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Missionari narratori di storie

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In margine al Messaggio di papa Francesco per la 54ma GMCS

Prendo spunto, nella mia riflessione, dal titolo del Messaggio del papa: “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). Esso, infatti, contiene in nuce tutto il tema della narrazione, a cui è dedicato il Messaggio per la 54ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (24 maggio 2020). Cercherò di declinarlo per noi saveriani – chiamati a “raccontare” a tutti la “Storia delle storie” con al centro quel Crocifisso, che, d’accordo con il lascito spirituale del nostro Fondatore, dovremmo aver fissato nella nostra memoria fin dai primi anni della formazione saveriana –, su almeno tre prospettive, tra le altre suggerite dal Messaggio di Francesco. Anzitutto, quella antropologica, che rinvia alla nostra realtà umana: siamo esseri narranti – afferma il papa –, intessuti di storie; in secondo luogo, quella biblico-teologica, ovvero della storia della salvezza, che ci ricorda la nostra identità cristiana, in un’epoca di confusione babelica “delle voci e dei messaggi”; infine, quella più rigorosamente saveriana, che fa riferimento al nostro specifico carisma e alla nostra piccola – ma non insignificante – storia missionaria: 125 anni (1895-2020).

La prospettiva antropologica. “L’uomo è un essere narrante. Fin da piccoli abbiamo fame di storie come abbiamo fame di cibo. Che siano in forma di fiabe, di romanzi, di film, di canzoni, di notizie…, le storie influenzano la nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli”. Così si legge nelle prime righe del Messaggio e credo sia difficile smentire la verità di questa dichiarazione, anche per quanto ci riguarda, come saveriani. Chi di noi, infatti, qualunque sia il contesto geografico o culturale d’origine, può contestare di essere stato alimentato, nutrito, fin da piccolo – ma anche nell’adolescenza e nella gioventù –, da “storie” raccontate dai genitori, dagli educatori o dagli insegnanti di ogni ordine e grado scolastico? Raccontare e raccontarsi è un elemento antropologico – e pedagogico – universale. Forse abbiamo anche deciso che cosa fare da grandi “in base ai personaggi e alle storie che abbiamo assimilato”. La nostra stessa vocazione missionaria non è forse nata da un racconto, da una vita diventata “storia”, da un’immersione in una storia “eroica”, che hanno finito per pesare in maniera determinante sulla bilancia della nostra opzione esistenziale? Oggi le narrazioni sono di moda. Tutti fanno racconti, imbastiscono storie sui nuovi “telai” informatici, digitali. La rete è piena di “storie” che ci catturano e spesso… irretiscono pure noi. Non tutte, però, sono buone, avverte papa Francesco: “Quante storie ci narcotizzano, convincendoci che per essere felici abbiamo continuamente bisogno di avere, di possedere, di consumare. Quasi non ci accorgiamo di quanto diventiamo avidi di chiacchiere e di pettegolezzi, di quanta violenza e falsità consumiamo”. Per questo c’è bisogno, anche in casa saveriana, di pazienza e discernimento per riscoprire “storie” che trasformano. Per ritrovare una narrazione umana, “che ci parli di noi e del bello che ci abita”, come cristiani e come saveriani, abbiamo bisogno di reimmergerci anzitutto nella “Storia delle storie”, ma anche nella “storia” del nostro Fondatore e della Famiglia saveriana.

