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Un capolavoro incompiuto. An unfinished masterpiece.

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Quaresima 

Come un riprendere in mano un capolavoro incompiuto

Più o meno tutti, eccetto forse i più giovani, conosciamo la reazione che si sperimenta al sentir parlare di “quaresima”: questo periodo di ’40 giorni’ (da qui il nome) che, caratterizzato in un principio da tempi di riflessione e gesti di penitenza e di digiuno in preparazione al Battesimo, che si celebrava nella notte santa di Pasqua, è poi diventato, in un secondo tempo, con tempi sempre più dilatati, fino a quaranta giorni, il tempo di preparazione alla Pasqua, tout court.

Tempo di austerità, di astinenza e sacrifici… che per secoli la Chiesa ha proposto e imposto non solo ai suoi fedeli ma a tutta la società, credenti o meno, fervorosi o tiepidi, chierici o laici… In molti ricordiamo l’immaginario collettivo suscitato quindi da questa parola quaresima: austerità, tristezza, grigiore, silenzio, rinuncia, penitenza, immedesimazione nei patimenti del Redentore, ecc.

Ma per contrasto, ovviamente, davanti ad esigenze collettive così costringenti, il popolo non ha potuto astenersi dal prendere le sue contromisure… Inevitabile questo tempo di penitenza? Bene, facciamolo precedere da un tempo godereccio: ed è nato il carnevale! I due tempi, carnevale e quaresima, manco a dirlo, vissuti intensamente da tutti, anche da quelle persone che erano e si credevano credenti! La trasgressione del carnevale come esperienza di toccare il fondo del ‘peggio’ di se stessi e l’austerità come il ricupero del ‘meglio’ si se stessi, a imitazione di Gesù Cristo, modello e guida nei labirinti della psiche umana e negli ideali di fraternità ricomposta.

Non so quanto, nella società di oggi, sopravviva questa visione della quaresima come evocatrice di esigenze così drastiche e radicali di penitenza: credo che il Concilio Vaticano II, in questo, abbia ‘riequilibrato’ le cose, anzi abbia rinforzato se non corretto gesti e contenuti che devono portare il credente sì, verso una riflessione, ma per aderire più decisamente a Cristo, per riconciliarsi con Dio, con se stessi e con gli altri.

Per questo la Chiesa continua a riproporre la Quaresima: lo fa, ritenendolo un “tempo di grazia”, un “tempo favorevole” (2 Cor 6,2) per la conversione a Cristo! E, per fortuna, la visione poco a poco è cambiata: siamo in molti a gestirci la quaresima considerandola un’opportunità davvero impareggiabile; ognuno per scoprire chi è, cosa è, cosa può e cosa vuole; soppesando i propri limiti ma anche valorizzando le proprie doti e pregi… a imitazione di quell’unico, affascinante modello che ci fu dato che è Gesù Cristo!

Sarebbe interessante la domanda: sei credente? Come vivi la tua Quaresima?

L’esperienza che ne ho io personalmente, ma mi immagino che è così per molti altri, è di una Quaresima che poco a poco mi sono ‘organizzato’ secondo una dinamica, come dire?... da “artigiano”! E artigiano dell’argilla. Mi spiego. Il mio paese, in Sardegna, è famoso per un artigianato ricco e variato, soprattutto per quello della lavorazione dell’argilla. Ricordo che passavo interi pomeriggi, dentro uno di questi laboratori da vasaio, con gli occhi attentissimi alle mani del maestro che lavorava la massa umida e informe; mi piaceva soprattutto quando iniziava: rimanevo affascinato come, poco a poco vedevo uscire dalle mani, dalle sue dita, abbozzata, una figura! Ma l’uomo non lavorava a lungo: non so se per le dita stanche o per il molto da fare, l’opera era lasciata lì, molte volte appena abbozzata, spesso incompleta… L’artigliano, sulla figura o sulla massa lavorata, gettava un panno bagnato e andava a seguire altre cose. Per poi, ogni tanto, riprendere il lavoro iniziato, rivisitando l’opera incompiuta, dando quattro tocchi, e rimettendo il panno bagnato… fino ad un’altra occasione!

Forse adesso capite cosa volevo anticipare nel titolo iniziale di questo breve intervento: la mia Quaresima consiste e cerco di viverla… come un riprendere in mano un capolavoro incompiuto!

