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Il vero comunismo

1915/500

La scorsa domenica, 11 aprile 2021, papa Francesco nell’omelia della Messa nella Festa della Divina Misericordia dichiara:

Così hanno fatto i discepoli: misericordiati, sono diventati misericordiosi. Lo vediamo nella prima Lettura. Gli Atti degli Apostoli raccontano che «nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune» (4,32). Non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro. Ed è tanto più sorprendente se pensiamo che quegli stessi discepoli poco prima avevano litigato su premi e onori, su chi fosse il più grande tra di loro (cfr Mc 10,37; Lc 22,24). Ora condividono tutto, hanno «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32).

Riflettendo sul momento difficile che stiamo vivendo, dentro e fuori la comunità cristiana, e ascoltata l’omelia di Papa Francesco, mi è venuta una gran voglia di rileggere una pagina della catechesi sul Padre Nostro di San Guido M. Conforti.

Notiamo la data: 8 dicembre 1917.

  • Siamo in piena guerra mondiale (1914 – 1918).
  • 1917: in Russia è in atto la rivoluzione.
  • In febbraio Nicolao II rinuncia e termina la monarchia.
  • 04 aprile 1917: Lenin lancia le 10 linee di azione del proletariato per una rivoluzione e cambia il nome da partito social democratico a comunismo.
  • Ottobre 1917: ha inizio la Repubblica Sovietica.

San Guido sta commentando il Padre Nostro ed è arrivato al versetto: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Si introduce brevemente ricordando l’alimento dello spirito ma passa subito a parlare dell’alimento necessario alla vita di ogni giorno: Chiedere il necessario per la vita di tutti.  Il Vescovo di Parma sottolinea con forza il dovere della carità, naturalmente perché allora non esistevano gli organismi di protezione ai lavoratori che esistono oggi. Tuttavia, prevede la necessità di interventi da parte della «solerte e previdente intelligenza di coloro che presiedono alla pubblica cosa».

Riascoltiamo!

Chiedere ciò che è necessario alla vita di tutti

Egli, del resto, col precetto della carità fraterna che tutti obbliga a venire in aiuto di chi versa nel bisogno, ha costituito in certo qual modo ministri della sua bontà quanti avrebbero creduto in lui. E per questo appunto ci ha insegnato a chiedere il pane necessario alla vita di tutti; ha voluto che lo chiamassimo nostro per ammonirci che il pane e gli altri beni donatici da Dio non sono talmente propri di ciascheduno di noi che non debbano essere comuni anche agli altri ove il loro bisogno lo esiga e le nostre forze il comportino. Secondo la legge della carità quel pane che abbonda negli uni deve dispensarsi a beneficio degli altri che ne mancano, onde tutti vengano sostentati e provveduti del necessario.

Oh, se queste massime sante fossero state sempre praticate, dopo diciannove secoli di Cristianesimo non saremmo spettatori di quell'equilibrio sociale, che produce tanto malessere e minaccia le più tremende reazioni. Il Cristianesimo, che presiede coi suoi grandi principii alla produzione e distribuzione delle ricchezze, ci presenta anche le sue dottrine intorno al loro consumo; ed esso nonostante le recriminazioni della scienza economica materialistica che proclama: consumate quanto più potete, proclama in quella vece che le ricchezze si hanno ad usare con saggia parsimonia. Ci inculca quindi l'astinenza, la sobrietà, la temperanza e condanna il lusso.

… Vi ha un lusso che è utile e permesso dalle dottrine del Vangelo. Egli è quel lusso decente che vien richiesto dalla propria condizione e dalle convenienze sociali; quel lusso dignitoso che è l’appannaggio esteriore dell’uomo, l’onesto compimento della bellezza del corpo che anch'esso è fattura di Dio.

Ma il lusso eccessivo, il lusso inonesto ed immoderato è altamente condannato dal buon senso e dal Vangelo. Ah, non mi dite che esso è una sorgente economica per un popolo, che esso tiene in moto le braccia di mille operai, in agiatezza la vita di mille famiglie che vivono a spese del lusso altrui. Ammetto il gran movimento dell'industria per opera del lusso, ma nego francamente che esso arricchisca la nazione; invece sperpera le sostanze, diminuisce le entrate; procaccia dei piccoli guadagni a molti, ma è anche fomite di tutti i vizi. Il lusso non arricchisce per ordinario; invece impoverisce chi lo pratica.

