Una Madre nella identità saveriana
Da vari anni ormai è riapparsa in casa saveriana questa parola o, forse meglio, questo problema: identità. Mi pare di comprendere che la Direzione Generale lo senta proprio come problema quando conclude l’esame dello stato della congregazione scrivendo: «Tutto questo parla chiaramente di un debole senso di identità saveriana e, conseguentemente, di appartenenza alla Famiglia. È una carenza che indebolisce la forza profetica del nostro carisma»[1].
Devo confessare che non avevo mai pensato di coniugare insieme queste due realtà: identità e appartenenza. Eppure, papa Francesco le aveva ricordate come interdipendenti già nel suo primo messaggio ai consacrati e alle consacrate:
«Raccontare la propria storia è indispensabile per tenere viva l’identità, così come per rinsaldare l’unità della famiglia e il senso di appartenenza dei suoi membri».
Chiaro e limpido, eppure ci ho riflettuto poco. Naturalmente ho sotto gli occhi soprattutto il Brasile Sud dove in pochi mesi abbiamo avuto tre o quattro passaggi dalla famiglia saveriana alle diocesi.
Anche la Fratelli Tutti afferma al n. 53:
«Si dimentica che non c’è peggior alienazione che sperimentare di non avere radici, di non appartenere a nessuno. Una terra sarà feconda, un popolo darà frutti e sarà in grado di generare futuro solo nella misura in cui dà vita a relazioni di appartenenza tra i suoi membri, nella misura in cui crea legami di integrazione tra le generazioni e le diverse comunità che lo compongono; e anche nella misura in cui rompe le spirali che annebbiano i sensi, allontanandoci sempre gli uni dagli altri»[2].
La stessa enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale lancia la domanda diretta, esplicita e decisiva per tutti i battezzati, e quindi anche per noi membri di una stessa famiglia missionaria:
«Con chi ti identifichi? Questa domanda è dura, diretta e decisiva»[3].
Tutto questo e altro ancora mi è sembrato un invito a riflettere. Anzitutto sono partito dal significato della parola, quindi ho cercato interventi di persone che mi sembrano affidabili[4].
Identità è l'insieme delle caratteristiche che rendono unici e riconoscibili gli individui e i gruppi.
Sfida e impegno identitario
Questo titolo, dato dalla CO.SU.MA. 2021 al documento finale della riunione, mi ricollega ad un enunciato di Enzo Bianchi:
«L’identità è un compito, un qualcosa che deve farsi, l’importante che debba essere fatto mai senza gli altri, mai contro gli altri. Non può essere qualcosa che uno custodisce per sé che lo porti ad esprimersi e agire in modo autoreferenziale. Qualcosa che tracci un cammino di umanizzazione. Più ci sono contributi degli altri e più l’identità è ricca, oserei dire che l’identità è sempre plurale altrimenti non è una vera identità capace di una dinamica vitale»[5].
Lo storico Alessandro Barbero fa una ricerca interessante a partire dai popoli più antichi, passa poi a esaminare i Persiani, i Greci i Romani e il cammino di identificazione di alcuni stati moderni[6]. A noi interessano le sue conclusioni fondate su dati storici e non teorici. Le identità sono costruite anche dal nulla e possono essere manipolate. Possono anche essere inventate, ma una volta messe in atto hanno una enorme forza di attrazione, tutto dipende da quanto la comunità, il potere politico e gli intellettuali intendono investire. Con il passare del tempo richiedono sempre investimento per essere tenute in vita e rafforzate. Per avere adesioni occorre offrire una chiara e forte identità.
Impegno, compito, investimento… I termini cambiano (i superiori maggiori, un monaco, uno storico), ma il richiamo fondamentale rimane: siano noi – i saveriani – responsabili della maggiore o minore forza attrattiva della nostra identità e quindi del senso di appartenenza e dell’unità della famiglia. È una sfida!
Noi esplicitamente abbiamo ricevuto una “caratteristica che dovrà distinguere i membri presenti e futuri della nostra società”, un… testamento da trasmettere. Quale impegno? Quanti e quali investimenti per assolvere a questo compito?
Massimo Cacciari fa notare che la nostra cultura ha una identità fragile perché essa ha eliminato il padre. Egli riflette sulla difficoltà ad accettare un padre che facilmente tendiamo a considerare “padrone”. Il rifiuto del padre, rende impossibile essere fratelli. Uno solo – continua il filosofo – non è antagonista del Padre, anzi è uno con il Padre: Gesù Cristo. In Gesù di Nazaret forse potremmo riuscire ad uscire dalla inimicizia e dalla competizione. Cacciari continua affermando che noi abbiamo dimenticato anche la madre. Solo la donna e il cuore di una donna “madre di Dio”, può eliminare le competizioni e le guerre fratricide e per noi, per la nostra cultura occidentale (sostiene il filosofo) è Maria colei che genera l’amore. Cita Dante:
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui foco nell'eterna pace,
così è germinato questo fiore.
Lo stesso filosofo dice che l’amore si può riaccendere soltanto nel ventre della donna perché è la donna che genera. Conclude testualmente:
«Maria genera il Dio d’amore il Dio della misericordia e del perdono, il Dio che è solo misericordia e amore; noi qui non possiamo essere solo misericordia e amore e se non siamo comuni (con-uni) nel cercare misericordia e amore tra figli vi sarà solo e soltanto guerra civile. Bisogna rigenerare il Dio dell’amore»[7].
Una madre nella identità saveriana
Queste riflessioni mi hanno rimandato ad una esperienza da cui è nata una convinzione che pretende essere una fraterna proposta.
In Campinas (São Paolo - Brasile) la CRB (Conferenza dei Religiosi/e del Brasile) organizza ogni anno cinque incontri di cinque giorni per i novizi di tutte le congregazioni: NOVINTER: Noviziato Inter-congregazionale. Sono settimane ben preparate e ben realizzate. Ogni settimana svolge un tema: Psicologia vocazionale, Cristologia, Vita Consacrata, Missiologia…

Nell’incontro di maggio, indipendentemente dal tema, si prepara una celebrazione nella quale ogni famiglia religiosa presenta l’immagine di Maria nella specifica devozione della Congregazione. I nostri novizi che dovevano preparare la liturgia mi posero il problema attraverso questa domanda: noi, saveriani, quale immagine di Maria presentiamo?
È vero. E noi?
Cominciai ricordando che in ogni comunità cristiana, facilmente avevo incontrato un segno del passaggio di religiosi: l’immagine di Maria Ausiliatrice segnalava il passaggio di un salesiano; un quadro della Madonna del Perpetuo Soccorso mi assicurava che era passato un redentorista; se il bambino in braccio alla madre aveva in mano uno scapolare, certamente vi era stato in qualche tempo un parroco carmelitano. Potrei continuare. E noi? Insistevano i novizi.
Istintivamente pensai a Fontanellato: la Madonna del Rosario. Mi sembra però più legata a Parma e al suo vescovo invece che ai saveriani anche perché non possiamo perpetuare la favoletta di Padre Guido che va a celebrare la prima messa a Fontanellato per particolare devozione a questo santuario e per ringraziare della sua salute recuperata un tanto misteriosamente. Don Guido Maria Conforti ci va malvolentieri. Abbiamo il suo manoscritto:
«Avea deliberato di celebrare la mia prima Messa con la massima solennità nell’umile Chiesetta del nativo paesello, ma ragioni fortissime, difficoltà insormontabili m’han fatto mutare divisamento, non senza mio dolore. Pazienza! Comincerò la mia carriera con un sacrificio, ed il giorno appresso all’ordinazione mi recherò al Santuario di Fontanellato, ed all’altare della Madonna, presenti le più care persone, gusterò le gioie ineffabili del giorno più bello della mia vita. Avrò il piacere di averti meco? Se il potrai senza tuo disagio, deh! non mi negare tanta soddisfazione!»[8].
La lettera è di sua mano: va a Fontanellato “non senza mio dolore” … “Con un sacrificio”!
Dopo alcune settimane di ricerca, dialoghi e proposte siamo approdati alla MADONNA DELLA STRADA.
L’icona scelta però non fu quella del secolo XIII/XIV venerata nella Chiesa del Gesù in Roma e celebrata dai gesuiti il 24 maggio, ma l’immagine presente nel santuario San Guido Maria Conforti in Parma. È una pittura di Ulisse Passani (1848-1933) e regalata dallo stesso pittore a São Guido (1915). La storia di quel dipinto mi pare significativa.
Il Fondatore dei saveriani la conserva per quasi dieci anni, quando il 28 novembre 1924 la manda in Cina con una motivazione ben precisa e che è stata fondamentale nella decisione di presentare al NOVINTER questa immagine come la “Nostra Madre”. I gesuiti la venerano, ma i novizi nei nostri incontri non ne avevano mai parlato.
