59ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni
«Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Di conseguenza, dobbiamo pensare che ogni pastorale è vocazionale, ogni formazione è vocazionale e ogni spiritualità è vocazionale» (Christus vivit, 254).
Da 59 anni, la Chiesa celebra la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni nella IV domenica di Pasqua (8 maggio 2022), quando il Vangelo ci fa incontrare Cristo, il Buon Pastore. Tutto l’anno pastorale, tuttavia, è una costante occasione per annunciare la buona notizia della vocazione. Grazie a Dio, anche ai nostri tempi è possibile incontrare dei testimoni, donne e uomini, che comprendono e vivono la vita come vocazione. Ne sono un chiaro esempio le canonizzazioni del prossimo 15 maggio in Vaticano di fratelli e sorelle che hanno accolto la voce e la luce di Dio nel loro cuore e l’hanno trasmessa al mondo, ciascuno secondo la propria ‘tonalità’.
Parlando ai partecipanti al congresso dei Centri Nazionali per le Vocazioni d’Europa, Papa Francesco commentava: «La parola 'vocazione' non è scaduta. La sua destinazione rimane il popolo di Dio, la predicazione, la catechesi e, soprattutto, l’incontro personale che è il primo momento dell’annuncio del Vangelo (cf. EG, nn.127-129). Conosco alcune comunità che hanno scelto di non pronunciare più la parola 'vocazione' nelle loro proposte giovanili, perché ritengono che i giovani ne abbiano paura e non partecipino alle loro attività. Questa è una strategia fallimentare. Togliere dal vocabolario della fede la parola 'vocazione' significa mutilarne il lessico correndo il rischio, presto o tardi, di non capirsi più» (Roma, 6 giugno 2019).
La vocazione ha a che fare con la vita di tutti perché racchiude una missione che chiama ciascuno a seminare vita laddove si trova. Tutti sono invitati a “darsi al meglio della vita” (Christus Vivit, 143) insieme agli altri e per gli altri, riscoprendo il senso della vocazione come ‘dono’ e non come semplice realizzazione dell’io. Contrariamente a ciò che l’imperante narcisismo afferma, qualsiasi tipo di vocazione, non è mai soltanto “per me” ma sempre “per qualcun altro”; cioè è a servizio. Si ‘fa la storia’ (Fratelli Tutti 116) attraverso la vita spesa per amore di qualcuno e liberandosi dalle zavorre di ogni egoismo e autosufficienza.
Evitando ogni senso di grandiosità, affermiamo che in ogni vocazione c’è una missione da compiere (cf. EG 273). C’è un’impresa da portare a termine, una responsabilità da assumere non restando neutrali ma schierandosi e mettendosi in gioco, concretamente e quotidianamente, perché la vita ritrovi senso e verità. La vocazione – come la storia – si fa; non è astratta. È un’opera artigianale che non può compiersi che alla scuola del Maestro e insieme alla Chiesa. E la risposta di ogni vocazione è la decisione di mettere le proprie forze in sinergia con quelle di Dio: «Egli che ti ha creato senza di te, non ti salverà – non ti darà la vita piena – senza di te» (sant’Agostino).
‘Girando’ il mondo, si osserva che, spesso, uno dei limiti classici dell’animazione vocazionale si trova nella qualità delle proposte e catechesi vocazionali: appaiono a volte fuori dalla storia e dalla cultura di oggi, frammentarie o settoriali (non aperte a tutto il popolo di Dio e a ’tutte’ le vocazioni), gestite ancora con criteri pubblicitari (il reclutamento…), a suon di colorite attrazioni digitali, slogan e promesse; seguono un copione fisso con tanti contenuti che vengono più dalla regola che dalla vita e continuano a riproporre temi scontati e generici.
Altra deriva pericolosa, ma più moderna, è quella di proporre percorsi di ‘iperstimolazione emotiva’ che esercitano una grande fascinazione verso un ideale ma che di fatto lasciano i giovani umanamente e cristianamente analfabeti, non insegnando loro la grammatica e la sintassi per la vita ordinaria fatta di dono, gioia, sacrificio, e di servizio, feriale e fedele. Sappiamo che le nuove generazioni sono spesso segnate da relazioni impoverite, sovente con deboli figure di riferimento davanti a loro. Si incontrano persone molto affettuose, eppure poco affettive ovvero scarsamente consapevoli del loro mondo interiore: manca loro quasi completamente il linguaggio per descrivere – e quindi per prendere contatto – con il proprio sentire … (Cf. Fulvia M. Sieni e Michele Gianola).