Bando al lusso perché esso è nocivo al civile consorzio e cagione di perturbamenti sociali, giacché quando è esagerato, quando è un lusso che abbaglia allora diviene un insulto alla miseria, una sfida, una provocazione al proletariato ed all'indigente. Bando al lusso giacché snerva i caratteri, cimenta l’onore, abbruttisce la coscienza. Gli uomini spinti dal lusso venderanno in contanti ciò che vi ha di più sacro al mondo, i propri principii la propria dignità, il proprio onore, essi non indietreggeranno dinnanzi al furto ed al suicidio. Bando al lusso che spopola gli stati, ed attirando l'attenzione delle omicide dottrine maltusiane leva bene spesso ad una nazione la sua prima forza viva, che è il numero dei suoi abitanti. Bando al lusso in quest’ora grave che attraversiamo in cui son tanti quelli che piangono, tanti quelli che hanno bisogno della carità dei fratelli.

Secondo il Vangelo i ricchi si debbono considerare come i depositari e gli economi dei beni che Dio ha loro elargito. Egli li ha colmati di ricchezza non solo perché ne possano godere cristianamente secondo i bisogni e le convenienze della loro condizione sociale, ma anche perché ne rendano partecipi i loro fratelli, versando sulle loro miserie le onde ristoratrici delle loro beneficenze.

Quando l'operaio sarà infermo quando diverrà invalido alla fatica, quando vecchio stenderà la mano all’obolo della pietà, quando la sua vedova, quando i suoi orfanelli saranno costretti a stentare la vita, allora la carità del ricco sia visibile ed operosa.

Questa, o fratelli, è la legge della carità che Cristo ci inculca ad ogni pagina del Vangelo e ci insinua anche colla petizione che abbiamo insieme commentata. “Dacci oggi il nostro pane” diciamo ogni giorno a Dio perché noi siamo un'immensa famiglia.

Abbiamo un padre comune Adamo, ma più abbiamo un Padre divino che sta nei cieli. Formiamo un'immensa famiglia, perciò la carità deve creare la comunanza dei beni, stabilire il vero comunismo, l'unico comunismo possibile, il comunismo cristiano.

Il ricco rende partecipe delle sue sostanze il povero, il possidente aiuta il diseredato della fortuna. E così, come dice l'Apostolo, si avrà la vera uguaglianza, il vero comunismo cristiano opposto al comunismo socialistico, il quale ha per suo principio l'egoismo alla sua suprema potenza. Quanto asserisco, o fratelli, non è una semplice opinione; le mie asserzioni sono eco fedele del precetto di Cristo, il quale ha detto: Quod superest date pauperibus. Tutto ciò che vi sopravanza sia dato ai poveri. Non è consiglio od insinuazione, ma precetto nella sua forma più imperativa.

Tutto il superfluo non è più vostro, o ricchi; quali siano i vostri bisogni legittimi, diversi secondo le diverse condizioni sociali, Gesù Cristo non ha indicato, ma tutto ha lasciato alla libertà e discrezione di ciascheduno. Però là dove cessano questi bisogni legittimi e l'assicurazione dell'incerto avvenire per voi ed i figli vostri, oh! allora il resto è superfluo ed ivi cessa l'uso legittimo della proprietà. Quello che avanza al dire dell'eloquente Lacordaire, è patrimonio dei poveri: quod superest date pauperibus.

E nell'ora difficile che attraversiamo s'impone più che mai l'osservanza di questo precetto evangelico, crescendo ogni giorno più i bisogni, come s’impone il dovere e la necessità di raddoppiare la nostra fiducia in quell'amorosa Provvidenza da cui tutto possiamo riprometterci.

Oggi in cui la preoccupazione dei pochi diseredati minaccia d'estendersi a molti, oggi, in cui la questione del pane quotidiano ci si presenta con carattere d'imperiosa attualità, per la ridotta disponibilità di braccia sui campi fecondi del lavoro, ripetiamo con fede più viva del solito la preghiera che il maestro divino ci ha posta sul labbro: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”›.

Ed il pane non ci verrà meno neppure in questi difficili momenti e per la solerte e previdente intelligenza di coloro che presiedono alla pubblica cosa e per raddoppiato sforzo di coloro che sapranno dedicare alla terra le energie di cui possono disporre e soprattutto per l'efficace aiuto di quell'amorosa Provvidenza in cui mai si confida invano.»

