Giornata del malato
Giornata mondiale del lebbroso, giornata mondiale della SLA, giornata mondiale della salute mentale, giornata mondiale di … giornata mondiale dei malati; sono delle date per ricordare “altri” che esistono, persone che per la loro situazione secondo tutte le apparenze non possono gioire pienamente della vita.
I malati, tutti, vivono la loro situazione tutto l’anno.
La persona che vede alterata il suo ritmo di vita, a causa di una malattia, si trova a dover fare i conti con se stesso, con gli altri e con Dio.
Con se stesso: si domanda quale sia il senso della propria vita e a riconsiderare ciò che è realmente essenziale. Fa un bilancio dei ricordi più belli e dei meno belli, di quello che è rimasto della sua vita passata. Degli anni vissuti, cosa mi resta adesso? Se potessi ricominciare di nuovo, cosa mi piacerebbe mantenere e cosa cambiare?
Ci si rende conto che si è costretti a vivere quella situazione, ad accettare la malattia, e allora forse si può decidere di non subirla soltanto.
Fare i conti con se stesso
Burgaleta ci racconta: La malattia mi ha insegnato ad avere fiducia in me stesso, a prendere coscienza delle mie forze, ad appoggiarmi alle mie risorse più profonde, ad attingere dalle mie energie più nascoste, a lottare contro la malattia senza vacillare, a mantenermi sereno, a valorizzare il dono della vita e a riceverla come una missione. La malattia mi ha insegnato ad approfondire l’orientamento fondamentale della vita come amore, sacrificio, dono. La malattia ha costituito, anche, l’opportunità per dimenticare me stesso, per non dipendere da me, per uscire da me. La malattia mi ha insegnato ad accettare la debolezza senza paura, senza traumi, senza pusillanimità. Mi ha insegnato anche a vivere la malattia nella normalità, cercando di non creare altre situazioni eccezionali oltre a quelle strettamente necessarie, a non diventare vezzoso, impertinente né desideroso di stare al centro dell’ attenzione, a lasciarsi andare con semplicità. Mi ha insegnato a superare lo spirito borghese ed elitario, che suggerisce di cercare sempre il meglio per sé: il miglior medico, le migliori cure, il massimo in sicurezza. ( Burgaleta, Creer desde la noche oscura).
Fare i conti con gli altri
Giovanni (5,1-18), narra l’episodio del malato che stazionava ai bordi della piscina di Siloe, aspettando da anni qualcuno che gli desse una mano; nessuno si era accorto di lui, nessuno si era avvicinato, nessuno gli aveva teso una mano per alleggerire la sua sofferenza.
Marco (2,1-12) al contrario ci narra di un altro malato circondato da persone amiche che si fanno carico di lui fino a scoperchiare un tetto, issare e calare una barella pur di portare l’amico davanti a Gesù.
Nella tradizione di tanti popoli africani con i quali ho vissuto, l’anziano, il malato viene rispettato, tenuto in considerazione. Tante volte questo dipende anche dalle relazioni che aveva stabilito precedentemente.
“Alla resa dei conti l'unica cosa importante é la ricchezza e la profondità delle relazioni che sappiamo stabilire con le persone intorno a noi. Questo dà senso alla nostra vita. Questo è ciò che rimarrà di noi dopo la nostra morte e che i nostri cari porteranno sempre nel loro cuore. Alla fine restano vitali e indelebili solo le esperienze e le manifestazioni dell'amore”. (cfr. Attilio Stajano, L'amore, sempre. Il senso della vita nel racconto degli ultimi giorni).
Fare i conti con Dio
“La malattia, che fa sentire all'uomo la precarietà del suo esistere, il suo essere sovrastato da forze che lo dominano e la sua condizione di corpo minacciato, la malattia, che mette in crisi l'integrità psicofisica dell'uomo, costituisce anche una prova della fede, dell'immagine di Dio che il malato nutre, e segna l'inizio di un cammino per rifare l'unità spezzata fra la propria vita personale e l'immagine di Dio, tra fede e vita.” (Manicardi. L’uomo sofferente).
Vivere la malattia, vivere con la malattia, richiede il rinnovamento dei nostri equilibri esistenziali, richiede di “essere”, ancor più che di “agire”.
World Day of the Sick
World Leprosy Day, World ALS (Amyotrophic lateral sclerosis) Day, World Mental Health Day, World Day of … World Day of the Sick; these are dates that remind us of “others” who exist, people who are apparently unable to enjoy life fully because of their poor health.
Every sick person lives their situation throughout the entire year.
The person whose rhythm of life has been altered by illness must make peace with himself, with the others and with God.
Making peace with oneself: the person wonders: what meaning does my life have and what is truly essential now? What are the positive and negative memories of my life and what remains of my past experience? If I could begin over again, what would I keep and what would I change?
The person realizes that he/she is forced to live in that situation and accept the illness; perhaps then it will be possible to decide not to just passively endure it.
Making peace with oneself
Illness has taught me to trust in myself, to become aware of my strengths, to rely on my most profound resources, to draw on my most hidden energies, to fight the illness without wavering, to remain serene, to value the gift of life and accept it as a mission. Illness has taught me to deepen the fundamental orientation of life as love, sacrifice and gift. Illness has also been an opportunity to forget myself, not depend on myself alone and to look beyond myself. Illness has taught me to accept weakness without fear, without trauma, without cowardice. It has taught me also to live illness as something normal, trying not to create other exceptional situations other than those that are strictly necessary; to not become prissy, impertinent or wishing to be at the center of attention; to simply let myself go. It has taught me to overcome the bourgeois and elitist spirit, which drives to always seek the best for ourselves: the best physician, the best treatment, the best security. (Burgaleta, Creer desde la noche oscura).
Making peace with others.
John (5:1-18), narrates the episode of the sick man who had been lying for years beside the pool of Bethseda, waiting for someone to help him; no one had noticed him, no one had approached him, no one had stretched out a hand to lighten the burden of his suffering.
Mark (2:1-12), on the contrary, tells us of another sick man surrounded by friends who did everything they could to bring him to Jesus: they carried his litter onto a roof, uncovered it and lowered him down into the house where Jesus was.
In the tradition of many African peoples among whom I have lived, the elderly and the sick are respected and held in high esteem. This often depends also on the relationships that have been established previously.
After all is said and done, the only important thing is the richness and the depth of the relationships we have been able to establish with the people around us. This gives meaning to our life. This is what will remain of us after our death and what our loved ones will always carry within their hearts.
Ultimately, only the experiences and expressions of love remain alive and indelible.
(cfr. Attilio Stajano, L'amore, sempre. Il senso della vita nel racconto degli ultimi giorni).
Making peace with God
Illness forces a person to experience the precariousness of existence and the powers that dominate life; the body is experienced as something under threat; illness, which throws our psychological and physical integrity into confusion, is also a challenge to our faith and image of God. It marks the beginning of a journey in which we must seek to repair the broken unity between our personal life and our image of God, between faith and life. (Manicardi. L’uomo sofferente).
To live illness, and live with illness, requires that we renew our existential equilibriums; it calls upon us to “be” even more than to “act”.
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