San Guido ha scritto di suo pugno sul retro:
«Madonna della strada dinnanzi alla quale Sant’Ignazio e S. Francesco Saverio effusero i sentimenti della loro pietà filiale».
Conforti vi ha visto, dunque, un anello che unisce questa immagine e questo titolo mariano ai saveriani: Saverio aveva effuso i sentimenti della sua pietà filiale ai piedi di questa icona. Inviandola in Cina, il Fondatore non voleva forse affidare alle mani di Maria, perennemente in strada, i viaggi e le strade percorse dai suoi figli nel cammino evangelizzatore?
Il quadro, conservato da Mons. Calza s.x. a cui era stato inviato, “passò nelle mani del suo successore, mons. Faustino M. Tissot, pure saveriano, il quale, prima della sua espulsione dalla Cina (1953), riuscì a sottrarlo a sicura profanazione, nascondendolo fra le poche cose che poté salvare ed a riportarlo in Italia"[9].
Dal Fondatore alla Cina e dalla Cina alla casa madre passando per una persecuzione! La Madonna della Strada potrebbe ben essere la speciale devozione mariana dei saveriani.
Questa scelta ci ha impegnato a rileggere il vangelo per verificare quale fondamento avesse questo titolo – Madonna della Strada – nella Parola di Dio. Non ci interessava molto la ragione del nome in origine, se fosse derivato dal nome del proprietario o se dato dalla gente che passava in una delle strade all’uscita di Roma.
E ci siamo domandati: dove incontriamo Maria nei racconti evangelici? Apriamo dunque i vangeli e troviamo la prima volta Maria a casa sua:
«Entrando da lei, in una città della Galilea chiamata Nazaret» (Lc 1,26-28).
Ma, sembra rimanere in casa poco tempo e – ci era sembrato – poco volentieri perché, appena partito l’angelo, Maria si mette in viaggio, in fretta. Per una decina di giorni è in strada.
«In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda» (Lc 1,39).
Anche nella casa della parente Elisabetta vi rimane per i giorni strettamente necessari: circa tre mesi. Nasce Giovanni e subito torna a casa (Lc 1,56).
Ritornata nella sua casa a Nazaret rimane poco, neanche sei mesi. Di fatto la incontriamo a Betlemme, quando dà alla luce Gesù (Lc 2,6). Subito dopo arriva la minaccia di Erode e quindi, questa volta suo malgrado, deve di nuovo mettersi in strada verso l’Egitto (Mt 2,18).
Raccontando la permanenza di Gesù dodicenne nel Tempio, Luca ci informa che a Gerusalemme Maria ci andava ogni anno (Lc 2,41) e se il 14 di Nisan era ai piedi della croce significa che anche quell’anno era andata puntualmente a Gerusalemme per la Pasqua.
Ci era parso così che di viaggi mariani ve ne erano a sufficienza per pensare Maria esperta di viaggi e di strada, Maria in uscita, Maria, Madonna della strada. Molti testi della Parola ci autorizzavano a sentire la Madre del Signore nostra compagna di viaggio e protettrice del missionario chiamato a consacrare a Dio la propria vita per lo stesso ideale del Fondatore, San Guido Maria Conforti.[10]
“Maria ha camminato sulle nostre strade”.
Così Papa Francesco ha terminato l’atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria (25 / 03 / 2022). In altra occasione l’aveva anche invocata come “Madonna della strada”[11].
Anche l’immagine della strada è significativa: l’umanità è una famiglia, abbiamo un unico Padre, ripete senza stancarsi San Guido, e i saveriani costruiscono strade e non muri e le percorrono per annunciare che non solo siamo figli per creazione, ma siamo chiamati ad essere fratelli in Gesù Cristo, redenti dal suo sangue[12].
Nell’icona (dipinta da Ulisse Passani), possiamo anche notare che il Bambino ha in mano il libro: Lui, la Parola che porta la Parola. In questa stessa immagine è stata resa evidente la stella sul manto di Maria così che potremmo anche chiamarla “Stella della evangelizzazione” come la definisce San Giovanni Paolo II in Novo Millennio Ineunte, 58.
Ecco infine la proposta
indicare a tutta la famiglia saveriana questa devozione – Maria, Madonna della Strada – nel modo che si crederà più opportuno: Dichiarazione, consacrazione o semplice consiglio mettendo fra le nostre feste o memorie il 28 novembre, data scritta dal Fondatore nel retro della pittura. Si potrebbe partire dal 28 novembre 2024, cento anni dopo l’invio in Cina da parte di Mons. Conforti dell’immagine della Madonna della Strada, la nostra Madre.
Alfiero Ceresoli, s.x.
Maggio 2022
[1] Negli ultimi due capitoli generali si è parlato di “crisi di identità” (XVI CG 22). “Questa identità carismatica nella pratica non riscontra sempre un’interpretazione condivisa. Tale incertezza si riflette anche sulla lettura del significato del ad extra e ad vitam” (XVII CG 28). I capitolari notano passività e inconsapevolezza.
[2] Parole dette il 25 settembre 2018 a Tallin in Estonia e riprese in FT 53.
[3] FT 64.
[4] Mi riferisco a Luigi Maria Epicoco, Massimo Recalcati, Enzo Bianchi, Alessandro Barbero…
[5] Intervista in YOUTUBE.
[6] Alessandro Barbero - I conflitti d'identità nella storia (Festival dell’Economia, 31-05-2009)
[7] Lezione registrata
[8] 1888, 26 agosto, Carignano (Parma) Lettera a don Clemente Antolini.
[9] Barsotti G., Più vivo dei vivi, Roma 1970, pp. 173-175,
[10] Confronta Costituzioni Saveriane. 1 e 17.
[11] 27 maggio 2019. E ancora: «Oggi abbiamo bisogno anche di una madre e affidiamo all’amore materno di Maria, Madonna della strada, Madonna dele innumeri strade dolorose i migrante e i rifugiati insieme agli abitanti delle periferie del mondo»
Ancora Papa Francesco «É la Madre della speranza; nel nostro cammino, nella nostra strada, Lei è la Madre della speranza. É la Madre anche che ci consola, la Madre della consolazione e la Madre che ci accompagna nel cammino. Adesso preghiamo la Madonna tutti insieme, a nostra Madre che ci accompagna nel cammino». (26 maggio 2013)
[12] Figli dello stesso Padre, redenti ad uno stesso prezzo, destinati ad una medesima gloria. (1902, 11 giugno, Roma, Prima lettera Pastorale ai Ravennati, in FCT 11, p. 447) Espressione ripetuta a Parma (1908, 4 marzo, Parma, Lettera Pastorale per l’inizio del suo episcopato a Parma).
Identité : défi et engagement
Une Mère au sein de l’identité xavérienne
Depuis plusieurs années, ce mot ou, peut-être mieux, ce problème est réapparu chez les Xavériens : identité. Il me semble comprendre que la Direction Générale le ressent précisément comme problème au bout de l’examen sur la situation de la congrégation quand elle écrit : « Tout cela parle clairement d’un faible sentiment d’identité xavérienne et, par conséquent, d’appartenance à la Famille. C’est une carence qui affaiblit la force prophétique de notre charisme »[1].
Je dois avouer que je n’avais jamais pensé de mettre en relation ces deux réalités : identité et appartenance. Et pourtant, le pape François les avait déjà rappelées comme interdépendantes dans son premier message aux personnes consacrées :
« Raconter sa propre histoire est indispensable pour maintenir vivante l’identité, ainsi que pour renforcer l’unité de la famille et le sens d’appartenance de ses membres ».
C’est tellement clair et limpide, et pourtant j’y ai peu réfléchi. Naturellement, j’ai surtout sous les yeux le Brésil Sud, où en quelques mois nous avons eu trois ou quatre passages de la famille xavérienne aux diocèses.
Fratelli tutti affirme aussi au n° 53 :
« On oublie qu’il n’y a pas pire aliénation que de faire l’expérience de ne pas avoir de racines, de n’appartenir à personne. Une terre sera féconde, un peuple portera des fruits et sera en mesure de générer l’avenir uniquement dans la mesure où il donne vie à des relations d’appartenance entre ses membres, dans la mesure où il crée des liens d’intégration entre les générations et les diverses communautés qui le composent ; et également dans la mesure où il rompt les spirales qui embrouillent les sens, en nous éloignant toujours les uns des autres »[2].
La même encyclique sur la fraternité et l’amitié sociale pose la question directe, explicite et décisive pour tous les baptisés, et donc aussi pour nous, membres d’une même famille missionnaire :
« À qui t’identifies-tu ? Cette question est dure, directe et décisive »[3].
Tout ceci m’a semblé une invitation à réfléchir. Tout d’abord, je suis parti du sens du mot, puis j’ai cherché des interventions de personnes qui me semblent fiables[4].
L’identité est l’ensemble des caractéristiques qui rendent les individus et les groupes uniques et reconnaissables.
