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I Capitoli come un nuovo inizio

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Come configurare un Capitolo “contemporaneo”

Bisogna celebrare dei Capitoli che offrano un “progetto globale”, “mondiale” per tutto l’Istituto. Per questo occorre una autentica “sinodalità”, “contando” su tutti. La cosa più importante in questo momento storico, non sta nel risolvere problemi, ma nel determinare una nuova partenza. Per questo occorre studio e preparazione.

In molti istituti religiosi in questo periodo dell’anno è tempo di Capitoli, generali e provinciali. Non si tratta di celebrazioni di routine, ma – come ha scritto il teologo José Cristo Rey Paredes, cmf, in un opuscolo - supplemento della rivista di vita consacrata spagnola Vida Religiosa, - «i Capitoli sono un tempo in cui i rappresentanti di tutto l’istituto si riuniscono per dedicarsi al discernimento spirituale comunitario, sinodale circa lo stato dell’Ordine, della congregazione o famiglia carismatica e per elaborare un progetto di missione e di vita peri prossimi anni». Ma, sottolinea Paredes «senza studio e preparazione, i Capitoli dicono delle banalità, fanno delle proposte generiche e senza energia trasformatrice, ripetono ciò che altri hanno fatto. Siamo stanchi di ripetere ciò che altri dicono, senza che niente cambi. Non basta organizzare l’evento. Bisogna fare di esso “un nuovo inizio” che offra un “progetto globale”, “mondiale” per tutto l’istituto. Per questo richiede una autentica “sinodalità”: “contando” su tutti. La cosa più importante in un Capitolo in questo momento storico che viviamo, non è risolvere problemi, ma determinare un nuovo inizio». Di qui l’interrogativo: Come configurare un Capitolo generale contemporaneo? È il titolo di un capitolo dell’opuscolo che qui riprendiamo.

La domanda

Oggi, – scrive Paredes – all’inizio del terzo decennio del XXI secolo, ci chiediamo come configurare un Capitolo che susciti questa domanda posta da varie circostanze. Da una parte, la società occidentale - sempre più secolarizzata – ci obbliga a riconsiderare come configurare il nostro contributo carismatico alla missione della Chiesa e come essere testimoni del vangelo oggi. Dall’altra, costatiamo che la nostra forma di vita e di ministero non è più attraente e significativa per le nuove generazioni, e ciò si traduce in una diminuzione numerica e in un forte invecchiamento dei nostri istituti e delle nostre comunità.[1] Di fronte a questa situazione nei paesi dell’Occidente siamo portati non solo a rivedere le nostre postazioni apostoliche, ma anche ad abbandonare una dopo l’altra non poche di esse, soprattutto nei paesi dell’Occidente. Il nostro contributo alla società è sempre più limitato anche ricorrendo ai laici che non solo collaborano con noi ma che stanno progressivamente assumendo la direzione dei nostri centri e delle nostre opere. Su questa strada, diventiamo sempre più estranei alla società occidentale e molti si chiedono persino la ragione d’essere di questa vita consacrata. Nei paesi e nelle società, soprattutto dell’Africa, Asia e Pacifico, la vita consacrata – nelle sue diverse forme – trova accoglienza e ha un volto giovane e anche maturo. Da questa vita consacrata ci si attende la nostra sopravvivenza come istituti e che si renda responsabile di nuovi orizzonti di missione e di vita. Il suo contributo in un Capitolo generale o provinciale diventa sempre più importante. La formazione e i processi formativi richiesti per queste generazioni devono occupare uno spazio decisivo nei Capitoli.

Le sfide che l’umanità affronta e la nostra biodiversità carismatica

Davanti alle sfide che l’umanità e i suoi diversi Paesi devono affrontare – già nel terzo decennio del XXI secolo – e che con chiaroveggenza e determinazione le persone sagge e le istituzioni inquiete mettono in risalto sul piano mondiale, ci chiediamo:

  • siamo consapevoli di ciò?
  • Questa consapevolezza, influisce sulla configurazione del nostro servizio missionario, sulla nostra forma di vita e di testimonianza, sul costituirsi delle nostre presenze e comunità?
  • Quale può essere il nostro contributo carismatico alla missione della Chiesa che – nel pontificato di papa Francesco – si è orientata sulla linea della conversione pastorale e missionaria, la conversione a un’ecologia integrale e la conversione a una nuova fraternità e sororità nella casa comune superando le frontiere e giungendo fino alle periferie?
  • Davanti alla biodiversità degli istituti di vita consacrata, non ha senso la fotocopia, l’imitazione. Ci sono tra noi ordini antichi, vita religiosa-conventuale, istituti apostolici, istituti laicali, clericali, maschili e femminili, istituti secolari, nuove forme di vita consacrata che includono anche laici sposati e ministri ordinati. Ci sono anche famiglie carismatiche.... Ogni istituto deve reinventare come collocarsi “in modo capitolare” e come attuarlo.
  • Dove collocare il prossimo capitolo generale? da dove e verso dove?
  • È opportuno rivedere il nostro percorso postconciliare. Dal Vaticano II fino ad oggi, inizio del terzo decennio del secolo XXI, sono passati 55 o 56 anni. Sembra poco, invece è molto.

