modo di essere e di pensare; l’ “itineranza”, invece, mette sempre in viaggio.

È qualcosa di eccezionale e straordinario.

  • Primerear-cominciare (EG 24-26)

È l’uscire, andare: l’ospedale da campo. La Parola di Dio che entra in contatto con la cultura è secondo Francesco l’agire missionario.

2. I soggetti: chi svolge questa azione missionaria?

Sono soprattutto i giovani, le famiglie, il mondo della vita religiosa... Il popolo di Dio è il soggetto. Esso è più grande dei vescovi, dei teologi… Il tema del popolo di Dio è un tema molto caro ai teologi argentini: Lucio Gera e Juan Carlos Scannone sono i pensatori da cui il Papa attinge e che appartengono alla sua storia e che sono ormai defunti. La concezione del pueblo de Dios è legata al popolo molto semplice, nei suoi momenti più ordinari e profondi.

Da EG 111 a 134, si trovano dei riferimenti al popolo di Dio tutto missionario. Il tema particolare della pietà popolare (122-126). Il popolo nella sua semplicità ha una sapienza che non c’è molte volte nei teologi.

Quando Papa Francesco si affaccia per la prima volta su Piazza S. Pietro ripete almeno quattro o cinque volte “io e il popolo”. Vede il popolo portatore di una spiritualità.

Il popolo di Dio comunica la forza del Vangelo e comprende preti, catechisti, teologi… ciascuno col suo contributo.

  • Il popolo evangelizza costantemente se stesso: se così non fosse come portare il Vangelo agli altri?
  • Il popolo è guidato dallo Spirito e allora bisogna imparare ad ascoltarsi: non sono i vescovi a dirci dove andare, dobbiamo ascoltarci per comprendere la direzione da prendere.

3. Il metodo (EG 217-237)

L’azione missionaria ha un metodo preciso che dobbiamo fare nostro.

  • Il tempo è superiore allo spazio (EG 222-225)

Quando ci si lega a uno spazio ci si lega a un’opera, a quello che si fa, a una parrocchia, a un gruppo…

Quando ci si lega al tempo, ci si lega a un passato, a un presente e a un futuro… a una speranza, al vivere per trovare la pienezza della propria fede.

Il tempo ha la meglio sullo spazio perché chiede di camminare, andare avanti, oltre… ed è qualcosa di straordinario.

Il tempo comprende i giovani, chi è nel pieno delle attività, gli anziani e la speranza passa da tutti, ma in particolare dai piccoli, i giovani e gli anziani.

  • L’unità prevale sul conflitto (EG 226-230)

La realtà in cui viviamo è largamente conflittuale. Ci siamo dentro come portatori di una visione superiore, di una fraternità che Francesco ama molto chiamare “amicizia sociale” (Cf Fratelli tutti).

La fraternità è l’inizio di una pace, di un incontro, di un cammino insieme, di un legame. La fraternità vale più del conflitto.

Il conflitto fra le culture va sostituito con la capacità di camminare insieme con la propria diversa identità. La Chiesa cammina verso un futuro di Chiese multiformi.

  • La realtà è più importante dell’idea (EG 231-233)

Su questo non siamo tutti d’accordo, perché l’idea è la scienza, il concetto, la riflessione, per portare a un livello sempre più alto. Ma la realtà è la concretezza. La realtà “è”; l’idea invece va elaborata. Ciò che non incide sulla realtà non vale nulla.

Certamente la realtà è illuminata dal ragionamento, ma la realtà ha un suo spessore e una sua concretezza che porta a confrontarsi con la vita e i suoi problemi.

  • Il tutto è superiore alla parte (EG 234-237)

Se la realtà fa camminare coi piedi per terra, il “tutto” apre alla capacità di tenere in mano aspetti differenti; non c’è solo la somma, c’è anche la parte. Il tutto è superiore, ma ognuno deve dare il suo pezzo per avere un tutto.

Conclusione

Questo popolo dai molti volti incide sulla realtà umana, che è religione, società, lavoro… La fede non può fare a meno di misurarsi con l’impegno sociale, se si vuole cambiare le cose. Lo mostra il Magistero di Francesco:

  • La cura della casa comune (Laudato Si’)
  • La fraternità (Fratelli Tutti)
  • Il valore della santità del popolo di Dio (Gaudete et Exsultate)
  • Il compito dei giovani (Christus Vivit)
  • Il ruolo della famiglia (Amoris Laetitia)

Abbiamo così l’idea di un Vangelo che si pone davanti alla realtà e cerca di realizzare un mondo che vi si ispiri.

Nessuno di noi ha la ricetta, ma ognuno ha la consapevolezza che Dio è all’opera e che l’opera di Dio riguarda anche noi. In un modo o in un altro tutti siamo chiamati a vivere la nostra vocazione.

La missione non muore, perché la rivendicano tutti, ma ciascuno la vive secondo il dono ricevuto.