Défi et engagement identitaire
Ce titre, donné par la CO.SU.MA. 2021 au document final de la réunion, me rapporte à un énoncé d’Enzo Bianchi :
« L’identité est une tâche, une chose qu’il faut faire, une chose importante qui doit être faite jamais sans les autres, jamais contre les autres. Elle ne peut pas être quelque chose que l’on garde pour soi, qui conduise à s’exprimer et à agir de manière autoréférentielle. C’est quelque chose qui trace un chemin d’humanisation. Plus il y a de contributions des autres et plus l’identité est riche, j’oserais même dire que l’identité est toujours plurielle, sinon ce n’est pas une véritable identité capable d’une dynamique vitale »[5].
L’historien Alessandro Barbero fait une recherche intéressante à partir des peuples les plus anciens, il passe ensuite à examiner les Perses, les Grecs, les Romains et le chemin d’identification de certains États modernes[6]. Nous nous intéressons à ses conclusions fondées sur des données historiques et non théoriques. Les identités sont aussi construites à partir de rien et peuvent être manipulées. Elles peuvent être inventées, mais une fois mises en œuvre, elles ont une force d’attraction énorme, tout dépend de combien la communauté, le pouvoir politique et les intellectuels veulent investir. Au fil du temps, elles nécessitent toujours un investissement pour être maintenues en vie et renforcées. Pour avoir des adhésions, il faut offrir une identité claire et forte.
Engagement, devoir, investissement... Les termes changent (les supérieurs majeurs, un moine, un historien), mais le l’appel fondamental demeure : que ce soit nous - les xavériens - responsables de la force attractive (grande ou petite) de notre identité et donc du sens d’appartenance et de l’unité de la famille. C’est un défi !
Nous avons explicitement reçu une « caractéristique qui devra distinguer les membres présents et futurs de notre société », un Testament à transmettre. Quel engagement ? Jusqu’où et comment investissons-nous pour accomplir cette tâche ?
Massimo Cacciari fait remarquer que notre culture a une identité fragile parce qu’elle a éliminé le père. Il réfléchit à la difficulté d’accepter un père que nous avons facilement tendance à considérer comme « maître ». Le rejet du père rend impossible l’opportunité d’être frères. « Un seul - continue le philosophe - n’est pas antagoniste du Père, il est même un avec le Père : Jésus Christ. En Jésus de Nazareth, nous pourrions peut-être sortir de l’inimitié et de la compétition. Cacciari continue en affirmant que nous avons oublié aussi la mère. Seule la femme et le cœur d’une femme « mère de Dieu », peut éliminer les compétitions et les guerres fratricides et pour nous, pour notre culture occidentale (soutient le philosophe), c’est Marie qui engendre l’amour. Il cite Dante :
Dans ton ventre s’est incendié l’amour,
pour moi dont le feu dans l’éternelle paix,
ainsi cette fleur a germé.
Le même philosophe dit que l’amour ne peut se rallumer que dans le ventre de la femme parce que c’est la femme qui engendre. Il conclut textuellement :
« Marie engendre le Dieu d’amour, le Dieu de la miséricorde et du pardon, le Dieu qui est seulement miséricorde et amour ; nous ne pouvons pas ici être seulement miséricorde et amour et si nous ne sommes pas communs (un - avec) dans la recherche de la miséricorde et de l’amour entre enfants, il y aura seulement et seulement guerre civile. Il faut régénérer le Dieu de l’amour»[7].
Une Mère au sein de l’identité xavérienne
Ces réflexions m’ont renvoyé à une expérience de laquelle est née une conviction qui prétend être une proposition fraternelle.
A Campinas (São Paolo - Brésil), la CRB (Conférence des Religieux du Brésil) organise chaque année cinq rencontres de cinq jours pour les novices de toutes les congrégations : NOVINTER : Noviciat inter-congrégationnel. Ce sont des semaines bien préparées et bien réalisées. Chaque semaine porte sur un thème : Psychologie vocationnelle, Christologie, Vie consacrée, Missiologie...

Lors de la rencontre du mois de mai, indépendamment du thème, une célébration est préparée au cours de laquelle chaque famille religieuse présente l’image de Marie dans la dévotion spécifique de la Congrégation. Nos novices qui devaient préparer la liturgie me posèrent le problème à travers cette question : nous, xavériens, quelle image de Marie présentons-nous ?
C’est vrai. Et nous ?
J’ai commencé par rappeler que dans chaque communauté chrétienne, j’avais facilement rencontré un signe du passage de religieux : l’image de Marie Auxiliatrice signalait le passage d’un salésien ; un tableau de la Vierge du Perpétuel Secours m’assurait qu’un rédemptoriste était passé ; si l’enfant dans les bras de sa mère avait un scapulaire à la main, il y avait certainement eu en quelque temps un curé carme. Je pourrais continuer. Et nous ? Insistaient les novices.
Instinctivement, j’ai pensé à Fontanellato : Notre dame du Rosaire. Mais elle me semble plus liée à Parme et à son évêque plutôt qu’aux Xavériens, aussi parce que nous ne pouvons pas perpétuer la fable du Père Guido qui va célébrer la première messe à Fontanellato pour une dévotion particulière à ce sanctuaire et pour remercier de sa santé retrouvée si mystérieusement. Guido Maria Conforti y va à contrecœur. Nous avons son manuscrit :
« J’avais pensé célébrer ma première Messe avec la plus grande solennité dans l’humble petite église du village natal, mais des raisons très fortes, des difficultés insurmontables m’ont fait changer, non sans douleur. Patience ! Je commencerai ma carrière par un sacrifice, et le jour après l’ordination je me rendrai au sanctuaire de Fontanellato, et à l’autel de la Vierge, je présenterai les personnes les plus chères, je goûterai les joies ineffables du plus beau jour de ma vie. Aurai-je le plaisir de t’avoir avec moi ? Si tu le peux et si ça ne dérange pas, ne me prive pas cette grande satisfaction »[8].
La lettre est écrite de sa main : Il va à Fontanellato « non sans douleur » ... « Avec sacrifice » !
Après quelques semaines de recherche, de dialogues et de propositions, nous sommes arrivés donc à l’image de la MADONNA DELLA STRADA (Notre dame de la route).
L’icône choisie ne fut pas celle du XIII-XIVe siècle vénérée dans l’Église du Jésus à Rome et célébrée par les jésuites le 24 mai, mais l’image présente dans le sanctuaire San Guido Maria Conforti à Parme. C’est une peinture d’Ulisse Passani (1848-1933) et offerte par le même peintre à Saint Guido (1915). L’histoire de cette peinture me semble significative. Le Fondateur des Xavériens l’a conservé pendant près de dix ans, jusqu’au 28 novembre 1924 quand il l’envoie en Chine avec une motivation bien précise et qui a été fondamentale dans la décision de présenter au NOVINTER cette image comme « Notre Mère ». Les jésuites la vénèrent, mais les novices dans nos rencontres n’en avaient jamais parlé.
San Guido a écrit de sa main :
« Notre Dame de la route devant laquelle saint Ignace et saint François-Xavier répandirent les sentiments de leur piété filiale ».
Conforti y a vu, donc, un anneau qui unit cette image et ce titre marial aux xavériens : Xavier avait répandu les sentiments de sa piété filiale aux pieds de cette icône. En l’envoyant en Chine, le Fondateur ne voulait-il pas confier aux mains de Marie, perpétuellement dans sur la route, les voyages et les routes parcourus par ses enfants sur le chemin de l’évangélisation ?
Le tableau, conservé par Mgr. Calza s.x. à qui il avait été envoyé, « passa entre les mains de son successeur, Mgr. Faustino M. Tissot, également Xavérien, qui, avant son expulsion de Chine (1953), réussit à le soustraire à une profanation certaine, en le cachant parmi les choses qu’il put sauver et à le ramener en Italie »[9].
Du Fondateur à la Chine et de la Chine à la maison mère en passant par une persécution ! Notre Dame de la Route pourrait bien être la dévotion mariale spéciale des Xavériens.
Ce choix nous a engagés à relire l’évangile pour vérifier quel fondement avait ce titre – Notre Dame de la Route – dans la Parole de Dieu. Nous ne nous intéressions pas beaucoup à la raison du nom à l’origine, qu’il soit dérivé du nom du propriétaire ou donné par les gens qui passaient dans l’une des rues à la sortie de Rome.
Et nous nous sommes demandés : où rencontrons-nous Marie dans les récits évangéliques ? Nous avons donc ouvert les évangiles et nous avons trouvé la première fois Marie chez elle :
« En entrant chez elle, dans une ville de la Galilée appelée Nazareth » (Lc 1,26-28).
Mais, elle semble rester dans la maison peu de temps et – il nous avait semblé – pas même volontiers parce que, dès que l’ange est parti, Marie se met en route, rapidement. Pendant une dizaine de jours, elle est sur la route.
