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Percorsi personalizzati

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Percorsi personalizzati nei seminari. Tra realtà e finzione

È compito della nostra Famiglia missionaria offrire le condizioni pratiche affinché i giovani vivano il tempo della formazione vivendo il più possibile la vita missionaria concretamenteevitando di ridurre la formazione a semplice trasmissione d’informazione. Una maggiore diversificazione – personalizzazione dei processi formativi permetterebbe all’individuo di ricostruire il suo mondo interiore, domande, punti di riferimento attraverso un vero metodo di discernimento che lo abiliti a verificare le sue motivazioni vocazionali nella realtà e non nei suoi sogni. 

Ciò che si è chiamato fine degli automatismi si riferisce concretamente all’esigenza di “staccare” le tappe formative dagli automatismi accademici, come indicato anche dalla Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis del 2016, n.58«…Il raggiungimento dei traguardi formativi non deve essere necessariamente legato al tempo trascorso in Seminario e soprattutto agli studi compiuti. Non si deve, cioè, arrivare al sacerdozio solo in ragione del susseguirsi di tappe poste in successione cronologica e stabilite in precedenza, quasi “automaticamente”, indipendentemente dai progressi effettivamente compiuti in una complessiva maturazione integrale…».

L’intervento che proponiamo vuole rispondere a questa domanda: cosa significa che il percorso formativo deve essere personalizzato? Anche se ci si riferisce soprattutto all'esperienza dei seminari in Italia, l’articolo offre a tutti importanti elementi per i fondamenti di un percorso formativo personalizzato. L’autore pone a confronto due modelli: modello dell’adeguamento e modello intersoggettivo. Cambiano i tempi, cambiano i giovani e si prende atto che sono molto diversi rispetto al passato e tra di loro. La sintesi vitale tra la propria storia personale e le esigenze oggettive della vocazione missionaria e sacerdotale sarà diversa per ciascuno dei candidati e sicuramente diversa da quella realizzata in passato. 

Concludendo, Don Rinaldi incoraggia i formatori alla pratica del modello intersoggettivo, pur non nascondendone le difficoltà, le paure e ansie che singoli e le stesse istituzioni cercano di evitare. Quelli che si incamminano sulla strada dell’intersoggettività «si ritrovano dapprima con problemi di ordine pratico, poi con domande di senso che se da un lato creano non pochi grattacapi sia a livello personale che nel confronto con gli altri presbiteri, dall’altro si dimostrano essere l’occasione preziosa, di grazia, con cui il Signore si fa trovare oggi all’interno del loro ministero».

CONTENUTO

  1. Due modelli a confronto
    1. Modello dell’adeguamento
    2. Modello intersoggettivo
  2. Il costo dell’intersoggettività
  3. Un diverso livello di disponibilità alla relazione
  4. Un problema spirituale

L’autore, Don Fabrizio Rinaldi, presbitero della diocesi di Modena, è attualmente docente di Teologia sistematica presso la Pontificia Università Gregoriana, nonché all’Istituto Superiore di Scienze religiose di Modena, dove ricopre anche l’incarico di Direttore.

Questo articolo è stato pubblicato in: Tredimensioni Vol. XII, (01/2015), pp. 75-79

Fabrizio Rinaldi
07 Junio 2022
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