Si vede la necessità di passare da una animazione (pastorale) vocazionale prevalentemente teorica e di propaganda (anche digitale) a una esperienziale, che – attraverso l’incontro personale – cerchi di saldare la proposta con il vissuto. Che si identifichi, cioè, con la missione, con il cammino della storia e, soprattutto, con la realtà, senza fissazioni obsolete.
La logica della vocazione non può che essere quella dell’Incarnazione. La chiamata del Risorto non avviene nella teoria o in un concetto, ma nella carne viva della storia di un popolo fatto di volti e relazioni, di sorelle e fratelli di altre culture, fedi e convinzioni, con i loro limiti e ferite, con le loro potenzialità e doni. Solo lì è possibile udire l’invito della Parola.
Potrebbero aiutare itinerari precisi di sequela: formazione cristiana, carità (anche volontariato cristiano), esperienze ad gentes e ad extra… Insomma, esperienze di vita che mettano le persone in condizione di toccare/sperimentare sulla loro pelle l’incidenza e la significatività dell’esperienza stessa. Qualcosa di questo – poco – già si fa anche tra di noi. Più delle parole, sono gli stili di vita che aprono ad una prospettiva di accoglienza della volontà di Dio sulla propria vita. Si chiedeva p. Fernando García durante la COSUMA 2021: «…Che cosa possiamo fare in questo momento (nella Famiglia carismatica saveriana, ndr) per generare figli alla vita saveriana consacrata e laicale?»
Questa metodologia, questo pensare vocazionale può essere efficace solo se portato avanti da una comunità, non delegato a un individuo ‘incaricato’ di raccattare qua e là candidati per l’Istituto. Eh sì! L’animazione vocazionale è una dimensione che coinvolge tutto l’Istituto, persone e strutture: dalla formazione iniziale a quella permanente, dalle pastorali missionarie nelle parrocchie a quelle più specificamente sociali e culturali, dal primo annuncio al catecumenato fino al ‘semplice’ apostolato di presenza, dai giovani agli anziani... Urge anche oggi una pastorale vocazionale sentita e portata avanti da tutti, in quanto si identifica con la stessa missione dell’Istituto: «…rivelare con la vita l’importanza e l’urgenza della nostra vocazione» (C 16), testimoniando in ogni tempo e luogo l’annuncio della Buona Nuova del Regno di Dio, che è Gesù Cristo, a chi non lo conosce.
E l’Istituto è ciascuno di noi.
L’annuncio della buona notizia della vocazione al popolo di Dio, parte sempre dalla nostra vocazione personale, quella che insieme a Gesù abbiamo intuito, voluto profondamente, amato e forse a volte anche tradito o rifiutato. Non si può mai scordare che il primo contenuto di qualsiasi pastorale vocazionale è il missionario saveriano, ciascuno di noi: riconoscenti per il dono ricevuto, creati e posti dal Padre su una strada disegnata ‘per noi’, non precostituita, ma da scoprire e da percorrere così come siamo, col passo e con le forze che abbiamo, insieme agli altri e a Dio che, con pazienza, continua a voler compiere l’opera iniziata “donandoci nuovi fratelli” (cf. C 52).
Papa Francesco - Messaggio per la 59a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni 2022
Vocation is life
59th World Day of Prayer for Vocations
“I am a mission on this earth; that is the reason why I am here in this world. It follows that every form of pastoral activity, formation, and spirituality should be seen in the light of our Christian vocation.” (Christus vivit, 254).
For 59 years, the Church has celebrated the World Day of Prayer for Vocations on the IV Sunday of Easter (May 8, 2022), when the Gospel enables us to encounter Christ, the Good Shepherd. Yet, the entire pastoral year is a frequent opportunity to proclaim the good news of vocation. Thanks to God, it is still possible to meet, in our time, witnesses, women, and men who understand and live life as a vocation. The canonization on May 15 at the Vatican is a clear example of this spirit. These are brothers and sisters who welcomed the voice and light of God in their hearts and transmitted it to the world according to their own individual ‘tonality.’
Speaking to participants at the congress of the National Vocation Centers of Europe, Pope Francis commented: “The word ‘vocation’ is not outmoded. Its target is still the people of God, preaching, catechesis, and, above all, the personal encounter that is the first step in our proclamation of the Gospel (cf. EG, nn.127-129). I know of some communities that have decided to stop using the word ‘vocation’ in their work with the youth because they think that young people get scared by it and may be reluctant to join in their activities. But this is a strategy doomed to failure. Striking the word ‘vocation’ from the lexicon of faith is to disfigure that word and to run the risk, sooner or later, of our no longer being understood.” (Rome, June 6, 2019).