Gli Istituti sono mandati a quelli che sono difficili da avvicinare, i lontani… che sono ovunque nel mondo.

Davanti a queste modifiche viene il tempo in cui semplicemente ciascuno si mette davanti a Dio e lo ascolta e comincia a muoversi naturalmente. Non si può fissare una maniera unica per tutti di vivere la missione. Ci sono delle debolezze: la dottrina senza spazio per il mistero dell’amore di Dio (gnosi attuale) e una realtà che punta sulla volontà, senza umiltà (pelagianesimo attuale).

Tutto ciò ci fa comprendere la fatica della missione e ognuno deve metterci il suo sforzo e il suo impegno.

Gli Istituti Missionari devono avere il coraggio di aprirsi finalmente alla missione in Europa. Certamente non è facile per chi viene da fuori, da un altro continente, perché è un altro mondo.

Ai missionari è dato il compito di essere da tramiti tra la cultura e il Vangelo. I missionari non annunciano la cultura del Vangelo, ma il modo in cui il popolo da cui provengono ha annunciato il Vangelo. Per questo è importante lo studio della lingua.

In questa prospettiva ci rendiamo conto che non c’è una cultura cristiana, ma molte culture e tutte hanno sete di Vangelo.

Don Gianni Colzani
Parma - 15 settembre 2021


 

La misión según el Papa Francisco

Introducción

Hasta no hace mucho, la misión occidental se fundaba en la Iglesia y se remontaba al Concilio de Trento, que recordaba que el Evangelio era portador de una verdad y una moral, subrayando que el Evangelio se da en la Iglesia: Evangelium in Ecclesia (el Evangelio está en la Iglesia).

Sin embargo, lo que cada vez ha ido siendo más claro a partir de 1940, es que el Evangelio no depende de la Iglesia. La Iglesia depende del Evangelio, y el Evangelio está ligado a Cristo y al Espíritu, mientras que la Iglesia debe vivir de esta realidad, es la servidora del Evangelio. Esta perspectiva ha revolucionado todo.

Desde esta perspectiva debemos mirar la actualidad. Los Institutos Misioneros a veces se asustan y se preguntan: “pero, ¿dónde está nuestro lugar?”.

Comencemos diciendo que este cambio radical, que ha puesto la misión como la base de toda la Iglesia, comprometiendo a toda la Iglesia a anunciar y a vivir la misión, es la victoria de los movimientos misioneros de los años 30-40-50. Son ellos, y no las Iglesias y los obispos. Es decir, han sido los movimientos misioneros los que sacaron a la luz esta espléndida capacidad de una Iglesia servidora del Evangelio. No significa ningún problema para los movimientos misioneros, el hecho de que hoy las Iglesias digan: “la misión es cosa nuestra”.

También hay un segundo factor. Tenemos que considerar que, en esta perspectiva, la misión pide una atención profunda. M. Amaladoss dice en su obra que hay tres maneras de leer el Evangelio:

  1. La que trajo Jesús: Jesús hablaba de la llegada del Reino.
  2. La de las primeras comunidades cristianas que lo escribieron, y es el fruto del contacto con el mundo griego y latino.
  3. La que han propuesto los misioneros, el Evangelio de la Europa del 1500.

Es necesario volver a proclamar el Evangelio del Reino de Dios, como Cristo lo hizo. Esto implica una conversión al Evangelio que es siempre sorprendente.

No hay cultura cristiana. Hay un Evangelio que lucha con una cultura multiforme, y en esta cultura está, por una parte, el Evangelio hecho a la medida de cada pueblo, y por otra, el Evangelio que es unidad para todos. ¿Cómo puede haber unidad? ¿Cómo puede haber, también, multiformidad?

El Papa Francisco cita muchas veces los documentos de las Iglesias locales, especialmente la latinoamericana. En EG cita sólo una vez un documento europeo. Estamos ante un cambio que no debe asustarnos. La misión genera la Iglesia en su totalidad, porque la Iglesia ha de ser totalmente misionera. Esto es lo que siempre han dicho los misioneros.

Si toda la Iglesia llega a ser misionera, ¿cuál es el papel de los Institutos Misioneros? Hay espiritualidad y hay monasterios que viven de espiritualidad, cada uno según sus propias características y dependiendo del lugar. Con esto contribuirán a la unidad de todo el mundo eclesial. Los problemas de Europa no son los del Tercer Mundo.

Grace Davie, socióloga inglesa, ha formulado afirmaciones precisas en dos libros. Dice que la Iglesia de hoy está ligada a un creer sin pertenencia, believing without belonging; es la Iglesia que está desapareciendo en Occidente. Occidente es algo diferente. No es el Occidente el que plantea el Evangelio. Es el Evangelio el que tiene que rehacer la fe de Occidente y el camino de todas las Iglesias con sus propias peculiaridades.

