“Ripartendo… dalla sapiente architettura del Fondatore: quale risposta, come Saveriani, alla Missione Ad Gentes? Quale futuro per il suo audace progetto?”
Il tema del XVII° Capitolo Generale ci stimola a guardare con fiducia al futuro del carisma che il nostro Fondatore San Guido Maria Conforti ci ha lasciato in eredita, per il bene della Chiesa e della nostra congregazione. Certo è una domanda impegnativa, perché ci spinge a pensare il futuro della chiesa e della sua missione nel mondo.
Se è vero che il nostro mondo è in profonda trasformazione e vive le sofferenze di una società che annaspa alla ricerca di punti di riferimento stabili e sicuri, è anche vero che la Chiesa ne sente profondamente i contraccolpi, nel senso che essa è profondamente legata alla società in cui vive. La nostra società vive un tempo del relativismo e di un soggettivismo, in cui si fa fatica a discernere ciò che è vero, buono e giusto, da ciò che è soggettivo. Sembra che la società in cui viviamo privilegi “il vero e giusto per me” e dunque non più universale, ma legato alla realtà della persona con i suoi bisogni, i suoi desideri e i suoi sentimenti. Questo naturalmente porta all’esasperazione dell’individualità, in cui il vero, il buono, buono e il giusto sono legati alla soddisfazione che la persona ne trae.
Ora questa visione della vita influenza profondamente le aspirazioni della società, ma anche della vita di un popolo o di una nazione. Ne sono una prova la crisi dei partiti istituzionali, in tutta Europa, ma anche nell’istituzione della Chiesa. Il suo messaggio universale si scontra con l’interpretazione soggettiva delle persone e poco propensa all’idealità, con la conseguenza di rendere vuoti tanti contenuti del messaggio di fede del suo fondatore, Gesù Cristo. Quindi anche la Missione, elemento costitutivo della natura Chiesa, ne subisce dei contraccolpi, nel senso che l’ideale dell’annuncio del vangelo ad altri popoli non sembra più così importante per la salvezza dell’uomo, perché si scontra con un soggettivismo sociale, dove ogni popolo o nazione ha il diritto di vivere come vuole e secondo le sue convinzioni. Questa visione della società liquida svuota l’idealità della Missione Ad Gentes e la fa percepire, quasi come un neocolonialismo culturale e religioso, ormai percepito come fuori dal tempo.
UNA VISIONE DI DIO DIVERSA
Questa visione immanente e soggettivistica della persone e della società porta naturalmente delle conseguenze anche nella percezione di Dio e della sua azione nel mondo. Se il Dio di Gesù Cristo è il Padre che ha inviato suo Figlio nel mondo per dare a tutti gli uomini una salvezza universale, il Dio della nostra società è un Dio individuale, personale e legato alla soddisfazione dei bisogni e ai sentimenti della persona. Mentre nei nostri paesi di Missione, dell’Africa Dio o dell’America latina, Dio è vicino all’uomo e agisce nella sua vita come un Padre buono che vuole il bene dei suoi Figli, il Dio della nostra Europa, è percepito quasi come un Dio assente, che si occupa poco delle sorti delle persone o anche della società. Tutti vorrebbero avere un Dio che li protegge e guida nel labirinto della società moderna, ma siccome si preferisce mettere la propria fiducia in se stessi, nel proprio io, quasi prometeico, ecco che non siamo più capaci di percepire la presenza di Dio nella nostra vita. In questa visione Dio è percepito come un essere superfluo o quasi un essere coercitivo che limita la libertà dell’uomo. Quindi non c’è più nella nostra società una percezione di Dio come l’ha manifestata Gesù Cristo e che, per tanti secoli ha sostenuto la fede dei nostri padri.