Raccontano anche di Michelangelo, uomo e artista costantemente travagliato e in ricerca, con un’esigenza quasi spasmodica di voler plasmare con il marmo i suoi sentimenti e la sua religiosità: nell’elaborazione della sua ultima opera di scultore, quella che conosciamo oggi come la “Pietà Rondanini”, dicono avesse questa impellente necessità di andare a rivedere e a riprendere in mano il capolavoro incompiuto: pochi tocchi oggi, un colpo di scalpello domani, e questo, quasi ogni giorno, fino a poco prima di morire. Cosa significava per lui il voler costringere la pietra a restituire l’immagine che aveva in mente! Capolavoro incompiuto, ma che in quelle due figure appena sbozzate, l’artista ha saputo infondere una bellezza speciale, suggerente, frutto di una tensione interiore, di un travaglio intenso, permanente ed esigente, profondo e inappagato.

Non vuol essere una lezione di storia dell’arte, ma nella vita ho imparato che tutto può diventare ispirazione; nel mio caso, la dinamica costante e insoddisfatta di riprendere in mano il capolavoro incompiuto, come faceva il nostro vecchio e caro amico Michelangelo, mi è sembrata utile nella mia modalità di gestire la Quaresima!

Ci sono tempi, infatti, che sono più propizi all’ispirazione, alla concentrazione, quasi un condensato di energia che in quel momento sembra possa dare ancora più risultati… Un’opera e un’opera d’arte si inizia, poi la si lascia, poi si riprende, la si rivisita, fino a che non si è convinti di aver raggiunto un buon risultato!

Mi sono detto: anch’io ho tra le mani un ‘capolavoro’; non l’ho iniziato io, è vero, mi è stato affidato, ed è la MIA PERSONA! Sono io stesso! L’autore, l’artista è Dio (azzeccata l’affermazione di Ireneo: “Gloria Dei vivens homo!”, un’opera d’arte, infatti!). E io, strano ma vero, sono l’altro artista ‘invitato’! Tanti colpi di scalpello dà Dio e tanti ne devo dare io… fino ad un risultato non solo accettabile ma bello, essenzialmente ed esteticamente!

I due artisti si ispirano ad un unico modello: quel capolavoro unico che è Gesù Cristo, il Risorto ma anche il Segnato per sempre dalle ferite del dolore e del male! Intriso di Divinità e di completa Umanità. Per Dio è suo Figlio, per me, mio Fratello!

Facile a dire, parrebbe; e allora, la Quaresima cos’è? Continuando con l’immagine dell’artigiano dell’argilla, la Quaresima è il tempo ‘favorevole’, dei più idonei e propizi, per l’ispirazione: il modello si fa più vivido, nitido, accattivante, affascinante; i due artisti ritrovano sintonia, intesa, complicità, collaborazione… Ma l’opera d’arte si fa possibile solamente se scatta la decisione di togliere lo straccio bagnato, per voler riprendere in mano l’immagine incompiuta!

Fuori di metafora: il percorso quaresimale inizia con una presa di coscienza che sì sono un capolavoro ma molto incompiuto; segue con una decisione di ‘riprendermi’ in mano per apportare miglioramenti; si mantiene con gli strumenti che mi sono dati, Parola di Dio, preghiera, digiuno, elemosina; è possibile arrivarci in fondo se lo sguardo si mantiene fisso sul modello proposto, Gesù Cristo; atteggiamento insostituibile è quello di aver fiducia nel risultato finale, perché quando sarà sollevato definitivamente il velo, Qualcuno ci sorprenderà, completando quel ‘capolavoro incompiuto’ che, come argilla, tanto avevamo accarezzato con le nostre mani.  Buona Quaresima!

Mario Carmelo Mula sx


Lent

Resuming work on an unfinished masterpiece

More or less everyone (perhaps with the exception of the youngest among us) will remember our reaction when the word “Lent” was mentioned: this period of ‘40 days’ that was initially a time of reflection, penance, fasting and preparation to Baptism (which was celebrated during Easter night), later became a forty-day preparation to Easter.

A time of austerity, abstinence and sacrifices that the Church has proposed and imposed for centuries, not only upon its faithful but on the whole of society, believers and non-believers, devout or lukewarm, clerics and lay people … Many of us remember the collective reaction to the word “Lent”: austerity, sadness, dreariness, renunciation, penance, identification with the sufferings of the Redeemer, etc.

