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Sognando “Ad Gentes"

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p. Alfredo Ceresoli condivide una sua riflessione sulla vita missionaria ad gentes alla luce dell’anniversario di 60 anni di sacerdozio.

Pubblichiamo qui il testo completo della sua riflessione. 

Mi sono arrivati due scritti, non so se sono pubblici o se inviati solo a qualche amico. Sono di p. Carluccio Mongardi e di p. Antonio Trettel. Certo hanno centrato in pieno il mio problema o direi più propriamente la mia crisi. Si parla di tradimento. Forse la parola è grossa, ma dice bene le mie riflessioni di questi anni. Io ho tradito la mia vocazione missionaria?

Crisi mia o della mia famiglia? Mi riferisco soprattutto al Brasile! Continuamente ci si lamenta del nostro tempo, in o di crisi. La mia regione, non avendo il coraggio di affrontare la o le crisi, con libertà evangelica ossia con disponibilità a vivere la pasqua, pronti a morire a ciò che abbiamo fatto finora, non sa trasformare la crisi in opportunità preziosa (Kairos). Credo che vi siano strade nuove da percorrere, occorre il coraggio di una vera conversione pasquale. Se ci guardiamo attorno con un poco di attenzione vedremmo molti esempi di strade nuove per vivere la sequela di Cristo e modalità diverse di evangelizzare fuori dalle mura.

Sto celebrando il 60º anniversario della mia ordinazione sacerdotale. Mi sia permesso il tentativo di scrivere quello che mi gira per la testa. Proprio a cominciare dalla data: perché commemorare quella del sacerdozio e non quella della consacrazione a Dio per la missione? Il saveriano, in perfetta armonia con il pensiero confortiano, è definito “il consacrato a Dio” e non “il sacerdote” di Dio (Cost. 1). Questo passaggio dal sacerdote al consacrato non sarebbe una vera pasqua? Audace, finalmente!

Ho scelto i saveriani per andare a vivere fra i non cristiani. Mi si permetta un ricordo. Forse avevo sedici anni, un predicatore parlando della masturbazione ci diceva di vincerla pensando a qualcosa che ci eccitasse. Qualche momento nella vita particolarmente significativo. Esemplificava: sei incaricato di calciare un rigore da cui dipende la partita… Sei all’ultimo chilometro nella corsa in bici… Il ricordo mi è vivo nella mente: Ho pensato d’essere in una capanna in Cina circondato da non cristiani che facevano domande su Cristo e sulla Chiesa… Non è strano e un poco inspiegabile per un adolescente? Forse ero influenzato dal saveriano che puntualmente ogni anno veniva nella mia parrocchia con i soliti “filmini” sulla Cina. In ogni caso, certamente questo era il mio sogno, l’avvenimento che mi esaltava.

25 ottobre 1964. Stavo vestendo i paramenti per l’ordinazione sacerdotale quando p. Castelli, superiore generale, si fermò davanti a me e… «Abbiamo deciso ieri in consiglio: andrai in Brasile. Ah! Non sognare gli indios, andrai alla formazione!». Con serenità e allegria ho cambiato programma: realizzerò il sogno della capanna e dei non cristiani mandando in oriente decine di saveriani!!! Di fatto il primo giovane che ho seguito, pochi mesi dopo l’arrivo in Brasile, è stato missionario in Indonesia: padre José Pedro da Silva.

A Londrina, molte ora di scuola, quotidiano cammino con un gruppo di giovani alla ricerca del progetto di Dio per la loro vita, pastorale giovanile a livello diocesano… Ma, ad ogni minuto libero mi buttavo nelle parrocchie: Goio-ere, Lupionopolis, Jaguapitã, Rolandia… Con qualche anno di esperienza e riflessione la mia vocazione “ad gentes” indiretta – inviare altri – si è spostata sulla teoria appresa in liceo con p. Italo Paulon s.x.: Plantatio Ecclesiae. Mi sembrava questo il secondo passo della attività missionaria “ad gentes”: Incontravamo cristiani, battezzati, ma sparsi e quasi dispersi nelle immense piantagioni. Praticavano devozioni varie: rosario, novene, feste di santi… Visitati due o tre volte all’anno da un sacerdote. Creare una parrocchia significava riunirli, farli sentire fratelli e sorelle in Cristo Signore, farli sentire Chiesa. Sarò missionario “ad gentes” non evangelizzando non cristiani, ma facendo dei cristiani, Chiesa santa di Dio.