La prospettiva biblico-teologica. “In un’epoca in cui la falsificazione si rivela sempre più sofisticata, raggiungendo livelli esponenziali (il deepfake)”, anche noi saveriani abbiamo bisogno – d’accordo con il Messaggio del papa – di sapienza “per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni”, di coraggio “per respingere quelli falsi e malvagi”, di pazienza e discernimento “per riscoprire storie che ci aiutino a non perdere il filo tra le tante lacerazioni dell’oggi”, “storie che riportino alla luce la verità di quel che siamo, anche nell’eroicità ignorata del quotidiano”. La prima “storia” da riscoprire, anche da parte delle nostre comunità saveriane, affinché ritornino ad essere ambienti vitali di narrazione, è la “Storia delle storie”, con al centro Gesù. Non si tratta di riscoprire “un patrimonio del passato”, ma “una storia che si rinnova”, di generazione in generazione, sempre attuale. Non c’è futuro – né per la Chiesa né per i saveriani – senza un rinnovato, costante, radicamento in questa “Storia delle storie”, che ci aiuta a comprendere che la memoria non va considerata come un “corpo statico”, ma come una “realtà dinamica”, performativa. Sicché attraverso la memoria – “fate questo in memoria di me” – avviene la consegna di storie, speranze, sogni ed esperienze da una generazione all’altra. Papa Francesco ce lo ricorda ogni volta che cita i santi, i martiri e la “grande ricchezza offerta dalle testimonianze delle loro vite”.

La prospettiva saveriana. La grande storia d’amore tra Dio e l’umanità, che ha al centro Gesù, si è rinnovata, per noi saveriani, nella “storia” del Fondatore. Lo Spirito del Dio vivente – secondo Paolo (2Cor 3,3) – scrive anche su tavole di cuori umani. L’amore di Dio scrive anche in noi, nei nostri cuori. Per cui ogni “storia”, anche quella del nostro Fondatore, può diventare ispirata, trasformarsi in un capolavoro della grazia di Dio, “diventando un’appendice di Vangelo”. Senz’altro anche la “storia” di Guido M. Conforti profuma di Vangelo, testimonia l’Amore che trasforma la vita. Ebbene questa “storia” reclama di essere più condivisa da noi saveriani, che a volte abbiamo l’aria infelice di orfani, sradicati, senza padre, ciascuno fondatore a se stesso. Questa “storia” reclama di essere più raccontata, narrata, “fatta vivere in ogni tempo”, in ogni luogo ove siamo presenti con le nostre attività, “con ogni linguaggio, con ogni mezzo”. E qui gli strumenti digitali, paradossalmente, possono favorire la “narrazione” del Fondatore, fissando nella memoria delle nuove generazioni saveriane immagini, racconti, davvero capaci di voltare pagina nell’ardua trasmissione intergenerazionale e interculturale del prezioso lascito del Fondatore. “Non si tratta – recita ancora il Messaggio del papa – di inseguire le logiche dello storytelling, né di fare o farsi pubblicità, ma di fare memoria di ciò che siamo agli occhi di Dio, di testimoniare ciò che lo Spirito scrive nei cuori”. Insieme al lascito carismatico del Fondatore, non possiamo dimenticare – anzi dobbiamo “ri-cordare”, “portare al cuore” – le “storie buone” di confratelli, che, in questi 125 anni di vita saveriana, hanno edificato e non distrutto; hanno aiutato “a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme” come Famiglia missionaria, facendoci sentire “parte di un tessuto vivo”, che rivela “l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni gli altri”. Concludo parafrasando il sottotitolo del Messaggio di papa Francesco: solo se la missione si fa storia, saremo in grado di narrarla – trasmetterla – alle nuove generazioni.

Buona Giornata mondiale delle comunicazioni sociali!

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
PER LA 54ma GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

“Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). 
La vita si fa storia.


English 

Missionary storytellers

On Pope Francis' 54th GMCS Message

I take my cue, in my reflection, from the title of the Pope's Message: “So that you can tell and fix in memory” (Ex 10:2). In fact, it contains the whole theme of the narrative, to which the Message for the 54th World Day of Social Communications (24 May 2020) is dedicated. I will try to decline it for us Xaverians – called to "tell" to all the "Story of all stories" with the Crucifix at its centre which, in accordance with the spiritual legacy of our Founder, we should have fixed in our memory from the first years of Xaverian formation – on at least three perspectives, among others, suggested by the Message of Francis. First of all, the anthropological one, which refers to our human reality: we are narrative beings – says the pope – we are woven with stories. Secondly, the biblical-theological one, that is, the history of salvation, which reminds us of our Christian identity, in an age of Babelic confusion "of voices and messages." Finally, the most strictly Xaverian perspective, which refers to our specific charism and our small – but not insignificant – missionary history of 125 years (1895-2020).