1. Acción misionera (EG 21-24)

En estos números está la más bella explicación. El Papa Francisco dice que la acción misionera comienza con la ALEGRÍA del Evangelio. EG 1 (segunda mitad) dice que el documento indica las vías nuevas para la Iglesia en los próximos años, con una característica particular: la ALEGRÍA. La ALEGRÍA por el Evangelio es una expresión de Pablo VI, que encontramos en EN 80. Este Papa con cara triste, habla de la ALEGRÍA del Evangelio. El Papa Francisco lo recoge al principio de su documento.

La Palabra (EG 22)

La Palabra tiene una libertad inaprensible y es eficaz, a su manera y en formas muy diferentes, tanto que escapa a nuestras predicciones y a los esquemas de los teólogos. La Palabra responde a la alegría, al entusiasmo, al coraje y a la belleza de proclamar lo que es el Evangelio.

El Evangelio tiene su primer paso en la alegría, pero luego es la Palabra: la Palabra de Dios sorprende, no responde a esquemas. Es una libertad inaprensible, no se puede dominar... dice Francisco, depende de la espiritualidad, de la sabiduría y de la lógica del amor.

Intimidad itinerante (EG 23)

La intimidad que tenemos con Jesús en la Palabra, implica una intimidad itinerante. No sabemos cómo el Papa Francisco juntó estas dos palabras, porque la “intimidad” no viaja, se queda, en el corazón de una persona, en su forma de ser y de pensar; la “itinerancia”, en cambio, pone a uno siempre en viaje. Es una cosa excepcional y extraordinaria.

Primerear-tomar la iniciativa (EG 24-26)

Es el salir, ir: el hospital de campaña. La Palabra de Dios que entra en contacto con la cultura es, según Francisco, acción misionera.

 

2. Los sujetos: ¿quién lleva a cabo esta acción misionera?

Son, sobre todo, los jóvenes, las familias, el mundo de la vida religiosa... El pueblo de Dios es el sujeto. Éste es más grande que los obispos, que los teólogos... El tema del pueblo de Dios es un tema muy querido por los teólogos argentinos: Lucio Gera y Juan Carlos Scannone son los pensadores de los que se nutre el Papa y que pertenecen a su historia (son ya difuntos). El concepto de pueblo de Dios está ligado a la gente muy sencilla, en sus momentos más cotidianos y profundos.

Hay referencias al pueblo de Dios totalmente misionero de EG 111 a 134. El tema particular de la piedad popular (122-126). El pueblo, en su sencillez, tiene una sabiduría que no se encuentra a menudo en los teólogos.

Cuando el Papa Francisco aparece en la Plaza de San Pedro por primera vez, repite al menos cuatro o cinco veces “yo y el pueblo”. Ve al pueblo como portador de una espiritualidad.

El pueblo de Dios comunica la fuerza del Evangelio y engloba a sacerdotes, catequistas, teólogos... cada uno con su propia aportación.

  1. El pueblo se evangeliza constantemente a sí mismo: si no fuese así, ¿cómo podría llevar el Evangelio a los demás?
  2. El pueblo es guiado por el Espíritu, por ello hemos de aprender a escucharnos: no son los obispos los que nos dicen hacia dónde ir, debemos escucharnos entre nosotros para entender la dirección a tomar.

3. El método (EG 217-237)

La acción misionera tiene un método preciso que hemos de hacer nuestro.

El tiempo es superior al espacio (EG 222-225)

Cuando nos atamos a un espacio nos atamos a un trabajo, a lo que hacemos, a una parroquia, a un grupo....

Cuando nos atamos al tiempo, nos atamos a un pasado, a un presente y a un futuro... a una esperanza, a vivir para encontrar la plenitud de nuestra fe.

El tiempo prevalece sobre el espacio porque nos pide caminar, que vayamos hacia adelante, más allá... y esto es algo extraordinario.

El tiempo incluye a los jóvenes, a los que están en plena actividad, a los ancianos, y la esperanza viene de todos, pero especialmente de los pequeños, los jóvenes y los ancianos.

La unidad prevalece sobre el conflicto (EG 226-230)

La realidad en la que vivimos es en gran medida conflictiva. Somos portadores de una visión superior, de una fraternidad que a Francisco le gusta llamar “amistad social” (cfr. Fratelli tutti).

La fraternidad es el inicio de una paz, de un encuentro, de un camino hecho juntos, de un vínculo. La fraternidad vale más que el conflicto.

El conflicto entre las culturas ha de ser sustituido por la capacidad de caminar juntos con la propia identidad diferente. La Iglesia avanza hacia un futuro de Iglesias multiformes.

La realidad es más importante que la idea (EG 231-233)

No todos estamos de acuerdo en esto, porque la idea es la ciencia, el concepto, la reflexión, para llevarnos a un nivel cada vez más alto. Pero la realidad es la concreción. La realidad ES, la idea, en cambio, tiene que ser elaborada. Lo que no incide en la realidad no vale nada.