Vocation has to do with everyone’s life because it encompasses a mission that calls each person to sow life where they are to “give themselves over to the best of life!” (Christus Vivit, 143) together with others and for others. To re-discover the meaning of vocation as a “gift” and not simply self-realization. Contrary to what the prevailing narcissism affirms, any vocation is never just “for me” but always “for someone else”; it is in service. It is “a way of making history” (Fratelli Tutti 116) through a life spent in love for someone freeing oneself from the weight of all egoism and self-sufficiency.
Avoiding any sense of pomposity, we affirm that in every vocation, there is a mission to be accomplished (cf. EG 273). There is an undertaking to be carried out, a responsibility to be assumed, not by remaining neutral but by taking sides by putting oneself on the line, concretely and daily, so that life may find its meaning/truth for us and others. Vocation - like history - is made; it is not abstract. It is a work of craftsmanship that can only be done at the school of the Teacher and together with the Church. Consequently, the answer to every vocation is the decision to put one’s strengths in synergy with those of God: “Who created you without you, will not save you - nor give you the fullness of life - without you” (Saint Augustine).
‘Traveling’ worldwide, we often see that one of the classic limits of vocation ministry is the quality of vocation invites and catechesis. At times, they appear out of touch with today’s history and culture, patchy or segmented (not open to the whole people of God and ‘all’ vocations), still managed through advertising criteria (recruitment...) centered on colorful digital appeals, slogans, and promises. They follow a fixed script with lots of content that comes more from the rule than from life and continue to re-propose predictable and generic themes.
Another dangerous drift, albeit more modern, is proposing “emotional hyperstimulation” paths that exert a great fascination towards an ideal that often leaves young people humanly and Christianly illiterate. It doesn’t teach them the grammar and syntax of ordinary life made up of gift, joy, sacrifice, daily and faithful service. We know that impoverished relationships and weak reference figures often mark the new generations. One encounters people who are very affectionate, yet not so affective, and barely aware of their inner world: they almost completely lack the language to describe - and therefore to relate - with their feeling ... (Cf. Fulvia M. Sieni and M. Gianola).
We can see the need to move from a vocation promotion (pastoral ministry) that is predominantly theoretical and centered on advertising (digital) to an experiential one that - through personal encounters - seeks to weld together the invitation with daily experience. A vocation ministry identified with the mission, the journey of history, and, above all, with reality, minus outmoded obsessions.
The logic of vocation can only be that of the Incarnation. The call of the Risen One does not take place in abstract or theory but in the flesh, in the lived experience of the history of a people. A mosaic made up of faces and relationships, sisters and brothers of other cultures, beliefs, principles, limits and wounds, potential and gifts. Only here it is possible to hear the call of the Word.
Detailed itineraries of discipleship could help: Christian formation, charity (even Christian volunteer work), experiences ad gentes, and ad extra... In short, life experiences enabling people to touch/feel the impact and meaning of the experience itself on them. Something like this is already being done – a little – among us. More than words, lifestyles open people up to the possibility of welcoming God’s will. Fr. Fernando García, during COSUMA 2021, asked: “...what can we do nowadays to generate sons to the consecrated and lay Xaverian way of life (...in the Xaverian Charismatic Family)?”
This methodology, this vocation rationale, can only be effective when carried out by the whole community, and not delegated to an individual ‘in charge’ of collecting candidates here and there. Yes! Vocation ministry is a dimension that involves the entire Institute, individuals and structures: from initial to ongoing formation, from missionary pastoral work in parishes to the more specific cultural engagements, from the first proclamation to the catechumenate, and to the “simple” ministry of presence, from the young to the elderly... Today, too, there is an urgent need for a vocation ministry carried out more and more by everyone since it is identified with the very mission of the Institute. “Our lives must bear witness to the importance and urgency of our vocation” (C 16), to proclaim in every time and place the Good News of the Kingdom of God, which is Jesus Christ, to those who do not know him.
The Institute is each one of us.
The proclamation of the good news of vocation to the people of God begins first of all with our personal vocation. We have sensed it together with Jesus, deeply desired, loved, and perhaps even betrayed or rejected at times. We can never forget that the first subject matter of any pastoral vocation ministry is the Xaverian missionary, each one of us. We are grateful for the gift received, created, and set by the Father on a journey intended “for us,” not pre-constituted. A journey to be discovered and traveled as we are, corresponding to the pace and strength we have. A journey together with others and with God who, with patience, continues to wish to fulfill the work begun by “giving us new brothers and sisters.” (cf. C 52).