The anthropological perspective. "Human beings are storytellers. From childhood we hunger for stories just as we hunger for food. Stories influence our lives, whether in the form of fairy tales, novels, films, songs, news, even if we do not always realize it.” This is what we read in the first lines of the Message and I think it is difficult to disprove the truth of this statement, even as far as we as Xaverians are concerned. Who among us whatever the geographical or cultural context of origin, can dispute that we have been fed and nurtured, since childhood – but also in adolescence and youth – by "stories" told by parents, educators or teachers of every order and school grade? Telling and narrating ourselves are a universal anthropological – and pedagogical – element. Perhaps we have even decided what to do when we grow up “based on characters and stories we have made our own.” Has our own missionary vocation not arisen from a story, from a life that has become "history", from an immersion in a "heroic" story, which has ended up weighing decisively on the balance of our existential option? Today, narratives are in fashion. Everyone makes stories; they weave them on new, digital looms. The net is full of "stories" that capture us and often... beguile us. Not all of them, however, are good, warns Pope Francis: “How many stories serve to lull us, convincing us that to be happy we continually need to gain, possess and consume. We may not even realize how greedy we have become for chatter and gossip, or how much violence and falsehood we are consuming.” For this reason, there is a need, even in Xaverian communities, for patience and discernment to rediscover "stories" that transform. To rediscover a human narrative, "that can speak of ourselves and of the beauty all around us," as Christians and as Xaverians, we need to re-immerse ourselves first in the "Story of stories", but also in the "story" of our Founder and the Xaverian Family.

The biblical-theological perspective. “In an age when falsification is increasingly sophisticated, reaching exponential levels (as in deep-fake),” we Xaverians, need – in agreement with the Pope's Message – wisdom "to welcome and create beautiful, true and good stories," courage "to reject false and evil ones," patience and discernment "to rediscover stories that help us not to lose the thread amid today’s many troubles," "stories that reveal who we truly are, also in the untold heroism of everyday life." The first "story" to be rediscovered, even by our Xaverian communities, so that they return to being vital environments of storytelling, is the "Story of stories," with Jesus at its centre. It is not a question of rediscovering "a legacy from the past," but "an ever renewed history," which, from generation to generation, remains always relevant. There is no future – neither for the Church nor for Xaverians – without a renewed, constant, rooting in this "Story of stories", which helps us to understand that memory should not be considered as a "static body," but as a performative, "dynamic reality." So through memory – "do this in memory of me" – the delivery of stories, hopes, dreams and experiences from one generation to another takes place. Pope Francis reminds us of this every time he mentions saints, martyrs and the "great wealth offered by the testimonies of their lives."

The Xaverian perspective. The great love story between God and humanity, which Jesus at the center, has been renewed, for us, in the "story" of the Founder. The Spirit of the Living God – according to St. Paul (2 Cor 3:3) – writes also on the plates that human hearts are. God's love writes also in us, in our hearts. Therefore, every "story", even that of our Founder, can become inspired, and turn into a masterpiece of God's grace, "an appendix of the Gospel." Without a doubt, even the "story" of Guido M. Conforti is fragranced with the Gospel’s scent, bearing witness to the Love that transforms life. Well, this "story" claims to be shared more by us Xaverians, who sometimes have the unhappy air of the uprooted, orphans without a father, each a founder to himself. This "story" claims to be told and narrated more, "made to live in every time," in every place where we are present with our activities, "by every language, by any means." Paradoxically, here, the digital tools, can favor the "narrative" of the Founder, fixing in the memory of the new Xaverian generations images and stories, really capable of ‘turning the page’ in the arduous intergenerational and intercultural transmission of the precious legacy of our Founder. “So it is not – the Pope message’s says - a matter of simply telling stories as such, or of advertising ourselves, but rather of remembering who and what we are in God’s eyes, bearing witness to what the Spirit writes in our hearts.” Together with the charismatic legacy of the Founder, we cannot forget – indeed we must "ri-cordare", "bring to the heart" – the "good stories" of brothers, who, in these 125 years of Xaverian life, have built and not destroyed. They have helped us "to rediscover our roots and the strength needed to move forward together" as a missionary family, making us all feel "part of a living and interconnected tapestry," which reveals "the interweaving of the threads which connect us to one other.” I conclude by paraphrasing the subtitle of Pope Francis' Message: only if mission becomes story, we will be able to narrate it – transmit it – to the new generations.