Non si tratta solo di un numero, ma di un tempo in cui sono avvenuti cambiamenti impressionanti e in certa misura inimmaginabili. Basta dare uno sguardo ai parlamenti nazionali e vedere quali problemi vengono trattati, la direzione verso cui si orienta la politica mondiale e locale. Basta entrare nelle nostre università o nei centri educativi e rendersi conto di quali discipline si studiano e in quali prospettive. Basta confrontare i mezzi di comunicazione della fine del secolo scorso con quelli di questi due decenni per scoprire dei cambiamenti spettacolari. Anche i nostri Capitoli generali hanno cercato di rispondere alle sfide contemporanee del momento in cui si celebravano. Per questa ragione possiamo distinguere quattro fasi precedenti, mentre quella attuale potrebbe essere definita la “quinta fase”.

Dopo il concilio Vaticano II: aggiornamento e ritorno alle fonti

I Capitoli generali che si sono celebrati subito dopo il Concilio Vaticano II si erano posti come obiettivo: il rinnovamento e l’adattamento. E ispirarono i documenti conciliari, in particolare la Costituzione Lumen Gentium, il decreto Perfectae caritatis e, successivamente, la Lettera apostolica di Paolo VI Ecclesiae sanctae. Quei Capitoli generali hanno cercato di collocare la loro vita consacrata nella Chiesa; hanno rinnovato i testi delle Costituzioni e dei Direttori in base alle direttive conciliari. Il risultato fu un vivo desiderio di fare del Vangelo la norma suprema, di recuperare con chiarezza i tratti carismatici trasmessi dai fondatori/fondatrici, di introdurre una visione teologica dei consigli evangelici, di rinnovare profondamente la vita comunitaria e di configurare il contributo ministeriale e carismatico di ciascun istituto alla missione unica della Chiesa.

Dopo la Evangelica testificatio: carisma, povertà, testimonianza

I Capitoli generali della “seconda fase” ebbero come prospettiva e incentivo nel loro processo di rinnovamento l’Esortazione Apostolica di Paolo VI Evangelica testificatio. Fu in essi che si presero serie decisioni riguardo alla chiarificazione e allo studio del carisma con lo studio della vita dei fondatori, si approfondì la dimensione di segno e di testimonianza della vita consacrata e della povertà considerata anche come lavoro.

Dopo la Evangelii Nuntiandi: missione carismatica

I Capitoli generali della “terza fase” ebbero come prospettiva quella proposta dall’esortazione del Sinodo sull’ evangelizzazione e l’Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi. Questa conteneva un impulso affinché ogni istituto trovasse il suo posto all’interno di un grande progetto ecclesiale di evangelizzazione e si favorisse un modello di comunità inserita negli ambienti popolari ed evangelizzatrice con una chiara opzione per i più poveri. Nei Capitoli di queste prime fasi, furono approvati ad experimentum, e forse definitivamente, i testi costituzionali rinnovati.

I due decenni 1990 - 2010: Vita consecrata e Passione per Cristo, passione per l’umanità

Il duplice decennio 1990-2010 costituì la fase in cui non pochi Capitoli generali si ispirarono a un testo biblico o carismatico e ad un’icona: svilupparono un tema di particolare importanza, in base al quale affrontarono i principali argomenti che interessavano l’istituto. Il metodo adottato era di solito: la percezione della realtà in base alla fede e al carisma, il suo discernimento, priorità e proposte. Si cercò di generare una “mistica” collettiva che orientasse tutto l’istituto nella medesima direzione. La vita consacrata si trova oggi in un momento “decisivo”, specialmente nei paesi più tradizionalmente cristiani. È questione di vita o di morte. E questo si ripercuoterà in tutto l’istituto. Si tratta della quinta fase.