La vocation est la vie
59ème Journée mondiale de prière pour les vocations
« Je suis une mission sur cette terre, et pour cela je suis dans ce monde. Par conséquent, il faut penser que toute pastorale est vocationnelle, toute formation est vocationnelle et toute spiritualité est vocationnelle » (Christus vivit, 254).
Depuis 59 ans, l'Église célèbre la Journée mondiale de prière pour les vocations le quatrième dimanche de Pâques (8 mai 2022), lorsque l'Évangile nous fait rencontrer le Christ, le Bon Pasteur. Mais toute l'année pastorale est une occasion constante d'annoncer la bonne nouvelle de la vocation. Grâce à Dieu, même à notre époque, il est possible de rencontrer des témoins, des femmes et des hommes, qui comprennent et vivent la vie comme une vocation. Un exemple clair en sont les canonisations du 15 mai prochain au Vatican de frères et sœurs qui ont accueilli la voix et la lumière de Dieu dans leur cœur et l'ont transmise au monde, chacun selon son propre « ton ».
S'adressant aux participants au Congrès des Centres Nationaux pour les vocations d'Europe, le pape François a déclaré : « Le mot vocation n'a pas expiré. Sa destination reste le peuple de Dieu, la prédication, la catéchèse et, surtout, la rencontre personnelle qui est le premier moment de l'annonce de l'Évangile (cf. EG, nn. 127-129). Je connais des communautés qui ont choisi de ne plus prononcer le mot vocation dans leurs animations aux jeunes, car elles pensent que les jeunes en ont peur et ne participeraient pas à leurs activités. C'est une stratégie d'échec. Enlever le mot 'vocation' du vocabulaire de la foi, c'est mutiler son lexique, courir le risque, tôt ou tard, de ne plus se comprendre » (Rome, le 6 juin 2019).
La vocation concerne la vie de chacun car elle contient une mission qui appelle chacun à semer la vie là où il se trouve. Chacun est invité à « se donner à ce qu’il y a de mieux dans la vie » (Christus Vivit, 143) avec les autres et pour les autres, en redécouvrant le sens de la vocation comme un "don" et non comme un simple accomplissement de soi. Contrairement à ce qu'affirme le narcissisme dominant, toute sorte de vocation n'est jamais seulement « pour moi » mais toujours « pour quelqu'un d'autre » ; c'est-à-dire qu'elle est service. L'histoire se fait (Frères tous 116) à travers la vie donnée par amour de quelqu'un et en se libérant du poids de tout égoïsme et de toute autosuffisance.
Évitant tout sentiment de grandeur, nous affirmons que dans chaque vocation il y a une mission à accomplir (cf. EG 273). Il y a une entreprise à mener à bien, une responsabilité à assumer en ne restant pas neutre mais en prenant parti et en interagissant, concrètement et au quotidien, pour que la vie trouve son sens/vérité, pour nous et pour les autres. La vocation - comme l'histoire – se fait ; elle n'est pas abstraite. C'est un travail artisanal qui ne peut se faire qu'à l'école du Maître et en collaboration avec l'Église. Et la réponse de toute vocation est la décision de mettre ses propres forces en synergie avec celles de Dieu : "Celui qui t'a créé sans toi, ne te sauvera pas - il ne te donnera pas la vie en plénitude - sans toi" (Saint Augustin) .
En « faisant le tour » du monde, on constate que souvent l'une des limites classiques de l'animation vocationnelle se trouve dans la qualité des propositions et des catéchèses vocationnelles : elles apparaissent parfois en dehors de l'histoire et de la culture d'aujourd'hui, fragmentaires ou sectorielles (non ouvertes à tout le peuple de Dieu et à 'toutes' les vocations), toujours gérées avec des critères publicitaires (recrutement...), au son d'attractions numériques colorées, de slogans et de promesses ; elles suivent un scénario figé avec de nombreux contenus qui relèvent plus de la règle que de la vie et continuent de proposer des thèmes évidents et génériques.
Une autre dérive dangereuse, mais plus moderne, est celle de proposer des voies d'"hyperstimulation émotionnelle" qui exercent une grande fascination envers un idéal mais qui en fait laissent les jeunes humainement et chrétiennement analphabètes, ne leur enseignant pas la grammaire et la syntaxe de la vie ordinaire faites de don, de joie, de sacrifice et de service, de travail et de fidélité. On sait que les nouvelles générations sont souvent marquées par des relations appauvries, souvent avec de faibles référents devant elles. "On rencontre des gens très affectueux, mais peu affectifs ou peu conscients de leur monde intérieur : ils manquent presque totalement de langage pour décrire - et donc entrer en contact - avec leurs sentiments..." (Cf. Fulvia M. Sieni et Michele Gianola).