Ciertamente la realidad está iluminada por el razonamiento, pero la realidad tiene su propio espesor y concreción que lleva a confrontarse con la vida y sus problemas.

El todo es superior a la parte (EG 234-237)

Si la realidad hace que uno camine con los pies en el suelo, el “todo” abre la capacidad de tener en mano diferentes aspectos; no sólo está la suma, también está la parte. El todo es superior, pero cada persona debe dar su parte para tener un todo.

Conclusión

Este pueblo con muchos rostros incide en la realidad humana, que es religión, sociedad, trabajo... La fe no puede no medirse con el compromiso social si quiere cambiar las cosas. El Magisterio de Francisco lo demuestra:

  • El cuidado de la casa común (LS)
  • La fraternidad (FT)
  • El valor de la santidad del pueblo de Dios (GeE)
  • El compromiso de los jóvenes (CV)
  • El papel de la familia (AL)

Tenemos así, la idea de un Evangelio que se pone ante la realidad y busca crear un mundo que se inspire en él.

Ninguno de nosotros tiene la receta, pero cada uno de nosotros es consciente de que Dios está trabajando y que la obra de Dios nos atañe también a nosotros. De un modo u otro, todos estamos llamados a vivir nuestra vocación.

La misión no muere, porque todos la reivindican, pero cada uno la vive según el don recibido.

Los Institutos son enviados a aquellos que son difíciles de abordar, a los que están lejos... los cuales se encuentran en todas partes del mundo.

Ante estos cambios, ha llegado el tiempo en que cada uno se ponga simplemente ante Dios y le escuche, y comience a moverse con naturalidad. No se puede fijar para todos una manera única de vivir la misión. Existen algunas debilidades: una doctrina sin espacio para el misterio del amor de Dios (gnosticismo actual) y una realidad centrada en la voluntad, sin humildad (pelagianismo actual).

Todo esto nos hace comprender la fatiga de la misión, y cada uno debe poner su esfuerzo y compromiso.

 Los Institutos Misioneros deben tener el valor de abrirse finalmente a la misión en Europa. Ciertamente no es fácil para los que vienen de fuera, de otro continente, porque es otro mundo.

Los misioneros tienen la tarea de ser intermediarios entre la cultura y el Evangelio. Los misioneros no anuncian la cultura del Evangelio, sino el modo en que el pueblo del que proceden ha anunciado el Evangelio. Por eso es importante el estudio de la lengua.

Desde esta perspectiva, nos damos cuenta de que no hay una cultura cristiana, sino muchas culturas, y todas tienen sed de Evangelio.

Don Gianni Colzani
Parma - 15 septiembre 2021

 


La mission chez Pape François

Introduction

Jusqu’à récemment, la mission occidentale était fondée sur l’Église et remontait au Concile de Trente qui rappelait que l’Évangile était porteur d’une vérité et d’une morale, soulignant que l’Évangile est donné dans l’Église : Evangelium in Ecclesia (l’Évangile est dans l’Église).

Ce qui a toujours semblé plus clair depuis 1940, c’est que l’Évangile ne dépend pas de l’Église. L’Église dépend de l’Évangile, l’Évangile est lié au Christ et à l’Esprit, tandis que l’Église, qui doit vivre de cette réalité, est la servante de l’Évangile. Cette perspective a tout révolutionné.

Dans cette perspective, nous devons regarder l’aujourd’hui. Les Instituts missionnaires prennent parfois peur et demandent : « mais où est notre place ? ».

Commençons par dire que ce changement radical, qui a mis la mission à la base de toute l’Église, engageant toute l’Église à annoncer et à vivre la mission, est la victoire des mouvements missionnaires des années 30-40-50. Ce sont eux, et non les églises et les évêques. Ce sont les mouvements missionnaires qui ont mis en lumière cette splendide capacité d’une Église servante de l’Évangile. Ce n’est pas un problème des mouvements missionnaires que les Eglises disent aujourd’hui : « la mission est un fait qui nous concerne ».

Il y a aussi un deuxième facteur. Nous devons considérer que dans cette perspective la mission requiert une attention profonde. M. Amaladoss dit dans son ouvrage qu’il y a trois manières de lire l’Évangile :

  1. Celle apportée par Jésus : Jésus a parlé de la venue du Royaume ;
  2. Celle des premières communautés chrétiennes qui l’écrivent et il est le fruit du contact avec le monde grec et latin ;
  3. Celle apportée par les missionnaires, l’Evangile de l’Europe de 1500.

Nous devons commencer à proclamer l’Évangile du Royaume de Dieu, comme le Christ l’a fait. Cela implique une conversion à l’Évangile qui est étonnante.

Il n’y a pas de culture chrétienne. Il y a un Evangile aux prises avec une culture multiforme et dans cette culture se trouve à la fois l’Evangile adapté aux peuples et l’Evangile qui est unité pour tous. Comment peut-il y avoir unité ? Quelle multiformité ?