« En ces jours-là, Marie se mit en route vers la montagne et atteignit en hâte une ville de Juda » (Lc 1,39).
Même dans la maison de Elisabeth, elle y reste pendant les jours strictement nécessaires : environ trois mois. Jean est né et elle est rentrée immédiatement à la maison (Lc 1,56).
De retour dans sa maison à Nazareth, elle reste peu de temps, pas même six mois. De fait, nous la rencontrons à Bethléem, quand elle donne naissance à Jésus (Lc 2, 6). Immédiatement après, arrive la menace d’Hérode et donc, cette fois indépendamment d’elle, elle doit à nouveau se mettre en route vers l’Egypte (Mt 2,18).
En racontant le séjour de Jésus âgé de douze ans dans le Temple, Luc nous informe que Marie allait chaque année à Jérusalem (Lc 2,41) et si le 14 Nisan elle était au pied de la croix, cela signifie que cette année-là aussi elle était allée ponctuellement à Jérusalem pour la Pâque.
Il nous avait ainsi semblé qu’il y avait assez de voyages mariaux pour penser Marie comme experte en voyages et en route, Marie en sortie, Marie, Notre Dame de la route. Beaucoup de textes de la Parole nous autorisaient à entendre la Mère du Seigneur, notre compagne de voyage et protectrice du missionnaire appelé à consacrer à Dieu sa vie pour le même idéal que le Fondateur, saint Guido Maria Conforti[10].
« Marie a marché sur nos routes ». C’est ainsi que le Pape François a achevé l’acte de consécration au Cœur Immaculé de Marie (25 / 03 / 2022). À une autre occasion, il l’avait également invoquée comme « Notre Dame de la route »[11].
L’image de la route est également significative : l’humanité est une famille, nous avons un seul Père, répète saint Guido sans se lasser, et les Xavériens construisent des routes et non des murs, et il les parcourent pour annoncer que non seulement nous sommes des enfants par création, mais nous sommes appelés à être frères en Jésus Christ, rachetés par son sang[12].
Dans l’icône (peinte par Ulisse Passani), nous pouvons également remarquer que l’Enfant tient le livre : Lui, la Parole qui porte la Parole. Dans cette même image, l’étoile sur le manteau de Marie a été rendue évidente, de sorte que nous pourrions aussi l’appeler « Etoile de l’évangélisation » comme l’appelle saint Jean-Paul II dans Novo Millennio Ineunte 58.
Voici enfin une proposition
Indiquer à toute la famille xavérienne cette dévotion – Marie, Notre Dame de la Route – bien entendu, sous la forme qui sera jugée appropriée : Déclaration, consécration ou simple conseil, en l’incluant parmi nos fêtes ou mémoires, le 28 novembre, date écrite par le Fondateur au verso de la peinture. On pourrait partir du 28 novembre 2024, cent ans après l’envoi en Chine, par Mons. Conforti, de l’image de Notre Dame de la Route, notre Mère.
Alfiero Ceresoli, sx.
Mai 2022
[1] Dans les deux derniers chapitres généraux, on a parlé de « crise d’identité » (XVI CG 22). « Cette identité charismatique dans la pratique ne rencontre pas toujours une interprétation commune. Cette incertitude se reflète également dans la lecture de la signification de ad extra et ad vitam » (XVII CG 28). Les capitulaires notent la passivité et l’inconscience.
[2] Paroles prononcées le 25 septembre 2018 à Tallinn en Estonie et reprises dans FT 53.
[3] FT 64.
[4] Je fais référence à Luigi Maria Epicoco, Massimo Recalcati, Enzo Bianchi, Alessandro Barbero...
[5] Interview sur YOUTUBE.
[6] Alessandro Barbero - Les conflits d’identité dans l’histoire (Festival de l’économie, 31-05-2009).
[7] Leçon enregistrée.
[8] 1888, 26 août, Carignano (Parme) Lettre au père Clemente Antolini.
[9] Barsotti G., Plus vivant que les vivants, Rome 1970, pp. 173-175.
[10] Voir les Constitutions Xavériennes. 1 et 17.
[11] 27 mai 2019. Et encore : « Aujourd’hui, nous avons aussi besoin d’une mère et nous confions à l’amour maternel de Marie, Notre Dame de la route, Mère d’innombrables routes douloureuses les migrants et les réfugiés ainsi que les habitants des périphéries du monde ».
Le Pape François toujours : « Elle est la Mère de l’espérance ; sur notre chemin, sur notre route, elle est la Mère de l’espérance. C’est aussi la Mère qui nous console, la Mère de la consolation et la Mère qui nous accompagne sur le chemin. A présent, prions la Vierge tous ensemble, notre Mère qui nous accompagne sur le chemin » (26 mai 2013).
[12] Fils du même Père, rachetés à un même prix, destinés à une même gloire. (1902, 11 juin, Rome, Première Lettre Pastorale aux chrétiens de Ravenna, en FCT 11, p. 447). Expression répétée à Parme (1908, 4 mars, Parme, Lettre pastorale pour le début de son épiscopat à Parme).
Identity: challenge and commitment
A Mother for the Xaverian identity
For several years now, this word or, perhaps better, this problem has reappeared in the Xaverian Family: identity. I seem to understand that the General Direction feels this precisely as a problem when it concludes the examination of the state of the congregation by writing: "All this clearly speaks of a weak sense of Xaverian identity and, consequently, of belonging to the Family. It is a deficiency that weakens the prophetic force of our charism[1].
I must confess that I had never thought of combining these two realities together: identity and belonging. Yet, Pope Francis had already remembered them as interdependent in his first message to consecrated women and men:
"Telling one's story is essential to keep identity alive, as well as to strengthen the unity of the family and the sense of belonging of its members".
Crystal clear: yet I have thought little about it. Of course, I have in front of me the situation of South Brazil where, in the last few months, we have had three or four confreres who have transferred from the Xaverian Family to the dioceses.
Also, Fratelli Tutti affirms in n. 53:
"We forget that “there is no worse form of alienation than to feel uprooted, belonging to no one. A land will be fruitful, and its people bear fruit and give birth to the future, only to the extent that it can foster a sense of belonging among its members, create bonds of integration between generations and different communities, and avoid all that makes us insensitive to others and leads to further alienation”[2].
The same encyclical on fraternity and social friendship launches the direct, explicit, and decisive question for all the baptized, and therefore also for us members of the same missionary family:
"Whom do you identify with? This question is hard, direct, and decisive[3].
All this and more seemed to me an invitation to reflect. First of all, I started from the meaning of the word, then I looked for interventions by people who seem reliable to me[4].
Identity is the set of characteristics that make individuals and groups unique and recognizable.
Challenge and commitment to identity
This title, given by CO.SU.MA. 2021 to the final document of the meeting, connects me to a statement by Enzo Bianchi:
"Identity is a task, something that must be done; the important thing that it must never be done without others, never against others. It cannot be something that one keeps for oneself that leads him to express himself and act in a self-referential way. Something that traces a path of humanization. The more contributions from others, the richer the identity. I would dare to say that identity is always plural otherwise it is not a true identity capable of a vital dynamic[5].
The historian Alessandro Barbero does interesting research starting from the most ancient peoples, then goes on to examine the Persians, the Greeks, the Romans, and the path of identification of some modern states[6]. We are interested in his conclusions based on historical and not theoretical data. Identities are also built from scratch and can be manipulated. They can also be invented, but once implemented they have an enormous force of attraction, it all depends on how much the community, political power and intellectuals intend to invest. Over time they always require investment to be kept alive and strengthened. To have adhesions, it is necessary to offer a clear and strong identity.
Commitment, task, investment ... The terms change (from major superiors, a monk, a historian), but the fundamental reminder remains: let us - the Xaverians - be responsible for the greater or lesser attractive force of our identity and therefore for the sense of belonging and of the unity of our family. It's a challenge!
We have explicitly received a "characteristic that will have to distinguish the present and future members of our society", a ... testament to be passed on. What commitment? How many and what investments to carry out this task?
Massimo Cacciari, an Italian philosopher, points out that our culture has a fragile identity because it has eliminated the father. He reflects on the difficulty in accepting a father whom we easily tend to consider "master". The refusal of the father makes it impossible to be brothers. Only one - continues the philosopher - is not an antagonist of the Father, rather he is one with the Father: Jesus Christ. In Jesus of Nazareth, perhaps we might be able to get out of enmity and competition. Cacciari continues stating that we have also forgotten the mother. Only the woman and the heart of a woman "mother of God" can eliminate fratricidal competitions and wars and for us, for our Western culture (says the philosopher) it is Mary who generates love. I quote Dante Alighieri:
Love gathered in your womb,
for whose fire in eternal peace,
thus, this flower germinated.