Nous voyons la nécessité de passer d'une animation vocationnelle à prédominance théorique et de propagande (même dans le mond digital) à une animation expérientielle, qui - à travers la rencontre personnelle - cherche à souder la proposition avec l'expérience vécue. C'est-à-dire qui s'identifie à la mission, au parcours de l'histoire et, surtout, à la réalité, sans fixations obsolètes.
La logique de la vocation ne peut être que celle de l'Incarnation. L'appel du Ressuscité ne prend pas place dans une théorie ou dans un concept, mais dans la chair vivante de l'histoire d'un peuple fait de visages et de relations, de frères et sœurs d'autres cultures, confessions et convictions, avec leurs limites et blessures, avec leur potentiel et leurs dons. C'est seulement là qu'il est possible d'entendre l'invitation du Verbe.
Des itinéraires précis de sequela pourraient nous aider : la formation chrétienne, la charité (également le volontariat chrétien), les expériences ad gentes et ad extra... Bref, des expériences de vie qui permettent aux personnes de toucher/éprouver sur leur peau l’impact et la signification de l'expérience elle-même. Quelque chose de semblable – peu en fait - se fait déjà parmi nous. Plus que des mots, ce sont les styles de vie qui ouvrent à la perspective d'accueillir la volonté de Dieu sur sa vie. P. Fernando García pendant la COSUMA 2021 se demandait : «… Que pouvons-nous faire en ce moment pour générer des enfants pour la vie consacrée et laïque xavérienne (… dans la Famille charismatique xavérienne) ?»
Cette méthodologie, cette manière vocationnelle de réfléchir, ne peut être efficace que si elle est portée par une communauté, et non déléguée à un individu « chargé » de capter ici et là des candidats à l'Institut. Mais oui ! La promotion des vocations est une dimension qui concerne tout l'Institut, les personnes et les structures : de la formation initiale à la formation permanente, de la pastorale missionnaire dans les paroisses à celles plus spécifiquement culturelles, de la première annonce du catéchuménat jusqu'au « simple » apostolat de la présence, des jeunes aux personnes âgées... Aujourd'hui aussi, une pastorale des vocations s'exerce de plus en plus avec urgence, car elle s'identifie à la mission de l'Institut : "... révéler par la vie l'importance et l'urgence de notre vocation" (C 16), témoignant en tout temps et en tout lieu de l'annonce de la Bonne Nouvelle du Royaume de Dieu qu'est Jésus-Christ, à ceux qui ne le connaissent pas.
L'Institut, c'est chacun de nous.
L'annonce de la bonne nouvelle de la vocation au peuple de Dieu part toujours de notre vocation personnelle, celle qu'avec Jésus nous avons pressentie, profondément désirée, aimée et peut-être même parfois trahie ou rejetée. On ne peut jamais oublier que le premier contenu de toute pastorale des vocations est le missionnaire xavérien, chacun de nous : reconnaissant pour le don reçu, créé et placé par le Père sur un chemin conçu « pour nous », non pas préétabli, mais à découvrir et à cheminer comme nous sommes, avec le rythme et la force que nous avons, avec les autres et avec Dieu qui, avec patience, continue à vouloir achever l'œuvre qu'il a commencée « en nous donnant de nouveaux frères » (cf. C 52) .
La vocación es la vida
59ª Jornada Mundial de Oración por las Vocaciones
“Yo soy una misión en esta tierra, y para eso estoy en este mundo. Por consiguiente, hay que pensar que: toda pastoral es vocacional, toda formación es vocacional y toda espiritualidad es vocacional” (Christus vivit, 254).
Desde hace 59 años, la Iglesia celebra la Jornada Mundial de Oración por las Vocaciones el cuarto domingo de Pascua (8 de mayo 2022), cuando el Evangelio anima nuestro encuentro con Cristo, el Buen Pastor. Sin embargo, todo el año pastoral es una oportunidad constante para anunciar la buena noticia de la vocación. Gracias a Dios, incluso en nuestro tiempo, es posible encontrar testigos, mujeres y hombres, que entienden y viven la vida como una vocación. Un claro ejemplo de ello son las canonizaciones del 15 de mayo en el Vaticano de hermanos y hermanas que han acogido la voz y la luz de Dios en sus corazones y la han transmitido al mundo, cada uno según su propia “tonalidad”.