I don’t know how much this idea of Lent still survives, in today’s society, as something that evokes a drastic and radical need to do penance: I believe that Vatican Council II helped us to strike a proper balance and reinforced the idea that such gestures and contents must help the believer to reflect but, even more important, to adhere more resolutely to Christ, to reconcile himself with God, with himself and with others.

This is why the Church continues to celebrate Lent: it is “a time of grace”, a “favorable time” (2Cor 6:2) for our conversion to Christ! And, thankfully, the idea of Lent has slowly changed: many of now live this period as a unique opportunity to understand who we are, what we are, what we can do and what we want; weigh up our limits, but also value our own gifts and values … and imitate the unique model who has been given to us: Jesus Christ! 

An interesting question would be: are you a believer? How do you live your Lent?

My own personal experience of Lent has gradually led me to live it like a “potter”! My village, in Sardinia, is famous for a rich and varied craftsmanship, especially working with clay. I remember how I used to spend entire afternoons in the workshop of a potter, carefully watching every move as he worked on the damp and shapeless mass of clay; my favorite moment was from the very beginning as, little by little, a form emerged from the delicate work of his hands and fingers! Yet he did not work for long: I don’t know if his fingers were tired, or if he had a lot to do, but he would put down his work, often leaving it incomplete … He would cover it with a wet cloth and go off to do something else. Then, every so often, he would resume his work on the clay, a touch here and another there, cover it again with the wet cloth … until another time!

Perhaps this explains why the title of this short intervention describes my way of living Lent as an attempt … to resume work on an unfinished masterpiece!

The great Michelangelo, as a man and artist, was constantly tormented and searching, with an almost spasmodic need to mold his sentiments and religiosity with the marble on which he was working: in his last sculpture, which we know by the name of “Pietà Rondanini”, they say he had the compelling necessity to go back and take in hand his unfinished masterpiece: a few touches one day, a few blows of the chisel on the following day, and so forth almost every day, until shortly before his death. How much it must have meant to him to force the stone to reveal the image he had in his mind! An unfinished masterpiece, but one on which the artist wanted to bestow a special and suggestive beauty on the rough-hewn figures, the fruit of an inner tension, of a work that was intense, permanent, profound and never satisfied.

This is not a lesson on the history of art; I only wish to say that life has taught me that everything can be an inspiration; in my case the constant and unsatisfied dynamic of going back to the unfinished masterpiece, like Michelangelo, seems to be a useful way for me to live Lent!

Some periods of time are more favorable than others for inspiration, concentration, almost a condensation of energy that later seem to produce better results … We begin a work of art, leave it aside and keep going back to it until we are convinced that we have achieved a good result!

I said to myself: I too have a ‘masterpiece’ in my hands; I did not begin the work, it was entrusted to me, and this masterpiece is MYSELF! God is the author and the artist (St. Irenaeus was spot-on when he said: “Gloria Dei vivens homo!”, a work of art!). And, strange but true, I am the other ‘invited artist’! So many blows of the chisel by God and many others that I must make … until the result is not only acceptable, but beautiful, both essentially and aesthetically!

The two artists are inspired by one model: the masterpiece that is Jesus Christ, the Risen One, but also the One who was marked forever by the wounds of suffering and evil! Imbued with Divinity and total Humanity. He is God’s Son and my Brother!

This is all easy to say. What is Lent actually about? To continue with the image of the potter, Lent is the ‘favorable’ time for inspiration: the model becomes more vivid, clear, captivating and attractive; the two artists discover harmony, understanding, complicity and collaboration … But the work of art is made possible only when we decide to remove the wet cloth and take in hand again the unfinished image!

Leaving aside the metaphor, the Lenten journey begins with me becoming aware of the fact that I am a masterpiece, but one that is not yet complete; the journey continues with my decision to ‘take myself in hand once again’ to make improvements; it is maintained with the instruments that have been given to me: the Word of God, prayer, fasting, almsgiving; I will be able to complete the journey if I keep my eyes fixed on Jesus Christ, our model; an essential attitude is to trust in the final result because, when the veil is finally removed, Someone will surprise us, completing the ‘masterpiece’ upon which, like clay, we have worked so much. Have a good Lent!

Mario Carmelo Mula sx

Mario Carmelo Mula sx
03 Marzo 2017
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