The same philosopher says that love can only be rekindled in the womb of a woman because she is the woman she generates. He concludes verbatim:
"Mary generates the God of love, the God of mercy and forgiveness, the God who is only mercy and love; we here cannot be only mercy and love and if we are not common (one) in seeking mercy and love between children there will only and only be civil war. We need to regenerate the God of love”[7].
A Mother for the xaverian identity
These reflections sent me back to an experience which gave rise to a conviction that you claim to be a fraternal proposal.
In Campinas (São Paolo - Brazil) the CRB (Conference of Religious of Brazil) organizes every year five five-day meetings for novices from all congregations: NOVINTER: Inter-Congregational Novitiate. These are weeks well prepared and well done. Each week has a theme: Vocational Psychology, Christology, Consecrated Life, Missiology ...

In the meeting that took place in this May, regardless of the theme, a celebration is prepared in which each religious family presents the image of Mary in the specific devotion of the Congregation. Our novices who had to prepare the liturgy posed the problem to me through this question: we, Xaverians, what image of Mary do we present?
It was true. And what about us?
I began by recalling that in every Christian community, I had easily encountered a sign of the passage of religious: the image of Mary Help of Christians signaled the passage of a Salesian; a picture of Our Lady of Perpetual Help assured me that a Redemptorist had passed; if the child in his mother's arms had a scapular in his hand, there certainly had been a Carmelite parish priest at some time. I could go on. And we? The novices insisted.
Instinctively I thought of Fontanellato: the Madonna del Rosario. However, it seems to me more linked to Parma and its bishop rather than to the Xaverians, also because we cannot perpetuate the story of Father Guido who goes to celebrate the first mass in Fontanellato for particular devotion to this sanctuary and to thank for his recovered health so mysteriously. Guido Maria Conforti goes there reluctantly. We have his manuscript:
"I had decided to celebrate my first Mass with the utmost solemnity in the humble church of my native village, but very strong reasons, insurmountable difficulties made me change my division, not without my pain. Patience! I will begin my career with a sacrifice, and the day following the ordination I will go to the Sanctuary of Fontanellato, and to the altar of the Madonna, with the dearest people present, I will taste the ineffable joys of the most beautiful day of my life. Will I have the pleasure of having you with me? If you can without your discomfort, deh! do not deny me so much favor![8].
They are his own words: he goes to Fontanellato "not without my pain" ... "With a sacrifice"!
After a few weeks of research, dialogues, and proposals, we “arrived” at MADONNA DELLA STRADA.
The icon chosen, however, was not that of the thirteenth / fourteenth century venerated in the Chiesa del Gesù in Rome and celebrated by the Jesuits on May 24, but the image present in the Shrine of San Guido Maria Conforti in Parma. It is a painting by Ulisse Passani (1848-1933) and donated by the same painter to Saint Guido (1915). The story of that painting seems significant to me.
The Founder of the Xaverians kept it for almost ten years, when on November 28, 1924 he sent it to China with a very specific reason and which was fundamental: to present this image to novices as "Our Mother". The Jesuits venerate it, but the novices in our meetings had never talked about it.
San Guido wrote in his own hand on the back:
"Madonna della Strada before which St. Ignatius and St. Francis Xavier poured out the sentiments of their filial piety".
Conforti saw in it, therefore, a link that unites this Marian image and title to the Xaverians: Saverio had poured out the sentiments of his filial piety at the foot of this icon. By sending her to China, did the Founder not perhaps want to entrust to Mary's hands, perpetually on the road, the journeys and paths traveled by her children on the path of evangelization?
The painting, preserved by Mons. Calza s.x. to whom it had been sent, “passed into the hands of his successor, Msgr. Faustino M. Tissot, also a Xaverian, who, before his expulsion from China (1953), managed to free it from certain profanation, hiding it among the few things he could save and bring it back to Italy[9].
From the Founder to China and from China to the Mother House through a persecution! The Madonna della Strada (Notre Dame de la Route- Our Lay of the road) may well be the special Marian devotion of the Xaverians.
This choice committed us to re-read the Gospel to verify what foundation this title - Madonna della Strada - had in God’s Word. Originally, we were not much interested in the reason for the title, whether it was derived from the name of the owner or given by the people passing by on one of the roads on the way out of Rome. We asked ourselves: where do we meet Mary in the Gospel?
So, we open the Gospels and find Mary first in her home:
"Entering her house, into a city of Galilee called Nazareth" (Lk 1: 26-28).
But she seems to stay at home for a short time and - it seemed to us - unwillingly because, as soon as the angel leaves, Mary sets off on her journey, quickly. For about ten days she is on the street.
“In those days Mary set out towards the mountain and quickly reached a city of Judah" (Lk 1:39).
Also, in the house of her relative Elizabeth, she remains there for the strictly necessary days: about three months. John is born and immediately she returns home (Lk 1,56).
She returned to her house in Nazareth and she stayed for little, not even six months. In fact, we meet her in Bethlehem, when she gives birth to Jesus (Lk 2: 6). Immediately afterwards, Herod's threat arrives and therefore, this time in spite of her, she must once again set out on her way to Egypt (Mt 2:18).
Recounting the 12-year-old Jesus' stay in the Temple, Luke informs us that Mary went to Jerusalem every year (Lk 2:41) and if on Nisan 14 she was at the foot of the cross, it means that that year too she went punctually to Jerusalem for Passover.
It thus seemed to us that there were enough Marian journeys that can help us think of Mary as an expert in travel and on the road. Mary on the way out, Mary, Our Lady of the road. Many texts from the Word of God authorized us to feel the Mother of the Lord as our traveling companion; as protector of the missionary called to consecrate his life to God for the same ideal of the Founder, Saint Guido Maria Conforti[10].
"Mary has walked on our roads”.
This is how Pope Francis ended his Act of Consecration to the Immaculate Heart of Mary (25 / 03 / 2022). On another occasion he had also invoked her as "Our Lady of the Road”[11].
The image of the road is also significant: humanity is a family. Our founder, Saint Guido repeats without getting tired that the Xaverians must build roads, and not walls, and walk through them to announce that not only we are children by creation, but we are called to be brothers and sisters in Jesus Christ, redeemed by his blood [12].
In the icon (painted by Ulysses Passani), we can also note that the Child is holding the book: He, the Word who carries the Word. In this same image the star on Mary's mantle was made evident so that we could also call her the "Star of evangelization" as Saint John Paul II defines it in Novo Millennio Ineunte, 58.
Finally, here is the proposal
Indicate this devotion to the whole Xaverian family - Mary, Our Lady of the Road - in the way that we think is most appropriate: Declaration, consecration, or simple advice by putting November 28, the date written by the Founder on the back of the painting, among our feasts or memories. It could start on November 28, 2024, one hundred years after Mons. Conforti sent the image of Our Lady of the Road, our Mother, to China.
By Father Alfiero Ceresoli sx
May 2022
[1] In the last two general chapters "identity crisis", was among the topics (XVI GC 22). "This charismatic identity in practice does not always find a shared interpretation. This uncertainty is also reflected in the reading of the meaning of ad-extra and ad-vitam” (XVII GC 28). The capitulars noted passivity and unawareness.
[2] Words spoken on September 25, 2018 in Tallin, Estonia and expressed in Fratelli Tutti No. 53.
[3] Fratelli Tutti No. 64
[4] I refer to Luigi Maria Epicoco, Massimo Recalcati, Enzo Bianchi, Alessandro Barbero
[5] Interview on YOUTUBE
[6] Alessandro Barbero - Identity conflicts in history (Festival dell’Economia, 31-05-2009)
[7] Recorded lesson.
[8] August 26, 1888, Carignano (Parma) Letter to Don Clemente Antolini.
[9] Barsotti G., More alive than the living, Rome 1970, pp. 173-175.
[10] Compare Xaverian Constitutions. 1 and 17
[11]May 27, 2019. And again: "Today we also need a mother and we entrust to the maternal love of Mary, Our Lady of the road, Our Lady of the countless painful roads, migrants and refugees together with the inhabitants of the peripheries of the world". Again, Pope Francis says, « she is the Mother of hope on our way. She is also the Mother who consoles us, the Mother of consolation and the Mother who accompanies us on the journey. Now let us pray to Our Lady all together, to our Mother who accompanies us on the journey ». (May 26, 2013)
[12] Sons of the same Father, redeemed at the same price, destined for the same glory. (June 11, 1902, Rome, First Pastoral Letter to Ravenna, in FCT 11, p. 447.) Expression repeated in Parma (March 04 1908, Parma, Pastoral Letter for the beginning of his episcopate in Parma).
IDENTIDADE: desafio e compromisso
Uma Mãe na identidade Saveriana
Há vários anos essa palavra ou, talvez melhor, esse problema reapareceu no cenário xaveriano: identidade. Parece-me entender que a Direção Geral sente isso precisamente como um problema quando conclui o exame do estado da Congregação escrevendo: "Tudo isso fala claramente de um fraco sentido de identidade xaveriana e, consequentemente, de pertença à Família. É uma deficiência que enfraquece a força profética do nosso carisma” [1].