Guido M. Conforti
8 Dicembre, 1917 -


São Guido Maria Conforti e o comunismo de verdade

No dia 11 de abril de 2021, o Papa Francisco na homilia afirma: Assim fizeram os discípulos: tendo obtido misericórdia, tornaram-se misericordiosos. Vemo-lo na primeira leitura. Os Atos dos Apóstolos contam que «ninguém chamava seu ao que lhe pertencia, mas entre eles tudo era comum» (4, 32). Não é comunismo, mas cristianismo no seu estado puro. E o fato é ainda mais surpreendente, se pensarmos que aqueles mesmos discípulos, pouco tempo antes, litigavam entre si sobre prêmios e honras, sobre qual deles era o maior (cf. Mc 10, 37; Lc 22, 24). Agora partilham tudo, têm «um só coração e uma só alma» (At 4, 32).

Tendo em vista o momento difícil que estamos vivendo, e as contraposições de pro e contra dentro da comunidade cristã, quis ler, mais uma vez, parte de uma catequese de São Guido Maria Conforti. Notamos a data: 08 de dezembro de 1917, Estamos em plena guerra, a primeira guerra mundial (1914 – 1918). Na Rússia estamos em plena revolução: 1917. A saber: Fevereiro é destituída a monarquia: Nicolau II renuncia (2 de março de 1917). 04 de abril: Lenin lança as 10 linhas de ação do proletariado na revolução atual e troca o nome de social democrático para comunista, Outubro inicia a república soviética.

08 de dezembro 1917, São Guido está comentando o Pai Nosso, chegando a “dai-nos hoje nosso pão cotidiano”. Fala brevemente do alimento do espírito para passar logo a falar do necessário à vida, do progresso material e finalmente de “Pedir o necessário para a vida de todos”.

O bispo de Parma acentua sobretudo a caridade, de fato em sua época não tinham as organizações trabalhistas, todavia termina chamando a atenção e a responsabilidade dos poderes públicos: «solerte e previdente inteligência daqueles que administram a coisa pública». 

Pedir o necessário para a vida de todos

De resto, com o preceito da caridade fraterna – que obriga todos a ir a ajudar quem necessita -, de certo modo o Pai constituiu ministros de sua bondade todos quantos acreditassem nele. E exatamente por isso, ensinou-nos a pedir o pão necessário para a vida de todos; Ele quis que o chamássemos nosso, para deixar claro para nós que o pão e os outros bens concedidos por Deus não são propriedade individual, nosso, mas que devem ser propriedade de todos, e também de outros, por isso repartir quando a necessidade exigir e estiver ao nosso alcance. Segundo a lei da caridade, aquele pão que é abundante para um, deve ser repartido em benefício dos outros a quem esteja faltando, de modo que todos sejam sustentados e providos do necessário.

Se estas máximas tivessem sido sempre praticadas, após 19 séculos de Cristianismo não seríamos ainda espectadores desse desequilíbrio social que produz tantas mazelas e ameaça as reações mais tremendas. O Cristianismo, que, com seus grandes princípios, sugere linhas de ação à produção e distribuição das riquezas, apresenta-nos também suas doutrinas em torno do consumo delas. Apesar das recriminações da ciência econômica materialista, que proclama que se deve consumir o máximo que puder, o Cristianismo, pelo contrário, proclama que as riquezas devem ser usadas com sábia parcimônia. Portanto, inculca em nossas mentes a abstinência, a sobriedade, a temperança, e condena o luxo.

Quanto sábio seja o ensinamento de Cristo e tenha como objetivo a prosperidade das pessoas, não há ninguém que não esteja vendo, assim como não há ninguém que não veja quão prejudicial se torna a máxima do consumo ilimitado e desenfreado das riquezas que fomenta o luxo. Existe um luxo que é útil e permitido pela doutrina do Evangelho. Trata-se do luxo decente, que surge da própria condição e das conveniências sociais; aquele luxo digno, que é a manifestação exterior do homem, o honesto cumprimento da beleza do corpo, pois que ele também é obra de Deus.

Porém, o luxo excessivo, o luxo desonesto e sem moderação, é altamente condenado pelo bom senso e pelo Evangelho. Ah, não me digam que é uma fonte de sustento para alguém, que ele movimenta os braços de milhares de operários, e que oferece o necessário à vida de milhares de famílias que vivem em função do luxo dos outros. Admito que haja um grande movimento da indústria do luxo, mas nego francamente, que isso signifique riqueza para a nação. Pelo contrário, desperdiça as riquezas essenciais, diminui as entradas, proporciona ganhos pequenos para muitos, mas também é fonte de todos os vícios. Geralmente o luxo não enriquece, pelo contrário, ele empobrece quem o pratica.