Happy World Social Communications Day!

MESSAGE OF HIS HOLINESS POPE FRANCIS
FOR THE 54th WORLD COMMUNICATIONS DAY

"That you may tell your children and grandchildren” (Ex 10:2)
Life becomes history


Español

Misioneros narradores de historias

Glosando el Mensaje del Papa Francisco para la 54ª JMCS

Tomo ocasión, en mi reflexión, del título del Mensaje del Papa:Para que puedas contar y grabar en la memoria” (Ex 10,2). De hecho, contiene in nuce todo el tema de la narración a la que está dedicado el Mensaje para la 54ª Jornada Mundial de las Comunicaciones Sociales (24 de mayo 2020). Trataré de glosarlo para nosotros Xaverianos – llamados a “narrar” a todos la “Historia de las historias” teniendo al centro el Crucifijo, que, de acuerdo con el legado espiritual de nuestro Fundador, deberíamos haber fijado en nuestra memoria desde los primeros años de la formación xaveriana –. Lo desglosaré al menos en tres de las perspectivas sugeridas por el Mensaje de Francisco. Ante todo, la antropológica, que remite a nuestra realidad humana: somos seres narradores – afirma el Papa – entretejidos de historias; en segundo lugar, la perspectiva bíblico-teológica, o bien de la historia de la salvación, que nos recuerda nuestra identidad cristiana en una época de confusión babélica “de voces y de mensajes”; en fin, la más rigurosamente xaveriana, aquella que hace referencia a nuestro carisma específico y a nuestra pequeña – pero no insignificante – historia misionera: 125 años (1895-2020).  

La perspectiva antropológica. “El hombre es un ser narrador. Desde la infancia tenemos hambre de historias como tenemos hambre de alimentos. Ya sean en forma de cuentos, de novelas, de películas, de canciones, de noticias…, las historias influyen en nuestra vida, aunque no seamos conscientes de ello”. Se lee así en las primeras líneas del Mensaje y creo que es difícil desmentir la verdad de esta declaración, por aquello que nos concierne como Xaverianos. ¿Quién de nosotros, en efecto, cualquiera que sea el contexto geográfico o cultural de origen, puede negar de haber sido alimentado, nutrido, desde pequeño – incluso en la adolescencia y en la juventud – de “historias” contadas por los papás, por los educadores o por los enseñantes de todo orden y grado escolar? Contar y contarse es un elemento antropológico – y pedagógico – universal. Quizás hemos decidido también qué hacer de grandes “en base a los personajes y a las historias que hemos asimilado”. ¿Nuestra misma vocación misionera, no ha nacido quizás de un relato, de una vida hecha “historia”, de una inmersión en una historia “heroica”, que han acabado por pesar de manera determinante en la balanza de nuestra opción existencial?

Hoy las narraciones están de moda. Todos hacen relatos, hilvanan historias sobre los nuevos “telares” informáticos, digitales. La red está llena de “historias” que nos seducen y a menudo… incluso nos embaucan. No todas, sin embargo, son buenas, advierte el Papa Francisco: “Cuántas historias nos narcotizan, convenciéndonos de que necesitamos continuamente tener, poseer, consumir para ser felices. Casi no nos damos cuenta de cómo nos volvemos ávidos de chismes y de habladurías, de cuánta violencia y falsedad consumimos”. Por ello, hay necesidad, también en casa xaveriana, de paciencia y discernimiento para redescubrir "historias" que transforman. Para encontrar una narración humana, “que nos hable de nosotros y de la belleza que poseemos” como cristianos y como xaverianos, necesitamos ante todo sumergirnos de nuevo en la “Historia de las historias”, y también en la “historia” de nuestro Fundador y de la Familia Xaveriana.