Dans Evangelii Gaudium, le pape François cite à plusieurs reprises les documents des Églises locales, en particulier celle d’Amérique latine. Mais une seule fois il fait référence à un document européen. Nous sommes confrontés à un changement qui ne devrait pas nous effrayer. La mission engendre l’Église dans sa totalité, car l’Église doit être totalement missionnaire.

C’est ce que les missionnaires ont toujours dit. Si toute l’Église devient missionnaire, alors quel est le rôle des Instituts missionnaires ? Il y a la spiritualité et il y a les monastères qui vivent de la spiritualité, chacun selon ses caractéristiques et selon les lieux. Avec cela, ils contribueront à une unité de tout le monde ecclésial. Les problèmes de l’Europe ne sont pas ceux du Sud du monde.

Grace Davie, une sociologue anglaise, a fait des déclarations précises dans deux livres. Elle dit que l’Église aujourd’hui est liée à une croyance sans appartenance, believing without belonging ; c’est l’Église qui disparaît en Occident. L’Occident est quelque chose de différent. Ce n’est pas l’Occident qui apporte l’Évangile. C’est l’Évangile qui doit refaire la foi de l’Occident et un cheminement de toutes les Églises avec leurs particularités.

1. L’action missionnaire (EG 21-24)

Dans ces chiffres il y a la plus belle explication. Le pape François dit que l’action missionnaire commence par la JOIE de l’Évangile. EG 1 (deuxième moitié) dit que le document indique de nouvelles voies pour l’Église dans les années à venir, avec une caractéristique particulière : la JOIE. La JOIE de l’Evangile est une expression de Paul VI, que nous trouvons dans EN 80. Ce Pape au visage triste parle de la JOIE de l’Evangile. Le pape François le reprend au début de son document.

La Parole (EG 22)

La Parole a sa propre liberté insaisissable et est efficace à sa manière et sous des formes très différentes, telles qu’elles échappent à nos prédictions et aux schémas des théologiens. La Parole répond à la joie, à l’enthousiasme, au courage, à la beauté de l’annonce de ce qu’est l’Évangile.

L’Evangile a son premier pas dans la joie, mais ensuite c’est la Parole : la Parole de Dieu surprend, ne répond pas aux modèles. C’est une liberté insaisissable, elle ne peut pas être dominée..., dit François, cela dépend de la spiritualité, de la sagesse et de la logique de l’amour.

L’intimité itinérante (EG 23)

Cette intimité que nous avons avec Jésus dans la Parole implique une intimité itinérante. On ne sait pas comment le Pape François a mis ces deux mots ensemble, car « l’intimité » ne voyage pas, elle est dans le cœur d’une personne dans sa manière d’être et de penser ; l’«itinérance», en revanche, met toujours en voyage. C’est quelque chose d’exceptionnel et d’extraordinaire.

Primerear-commencer (EG 24-26)

C’est sortir, aller : l’hôpital de campagne. Selon François, la Parole de Dieu qui entre en contact avec la culture est l’action missionnaire.

2. Les sujets : qui réalise cette action missionnaire ?

Ce sont avant tout les jeunes, les familles, le monde de la vie religieuse... Le peuple de Dieu est le sujet. Il est plus grand que les évêques, les théologiens... Le thème du peuple de Dieu est un thème très cher aux théologiens argentins : Lucio Gera et Juan Carlos Scannone sont les penseurs dont le Pape puise et qui appartiennent à son histoire et qui sont maintenant morts. La conception du pueblo de Dios est liée aux gens très simples, dans ses moments les plus ordinaires et les plus profonds.

Il y a des références au peuple de Dieu tout missionnaire de EG 111 à 134. Le thème particulier de la piété populaire (122-126). Les gens dans leur simplicité ont une sagesse que l’on ne trouve pas souvent chez les théologiens.

Lorsque le pape François se présente pour la première fois à la place Saint-Pierre, il répète au moins quatre ou cinq fois « moi et le peuple ». Il voit le peuple comme porteur d’une spiritualité. Le peuple de Dieu communique la force de l’Evangile et comprend des prêtres, des catéchistes, théologiens… chacun avec sa contribution.

  1. Le peuple s’évangélise constamment : si ce n’était pas le cas, comment pouvons-nous apporter l’Évangile aux autres ?
  2. Le peuple est guidé par l’Esprit et alors il faut apprendre à s’écouter : ce ne sont pas les évêques qui nous disent où aller, il faut s’écouter mutuellement pour comprendre la direction à prendre.

3. La méthode (EG 217-237)

L’action missionnaire a une méthode précise que nous devons faire nôtre.

Le temps est plus grand que l’espace (EG 222-225)

Lorsque vous êtes lié à un espace, vous êtes lié à une œuvre, à ce que vous faites, à une paroisse, à un groupe...

Quand on est lié au temps, on est lié à un passé, un présent et un futur... à une espérance, à vivre pour retrouver la plénitude de sa foi.