LA MISSIONE AD GENTES QUI E ALTROVE
Si potrebbe partire da questa percezione di Dio per evangelizzare il nostro mondo, dando alla missione non più una visione unicamente geografica, ma soprattutto sociologica, dove l’Ad Gentes si mescola la piccolo gregge della Chiesa. Il sogno di Mgr Conforti, allora, di annunciare il vangelo ai non cristiani per fare del “mondo una sola famiglia” può essere ancora di attualità, ma si tratta di trovare il modo per adattarlo alle situazioni delle realtà sociali dove operiamo. In Camerun Dio è già presente nella vita della gente, si tratta di far conoscere il suo progetto di salvezza, rivelato dall’incarnazione del suo Figlio Gesù. Ma nel nostro mondo occidentale, dove il soggettivismo è molto marcato, Dio è un di più, non necessario per costruire la propria vita e la vita della società.
Ma la Bibbia ci rivela che è sempre Dio che fa il primo passo, che si è avvicinato all’uomo, e l’incarnazione del Signore Gesù ne è la prova più evidente. Ecco allora la necessità di aiutare l’uomo di oggi ad abbandonare il suo individualismo narcisistico e prometeico, per riconoscere la sua condizione di creatura e di comunità. Certo l’uomo è percepito in occidente come un assoluto, relativo solo alla società in cui vive e che lo sfida ogni giorno con le sue raltà. Ma Dio può diventare il Partner di questo uomo autosufficiente solo se l’uomo si converte e comincia a riconoscere la sua creaturalità e il suo bisogno fondamentale di “essere sociale”. E in questo cammino di conversione si può pensare che, la strada per toccare il suo cuore e portarlo a riconoscere la sua creaturalità, sia quello di avvicinarsi sempre di più alla bellezza della natura e del creato in genere. La dimensione ecologica della vita può far scoprire il posto dell’uomo nella sua creaturalità e socialità.
Ma la missione Ad gentes” non può limitarsi alla dimensione ecologica, perché il Cristo ha annunciato all’umanità un messaggio che troviamo nel suo vangelo, un messaggio che rivela la forza nell’amore di un Dio che arriva a dare la sua vita per garantire all’umanità un futuro sicuro e migliore, pieno di gioia e di pace. E’ il progetto di Dio, rivelato in Gesù Cristo, per dare all’umanità un futuro di speranza nella pace, nell’accettazione e nel rispetto delle diversità, nel rispetto della natura e del suo ambiente naturale. Quindi diventa una missione che abbraccia diverse dimensioni della vita umana e che, forse, nel passato, sono state dimenticate.
La missione quindi è chiamata ad aprirsi a tutte le dimensioni della vita umana, non soltanto a quella spirituale, ma anche alle relazioni con la diversità culturale e religiosa, la relazione con la natura, come pure al nostro pianeta terra, alle relazioni con l’insieme dell’umanità. Quindi la nostra missione non può esimersi dall’interessarsi alla costruzione di una società multiculturale e multi-religiosa, come pure ad una dimensione ecologica, che favorisce un’economica che rispetti la natura e l’ambiente. E’ il pensiero del Papa nell’enciclica Laudato sii.
Queste dimensioni sono state riconosciute e sviluppate in certe nostre missioni del Sahel, con progetti rivolti a preservare l’ecosistema fragile di questi paesi (Ciad e Camerun), ma anche le relazioni nella convivenza pacifica fra popoli di culture e religioni diverse.
QUALE FUTURO PER LA NOSTRA MISSIONE
L’ideale del nostro Fondatore, San Guido Maria Conforti, è sempre valido, ma ora si tratta di riorientarlo alle diverse situazioni della nostra umanità. E noi Saveriani siamo chiamati ad aprirci ad una missione che si fa più complessa, ma che è sempre entusiasmante, perché mira alla costruzione del Regno di Dio, già cominciato qui in mezzo a noi. Per questo sono del parere che sarebbe opportuno che le nostre guide siano più aperte alle iniziative dei vari membri del nostro Istituto, in vista di favorire la creatività e la responsabilità di ciascuno. Non vorrei pensare il futuro della nostra missione ridotto alla preoccupazione per la riorientamento economico e delle strutture, in vista di garantire la nostra autoconservazione. Lo Spirito Santo è sempre all’opera per far crescere il Regno di Dio nel mondo.
P. Gianfranco Sana sx
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