Devo confessar que nunca tinha pensado em combinar essas duas realidades: identidade e pertença. No entanto, o Papa Francisco já as havia lembrado como interdependentes em sua primeira mensagem aos consagrados e consagradas:
“Contar a própria história é essencial para manter a identidade viva, bem como para fortalecer a unidade da família e o sentimento de pertença de seus membros”.
Claro e límpido, mas tenho pensado pouco sobre isso. Naturalmente, tenho sob meus olhos todo o sul do Brasil, onde em poucos meses tivemos três ou quatro transferências da família xaveriana para as dioceses.
A FRATELLI TUTTI também nos diz:
“Esquecemos que não há alienação pior do que experimentar não ter raízes, não pertencer a ninguém. Uma terra será fecunda, um povo dará frutos e será capaz de gerar um futuro somente na medida em que cria relações de pertença entre seus membros, na medida em que cria laços de integração entre as gerações e as diferentes comunidades que a compõe; e também na medida em que quebra as espirais que obscurecem os sentidos, distanciando-nos sempre uns dos outros” [2].
A mesma encíclica sobre a fraternidade e a amizade social lança a pergunta direta, explícita e decisiva para todos os batizados e, portanto, também para nós, membros da mesma família missionária xaveriana:
“Com quem você se identifica? É uma pergunta sem rodeios, direta e determinante” [3].
Tudo isso e muito mais me pareceu um convite à reflexão. Primeiro parti do significado da palavra, depois procurei intervenções de pessoas que me parecessem confiáveis [4].
A identidade é o conjunto de características que tornam os indivíduos e grupos únicos e reconhecíveis.
Desafio e compromisso de identidade
Este título, dado pela COSUMA ao documento final, me conecta a um enunciado de Enzo Bianchi:
“A identidade é uma tarefa, algo que deve ser feito, o importante que nunca deve ser feito sem os outros, nunca contra os outros. Não pode ser algo que se guarda para si que o leva a se expressar e agir de forma auto referencial. Algo que traça um caminho de humanização. Quanto mais contribuições de outros, mais rica é a identidade, ouso dizer que a identidade é sempre plural senão não é uma verdadeira identidade capaz de uma dinâmica vital” [5].
O historiador Alessandro Barbero faz uma interessante pesquisa partindo dos povos mais antigos, depois passa a examinar os persas, os gregos, os romanos e o caminho de identificação de alguns estados modernos [6]. Estamos interessados em suas conclusões baseadas em dados históricos e não teóricos. As identidades também são construídas do zero e podem ser manipuladas. Elas também podem ser inventadas, mas uma vez implementadas têm uma enorme força de atração, tudo depende de quanto a comunidade, o poder político e os intelectuais pretendem investir. Ao longo do tempo elas sempre exigem investimentos para se manterem vivas e fortalecidas. Para ter adesões é preciso oferecer uma identidade clara e forte.
Compromisso, tarefa, investimento... Mudam-se os termos (os superiores maiores, um monge, um historiador), mas fica o lembrete fundamental: somos nós - os xaverianos - responsáveis pela maior ou menor força atrativa de nossa identidade e, portanto, pelo sentimento de pertença e da unidade familiar. É um desafio!
Recebemos explicitamente uma "característica que deverá distinguir os membros presentes e futuros da nossa sociedade", um... testamento a ser transmitido. Que compromisso? Quantos e quais investimentos para realizar esta tarefa?
Massimo Cacciari aponta que nossa cultura tem uma identidade frágil porque eliminamos o pai e reflete sobre a dificuldade de aceitar um pai que facilmente consideramos patrão. A recusa do pai torna impossível sermos irmãos. Apenas um - continua o filósofo - não é um antagonista do Pai, mas é um com o Pai: Jesus Cristo. Em Jesus de Nazaré, talvez possamos sair da inimizade e da competição. O orador continua afirmando que também nos esquecemos da mãe. Só a mulher e o coração de uma mulher "mãe de Deus" podem eliminar as competições fratricidas e as guerras e para nós, para a nossa cultura ocidental (continua o filósofo) é Maria quem gera o amor. Ele cita Dante:
Amor reunido em seu ventre,
por cujo fogo em paz eterna,
assim esta flor germinou.
O mesmo filósofo diz que o amor só pode ser reacendido no ventre de uma mulher porque é a mulher que gera. Ele conclui textualmente:
“Maria gera o Deus de amor, o Deus da misericórdia e perdão, o Deus que é somente misericórdia e amor; aqui não podemos ser só misericórdia e amor e se não formos comuns (com-um) na busca de misericórdia e amor entre os filhos haverá somente guerra civil. O Deus de amor deve ser regenerado" [7].
Uma Mãe na identidade xaveriana
Estas reflexões remeteram-me a uma experiência que deu origem a uma convicção que pretende ser uma proposta fraterna.
Em Campinas (São Paulo - Brasil) a CRB (Conferência dos Religiosos do Brasil) organiza todos os anos cinco encontros de cinco dias para noviços de todas as congregações: NOVINTER: Noviciado Inter-congregacional. São semanas bem preparadas e bem feitas. Cada semana desenvolve um tema: Psicologia Vocacional, Cristologia, Vida Consagrada, Missiologia...

No encontro de maio, independentemente do tema, é preparada uma celebração em que cada família religiosa apresenta a imagem de Maria na devoção específica da Congregação. Nossos noviços que tinham que preparar a liturgia me colocaram o problema: nós xaverianos, que imagem de Maria apresentamos?
É verdade, e nós? Comecei lembrando que em todas as comunidades cristãs havia encontrado facilmente um sinal da passagem de um religioso: a imagem da Auxiliadora assinalava a passagem de um salesiano; uma imagem de Nossa Senhora do Perpétuo Socorro me garantiu que um Redentorista havia passado; se a criança nos braços da mãe tinha um escapulário na mão, certamente houve um pároco carmelita em algum momento. Eu poderia continuar. E nós? Os noviços insistiram.
Instintivamente pensei em Fontanellato: Nossa Senhora do Rosario. No entanto, parece-me mais ligada a Parma e ao seu bispo do que aos xaverianos, também porque não podemos perpetuar a história do padre Guido que vai celebrar a primeira missa em Fontanellato por uma devoção particular a este santuário e para agradecer a sua recuperação da saúde tão misteriosamente. Padre Guido Maria Conforti vai para lá com relutância. Temos seu manuscrito:
"Havia decidido celebrar minha primeira missa com a maior solenidade na humilde igreja da minha cidade natal, mas razões muito fortes, dificuldades insuperáveis me fizeram mudar os planos, não sem minha dor. Paciência! Começarei minha carreira com um sacrifício, e no dia seguinte à ordenação irei ao Santuário de Fontanellato, e ao altar de Nossa Senhora, com as pessoas mais queridas presentes, provarei as alegrias inefáveis do mais belo dia de minha vida. Terei o prazer de tê-lo comigo? Se puder sem o seu desconforto, deh! não me negue tanta satisfação!" [8].
A carta é de sua mão: ele vai para Fontanellato "não sem minha dor"... "Com sacrifício"!
Após algumas semanas de pesquisas, diálogos e propostas, chegamos a NOSSA SENHORA DA ESTRADA.
O ícone escolhido, no entanto, não foi o do século XIII/XIV venerado na Igreja de Jesus em Roma e celebrado pelos jesuítas em 24 de maio, mas a imagem presente no santuário de São Guido Maria Conforti em Parma. É uma pintura de Ulisse Passani (1848-1933) e doada pelo mesmo pintor a São Guido (1915). A história dessa pintura me parece significativa.
O Fundador dos Xaverianos guardou-a durante quase dez anos, quando em 28 de novembro de 1924 a enviou à China com um motivo muito específico e que foi fundamental na decisão de apresentar esta imagem no NOVINTER como a "Nossa Mãe". Os jesuítas a veneram, mas os noviços em nossas reuniões nunca falaram sobre isso.
São Guido escreveu de próprio punho no verso:
"Nossa Senhora da Estrada diante do qual Santo Inácio e São Francisco Xavier derramaram os sentimentos de sua piedade filial".
Conforti viu nela, portanto, um anel que une essa imagem e esse título mariano aos xaverianos: Xavier havia derramado os sentimentos de sua piedade filial aos pés desse ícone. Ao enviá-la à China, não quis o Fundador confiar nas mãos de Maria, perpetuamente na estrada, as viagens e os caminhos percorridos por seus filhos no caminho da evangelização?
A pintura, conservada por Mons. Calza s.x. a quem foi enviado “passou para as mãos de seu sucessor, Mons. Faustino M. Tissot, também xaveriano, que, antes de sua expulsão da China (1953), conseguiu libertá-la de certa profanação, escondendo-a entre as poucas coisas que conseguiu salvar e trazê-la de volta à Itália” [9].