La perspectiva bíblico-teológica. “En una época en la que la falsificación es cada vez más sofisticada y alcanza niveles exponenciales (el deepfake)”, también nosotros Xaverianos necesitamos – según el Mensaje del Papa – de sabiduría “para recibir y crear relatos bellos, verdaderos y buenos”, de valor para rechazar los que son “falsos y malvados", de paciencia y discernimiento “para redescubrir historias que nos ayuden a no perder el hilo entre las muchas laceraciones de hoy”, “historias que saquen a la luz la verdad de lo que somos, incluso en la heroicidad ignorada de la vida cotidiana”.

La primera “historia” que hay que redescubrir, también en nuestras comunidades xaverianas, para que vuelvan a ser ambientes vitales de narración, es la “Historia de las historias”, poniendo al centro a Jesús. No se trata de redescubrir “un patrimonio del pasado”, sino “una historia que se renueva”, de generación en generación, siempre actual. No hay futuro – ni para la Iglesia ni para los Xaverianos – sin un renovado, constante, arraigamiento en esta “Historia de las historias”, que nos ayuda a comprender que la memoria no ha de ser considerada como un “cuerpo estático”, sino como una “realidad dinámica”, performativa. Así que es a través de la memoria – “hagan esto en memoria mía” – como se verifica la entrega de historias, esperanzas, sueños y experiencias de una generación a la otra. El Papa Francisco nos lo recuerda cada vez que cita a los santos, a los mártires y la “gran riqueza ofrecida por los testimonios de sus vidas”.

La perspectiva xaveriana. La gran historia de amor entre Dios y la humanidad, que tiene al centro a Jesús, se ha renovado, para nosotros Xaverianos, en la “historia” del Fundador. El Espíritu del Dios viviente – según Pablo (2Cor 3,3) – escribe también sobre tablas de corazones humanos. El amor de Dios escribe también en nosotros, en nuestros corazones. Por eso, toda “historia”, también la de nuestro Fundador, puede llegar a ser inspirada, transformarse en una obra maestra de la gracia de Dios, “convirtiéndose en un apéndice del Evangelio”. Sin duda también la “historia” de Guido M. Conforti exhala Evangelio, testimonia el Amor que transforma la vida. Ahora bien, esta “historia” demanda ser más compartida por nosotros Xaverianos, que a veces presentamos un aire infeliz de huérfanos, desarraigados, sin padre, cada uno fundador de sí mismo. Esta “historia” reclama ser más contada, narrada, “hecha vida en todo tiempo”, en todo lugar donde estamos presentes con nuestras actividades, “con todos los lenguajes, y por todos medios”.

Y aquí, los instrumentos digitales, paradójicamente, pueden favorecer la “narración” del Fundador, arraigando en la memoria de las nuevas generaciones xaverianas imágenes, relatos, verdaderamente capaces de hacer pasar página en la ardua transmisión intergeneracional e intercultural del precioso legado del Fundador. “No se trata – dice aún el Mensaje del Papa - de seguir la lógica del storytelling, ni de hacer o hacerse publicidad, sino de rememorar lo que somos a los ojos de Dios, de dar testimonio de lo que el Espíritu escribe en los corazones”. Juntamente al legado carismático del Fundador, no podemos olvidar – más bien debemos “re-cordar”, “llevar al corazón” – las “buenas historias” de cohermanos que, en estos 125 años de vida xaveriana, han edificado y no destruido; han ayudado “a reencontrar las raíces y la fuerza para avanzar juntos” como Familia misionera, haciéndonos sentir “parte de un tejido vivo”, que revela "el entretejido de los hilos con los que estamos unidos unos con otros”.

Concluyo parafraseando el subtítulo del Mensaje del Papa Francisco: sólo si la misión se hace historia, seremos capaces de narrarla – transmitirla – a las nuevas generaciones. ¡Buena Jornada Mundial de las Comunicaciones Sociales!