Dirigiéndose a los participantes del congreso de los Centros Nacionales para las Vocaciones de Europa, el Papa Francisco comentó: «La palabra “vocación” no ha caducado. Su destino sigue siendo el pueblo de Dios, la predicación y la catequesis, y sobre todo el encuentro personal, que es el primer momento de la proclamación del Evangelio (cfr. EG, 127-129). Conozco algunas comunidades que han optado por no pronunciar más la palabra “vocación” en sus propuestas para los jóvenes, porque creen que puedan tener miedo de ella y no participen en sus actividades. Esta es una estrategia fallida: eliminar la palabra vocación del vocabulario de la fe significa mutilar el léxico corriendo el peligro, tarde o temprano, de no entendernos unos a otros» (Roma, 6 de junio 2019).
La vocación tiene que ver con la vida de todos porque engloba una misión que llama a cada persona a sembrar vida allí donde se encuentra. Todos están invitados a “¡Entregarse a lo mejor de la vida!” (Christus Vivit, 143) unidos a los demás y para los demás, redescubriendo el sentido de la vocación como “don” y no como mera realización del yo. Contrariamente a lo que afirma el narcisismo imperante, cualquier tipo de vocación nunca es sólo “para mí”, sino siempre “para algún otro"; es decir, está para servir. Uno “hace historia” (Fratelli Tutti 116) a través de una vida gastada por amor a alguien, liberándose del lastre de todo egoísmo y autosuficiencia.
Evitando toda forma de grandiosidad, afirmamos que en toda vocación hay una misión que cumplir (cfr. EG 273). Hay una tarea que realizar, una responsabilidad que asumir, no permaneciendo neutrales, sino tomando partido y poniéndose en juego, concretamente y diariamente, para que la vida encuentre su sentido/verdad, para nosotros y para los demás. La vocación – como la historia – se hace; no es abstracta. Es una obra de artesanía que sólo puede completarse en la escuela del Maestro y unidos a la Iglesia. Y la respuesta de toda vocación es la decisión de poner las propias fuerzas en sinergia con las de Dios: «Quien te creó sin ti, no te salvará – no te dará vida plena – sin ti» (San Agustín).
“Dando vueltas” por el mundo, se observa que a menudo uno de los límites clásicos de la animación vocacional se encuentra en la calidad de las propuestas y de la catequesis vocacionales: parecen a veces desfasadas de la historia y de la cultura de hoy, fragmentarias o sectoriales (no abiertas a todo el pueblo de Dios y a ‘todas’ las vocaciones), gestionadas todavía con criterios publicitarios (el reclutamiento...), al son de vistosas atracciones digitales, eslóganes y promesas; siguen un guion fijo con muchos contenidos que provienen más de la regla que de la vida y siguen proponiendo temas superados y genéricos.
Otra deriva peligrosa, pero más moderna, es la de proponer itinerarios de “hiperestimulación emocional” que ejercen una grande fascinación hacia un ideal, pero que de hecho dejan a los jóvenes humanamente y cristianamente analfabetos, no enseñándoles la gramática y la sintaxis para la vida ordinaria hecha de don, alegría, sacrificio y servicio, diario y fiel. Sabemos que las nuevas generaciones suelen estar marcadas por unas relaciones empobrecidas, a menudo con débiles figuras de referencia ante ellos. “Se encuentran con personas muy afectuosas, pero poco afectivas, o sea poco conscientes de su mundo interior: carecen casi por completo del lenguaje para describir – y, por tanto, para entrar en contacto – con sus propios sentimientos...”. (cfr. Fulvia M. Sieni y M. Gianola).
Se ve la necesidad de pasar de una animación (pastoral) vocacional prevalentemente teórica y propagandística (también digital) a una experiencial, que – a través del encuentro personal – busque vincular la propuesta con la experiencia. Es decir, que se identifique con la misión, con el recorrido de la historia y, sobre todo, con la realidad, sin fijaciones obsoletas.
La lógica de la vocación no puede ser otra que la de la Encarnación. La llamada del Resucitado no se produce en la teoría o en un concepto, sino en la carne viva de la historia de un pueblo hecho de rostros y relaciones, de hermanas y hermanos de otras culturas, credos y convicciones, con sus limitaciones y heridas, con sus potencialidades y dones. Sólo allí es posible escuchar la invitación de la Palabra.
Podrían ayudar unos itinerarios precisos de sequela: formación cristiana, caridad (incluso voluntariado cristiano), experiencias ad gentes y ad extra... En resumen, experiencias de vida que pongan a las personas en situación de tocar/experimentar la incidencia y el significado de la experiencia en sí misma. Algo de esto – un poco – se está haciendo ya entre nosotros. Más que las palabras, son los estilos de vida los que abren a una perspectiva de acoger la voluntad de Dios respecto a la propia vida. Fernando García se preguntaba durante la COSUMA 2021: «... ¿Qué podemos hacer en este momento para generar hijos en la vida javeriana de consagración y laical (...en la Familia carismática javeriana)?».