Le temps l’emporte sur l’espace car il vous demande de marcher, d’avancer, d’aller au-delà… et c’est quelque chose d’extraordinaire.

Le temps comprend les jeunes, ceux qui battent le plein de leurs activités, les personnes âgées et l’espérance passe par tous, mais en particulier par les plus petits, les jeunes et les personnes âgées.

L’unité l’emporte sur le conflit (EG 226-230)

La réalité dans laquelle nous vivons est largement conflictuelle. Nous y sommes comme porteurs d’une vision supérieure, d’une fraternité que François aime appeler « amitié sociale » (Cf Tous Frères).

La fraternité est le début d’une paix, d’une rencontre, d’un chemin ensemble, d’un lien. La fraternité vaut plus que le conflit.

Le conflit entre les cultures doit être remplacé par la capacité de marcher avec sa propre identité différente. L’Église se dirige vers un avenir d’Églises multiformes.

La réalité est plus importante que l’idée (EG 231-233)

Nous ne sommes pas tous d’accord là-dessus, car l’idée est la science, le concept, la réflexion, pour amener à un niveau toujours plus élevé. Mais la réalité, c’est le concret. La réalité EST là, l’idée doit plutôt être élaborée. Ce qui n’affecte pas la réalité ne vaut rien.

Certes, la réalité est éclairée par le raisonnement, mais la réalité a son épaisseur et son caractère concret qui conduit à se confronter avec la vie et ses problèmes.

Le tout est supérieur à la partie (EG 234-237)

Si la réalité vous fait marcher les pieds sur terre, le « tout » ouvre à la capacité de tenir en main différents aspects ; il n’y a pas que la somme, il y a aussi la partie. Le tout est supérieur, mais chacun doit donner son morceau pour avoir un tout.

Conclusion

Ce peuple aux multiples visages affecte la réalité humaine, qui est la religion, la société, le travail... La foi ne peut s’empêcher de se mesurer à l’engagement social, si l’on veut changer les choses. Le Magistère de François le montre :

  • Prendre soin de la maison commune (LS)
  • La fraternité (FT)
  • La valeur de la sainteté du peuple de Dieu (GeE)
  • La tâche des jeunes (CV)
  • Le rôle de la famille (AL)

On a ainsi l’idée d’un Evangile qui se place devant la réalité et cherche à créer un monde qui s’en inspire.

Aucun de nous n’a la recette, mais chacun est conscient que Dieu est à l’œuvre et que l’œuvre de Dieu nous concerne aussi. D’une manière ou d’une autre, nous sommes tous appelés à vivre notre vocation.

La mission ne meurt pas, car tous nous la revendiquons, mais chacun la vit selon le don reçu.

Des instituts sont envoyés à ceux qui sont difficiles à approcher, les lointains… qui sont partout dans le monde.

Face à ces changements, vient le temps où chacun se place simplement devant Dieu et l’écoute et se met à bouger naturellement. Il n’est pas possible d’établir une manière unique pour tous de vivre la mission. Il y a des faiblesses : la doctrine sans place pour le mystère de l’amour de Dieu (gnose actuelle) et une réalité centrée sur la volonté, sans humilité (pélagianisme actuel).

Tout cela nous fait comprendre la fatigue de la mission et chacun doit y mettre son effort et son engagement.

Les Instituts missionnaires doivent avoir le courage de s’ouvrir enfin à la mission en Europe. Certes ce n’est pas facile pour ceux qui viennent de l’extérieur, d’un autre continent, car c’est un autre monde.

Aux missionnaires est confié la tâche d’être des intermédiaires entre la culture et l’Évangile. Les missionnaires n’annoncent pas la culture de l’Evangile, mais la manière dont les gens dont ils sont issus ont annoncé l’Evangile. C’est pourquoi l’étude de la langue est importante.

Dans cette perspective, nous nous rendons compte qu’il n’y a pas de culture chrétienne, mais de nombreuses cultures et toutes ont soif de l’Évangile.

Abbé Gianni Colzani
Parma - 15 septembre 2021


A missão no Papa Francisco

Introdução

Até recentemente, a missão ocidental estava fundada sobre a Igreja e remontava ao Concílio de Trento que recordava que o Evangelho era portador de uma verdade e de uma moral, sublinhando que o Evangelho é dado na Igreja: Evangelium in Ecclesia (o Evangelho está na Igreja).

O que sempre pareceu mais claro desde 1940 é que o Evangelho não depende da Igreja. A Igreja depende do Evangelho, o Evangelho está ligado a Cristo e ao Espírito, enquanto a Igreja, que deve viver desta realidade, ela é serva do Evangelho. Essa perspectiva revolucionou tudo e por meio dela, devemos olhar para hoje.

Os Institutos Missionários às vezes se assustam e perguntam: "mas onde é o nosso lugar?".