Il nuovo contesto della “quinta fase”

Questa fase è caratterizzata da fatti nuovi e imprevisti che ci spiazzano e a cui non possiamo offrire le risposte di sempre. Seguendo il consiglio di Gesù, i nuovi Capitoli dovrebbero “mettere la mano all’aratro, senza voltarsi indietro” e dovrebbero “lasciare che i morti seppelliscano i loro morti”. Questo si può interpretare come una richiesta ad essere decisi e non perdere troppo tempo a dibattere ciò che sta concludendo il suo ciclo vitale e sta perdendo progressivamente la sua ragion d’essere! Ora la cosa urgente e necessaria è rispondere carismaticamente a ciò che il “nuovo tempo” ci chiede come persone, comunità e istituto. È alle nuove sfide che dobbiamo volgere tutta la nostra attenzione e investire – con fantasia e accortezza – tutte le nostre risorse e le persone disponibili. Anche le persone più anziane possono essere coinvolte in una nuova nascita carismatica (come Anna e Simeone, Elisabetta e Zaccaria!).

Le grandi sfide

I prossimi Capitoli generali e provinciali devono rispondere – a mio modesto parere – almeno alle seguenti grandi sfide:

1.  Anzitutto agli effetti dell’epidemia del Covid-19 con una “nuova normalità”.

2.  Un po’ più a lungo termine, ai 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’ONU per il 2030 con un nuovo progetto di missione carismatica in una Chiesa impegnata perla fraternità-sororità universale e la casa o l’ecologia.

3.  E più ancora a lungo termine prepararsi ad essere una vita consacrata significativa e profetica in una società della tecnologia e dell’internet delle cose.

L’esperienza vissuta nella pandemia sta già cambiando la nostra vita personale, comunitaria e la nostra attività apostolica. Ci ha obbligati a relativizzare i nostri programmi, orari, presenze, viaggi, spazi formativi e momenti di spiritualità. Sarebbe poco formativo e saggio tornare alla situazione di prima – una volta che tutto è passato – tornare alla “vecchia normalità”. Non dovranno i nostri Capitoli suggerire la prassi e le caratteristiche di una “nuova normalitàe mostrare le loro ripercussioni in tutti gli aspetti della nostra vita?

Consapevole del suo ruolo nell’umanità, l’Organizzazione delle Nazioni Unite si è posta nel 2015 un serio programma per l’anno 2030: e questo programma consiste nel realizzare i 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile che rispondano  a  problemi  e  situazioni  che  possono portare al caos l’umanità e il nostro pianeta.[2] Anche la Chiesa cattolica, con il magistero pontificio si sente chiamata a operare  su  questa  linea  chiedendoci  una  conversione pastorale-missionaria, ecologica e un impegno serio e attivo con la fraternità-sororità mondiale.[3]

Non sarà  forse  giunto  il momento in cui i nostri Capitoli generali e provinciali, riflettano seriamente come includere nel loro progetto di missione carismatico queste linee di azione mondiali ed ecclesiali in sintonia con la loro specificità carismatica (spiritualità,  educazione,  sanità,  emarginazione, immigrazione, dignità della persona, cura del creato, politica di fraternità e sororità, economia  solidale  ecc.)?  Come  si  pongono  i  nostri istituti di fronte alle tre conversioni che il Magistero ci chiede: la conversione pastorale e missionaria, la conversione ecologica e la  conversione  alla  fraternità-sororità senza frontiere?

Stiamo già entrando nel “posdomani”, in un mondo verso il quale  ci spinge la scienza, la  tecnologia, il mondo digitale, l’uso dell’intelligenza artificiale, i big data. E ci chiediamo: come sarà l’umanità nel 2050. Coloro che sono nati oggi avranno l’età di 30 anni. I bambini  battezzati ora saranno i cristiani giovani-adulti  del  2050. Fiorirà in essi la vita cristiana, la vocazione alla vita consacrata e missionaria dei nostri istituti?

Le profonde trasformazioni del mondo che avverranno nei prossimi anni saranno conseguenza dei progressi della scienza, tecnologia, mondo digitale, intelligenza artificiale. Sarà necessario ripensare il progetto umano; si sentirà la necessità di una nuova conoscenza filosofica e di  elaborare nuove idee. Non sarà forse lo stesso anche nella teologia, nell’etica, nella  spiritualità?  Il  cosiddetto  transumanesimo  sta  già  bussando alle  nostre porte. Con esso ci vengono promesse: una medicina alternativa, una psicologia controllabile, e con questo forse uno spostamento dell’esperienza religiosa. 

Potranno i nostri Capitoli generali e provinciali considerare in certa maniera come stare e operare in un mondo che sta giungendo fino a noi? Dove possiamo già cominciare a collocarci? Saranno abitabili e significative le nostre comunità e istituzioni per le nuove generazioni di oggi per il domani?