MENSAJE DEL SANTO PADRE FRANCISCO
PARA LA 54 JORNADA MUNDIAL
DE LAS COMUNICACIONES SOCIALES

Para que puedas contar y grabar en la memoria (cf. Ex 10,2)
La vida se hace historia


Français

Missionnaires narrateurs d’histoires

En marge au Message du pape François pour la 54ème JMCS

Je m’inspire, dans ma réflexion, du titre du Message du pape : « Afin que tu puisses raconter et fixer dans la mémoire » (Ex 10, 2). Ce message, en effet, contient in nuce tout le thème du récit auquel est consacré le Message pour la 54ème Journée mondiale des communications sociales (24 mai 2020). Je vais essayer de le décliner pour nous xavériens – appelés à « raconter » à tous le « Récit des récits » avec comme centre ce Crucifix, qui, d’accord avec l’héritage spirituel de notre Fondateur, nous devrions avoir fixé dans notre mémoire dès les premières années de la formation xavérienne –, sur au moins trois perspectives, parmi celles suggérées par le Message de François. Tout d’abord, la perspective anthropologique, qui renvoie à notre réalité humaine : nous sommes des êtres narrateurs – affirme le pape –, tissés des récits ; en second lieu, celle biblique-théologique, c’est-à-dire de l’histoire du salut, qui nous rappelle notre identité chrétienne, à une époque de confusion babélique « des voix et des messages »; enfin, celle plus rigoureusement xavérienne, qui fait référence à notre charisme spécifique et à notre petite – mais non insignifiante – histoire missionnaire : 125 ans (1895-2020).

La perspective anthropologique. « Dès notre plus jeune âge, nous avons faim de récits comme nous avons faim de nourriture. Qu'ils soient sous forme de fables, de romans, de films, de chansons, de nouvelles ... les récits affectent nos vies, même si nous n’en sommes pas conscients ». On lit ainsi dans les premières lignes du Message et je crois qu’il est difficile de démentir la vérité de cette déclaration, même en ce qui nous concerne en tant que xavériens. Qui d’entre nous, en effet, quel que soit le contexte géographique ou culturel d’origine, peut contester avoir été alimenté, nourri, dès l’enfance – mais aussi à l’adolescence et dans la jeunesse –, par des « récits » racontées par les parents, par les éducateurs ou les enseignants aux différents niveaux et grades scolaires ? Raconter et se raconter est un élément anthropologique – et pédagogique – universel. Peut-être avons-nous aussi décidé ce que nous devions dans l’avenir « sur base des personnages et des récits que nous avons assimilés ». Notre vocation missionnaire n’est-elle pas née d’un récit, d’une vie devenue « récit », d’une immersion dans un récit « héroïque », qui ont fini par peser de manière déterminante sur la balance de notre option existentielle ? Aujourd’hui, les narrations sont à la mode. Tout le monde raconte, ébauche des histoires sur les nouveaux « cadres » informatiques, numériques. Le réseau est plein de « récits » qui nous capturent et souvent nous séduisent aussi. Mais tous ne sont pas bons, prévient le Pape François : « Combien de récits nous intoxiquent, en nous persuadant que, pour être heureux, nous aurions constamment besoin d'avoir, de posséder, de consommer. Nous ne réalisons pratiquement pas à quel point nous devenons avides de tapages et de commérages ; nous consommons tant de violence et de fausseté ». Pour cela, il y a besoin, même dans une maison xavérienne, de patience et de discernement pour redécouvrir des « récits » qui transforment. Pour retrouver une narration humaine, « qui nous parle de nous et du beau qui nous habite », comme chrétiens et comme xavériens, nous avons besoin de nous ré-immerger avant tout dans « Récit des récits », mais aussi dans « le récit » de notre Fondateur et de la Famille xavérienne.