Comecemos por dizer que esta mudança radical, que colocou a missão na base de toda a Igreja, comprometendo toda a Igreja a proclamar e viver a missão, é a vitória dos movimentos missionários dos anos 30-40-50. São eles, e não as igrejas e bispos. Foram os movimentos missionários que trouxeram à luz esta esplêndida capacidade de uma Igreja servidora do Evangelho. Não é um problema dos movimentos missionários o fato que as igrejas hoje dizem: “a missão é algo que nos preocupa”.

Há também um segundo fator. Devemos considerar que nesta perspectiva a missão requer profunda atenção. M. Amaladoss diz em sua obra que existem três formas de ler o Evangelho:

  1. A trazida por Jesus: Jesus falou da vinda do Reino.
  2. A das primeiras comunidades cristãs que o escreveram e é fruto do contato com o mundo grego e latino.
  3. Aquela trazida pelos missionários, o Evangelho da Europa de 1500.

Devemos começar a proclamar o Evangelho do Reino de Deus, como Cristo fez. Isso implica uma conversão ao Evangelho que é surpreendente.

Não existe cultura cristã. Há um Evangelho que luta com uma cultura multiforme e nesta cultura reside tanto o Evangelho adaptado aos povos individuais, como o Evangelho que é unidade para todos. Como pode haver unidade? Como multiformidade?

O Papa Francisco, na Evangelii Gaudium, cita muitas vezes os documentos das Igrejas locais, especialmente a latino-americana. Ele cita apenas uma vez um documento europeu. Estamos diante de uma mudança que não deveria nos assustar. A missão gera a Igreja em sua totalidade, porque a Igreja deve ser totalmente missionária. Isto é o que os missionários sempre disseram.

Se toda a Igreja se torna missionária, qual é o papel dos Institutos Missionários? Há espiritualidade e há mosteiros que vivem da espiritualidade, cada um de acordo com suas características e de acordo com os lugares. Com isso, contribuirão para a unidade de todo o mundo eclesial. Os problemas da Europa não são os do Terceiro Mundo.

Grace Davie, uma socióloga inglesa, fez declarações precisas em dois livros. Ela diz que a Igreja hoje está ligada a uma crença sem pertença, believing without belonging; é a Igreja que desaparece no Ocidente. O Ocidente é algo diferente. Não é o Ocidente que traz o Evangelho. É o Evangelho que deve refazer a fé do Ocidente e um caminho de todas as Igrejas com suas peculiaridades.

1. Ação missionaria (EG 21-24)

Nesses números está a mais bela explicação. O Papa Francisco diz que a ação missionária começa com a ALEGRIA do Evangelho. EG 1 (segunda metade) diz que o documento indica novos caminhos para a Igreja nos próximos anos, com uma característica particular: a ALEGRIA. A ALEGRIA do Evangelho é uma expressão de Paulo VI, que encontramos na EN 80. Aquele Papa de rosto triste fala da ALEGRIA do Evangelho. O Papa Francisco retoma isso no início de seu documento.

A Palavra (EG 22)

A Palavra tem sua própria liberdade não apreensível e é eficaz à sua maneira e de formas muito diferentes, como para escapar às nossas previsões e aos esquemas dos teólogos. A Palavra responde à alegria, ao entusiasmo, à coragem, à beleza do anúncio do que é o Evangelho.

O Evangelho tem o primeiro passo na alegria, mas depois é a Palavra: a Palavra de Deus surpreende, não responde aos esquemas. É uma liberdade indescritível, não pode ser dominada... diz Francisco, depende da espiritualidade, da sabedoria e da lógica do amor.

A intimidade itinerante (EG 23)

Essa intimidade que temos com Jesus na Palavra implica uma intimidade itinerante. Não se sabe como o Papa Francisco juntou essas duas palavras, porque a "intimidade" não viaja, está no coração de uma pessoa, em seu modo de ser e pensar; a "itinerância", por outro lado, sempre coloca a pessoa em viagem.

É algo excepcional e extraordinário.

Primerear-começar (EG 24-26)

Trata-se de sair, de ir: o hospital de campo. Segundo Francisco, a Palavra de Deus que entra em contato com a cultura é a ação missionária. 

2. Os sujeitos: quem realiza esta ação missionária?

São sobretudo os jovens, as famílias, o mundo da vida religiosa... O povo de Deus é o sujeito. O povo è maior que os bispos, os teólogos... O tema do povo de Deus é um tema muito caro aos teólogos argentinos: Lucio Gera e Juan Carlos Scannone são os pensadores de quem o Papa se inspira e que pertencem à sua história e que agora estão mortos. A concepção do pueblo de Dios está ligada às pessoas muito simples, em seus momentos mais ordinários e profundos.

Há referências ao povo de Deus totalmente missionário de EG 111 a 134. O tema particular da piedade popular (122-126). O povo em sua simplicidade tem uma sabedoria que não se encontra com frequência nos teólogos.