Do Fundador para a China e da China para a Casa mãe passando por uma perseguição! Poderia ser a especial devoção mariana dos xaverianos.
Essa escolha nos comprometeu a reler os Evangelhos para verificar que fundamento este título tinha na palavra de Deus. Não nos interessava muito a razão do nome original, se derivava do nome do proprietário ou se foi dado pelas pessoas que passavam em uma das ruas, na saída de Roma. Nós nos perguntamos: onde encontramos Maria nas passagens do Evangelho?
Então, vamos abrir os Evangelhos e encontrar Maria em casa pela primeira vez:
"No sexto mês, o anjo Gabriel foi enviado por Deus a uma cidade da Galileia, chamada Nazaré," (Lc 1, 26-28).
Mas, ela parece ficar em casa por pouco tempo e - nos pareceu - sem vontade porque, assim que o anjo sai, ela sai rapidamente. Por cerca de dez dias ela está na estrada.
"Naqueles dias, Maria partiu para o monte e chegou rapidamente a uma cidade de Judá" (Lc 1,39).
Também na casa de sua parenta Isabel permanece lá pelos dias estritamente necessários: cerca de três meses. João nasce e logo volta para casa (Lc 1,56).
Voltando para sua casa em Nazaré, ela permanece por pouco, nem seis meses. De fato, nós a encontramos em Belém, quando ela dá à luz Jesus (Lc 2, 6). Imediatamente depois, chega a ameaça de Herodes e, portanto, desta vez contra sua vontade, ela deve novamente partir para o Egito (Mt 2,18).
Relatando a permanência de Jesus aos 12 anos no Templo, Lucas nos informa que Maria ia todos os anos a Jerusalém (Lc 2,41) e se em 14 de nisã ela estava aos pés da cruz, significa que naquele ano também ela foi pontualmente a Jerusalém para a Páscoa.
Pareceu-nos que havia viagens marianas suficientes para pensar em Maria como uma perita em viagem e na estrada, Maria em saída, Maria Nossa Senhora da estrada. Muitos textos da Palavra nos autorizam a sentir a Mãe do Senhor nossa companheira de viagem e protetora do missionário chamado a consagrar sua vida a Deus pelo mesmo ideal do Fundador, São Guido Maria Conforti [10].
“Maria caminhou pelas nossas estradas”. Assim o Papa Francisco concluiu o ato de consagração ao Imaculado Coração de Maria (25/03/2022). Em outra ocasião, ele também a invocou como "Nossa Senhora da estrada" [11].
A imagem da estrada também é significativa: a humanidade é uma família, temos um Pai, repete São Guido sem se cansar, e os xaverianos constroem estradas e não muros e caminham por elas para anunciar que não somos apenas filhos por criação, mas somos chamados a sermos irmãos em Jesus Cristo, redimidos pelo seu sangue [12]. Também podemos notar na imagem que a Criança está segurando o livro, Ele é a Palavra que carrega a Palavra. Nesta mesma imagem foi evidenciada a estrela no manto de Maria para que pudéssemos chamá-la também de “Estrela da evangelização”, como a define São João Paulo II em Novo millennio ineunte, 58.
Enfim a proposta
Indicar esta devoção – Maria, Madonna della Strada - a toda a família xaveriana da forma que achar mais adequada: Declaração, consagração ou simples conselho, colocando entre nossas festas ou memórias o dia 28 de novembro, data escrita pelo Fundador no verso da pintura. Poderíamos começar a partir do 28 de novembro de 2024 cem anos depois o envio à China por Dom Conforti da imagem da Nossa Senhora da Estrada, a nossa Mãe.
Alfiero Ceresoli, s,x,
01 de maio de 2022
[1] Nos dois últimos Capítulos Gerais falou-se de uma "crise de identidade" (XVI CG 22). "Essa identidade carismática na prática nem sempre encontra uma interpretação compartilhada. Essa incerteza também se reflete na leitura do significado de ad extra e ad vitam” (XVII CG 28). Os capitulares notam a passividade e a inconsciência.
[2] Palavras ditas em 25 de setembro de 2018 em Tallin, Estônia e retomadas em FT 53.
[3] FT 64.
[4] Refiro-me a Luigi Maria Epicoco, Massimo Recalcati, Enzo Bianchi, Alessandro Barbero...
[5] Entrevista no YOUTUBE,
[6] Alessandro Barbero - I conflitti d'identità nella storia (Festival dell’Economia, 31-05-2009).
[7] Aula gravada.
[8] 1888, 26 de agosto, Carignano (Parma) Carta a Dom Clemente Antolini.
[9] Barsotti G., Più vivo dei vivi, Roma 1970, pp. 173-175,
[10] Compare as Constituições Xaverianas nos números 1 e 17.
[11] 27 de maio de 2019. E ainda: "Hoje também precisamos de uma mãe e confiamos ao amor materno de Maria, Nossa Senhora da estrada, Nossa Senhora das inúmeras estradas dolorosas, migrantes e refugiados junto com os habitantes das periferias do mundo"
Novamente o Papa Francisco «Ela é a Mãe da esperança; em nosso caminho, em nossa estrada, ela é a Mãe da esperança. É também a Mãe que nos consola, a Mãe da consolação e a Mãe que nos acompanha no caminho. Agora rezemos todos juntos a Nossa Senhora, à nossa Mãe que nos acompanha no caminho». (26 de maio de 2013)
[12] Filhos do mesmo Pai, redimidos pelo mesmo preço, destinados à mesma glória. (1902, 11 de junho, Roma, Primeira Carta Pastoral a Ravena, in FCT 11, p. 447) Expressão repetida em Parma (1908, 4 de março, Parma, Carta Pastoral para o início do episcopado em Parma).
Una madre en la identidad javeriana
Desde hace ya varios años ha reaparecido esta palabra o, quizás mejor, este problema: la identidad. Me parece entender que la Dirección General lo siente justamente como un problema cuando concluye el examen del estado de la congregación escribiendo: «Todo esto habla claramente de un débil sentido de la identidad javeriana y, por consecuencia, de pertenencia a la Familia. Es una carencia que debilita la fuerza profética de nuestro carisma»[1].
Debo confesar que nunca había pensado en asociar estas dos realidades: identidad y pertenencia. Sin embargo, el Papa Francisco ya las había recordado como interdependientes en su primer mensaje a los consagrados y consagradas:
«Contar la propia historia es indispensable para mantener viva la identidad, así como para reforzar la unidad de la familia y el sentido de pertenencia de sus miembros».
Claro y límpido, pero yo he reflexionado poco en ello. Por supuesto, tengo ante mis ojos sobre todo el sur de Brasil, donde en pocos meses hemos tenido tres o cuatro transiciones de la Familia javeriana a las diócesis.
También Fratelli Tutti afirma que:
«Se olvida que no existe peor alienación que experimentar que no se tienen raíces, que no se pertenece a nadie. Una tierra será fecunda, un pueblo dará fruto, y podrá engendrar el día de mañana, sólo en la medida que genere relaciones de pertenencia entre sus miembros, que cree lazos de integración entre las generaciones y las distintas comunidades que la conforman; y también en la medida que rompa los círculos que aturden los sentidos alejándonos cada vez más los unos de los otros» (53)[2].
La misma encíclica sobre la fraternidad y la amistad social lanza la pregunta directa, explícita y decisiva para todos los bautizados, y por tanto también para nosotros, miembros de la misma Familia misionera:
«¿Con quién te identificas? Esta pregunta es dura, directa y decisiva»[3].
He sentido todo esto y otras cosas más como una invitación a la reflexión. En primer lugar, he partido del significado de la palabra, luego busqué intervenciones de personas que me parecen fiables[4].
La identidad es el conjunto de características que hacen que los individuos y los grupos sean únicos y reconocibles.
Reto y compromiso identitario
Este título, que la CO.SU.MA. 2021 ha dado al documento final de la reunión, me remite a una declaración de Enzo Bianchi:
«La identidad es una tarea, algo que hay que hacer, lo importante es que nunca hay que hacerlo sin los demás, nunca contra los demás. No puede ser algo que uno guarde para sí mismo, algo que lleve a expresarse y actuar de forma autorreferencial. Es algo que traza un camino de humanización. Cuantas más aportaciones haya de los demás, más rica será la identidad; me atrevo a decir que la identidad es siempre plural, de lo contrario no es una verdadera identidad capaz de una dinámica vital»[5].
El historiador Alessandro Barbero realiza un interesante estudio que comienza con los pueblos más antiguos, pasa luego a examinar a los persas, a los griegos, a los romanos y el camino de identificación de algunos estados modernos[6]. A nosotros nos interesan sus conclusiones basadas en datos históricos y no teóricos. Las identidades se construyen también de la nada y pueden ser manipuladas. Igual se pueden inventar, pero una vez puestas en marcha tienen una enorme fuerza de atracción, todo depende de lo que la comunidad, el poder político y los intelectuales estén dispuestos a desarrollar. Con el paso del tiempo, siempre requieren inversiones para mantenerse vivas y reforzadas. Para ganar adeptos, hay que ofrecer una identidad clara y fuerte.