Il futuro e l’avvenire

Il “futuro” ci appartiene. Siamo esseri umani che programmano, e conosciamo le nostre capacità e i limiti per progettare un mondo migliore. Ma c’è sempre qualcosa che ci sfugge.  Jacques Derrida lo chiama l’avvenire o l’“a-venire”…  

Jürgen Moltmann lo chiama adventus. Zizek, l’”evento”. Ma l’adventus, l’evento e l’a-venire non dipendono da noi. È il “futuro emergente” che non procede da noi in avanti, ma che “ci viene dato”, è inaspettato, ed è anche concesso come grazia alle attese del cuore umano.

Ma un Capitolo generale di persone che credono nel Dio della storia, non può rimanere chiuso nel “nostro futuro”. Bisogna credere nel miracolo dell’evento, dell’a-venire, dell’avvento. E questo si deve esprimere, chiedere, celebrare in anticipo. Pertanto, non bisogna privare alcun Capitolo generale o provinciale di sogni utopistici, di desideri che  superano ogni capacità. Sognando l’impossibile si giunge al prevedibile.

I dilemmi

La soluzione sarà creare una comunità globale che salvaguardi la libertà e l’uguaglianza congregazionale? Oppure la soluzione sarà abilitare le bioregioni congregazionali e fare in modo  che si trasformino in cellule di vita? O dovremo retrocedere nel tempo e trarre speranza e sapienza dalle fonti delle nostre antiche tradizioni religiose? Ogni istituto ha “la sua storia carismatica”. 

Le storie antiche stanno crollando, ma al momento sono sorte nuove storie per sostituirle? L’antica ritualità e apparenza esterna è venuta meno (via l’abito, via abitazioni conventuali, via la ritualità interiore!), ma è sorta una nuova ritualità? O forse i nostri istituti possono vivere senza ritualità, quale sarà allora la forza che ci mantiene comunità e comunità visibile e attraente? La pandemia ci induce a interrogarci sul significato della vita. In pochi istanti possiamo rimanere contagiati, gravemente contagiati e morire nel più assoluto isolamento. Oggi dobbiamo prendere decisioni veloci, decidere come utilizzare il potere per dare significato alla nostra vita.

JOSÉ CRISTO REY GARCÍA PAREDES, cmf

 

[1] Il papa emerito Benedetto XVI disse che la crisi spirituale dell’Occidente è la più grave dalla caduta dell’Impero Romano che avvenne verso la fine del V secolo. La luce del cristianesimo si sta spegnendo in tutto l’Occidente. Viviamo in una cultura in cui le nostre convinzioni di fede hanno sempre meno significato. 

[2] Obiettivi che hanno che vedere con l’eliminazione della povertà, della fame, della discriminazione delle donne, la cura del pianeta come ogni forma di inquinamento, desertificazione, spreco delle risorse naturali. Obiettivi che richiedono cambiamenti profondi nel modello economico, sociale, politico, tecnologico.

[3] Gli uni da una linea conservatrice e confessionale (Giovanni Paolo II, Benedetto XVI) e il papa Francesco da una linea più liberale e inclusiva. Soprattutto questo pontificato è caratterizzato da tre momenti decisivi: l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, e le encicliche Laudato si’ e recentemente Fratelli tutti con cui papa Francesco è entrato pienamente nel dibattito contemporaneo sul pianeta, la casa comune e la fraternità fra tutti i popoli e la famiglia umana.


Les Chapitres comme un nouveau commencement

Comment configurer un Chapitre "contemporain".

Il faut célébrer des Chapitres qui proposent un projet "global", "mondial" pour tout l’Institut. Pour cela, il faut une authentique "synodalité", "comptant" sur tous. La chose la plus importante en ce moment historique n’est pas de résoudre des problèmes, mais de déterminer un nouveau départ. Pour cela, nous avons besoin d’études et de préparation.

Dans de nombreux instituts religieux, à cette période de l’année, c’est le temps des Chapitres généraux et provinciaux. Ce ne sont pas des célébrations de routine, mais - comme l’a écrit le théologien José Cristo Rey Paredes, cmf dans une brochure/supplément à la revue espagnole de vie consacrée Vida Religiosa, - "Les chapitres sont un moment où les représentants de tout l’institut se réunissent pour se consacrer au discernement spirituel communautaire et synodal sur l’état de l’Ordre, de la congrégation ou de la famille charismatique et à l’élaboration d’un projet de mission et de vie pour les prochaines années ». Mais, souligne Paredes,

« sans étude ni préparation, les Chapitres parlent de banalités, ils font des propositions génériques et sans transformer d’énergie, ils répètent ce que d’autres ont fait. Nous en avons assez de répéter ce que disent les autres, sans rien changer. Il ne suffit pas d’organiser l’événement. Il faut en faire un "nouveau départ" qui propose un projet "global", "mondial" pour tout l’institut. Pour cela, il faut une authentique "synodalité" : "compter" sur chacun. La chose la plus importante dans un Chapitre en ce moment historique que nous vivons n’est pas de résoudre des problèmes, mais de déterminer un nouveau départ ».