Quando o Papa Francisco enfrenta a Praça de São Pedro pela primeira vez, ele repete pelo menos quatro ou cinco vezes "eu e o povo". Ele vê as pessoas como portadoras de uma espiritualidade.

O povo de Deus comunica a força do Evangelho e inclui sacerdotes, catequistas, teólogos… cada um com sua contribuição.

  1. O povo se evangeliza constantemente: se não fosse assim, como levar o Evangelho aos outros?
  2. O povo é guiado pelo Espírito e então devemos aprender a ouvir a nós mesmos: não são os bispos que nos dizem para onde ir, devemos ouvir a nós mesmos para entender a direção a seguir.

3. O método (EG 217-237)

A ação missionária tem um método preciso que devemos fazer nosso.

O tempo é maior que o espaço (EG 222-225)

Quando estamos ligados a um espaço, estamos ligados a uma obra, ao que fazemos, a uma paróquia, a um grupo...

Quando estamos presos ao tempo, estamos presos a um passado, a um presente e a um futuro... a uma esperança, a viver para encontrar a plenitude da própria fé.

O tempo prevalece sobre o espaço porque nos pede para caminhar, avançar, ir além… e é algo extraordinário.

O tempo inclui os jovens, os que estão a todo vapor, os idosos e a esperança passa a todos, mas em particular aos pequenos, aos jovens e aos idosos.

A unidade prevalece sobre o conflito (EG 226-230)

A realidade em que vivemos é em grande parte conflituosa. Somos portadores de uma visão superior, de uma fraternidade que Francisco gosta de chamar de "amizade social" (Cf Fratelli tutti).

A fraternidade é o início de uma paz, de um encontro, de um caminho juntos, de um vínculo. A fraternidade vale mais que o conflito.

O conflito entre culturas deve ser substituído pela capacidade de caminhar junto com a própria identidade diferente. A Igreja caminha rumo um futuro de Igrejas multiformes.

A realidade é mais importante que a ideia (EG 231-233)

Nem todos concordamos com isso, porque a ideia é a ciência, o conceito, a reflexão, para levá-la a um nível cada vez mais alto. Mas a realidade é a concretude. A realidade É, a ideia, pelo contrário, precisa ser elaborada. O que não afeta a realidade não vale nada.

Certamente a realidade é iluminada pelo raciocínio, mas a realidade tem sua própria profundidade e sua concretude que leva a enfrentar a vida e seus problemas.

O todo é maior que a parte (EG 234-237)

Se a realidade te faz andar com os pés no chão, "tudo" se abre para a capacidade de segurar diferentes aspectos na mão; não há apenas a soma, há também a parte. O todo é superior, mas cada um tem que dar o seu pedaço para ter um todo.

Conclusão

Esse povo de muitas faces afeta a realidade humana, que é religião, sociedade, trabalho... Querendo mudar as coisas, a fé não pode deixar de se medir com o compromisso social. O Magistério de Francisco mostra isso:

  • O cuidado da casa comum (LS)
  • A Fraternidade (FT)
  • O valor da santidade do povo de Deus (GeE)
  • A tarefa dos jovens (CV)
  • O papel da família (AL)

Assim temos a ideia de um Evangelho que se coloca diante da realidade e busca criar um mundo que se inspire nele.

Nenhum de nós tem a receita, mas todos sabem que Deus está trabalhando e que a obra de Deus também nos diz respeito. De uma forma ou de outra, todos somos chamados a viver a nossa vocação.

A missão não morre, porque todos a reivindicam, mas cada um a vive segundo o dom recebido.

Os Institutos são enviados para aqueles que são difíceis de abordar, os distantes… que estão em todo o mundo.

Diante dessas mudanças, chega o momento em que cada um simplesmente se coloca diante de Deus e o escuta e começa a se mover naturalmente. Não é possível estabelecer uma única forma de todos viverem a missão. Há fragilidades: a doutrina sem espaço para o mistério do amor de Deus (gnose atual) e uma realidade que se concentra na vontade, sem humildade (pelagianismo atual).

Tudo isso nos faz entender o cansaço da missão e cada um deve colocar seu esforço e empenho nela.

Os Institutos Missionários devem ter a coragem de abrir-se finalmente à missão na Europa. Certamente não é fácil para quem vem de fora, de outro continente, porque é outro mundo.

Aos missionários é dada a tarefa de ser um intermediário entre a cultura e o Evangelho. Os missionários não anunciam a cultura do Evangelho, mas a maneira do povo, de onde eles vêm, de anunciar o Evangelho. É por isso que o estudo da língua é importante.

Nesta perspectiva percebemos que não há cultura cristã, mas muitas culturas e todas elas sedentas do Evangelho.

Pe. Gianni Colzani
Parma - 15 de setembro de 2021

Don Gianni Colzani
26 January 2022
2890 Views
Tags

Link &
Download

Area reserved for the Xaverian Family.
Access here with your username and password to view and download the reserved files.