Esta metodología, este pensar vocacional, sólo puede ser eficaz si lo lleva a cabo una comunidad, no si se delega a un individuo ‘encargado’ de juntar candidatos aquí y allá para el Instituto. Sí, la pastoral vocacional es una dimensión que implica a todo el Instituto, personas y estructuras: a partir de la formación inicial a la permanente, de las pastorales misioneras en las parroquias a aquellas más específicamente culturales, de el primer anuncio al catecumenado, al ‘simple’ apostolado de presencia, de los jóvenes a los ancianos... También hoy es urgente una pastoral vocacional que sea llevada a cabo, cada vez más, por todos, pues se identifica con la mismísima misión del Instituto: «...revelar con la vida la importancia y la urgencia de nuestra vocación» (C 16), testimoniando en todo tiempo y lugar el anuncio de la Buena Noticia del Reino de Dios, que es Jesucristo, a los que no lo conocen.
El Instituto es cada uno de nosotros.
El anuncio de la Buena Noticia de la vocación al pueblo de Dios, parte siempre de nuestra vocación personal, aquella que junto a Jesús hemos intuido, deseado profundamente, amado y quizás, a veces, también traicionado o rechazado. No podemos olvidar nunca que el primer contenido de toda pastoral vocacional es el misionero javeriano, cada uno de nosotros: agradecidos por el don recibido, creados y puestos por el Padre en un camino diseñado ‘para nosotros’, no preconstituido, sino que ha de ser descubierto y recorrido tal como somos, con el paso y las fuerzas que tenemos, unidos a los demás y con Dios que, con paciencia, sigue queriendo completar la obra iniciada “dándonos nuevos hermanos” (cfr. C 52).
A vocação é a vida
59º dia Mundial de Oração pelas Vocações
«Eu sou uma missão nesta terra, e para isso estou neste mundo. Por conseguinte, devemos pensar que toda pastoral é vocacional, toda a formação é vocacional e toda a espiritualidade é vocacional» (Christus vivit, 254).
Há 59 anos, a Igreja celebra o dia Mundial de Oração pelas Vocações no quarto domingo da Páscoa (8 de maio de 2022), quando o Evangelho nos faz encontrar Cristo, o Bom Pastor. Todo o ano pastoral, porém, é uma ocasião constante para anunciar a boa nova da vocação. Graças a Deus, também no nosso tempo é possível encontrar testemunhas, mulheres e homens, que entendem e vivem a vida como vocação. Um exemplo claro disso são as canonizações, no próximo dia 15 de maio, no Vaticano, de irmãos e irmãs que acolheram a voz e a luz de Deus em seus corações e a transmitiram ao mundo, cada um segundo a própria “tonalidade”.
Falando aos participantes do congresso dos Centros Nacionais para as Vocações da Europa, o Papa Francisco comentou: «A palavra 'vocação' não é caduca. O seu destino continua a ser o povo de Deus, a pregação, a catequese e, sobretudo, o encontro pessoal que é o primeiro momento do anúncio do Evangelho (cf. Evangelii gaudium, nn. 127-129). Conheço algumas comunidades que optaram por não pronunciar mais a palavra 'vocação' em suas propostas juvenis, porque acreditam que os jovens têm medo e não participam de suas atividades. Esta é uma estratégia de fracasso. Retirar a palavra 'vocação' do vocabulário da fé significa mutilar o seu léxico, correndo o risco, mais cedo ou mais tarde, de não se entenderem mais» (Roma, 6 de junho de 2019).
A vocação tem a ver com a vida de todos porque contém uma missão que chama cada um a semear a vida onde quer que esteja. Todos são convidados a "entregar-se ao melhor da vida" (cf. Christus Vivit, 143) junto com os outros e pelos outros, redescobrindo o sentido da vocação como "dom" e não como simples realização de si. Ao contrário do que afirma o narcisismo predominante, qualquer tipo de vocação nunca é apenas "para mim", mas sempre "para outro"; ou seja, está em serviço. A história faz-se (Fratelli Tutti 116) através da vida vivida por amor a alguém e libertando-se do peso de todo egoísmo e auto-suficiência.
Evitando qualquer sentido de grandeza, afirmamos que em cada vocação há uma missão a cumprir (cf. EG 273). Há um empreendimento a ser cumprido, uma responsabilidade a ser assumida não ficando neutro, mas tomando partido e colocando-se em jogo, concreta e cotidianamente, para que a vida encontre seu sentido/verdade, para nós e para os outros. A vocação - como a história - se faz; não é abstrata. É um trabalho artesanal que só pode ser feito na escola do Mestre e junto com a Igreja. E a resposta de cada vocação é a decisão de colocar as próprias forças em sinergia com as de Deus: "Aquele que te criou sem ti, não te salvará - não te dará a vida plena - sem ti" (Santo Agostinho).