D’où la question : Comment configurer un Chapitre général contemporain ? C’est le titre d’un chapitre de cette brochure-là, que nous reprenons ici.

La question

Aujourd’hui, - écrit Paredes - au début de la troisième décennie du XXIe siècle, nous nous demandons comment configurer un Chapitre qui soulève cette question posée par diverses circonstances.

D’une part, la société occidentale - de plus en plus sécularisée - nous oblige à reconsidérer comment configurer notre contribution charismatique à la mission de l’Église et comment être des témoins de l’Évangile aujourd’hui.

D’autre part, nous constatons que notre forme de vie et de ministère n’est plus attractive et significative pour les nouvelles générations, et cela se traduit par une diminution numérique et un fort vieillissement de nos instituts et de nos communautés[1]. Cette situation dans les pays de l’Occident nous amène non seulement à revoir nos postes apostoliques, mais aussi à en abandonner pas mal, les uns après les autres, surtout dans les pays d’Occident. Notre contribution à la société est de plus en plus limitée aussi par le recours aux laïcs qui non seulement collaborent avec nous mais qui prennent peu à peu la direction de nos centres et de nos œuvres. Sur ce chemin, nous devenons de plus en plus étrangers à la société occidentale et beaucoup se demandent même la raison d’être de cette vie consacrée.

Dans les Pays et les sociétés, surtout en Afrique, en Asie et dans le Pacifique, la vie consacrée - sous ses diverses formes - trouve son adhésion et a un visage jeune et même mûr. De cette vie consacrée, nous attendons notre survie en tant qu’instituts et d’être responsables de nouveaux horizons de mission et de vie. Sa contribution dans un Chapitre général ou provincial devient de plus en plus importante. La formation et les processus de formation requis pour ces générations doivent occuper une place décisive dans les Chapitres.

Les défis auxquels l’humanité est confrontée et notre biodiversité charismatique

Face aux défis auxquels l’humanité et ses différents Pays doivent faire face - déjà dans la troisième décennie du XXIe siècle - et que les sages et les institutions agitées mettent en lumière avec clairvoyance et détermination au niveau mondial, nous nous demandons :

  • en sommes-nous conscients ?
  • Cette prise de conscience affecte-t-elle la configuration de notre service missionnaire, notre forme de vie et de témoignage, l’établissement de nos présences et communautés ?
  • Quelle peut être notre contribution charismatique à la mission de l’Église qui, dans le pontificat du Pape François, s’est orientée sur la ligne de la conversion pastorale et missionnaire, la conversion à une écologie intégrale et la conversion à une nouvelle fraternité et sororité dans la maison commune en traversant les frontières jusqu’à atteindre les périphéries ?
  • Face à la biodiversité des instituts de vie consacrée, la photocopie, l’imitation n’a aucun sens. Parmi nous, il y a des ordres anciens, de vie religieuse conventuelle, des instituts apostoliques, des instituts laïcs, cléricaux, masculins et féminins, des instituts séculiers, de nouvelles formes de vie consacrée qui incluent aussi des laïcs mariés et des ministres ordonnés. Il y a aussi des familles charismatiques.... Chaque institut doit réinventer comment se placer "de manière capitulaire" et comment le mettre en œuvre.
  • Où placer le prochain Chapitre général ? d’où et vers où ?
  • Il convient de revoir notre parcours postconciliaire : de Vatican II à aujourd’hui, début de la troisième décennie du XXIe siècle, 55 ou 56 ans se sont écoulés. Cela semble peu, mais c’est beaucoup.

Ce n’est pas seulement un chiffre, mais une période au cours de laquelle des changements impressionnants et, d’une certaine mesure, inimaginables se sont produits. Il suffit de jeter un coup d’œil aux parlements nationaux et de voir quels problèmes sont traités, dans quelle direction s’oriente la politique mondiale et locale. Il suffit d’entrer dans nos universités ou centres d’enseignement et de se rendre compte quelles disciplines sont étudiées et dans quelles perspectives. Il suffit de comparer les moyens de communication de la fin du siècle dernier avec ceux de ces deux décennies pour découvrir des changements spectaculaires.