La perspective biblique-théologique. « À une époque où la falsification devient de plus en plus sophistiquée, atteignant des niveaux exponentiels (le deep-fake) », nous aussi xavériens avons besoin – d’accord avec le Message du pape – de sagesse « pour accueillir et créer de beaux, de vrais et de bons récits », du courage « pour repousser ceux qui sont faux et mauvais», de patience et de discernement « pour redécouvrir des récits qui nous aident à ne pas perdre le fil au milieu des nombreuses afflictions d'aujourd'hui ; des récits qui remettent en lumière la vérité de ce que nous sommes, jusque dans l'héroïsme ignoré de la vie quotidienne ». Le premier « récit » à redécouvrir, aussi de la part de nos communautés xavériennes, afin qu’elles redeviennent des milieux vitaux de narration, est le « Récit des récits », avec Jésus au centre. Il ne s’agit pas de redécouvrir « un patrimoine du passé », mais « un récit qui se renouvelle », de génération en génération, toujours actuelle. Il n’y a pas d’avenir – ni pour l’Eglise ni pour les xavériens – sans un enracinement renouvelé et constant dans ce « Récit des récits », qui nous aide à comprendre que la mémoire ne doit pas être considérée comme un « corps statique », mais plutôt comme une « réalité dynamique », performative. Ainsi, à travers la mémoire – « faites ceci en mémoire de moi » – se réalise la transmission des récits, d’espoirs, de rêves et d’expériences d’une génération à l’autre. Le Pape François nous le rappelle chaque fois qu’il cite les saints, les martyrs et la « grande richesse offerte par les témoignages de leurs vies ».

La perspective xavérienne. Le grand récit d’amour entre Dieu et l’humanité, qui a pour centre Jésus, s’est renouvelé, pour nous xavériens, dans le « récit » du Fondateur. L’Esprit du Dieu vivant – selon Paul (2Co 3,3) – écrit aussi sur des tables de chair. L’amour de Dieu écrit aussi en nous, dans nos cœurs. C’est pourquoi chaque « histoire », même celle de notre Fondateur, peut devenir inspirée, peut se transformer en un chef-d’œuvre de la grâce de Dieu, « en devenant un prolongement de l'Évangile ». Sans doute même « l’histoire » de Guido M. Conforti a l’odeur de l’Evangile, témoigne de l’Amour qui transforme la vie. Eh bien cette « histoire » réclame d’être plus partagée par nous xavériens, qui avons parfois l’air malheureux d’orphelins, déracinés, sans père, chacun fondateur pour lui-même. Cette « histoire » réclame d’être plus racontée, relatée, « vécue en tout temps », en dans tous les lieux où nous sommes présents avec nos activités, « avec tous les langages, avec tous les moyens ». Et ici les instruments numériques, paradoxalement, peuvent favoriser la « narration » du Fondateur, en fixant dans la mémoire des nouvelles générations xavériennes des images, des récits, vraiment capables de tourner la page dans la difficile transmission intergénérationnelle et interculturelle du précieux héritage du Fondateur. « Il ne s’agit pas – récite encore le Message du pape – de poursuivre la logique du storytelling, ni de faire ou de se faire de la publicité, mais de se souvenir de ce que nous sommes aux yeux de Dieu, de témoigner de ce que l'Esprit écrit dans les cœurs ». En plus de l’héritage charismatique du Fondateur, nous ne pouvons pas oublier – bien plus nous devons « faire mémoire », « porter au cœur » – les « bons récits » de confrères, qui, en ces 125 ans de vie xavérienne, ont édifié et non détruit ; ils ont aidé « à retrouver les racines et la force pour aller de l’avant ensemble » comme Famille missionnaire, en nous faisant sentir « partie d’un tissu vivant », qui révèle « l’entrelacement des fils avec lesquels nous sommes reliés les uns aux autres ». Je conclus en paraphrasant le sous-titre du Message du pape François : c’est seulement si la mission se fait histoire que nous serons en mesure de la raconter – la transmettre – aux nouvelles générations. Bonne Journée mondiale des communications sociales !

MESSAGE DU PAPE FRANÇOIS
POUR LA 54e JOURNÉE MONDIALE
DES COMMUNICATIONS SOCIALES

« Afin que tu puisses raconter à ton fils et au fils de ton fils » (Ex. 10, 2).
La vie se fait Histoire.

Mario Menin
21 May 2020
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