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Verso un 'noi' sempre più grande

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Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato

Domenica 26 settembre, la Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, una ricorrenza che – a partire dal 1914, anno in cui venne istituita – nella chiesa cattolica segna l’ultima domenica del mese di settembre. Quest’anno il titolo scelto da Papa Francesco – Verso un ‘noi’ sempre più grande – riassume il suo appello a far sì che «alla fine non ci siano più gli altri, ma solo un noi» (Fratelli Tutti, 35). Una riflessione e una lezione, quelle del Santo Padre, che sono frutto anche dell’esperienza della pandemia, nei confronti della quale «la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora maggiormente ... in nuove forme di autoprotezione egoistica».

Il tema di questa Giornata Mondiale indica chiaramente l’orizzonte del nostro comune cammino nel mondo: il noi che sottolinea il concetto di comunità e che presuppone la maturazione del concetto di accoglienza. Non si tratta solo di gesti di semplice accoglienza, pur importanti e necessari, ma di diffondere la cultura dell’accoglienza e della solidarietà: saper accettare l’altro nella sua diversità, costruendo insieme, condividendo gioie, difficoltà e speranze consapevoli che la migrazione è una dinamica inerente alla vita umana: “noi siamo migranti davanti a te e pellegrini come tutti i nostri padri!” (1 Cr 29,15). La cultura dell’accoglienza e del rispetto vicendevole, non può limitarsi alla comunità dei credenti, va estesa all’umanità intera. Si riafferma di nuovo come l’incontro, il dialogo e l’accettazione siano le strade della missione della Chiesa, per una Chiesa sempre più cattolica e un mondo sempre più inclusivo.

Nelle nostre comunità ecclesiali (e religiose), troppo spesso si abusa della logica del noi e del loro, dove nel primo gruppo includiamo una cerchia ristretta di persone o delle persone con cui pensiamo di avere delle affinità in comune, relegando tutti gli altri, coloro i quali consideriamo lontani e diversi, in un ‘loro’. Non si tratta di una questione esclusivamente semantica, ma di un invito a prendere coscienza del nostro modo di pensare e relazionarci. Infatti, è molto semplice includere nella sfera del ‘loro’ le persone migranti e i rifugiati che bussano disperatamente alla nostra porta cercando una vita migliore o che spesso muoiono di speranza durante le pericolose rotte del deserto, nelle brutali condizioni dei campi profughi o negli impervi tragitti di terra e mare dove, tra troppa indifferenza, «l’antico nome dato dai Romani al Mediterraneo, Mare Nostrum, rischia di tramutarsi in un desolante Mare Mortuum» (Card. Parolin).

L’auspicio di papa Francesco è per un noi che non contempli chiusure, ma che includa, abbracci e consideri nostro fratello le migliaia di migranti; esseri umani che, per situazioni politiche, sociali e climatiche, sono costretti in un limbo senza prospettive e senza diritti, in una condizione di disagio, sofferenza, violenza e marginalità, e che cercano luoghi migliori. «Siamo tutti sulla stessa barca e siamo chiamati a impegnarci perché non ci siano più muri che ci separano, non ci siano più gli altri, ma solo un noi, grande come l’intera umanità».

Le migrazioni sono più che spostamenti di persone da un luogo all’altro; sono legate alle trasformazioni culturali, sociali, politiche e religiose delle persone e delle nazioni, e al continuo rimodellamento delle comunità, perciò rappresentano una grande sfida per l’umanità, così come un’opportunità di rimodellarla oggi. Esse sollevano questioni di grande rilevanza per l’agenda globale, poiché riguardano i governi, le religioni in generale e la Chiesa cattolica in particolare, le comunità globali, nazionali, regionali e locali, le famiglie e innumerevoli individui (Scalabrini International Migration Institute).

Quella dei migranti e dei rifugiati, una tragedia che da anni bussa alle porte di casa nostra e soprattutto alla porta della nostra coscienza, continua ad essere una delle sfide missionarie più esigenti del XXI secolo. L’appello è quello di rimanere nella via per scoprire il senso comune dell’umanità, nello stesso orizzonte indicato dal progetto creativo di Dio: «camminare insieme verso un noi sempre più grande, ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso». Abbiamo tutti la responsabilità di prenderci cura l’uno dell’altro in nome della nostra umanità e della nostra fede.

Per approfondire

Eugenio Pulcini sx
24 Settembre 2021
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