Nos Chapitres généraux ont également essayé de répondre aux défis contemporains du moment où ils ont été célébrés. Pour cette raison, nous pouvons distinguer quatre phases précédentes, tandis que l’actuelle pourrait être définie comme la "cinquième phase".

Après le Concile Vatican II : mise à jour et retour aux sources

Les Chapitres généraux qui ont eu lieu immédiatement après le Concile Vatican II s’étaient donnés pour objectif : le renouveau et l’adaptation. Et ils ont inspiré les documents conciliaires, en particulier la Constitution Lumen Gentium, le décret Perfectae caritatis et, par la suite, la Lettre apostolique de Paul VI Ecclesiae sanctae. Ces Chapitres Généraux essayaient de placer leur vie consacrée dans l’Église ; ils ont renouvelé les textes des Constitutions et Directoires sur la base des directives conciliaires. Il en est résulté un vif désir de faire de l’Évangile la norme suprême, de retrouver clairement les traits charismatiques transmis par les fondateurs, d’introduire une vision théologique des conseils évangéliques, de renouveler en profondeur la vie communautaire et de configurer l’apport ministériel et charismatique de chacun institut à la mission unique de l’Église.

Après l’Evangelica testificatio : charisme, pauvreté, témoignage

Les Chapitres généraux de la "deuxième phase" ont eu l’Exhortation apostolique de Paul VI Evangelica testificatio comme perspective et incitation dans leur processus de renouvellement. C’est en eux que des décisions sérieuses ont été prises concernant la clarification et l’étude du charisme avec l’étude de la vie des fondateurs, la dimension de signe et de témoignage de la vie consacrée et de la pauvreté également considérée comme "travail concret" a été approfondie.

Après Evangelii Nuntiandi : mission charismatique

Les Chapitres Généraux de la "troisième phase" avaient la perspective proposée par l’exhortation du Synode sur l’évangélisation et l’exhortation apostolique Evangelii Nuntiandi. Cela contenait une impulsion pour que chaque institut trouve sa place dans un grand projet ecclésial d’évangélisation et favorise un modèle de communauté inséré dans des milieux populaires et évangélisateurs avec une option claire pour les plus pauvres. Dans les Chapitres de ces premières phases, les textes constitutionnels renouvelés ont été approuvés ad experimentum, et peut-être définitivement.

Les deux décennies 1990 - 2010 : Vita consecrata et Passion pour le Christ, passion pour l’humanité

La double décennie 1990-2010 a été la phase où de nombreux Chapitres généraux se sont inspirés d’un texte biblique ou charismatique et d’une icône : ils ont développé un thème d’une importance particulière, sur la base desquelles ils ont abordé les principaux sujets qui intéressaient l’institut. La méthode adoptée était généralement : la perception de la réalité à partir de la foi et du charisme, son discernement, ses priorités et ses propositions. Une tentative a été faite pour générer une "mystique" collective qui orienterait tout l’institut dans la même direction. La vie consacrée se trouve aujourd’hui dans un moment "décisif", surtout dans les pays plus traditionnellement chrétiens. C’est une question de vie ou de mort. Et cela aura des répercussions dans tout l’institut. C’est la cinquième phase.

Le nouveau contexte de la « cinquième phase »

Cette phase est caractérisée par des faits nouveaux et inattendus qui nous prennent au dépourvu et auxquels nous ne pouvons apporter les réponses habituelles. Suivant le conseil de Jésus, les nouveaux Chapitres devraient "mettre la main à la charrue, sans regarder en arrière" et devraient "laisser les morts enterrer leurs morts". Cela peut être interprété comme une demande à déterminer et à ne pas perdre trop de temps à débattre de ce qui termine son cycle de vie et perd peu à peu sa raison d’être ! Maintenant, l’urgent et le nécessaire est de répondre avec charisme à ce que le « temps nouveau » nous demande en tant que personnes, communautés et instituts. C’est vers les nouveaux défis que nous devons porter toute notre attention et investir - avec imagination et prévoyance - toutes nos ressources et nos hommes disponibles. Même les personnes plus âgées peuvent être impliquées dans une nouvelle naissance charismatique (comme Anne et Siméon, Elisabeth et Zacharie !).

Les grands défis

Les prochains Chapitres généraux et provinciaux doivent répondre - à mon humble avis - au moins aux grands défis suivants :

1. Tout d’abord, aux effets de l’épidémie de Covid-19 avec une "nouvelle normalité" ;

2. À un peu plus long terme, aux 17 objectifs de développement durable de l’ONU pour 2030 avec un nouveau projet de mission charismatique dans une Église engagée pour la fraternité-sororité universelle et la maison commune ou l’écologie ;

3. Et encore plus à long terme, se préparer à être une vie consacrée significative et prophétique dans une société de la technologie et de l’internet des choses.