Repudiem o luxo, porque ele é nocivo à sociedade civil e razão de distúrbios sociais, já que, quando exagerado, quando é um luxo que cria maravilhas, torna-se um insulto à miséria, um desafio, uma provocação ao proletariado e ao indigente. Repudiem o luxo, já que amolece o caráter, joga lama na honra, embrutece a consciência. Os homens movidos a luxo venderão à vista aquilo que existe de mais sagrado no mundo, os próprios princípios, a própria dignidade, a própria honra; eles não recuarão diante do roubo e do suicídio.

Repudiem o luxo que espolia os países e, atraindo a atenção sobre as doutrinas homicidas malthusianas, frequentemente rouba de uma nação a sua primeira força viva, que é o número de seus habitantes. Repudiem o luxo nesta hora crítica que estamos atravessando, quando há tantos que choram, tantos os que precisam da caridade dos irmãos.

De acordo com o Evangelho, os ricos devem ser considerados os depositários e os ecônomos dos bens com que Deus os contemplou. Deus os cumulou de riquezas não apenas para que possam delas desfrutar, de modo cristão e segundo o necessário e as conveniências de sua condição social, mas também para que tornem seus irmãos participantes dos mesmos bens, derramando sobre eles ondas restauradoras de seus gestos benéficos.

Quando o operário estiver enfermo, quando estiver inválido à exaustão, quando o velho estender a mão para a esmola dos piedosos, quando sua viúva, quando seus órfãos forem forçados a alcançar com dificuldade, o necessário para viver, então que a caridade do rico seja visível e operante.

Irmãos, esta é a lei da caridade que Cristo nos inculca em cada página do Evangelho e nos dá a entender também com os pedidos que, juntos, fazemos: “Dai-nos hoje o pão nosso”, dizemos, todos os dias, a Deus, pois formamos uma imensa família.

Temos um pai em comum, Adão, mas também temos um Pai divino, que está nos céus. Formamos uma imensa família, por isso, a caridade deve gerar a partilha dos bens, estabelecer o verdadeiro comunismo, o único comunismo possível, o comunismo cristão.

O rico torna o pobre participante de seus bens, aquele que possui, ajuda o deserdado da sorte. Então, como diz o Apóstolo, haverá a verdadeira igualdade, o verdadeiro comunismo cristão, oposto ao comunismo socialista, o qual, por seus princípios, é o egoísmo elevado à sua potência máxima. Ó irmãos, afirmo que não se trata de uma simples opinião; as minhas afirmações são o eco fiel do preceito de Cristo, que disse: “Quod superest date pauperibus”. “Tudo aquilo que esteja em excesso seja dado aos pobres”. Não é um conselho, não é uma insinuação, mas um preceito em sua forma mais imperativa.

Ó ricos, todo supérfluo não pertence mais a vós; quaisquer que sejam vossas legítimas necessidades, segundo as condições sociais diferentes, de fato, Jesus Cristo não quantificou, mas tudo deixou à liberdade e critério de cada um. Entretanto, onde acabam estas necessidades legítimas e a garantia de um futuro incerto para vós e vossos filhos, então o resto é supérfluo e ali cessa o uso legítimo da propriedade. No dizer do eloquente Lacordaire, aquilo que avança é patrimônio dos pobres, quod superest date pauperibus...  E nesta hora difícil que atravessamos, mais do que nunca se impõe a observância deste preceito evangélico, com a necessidade crescendo a cada dia, assim como se impõe o dever e a necessidade de se redobrar nossa fé na amorosa Providência da qual tudo pode esperar.

Hoje, em que a preocupação pelos poucos deserdados ameaça se estender a muitos, hoje, em que a questão do pão de cada dia se nos apresenta com uma atualidade imperiosa, pela reduzida disponibilidade de braços nos campos fecundos do trabalho, vamos repetir com fé mais viva do que de costume, a oração que o mestre divino colocou em nossos lábios: “O pão nosso de cada dia dai-nos hoje”.

E o pão não nos faltará, nem mesmo nos momentos difíceis, pela solerte e previdente inteligência daqueles que administram a coisa pública, juntamente com o esforço redobrado daqueles que saberão dedicar à terra as energias das quais pode dispor e, sobretudo, pela ajuda eficaz daquela amorosa Providência na qual jamais se confia em vão.

San Guido Maria Conforti
15 Abril 2021
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