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Maestri e padri

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Maestri e padri

Pietro Garbero sx  (1902 - 1977) fu missionario in Cina, il Paese affettuosamente chiamato "delle giuggiole", dal diffusissimo e onnipresente frutto asiatico dolce-acidulo. Della sua terra di missione ci parla con quel tono misto dolce-amaro di chi, pur percorrendo strade in salita, non rinuncia al buon umore. Come quando ci racconta del nuovo nome col quale fu ribattezzato (Kan tchong jang), perchè il suo nome proprio italiano non rimanesse indecifrabile ai fratelli cinesi; pensava che l'avrebbe usato poco il nuovo nome, ma, arrivato a Chen-gchow, già tutti lo chiamavano Kan..."e così - scrive - come povero Kan passai alla storia..." (p. 10).
Nel brano che segue lascia un messaggio di saggezza: mente e cuore sono necessari per poter essere maestri e padri, senza eccessi nè verso l'una, nè verso l'altra direzione, affinché la "stella missionaria" continui a brillare della luce sublime e folle della croce.


GARBERO Pietro, Nel paese delle giuggiole, Scuola tipografica vescovile Casa buoni fanciulli, Verona, 1948, catalogo CDSR XIV.320, cap. XXXI, pp. 125 – 127.

Invece di concludere queste povere pagine raccontando cantonate e capitomboli, credo conveniente e decoroso tentare di descrivere il rimedio più indicato per poterli evitare.
Queste ultime righe, dunque, sono specialmente dirette ad eventuali giovani missionari ai quali potesse capitare tra mano questo scritto.
Quando mi dilettavo di astronomia, avevo imparato che le stelle appaiono più piccole al telescopio, che a occhio nudo; anzi appaiono tanto più piccole quanto più potente è il telescopio; questo le spoglia di quella luce illusoria che le fa sembrare più grosse e le presenta al nostro occhio nella loro nudità.
Lo stesso accade per l’ideale missionario a chi difetta di mente e di cuore.
Un missionario senza cuore è un controsenso; senza testa è un essere pericoloso per sé e per i suoi successori. La testa da sola può arrivare a comprendere, ma non a compatire. Il solo cuore generalmente compatisce, senza sforzarsi di comprendere i due estremi, che senza la via di mezzo allontanano il prossimo.
Per vocazione il missionario è maestro e padre.
Un padre senza testa avrà dei figli viziati; un maestro senza cuore avrà dei discepoli ribelli o la cattedra deserta.
Un missionario che pretenda di svolgere il suo apostolato a base di freddi ragionamenti, per quanto giusti e profondi, lavora per illudersi perché, invece di farsi tutto a tutti, spesso pretenderà il contrario. Si chiuderà nel suo guscio con una serie di calcoli belli e fatti, risoluto a non rifarli più, in attesa del cento per uno anche dove forse non ha seminato. Siccome esige più di quello che ha il diritto di esigere - vedendo che i conti non tornano – s’indispettisce, comincia a veder buio pur non difettando la luce, fa del pessimismo anche quando c’è da stare allegri, e infine tira la conclusione: «con questa gente non c’è niente da fare». Nonostante le prove contrarie di tanti nelle stesse condizioni.
La sua stella missionaria si è ridotta ad un punto, lucente ancora, ma piccolo piccolo, nudo e assai lontano.
È venuta meno la spontaneità dello sguardo e la poesia dell’apostolato, che rendono più grande e vicina, nella follia della croce, la stella missionaria.

A cura del CDSR
3 Août 2017
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