L’expérience vécue dans la pandémie change déjà notre vie personnelle et communautaire et notre activité apostolique. Cela nous a obligés à relativiser nos programmes, nos horaires, notre fréquentation, nos déplacements, nos espaces de formation et nos moments de spiritualité. Il serait peu pratique et sage de revenir à la situation précédente - une fois que tout est passé - pour revenir à la "vieille normalité". « Nos Chapitres ne devraient-ils pas suggérer la pratique et les caractéristiques d’une "nouvelle normalité" et montrer leurs répercussions dans tous les aspects de notre vie ?

Consciente de son rôle dans l’humanité, l’Organisation des Nations Unies s’est fixé en 2015 un programme articulé pour l’année 2030 : ce programme consiste à atteindre les 17 objectifs de Développement Durable qui répondent aux problèmes et situations pouvant conduire au chaos l’humanité et notre planète[2].

Même l’Église catholique, avec le magistère pontifical, se sent appelée à travailler dans cette direction, en nous demandant une conversion pastorale-missionnaire, écologique et un engagement sérieux et actif avec la fraternité-sororité mondiale[3].

Nos Chapitres généraux et provinciaux ne peuvent-ils pas réfléchir sérieusement sur la manière d’inclure dans leur projet de mission charismatique ces lignes d’action globales et ecclésiales en harmonie avec leur spécificité charismatique (spiritualité, éducation, santé, marginalisation, immigration, dignité de la personne, souci de la création, politique de fraternité et de sororité, économie solidaire, etc. ) ? Comment nos instituts se placent-ils face aux trois conversions que nous demande le Magistère : conversion pastorale et missionnaire, conversion écologique et conversion à la fraternité-sororité sans frontières ? Nous entrons déjà dans "l’après-demain", un monde vers lequel la science, la technologie, le monde numérique, l’utilisation de l’intelligence artificielle, les big data nous poussent. Et nous nous demandons : à quoi ressemblera l’humanité en 2050 ? Ceux qui naîtront aujourd’hui auront 30 ans. Les enfants baptisés seront désormais les jeunes adultes chrétiens de 2050. La vie chrétienne, la vocation à la vie consacrée et missionnaire de nos instituts s’épanouiront-elles en eux ?

Les profondes transformations du monde qui vont s’opérer dans les années à venir seront une conséquence des progrès de la science, de la technologie, du monde numérique, de l’intelligence artificielle. Il faudra repenser le projet humain ; le besoin se fera sentir de nouvelles connaissances philosophiques et d’élaboration d’idées nouvelles. N’en sera-t-il pas de même aussi en théologie, en éthique, en spiritualité ? Le soi-disant transhumanisme frappe déjà à nos portes. Avec ce dernier, on nous promet : une médecine alternative, une psychologie contrôlable, et avec cela peut-être un déplacement de l’expérience religieuse. Nos Chapitres Généraux et Provinciaux pourront-ils réfléchir d’une certaine manière comment rester et opérer dans un monde qui nous rejoint ? Où pouvons-nous déjà commencer à nous situer ? Nos communautés et nos institutions seront-elles habitables et porteuses de sens pour les nouvelles générations d’aujourd’hui pour demain ?

Le futur et l’avenir

"L’avenir" nous appartient. Nous sommes des êtres humains qui programment, et nous connaissons nos capacités et nos limites pour concevoir un monde meilleur. Mais il y a toujours quelque chose qui nous échappe. Jacques Derrida l’appelle le futur ou le "à venir..." Jürgen Moltmann l’appelle adventus. Zizek, "l’événement". Mais l’adventus, l’événement et l’à venir ne dépendent pas de nous. C’est le "futur qui émerge" qui ne procède pas de nous vers l’avant, mais qui "nous est donné", est inattendu, et est aussi accordé comme une grâce aux attentes du cœur humain. Mais un Chapitre général de personnes qui croient au Dieu de l’histoire ne peut rester enfermé dans "notre avenir". Il faut croire au miracle de l’événement, de l’à venir, de l’avent. Et cela doit être exprimé, demandé, célébré à l’avance. Ainsi, aucun Chapitre général ou provincial ne doit être privé de rêves utopiques, de désirs qui dépassent toute capacité. Rêvant de l’impossible, nous arrivons au prévisible.