“Percorrendo” o mundo, observa-se que muitas vezes um dos limites clássicos da animação vocacional se encontra na qualidade das propostas vocacionais e das catequeses: às vezes aparecem fora da história e da cultura de hoje, fragmentárias ou setoriais (não abertas a tudo o povo de Deus e 'todas' as vocações), ainda geridos com critérios publicitários (o recrutamento...), ao som de coloridas atrações digitais, slogans e promessas; seguem um roteiro fixo com muitos conteúdos que vêm mais da regra do que da vida e continuam a propor temas óbvios e genéricos.
Outra deriva perigosa, porém, mais moderna, é a de propor caminhos de “hiperestimulação emotiva” que exercem um grande fascínio por um ideal, mas que de fato deixam os jovens humana e cristãmente analfabetos, não lhes ensinando a gramática e a sintaxe para a vida de cada dia, feita de dom, alegria, sacrifício e serviço cotidiano fiel. Sabemos que as novas gerações são muitas vezes marcadas por relações empobrecidas, muitas vezes com figuras de referência fracas à sua frente. Encontramos pessoas muito afetuosas, mas não muito afetivas ou pouco conscientes de seu mundo interior: falta-lhes quase completamente a linguagem para descrever - e, portanto, fazer contato - com seus sentimentos ... (cf. Fulvia M. Sieni e M. Gianola).
Vemos a necessidade de passar de uma animação (pastoral) vocacional prevalentemente teórica e de propaganda (também digital) para uma experiência, que - através do encontro pessoal - procura soldar a proposta com a experiência vivida. Ou seja, que se identifique com a missão, com o percurso da história e, sobretudo, com a realidade, sem fixações obsoletas.
A lógica da vocação não pode ser aquela da Encarnação. O chamado do Ressuscitado não se realiza na teoria ou no conceito, mas na carne viva da história de um povo feito de rostos e relações, de irmãos e irmãs de outras culturas, credos e convicções, com suas limitações e feridas, com potencial e dons próprios. Só aí é possível ouvir o convite da Palavra.
Podem ajudar roteiros precisos de acompanhamento: formação cristã, caridade (também voluntariado cristão), experiências ad gentes e ad extra... Em conclusão, experiências de vida que permitem às pessoas tocar/experimentar na pele a incidência e o significado da própria experiência. Algo disso - pouco - já está sendo feito entre nós. Mais do que palavras, são os estilos de vida que abrem a perspectiva de acolher a vontade de Deus na vida. Pe. Fernando García durante o COSUMA 2021: «… O que podemos fazer neste momento para gerar filhos para a vida consagrada e laical (… na Família Carismática Xaveriana)?».
Esta metodologia, este pensar vocacionalmente só pode ser eficaz se for realizado por uma comunidade, não delegada a um indivíduo “encarregado” de escolher aqui e ali candidatos para o Instituto. Oh sim! A promoção vocacional é uma dimensão que envolve todo o Instituto, pessoas e estruturas: da formação inicial à permanente, da pastoral missionária nas paróquias às mais especificamente culturais, do primeiro anúncio ao catecumenato até o apostolado “simples” da presença, do jovem ao idoso... Também hoje, uma pastoral vocacional levada adiante sempre mais especificamente por todos, se identificando com a missão do próprio Instituto: «...revelar com a vida a importância e a urgência de nossa vocação» (C 16), testemunhando em todos os tempos e lugares o anúncio da Boa Nova do Reino de Deus que é Jesus Cristo, a quem não o conhece.
O Instituto é cada um de nós.
A proclamação da boa nova da vocação ao povo de Deus, parte sempre da nossa vocação pessoal, aquela que juntamente com Jesus intuímos, desejamos profundamente, amamos e, talvez, às vezes até traímos ou rejeitamos. Nunca se pode esquecer que o primeiro conteúdo de qualquer pastoral vocacional é o missionário xaveriano, cada um de nós: agradecidos pelo dom recebido, criado e colocado pelo Pai num caminho desenhado “para nós”, não pré-estabelecido, mas a ser descoberto e percorrido à medida que formos, com o ritmo e a força que temos, junto com os outros e com Deus que, com paciência, continua a querer completar a obra que começou "dando-nos novos irmãos" (cf. C 52).
Link &
Download
Access here with your username and password to view and download the reserved files.