Poi, un inesplicabile itinerario che non ho compreso e non comprendo: strappato al Brasile: Parma, Roma, Ancona… Pensandoci ora, mi sembra un sentiero percorso da un altro. La storia di una strada non prevista, né voluta. Accolta con serenità e gioia, ma sempre nuova, sconosciuta e sorprendente ad ogni curva. Non è mia. Certamente diretta, guidata e realizzata da un Altro.

Dopo più di vent’anni, ritorno in Brasile, ancora missionario per… posta: accompagnando altri che vanno: Filippine, Congo, Tailandia… Ma la situazione ecclesiale e sociale è cambiata… Per me è un problema: noi non abbiamo cambiato. Ed è la prima osservazione: possibile che dopo vent’anni tutto sia come prima?

Il Brasile non è più il “paese più cattolico del mondo”. Vi sono i non cristiani e non pochi. Volutamente non cristiani. So e conosco genitori che proibiscono ai nonni di parlare ai nipoti di preghiere, di Chiesa e quant’altro. 

Ma noi continuiamo nelle parrocchie, dentro confini ben delineati. Le abbiamo anche chiamate “missionarie”. Un tentativo. La parrocchia, se è cattolica è missionaria, sia o no chiamata tale. Oltre la parrocchia, quale attività abbiamo? Qualche corso vocazionale… Una riunione di giovani provenienti dalle parrocchie… Ma le “genti” dove le incontro? Possibile che non si riesca ad immaginare, o accettare, se qualcuno la immagina, qualche attività propria, nostra, propriamente nostra perché diretta ai non cristiani? O almeno a quelli che in chiesa non vanno!

Questa settimana passo gli 88. Se il buon Dio mi regala ancora qualche mese di vita, potrò incontrare e camminare insieme a qualche non cristiano? Ho chiesto al mio Regionale di darmi una tenda. La metterei ai lati di una strada, nello spazio di un rifornimento di benzina, ma lasciatemi incontrare qualche non cristiano, camminare con lui, parlargli della gioia di essere uomo o donna, creati da un Dio che è padre e, chissà, parlargli anche del fratello Gesù Cristo. Lo dico e lo chiedo per me, ma lo vedo come possibile futuro per la presenza saveriana in Brasile. Devo confessare la tentazione di mettermi in strada a prescindere, ma sono e voglio essere saveriano, felice e riconoscente per questa famiglia e per gli itinerari di spiritualità missionaria proposti dal Conforti. Vorrei che la regione fosse illuminata circa il suo futuro qui in Brasile. 

Del resto, è il richiamo di Francesco (novembre 2023)

(Epoca e cultura) sono nostre ed evangelizzarle non significa giudicarle da lontano, nemmeno stare su un balcone a gridare il nome di Gesù, ma scendere per strada, andare nei luoghi dove si vive, frequentare gli spazi dove si soffre, si lavora, si studia e si riflette, abitare i crocevia in cui gli esseri umani condividono ciò che ha senso per la loro vita. Occorre stare nei crocevia dell’oggi…

Siamo stanchi di sentircelo dire: 

“La Chiesa è fatta per la strada, la chiesa cammina” (1 ottobre 1919).

Ma, noi missionari saveriani, lo avevamo già sentito ripetere:

Ma soprattutto ricordino i membri dell’Istituto, che l’essenza della loro vocazione consiste nel dilatare il Regno di Dio tra gli infedeli e che a questo nobilissimo fine devono far convergere, oboedientia duce, tutte le loro migliori energie, persuasi di non poterle trafficare in modo più proficuo e meritorio. 

Per questo, considerino come secondaria qualsiasi altra occupazione che non tenda al conseguimento di tale scopo, e si guardino da quanto potesse in qualche modo distoglierli da questo, che debbono considerare come il dovere di tutti i giorni…

Preferiscano quindi l’evangelizzazione degl’infedeli alla cura dei cristiani cattolici d’Europa o d’altra parte, che si trovassero nelle loro missioni e pur dedicandosi anche al bene di costoro, facciano in modo che questo non avvenga con grave pregiudizio del fine unico che si sono proposti nel dare il nome alla Pia Società e che ne forma la caratteristica. (Cost. del 21. 71-73. Testo che originariamente erano sotto il titolo “voto di missione”, ma trasportato alla lettera nel voto di obbedienza: “odoedientia duce”).

Fine, fine unico, caratteristica, non-cristiani… Le abbiamo riascoltate anche nelle attuali costituzioni, in tutto fedelissime a San Guido. 

Alfiero Ceresoli, SX
29 Août 2024
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