Les dilemmes

La solution sera-t-elle de créer une communauté mondiale qui sauvegarde la liberté et l’égalité de congrégation ? Ou la solution sera-t-elle d’activer les biorégions congrégationnelles et de les transformer en cellules de vie ? Ou devrons-nous remonter le temps et puiser espoir et sagesse aux sources de nos anciennes traditions religieuses ? Chaque institut a « sa propre histoire charismatique ».

Les histoires anciennes s’effritent, mais de nouvelles histoires sont-elles apparues en ce moment pour les remplacer ? L’ancienne ritualité et l’apparence extérieure ont disparu (pas d’habit religieux, pas de demeures conventuelles, pas de ritualité intérieure !), mais une nouvelle ritualité est-elle apparue ? Ou peut-être que nos instituts peuvent vivre sans rituels…, quelle sera alors la force qui nous gardera comme communauté et comme communautés visibles et attrayantes ? La pandémie nous amène à nous interroger sur le sens de la vie. En quelques instants, nous pouvons être infectés, gravement infectés et mourir dans un isolement absolu. Aujourd’hui, nous devons prendre des décisions rapides, décider comment utiliser le pouvoir pour donner un sens à notre vie.

JOSÉ CRISTO REY GARCÍA PAREDES,cmf

 

[1] Le pape émérite Benoît XVI a déclaré que la crise spirituelle de l’Occident est la plus grave depuis la chute de l’Empire romain survenue vers la fin du Ve siècle. La lumière du christianisme s’éteint dans tout l’Occident. Nous vivons dans une culture où nos croyances ont de moins en moins d’importance.

[2] Objectifs liés à l’élimination de la pauvreté, de la faim, de la discrimination à l’égard des femmes, à la protection de la planète ainsi qu’à toute forme de pollution, de désertification, de gaspillage des ressources naturelles. Des objectifs qui nécessitent des changements profonds du modèle économique, social, politique, technologique.

[3] Un d’une lignée conservatrice et confessionnelle (Jean-Paul II, Benoît XVI) et le pape François d’une lignée plus libérale et inclusive. Surtout, ce pontificat se caractérise par trois moments décisifs : l’exhortation apostolique Evangelii gaudium, et les encycliques Laudato si’ et récemment Fratelli tutti avec lesquelles pape François est entré pleinement dans le débat contemporain sur la planète, la maison commune et la fraternité entre tous les peuples et la famille humaine.


¿Cómo configurar un capítulo general “contemporáneo”?

Hay que celebrar Capítulos que ofrezcan un proyecto "global", "mundial" para todo el Instituto. Para ello necesitamos una auténtica "sinodalidad", "contando" con todos. Lo más importante en este momento histórico no está en resolver problemas, sino en determinar un nuevo rumbo. Para esto necesitamos estudio y preparación.

En muchos institutos, religiosos en esta época del año, es tiempo de Capítulos Generales y Provinciales. No se trata de celebraciones rutinarias, sino - como escribe el teólogo José Cristo Rey Paredes, cmf en el Suplemento de la revista española de vida consagrada Vida Religiosa - "los capítulos son un tiempo en el que los representantes de todo el instituto se reúnen para dedicarse al discernimiento espiritual comunitario y sinodal sobre el estado de la Orden, de la congregación o de la familia carismática y para elaborar una misión y un proyecto de vida para los próximos años”. Pero, señala Paredes «sin estudio y preparación, los capítulos dicen vulgaridades, hacen propuestas genéricas y sin energía transformadora, imitan lo que otros han hecho. Lo más importante en un capítulo en este momento histórico que vivimos, no es resolver problemas, sino establecer un nuevo inicio. No son las congregaciones para los capítulos, sino los capítulos para las congregaciones. Esto quiere decir que el ritmo debe adecuarse al momento que vivimos. Lo que necesitan los institutos no son programas que cumplir, sino sueños y diseños que realizar y procesos que seguir. Estamos cansados de repetir lo que otros hacen, sin que nada cambie. No basta organizar el evento. Hay que hacer del evento “un nuevo comienzo”, que ofrezca un “proyecto global”, “mundial” para todo el instituto. Para ello requiere una auténtica “sinodalidad”: “contando con todos”, entre todos. Lo más importante en un capítulo en este momento histórico que vivimos, no es resolver problemas, sino establecer un nuevo inicio». Esto quiere decir que el ritmo debe adecuarse al momento que vivimos. Lo que necesitan los institutos no son programas que cumplir, sino sueños y diseños que realizar y procesos que seguir. De aquí la pregunta: ¿cómo configurar un capítulo general “contemporáneo”? Es el título de un capítulo del numero monografico de la revista Vida religiosa que aquí retomamos...

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José Cristo Rey García Paredes, cmf
26 Agosto 2022
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