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XXVI Giornata per la Vita Consacrata

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Appartenenza, partecipazione e responsabilità

Dal Vaticano, 25 gennaio 2022.

Carissime tutte e tutti,

in occasione della XXVI Giornata per la vita consacrata a Roma avremo la gioia di partecipare alla celebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco nella Basilica di San Pietro. Siamo certi che anche nelle singole comunità e nelle diverse diocesi del mondo la giornata del 2 febbraio sarà un'opportunità d'incontro segnato dalla fedeltà di Dio che si manifesta nella perseveranza gioiosa di tanti uomini e donne, consacrate e consacrati negli Istituti religiosi, monastici, contemplativi, negli istituti secolari e nei "nuovi istituti", membri dell'orrfo virginum, eremiti, membri delle società di vita apostolica di tutti i tempi.

L'invito che vi abbiamo rivolto lo scorso anno, in questa stessa occasione, è stato quello di praticare la spiritualità di comunione (Vita consecrata, n. 46) per essere artefici di una fraternità universale e per sognare come un un'unica umanità (Fratelli Tutti n. 8). Parole che hanno in qualche modo preparato il cammino ecclesiale che abbiamo da poco intrapreso dal titolo Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione.

Così in questo anno ci soffermiamo sulla seconda parola del sinodo per invitare ognuno di noi a fare la propria parte, a partecipare, appunto: nessuna, nessuno, si escluda o si senta escluso da questo cammino; nessuna, nessuno pensi "non mi riguarda". A tutte a tutti, è chiesto di entrare nel "dinamismo di ascolto reciproco, condotto a tutti i livelli di Chiesa, coinvolgendo tutto il popolo di Dio" (Papa Francesco alla Diocesi di Roma, 18 settembre 2021).

Si tratta innanzitutto di un cammino che interpella ogni comunità vocazionale nel suo essere espressione visibile di una comunione d'amore, riflesso della relazione trinitaria, della sua bontà e della sua bellezza, capace di suscitare nuove energie per confrontarci concretamente con il momento attuale. Se riandiamo alla nostra chiamata vocazionale, ritroviamo la gioia del sentirci ed essere parte di un progetto d'Amore per il quale altri fratelli e sorelle prima di noi e con noi hanno messo a disposizione la propria vita. Quanto entusiasmo agli inizi delle nostre storie vocazionali, quanto stupore nello scoprire che il Signore chiama anche me per realizzare questo sogno di bene per l'umanità!

Ravviviamo e curiamo la nostra appartenenza perché, lo sappiamo molto bene, nel tempo rischia di perdere forza, soprattutto quando all'attrattiva del noi sostituiamo la forza dell'io. La prima declinazione di partecipazione è allora quella dell'appartenenza: non posso partecipare se mi concepisco come il tutto e non mi riconosco parte di un progetto condiviso e se non si radica in me la convinzione che "corpo e membra per vivere devono essere uniti'.'' e che "l'unità è superiore ai conflitti, sempre!" (Papa Francesco, udienza 19 giugno 2013).

Mentre percorriamo questo cammino ecclesiale chiediamoci, cari fratelli e sorelle, quale ascolto nelle nostre comunità: chi sono le sorelle, i fratelli che ascoltiamo e, prima ancora, perché li ascoltiamo? Una domanda che, lo ripetiamo, siamo chiamati a farci tutte e tutti, perché non possiamo dirci comunità vocazionale e ancor meno comunità di vita, se manca la partecipazione di qualcuna o di qualcuno.

Entriamo in questo viaggio di tutta la chiesa, con la ricchezza dei nostri carismi e delle nostre vite, senza nascondere fatiche e ferite, forti della convinzione che potremmo solo ricevere e dare del Bene perchè "La vita consacrata nasce nella Chiesa, cresce e può dare frutti evangelici solo nella Chiesa, nella comunione vivente del Popolo fedele di Dio" (Papa Francesco, 11 dicembre 2021).

La partecipazione diventa allora responsabilità: non possiamo mancare, non possiamo non essere tra gli altri e con gli altri, mai e ancor più in questa chiamata a diventare una chiesa sinodale! E ancor prima sappiamo bene che la sinodalità comincia dentro di noi: da un cambio di mentalità, da una conversione personale, nella comunità o fraternità, dentro casa, nel lavoro, nelle nostre strutture per espandersi nei ministeri e nella missione.

Si tratta di una dinamica incisa nella nostra vita, è come un'eco di quella prima risposta all'Amore del Padre che ci ha raggiunti. E' lì, in quella dinamica di appello e di adesione che risiede la radice di questa attitudine a stare dentro i processi che riguardano la vita della comunità e di ogni persona, a sentire nella nostra carne le ferite e le attese, a fare quanto ci è possibile a cominciare dal mettere tutto nelle mani di Dio con la preghiera, a non sottrarci alla fatica di testimoniare speranza, disposti a perdere purché si alimenti quel cammino insieme che comincia con l'ascolto, che significa fare posto all'altro nella nostra vita, prendendo sul serio quello che per lui è importante.

La partecipazione assume così lo stile di una corresponsabilità da riferirsi prima ancora che alla organizzazione e funzionamento della Chiesa, alla sua stessa natura, la comunione, e al suo senso ultimo: il sogno missionario di arrivare a tutti, di avere cura di tutti, di sentirsi tutti fratelli e sorelle, insieme nella vita e nella storia, che è storia di salvezza.

Camminiamo insieme!

Affidiamo i nostri passi a Maria, donna della sollecitudine e su ciascuno invochiamo la benedizione del Signore.

Card. João Braz de Aviz prefetto e
José Rodríguez Carballo OFM arcivescovo segretario

Congregazione per gli Istituti di vita consacrata
02 Febbraio 2022
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