Compromiso, tarea, inversión... Los términos cambian (los superiores mayores, un monje, un historiador), pero la llamada fundamental permanece: somos nosotros -los Javerianos- los responsables del mayor o menor atractivo de nuestra identidad y, por tanto, del sentido de pertenencia y de la unidad de la Familia. ¡Esto es un reto!
Nosotros hemos recibido explícitamente una “característica que debe distinguir a los miembros presentes y futuros de nuestra sociedad”, un... testamento a transmitir. ¿Qué compromiso? ¿Cuántas y cuáles inversiones hay que asumir para cumplir esta tarea?
Massimo Cacciari señala que nuestra cultura tiene una identidad frágil porque ha eliminado al padre. Reflexiona sobre la dificultad de aceptar a un padre al que fácilmente tendemos a considerar como “patrón”. El rechazo del padre hace imposible ser hermanos. Sólo uno -continúa el filósofo- no es antagonista al Padre, es más, es alguien que es uno con el Padre: Jesucristo. En Jesús de Nazaret, tal vez podamos salir de la enemistad y la competición. Cacciari continúa diciendo que también hemos olvidado a la madre. Sólo la mujer y el corazón de una mujer “madre de Dios” puede eliminar la competición y las guerras fratricidas, y para nosotros, para nuestra cultura occidental (argumenta el filósofo) es María quien genera el amor. Cita a Dante:
«En tu vientre se encendió el amor,
por cuyo calor, en la eterna paz,
germinó esta flor».
El mismo filósofo dice que el amor sólo puede encenderse en el vientre de la mujer porque es la mujer la que genera. Concluye textualmente:
«María engendra al Dios del amor, el Dios de la misericordia y del perdón, el Dios que es sólo misericordia y amor; nosotros aquí no podemos sino ser sólo misericordia y amor y si no somos comunes (con-unos) en la búsqueda de la misericordia y el amor entre los hijos, habrá sólo y únicamente guerra civil. Hay que regenerar al Dios del amor»[7].
Una madre en la identidad javeriana
Estas reflexiones me remitieron a una experiencia de la que nació una convicción que pretende ser una propuesta fraternal.
En Campinas (São Paolo - Brasil) la CRB (Conferencia de Religiosos de Brasil) organiza cada año cinco encuentros de cinco días para novicios de todas las congregaciones: NOVINTER: Noviciado intercongregacional. Son semanas bien preparadas y realizadas. Cada semana desarrolla un tema: Psicología Vocacional, Cristología, Vida Consagrada, Misionología...

En la reunión de mayo, independientemente del tema, se prepara una celebración en la que cada familia religiosa presenta la imagen de María en la devoción específica de la Congregación. Nuestros novicios que debían preparar la liturgia me plantearon el problema a través de esta pregunta: nosotros, Javerianos, ¿qué imagen de María presentamos?
Es verdad. ¿Y nosotros qué presentamos?
Empecé recordando que en cada comunidad cristiana había encontrado fácilmente un signo del paso de los religiosos: la imagen de María Auxiliadora señalaba el paso de un salesiano; una imagen de Nuestra Señora del Perpetuo Socorro me aseguraba que había pasado un redentorista; si el niño en brazos de su madre llevaba un escapulario, seguramente un párroco carmelita había estado allí en algún momento. Podría seguir. ¿Y nosotros? Los novicios insistieron.
Instintivamente pensé en Fontanellato: Nuestra Señora del Rosario. Me parece, sin embargo, que está más ligada a Parma y a su obispo que a los Javerianos, también porque no podemos perpetuar la fábula del Padre Guido que va a celebrar su primera misa a Fontanellato por particular devoción a este santuario y para dar gracias porque su salud se ha recuperado un tanto misteriosamente. El P. Guido María Conforti va allí sin mucho entusiasmo. Tenemos su manuscrito:
«Había resuelto celebrar mi primera misa con la mayor solemnidad en la humilde iglesia de mi pueblo natal, pero razones muy fuertes, dificultades insuperables me han hecho cambiar de opinión, no sin mi dolor. ¡Paciencia! Comenzaré mi carrera con un sacrificio, y al día siguiente de mi ordenación, iré al Santuario de Fontanellato, y en el altar de la Virgen, en presencia de las personas más queridas, saborearé las alegrías inefables del día más hermoso de mi vida. ¿Tendré el placer de tenerte conmigo? Si puedes hacerlo sin que te moleste, ¡no me niegues esa satisfacción!»[8].
La carta es de su puño y letra: va a Fontanellato “no sin mi dolor” ... ¡“Con un sacrificio”!
Después de algunas semanas de investigación, diálogo y propuestas, hemos llegado a la MADONNA DELLA STRADA (Nuestra Señora del Camino).
Sin embargo, el icono elegido no fue el del siglo XIII/XIV que se venera en la iglesia del Gesù de Roma y que celebran los jesuitas el 24 de mayo, sino la imagen presente en el Santuario de San Guido María Conforti de Parma. Se trata de un cuadro de Ulisse Passani (1848-1933) y regalado por el mismo pintor a San Guido (1915). La historia de ese cuadro me parece significativa.
El fundador de los Javerianos la conservó durante casi diez años, hasta que el 28 de noviembre de 1924 la envió a China con una motivación muy precisa, que fue fundamental en la decisión de presentar esta imagen al NOVINTER como “Nuestra Madre”. Los jesuitas la veneran, pero los novicios de nuestros encuentros nunca habían hablado de ella.
San Guido escribió de su puño y letra en el reverso del cuadro:
«Nuestra Señora del Camino ante la que San Ignacio y San Francisco Javier derramaron los sentimientos de su piedad filial».
Conforti vio en ella, por tanto, un vínculo que conectaba esta imagen y esta advocación mariana con los Javerianos: Javier había derramado los sentimientos de su piedad filial a los pies de este icono. Al enviarlo a China, ¿no quiso el Fundador confiar en las manos de María, perennemente en camino, los viajes y los caminos recorridos por sus hijos en su periplo evangelizador?
El cuadro, conservado por Mons. Calza s.x., a quien había sido enviado, “pasó a las manos de su sucesor, Mons. Faustino M. Tissot, también javeriano, quien, antes de su expulsión de China (1953), consiguió salvarlo de una profanación segura, escondiéndolo entre las pocas cosas que pudo salvar, llevándolo -luego- a Italia”[9].
¡Del Fundador a China y de China a la Casa Madre pasando por una persecución! Nuestra Señora del Camino bien puede ser la especial devoción mariana de los Javerianos.
Esta elección nos comprometió a releer el Evangelio para ver qué fundamento tenía este título -Madonna della Strada- en la Palabra de Dios. No nos interesaba mucho el motivo del nombre en su origen, si derivaba del nombre del propietario o lo daba la gente que pasaba por una de calles a la salida de Roma.
Y nos hemos preguntado: ¿dónde encontramos a María en los relatos evangélicos? Así que abrimos los evangelios y encontramos primero a María en su casa:
«Entrando donde ella estaba, en una ciudad de Galilea llamada Nazaret» (Lc 1,26-28).
Pero, parece que se queda en casa por poco tiempo y -nos ha parecido- que de mala gana, pues, en cuanto el ángel se va, María se pone en marcha, a toda prisa. Durante unos diez días está de viaje.
«En aquellos días, María se puso en camino hacia la montaña y llegó deprisa a una ciudad de Judá» (Lc 1,39).
También se queda en casa de su pariente Isabel los días estrictamente necesarios: unos tres meses. Juan nace y vuelve inmediatamente a su casa (Lc 1,56).
Vuelve a su casa de Nazaret y se queda poco tiempo, ni siquiera seis meses. De hecho, la encontramos en Belén, cuando da a luz a Jesús (Lc 2,6). Inmediatamente después llega la amenaza de Herodes, por lo que, esta vez a pesar suyo, tiene que ponerse de nuevo en camino hacia Egipto (Mt 2,18).
Al relatar la estancia de Jesús de doce años en el Templo, Lucas nos informa de que María iba a Jerusalén todos los años (Lc 2,41) y si el 14 de Nisán estaba al pie de la cruz, significa que también había ido puntualmente a Jerusalén ese año para la Pascua.
Nos pareció, pues, que había suficientes viajes marianos para pensar a María como experta en viajes y en caminos, María en salida, María, Nuestra Señora del Camino. Muchos textos de la Palabra nos autorizan a sentir a la Madre del Señor como compañera de viaje y protectora del misionero llamado a consagrar su vida a Dios por el mismo ideal del Fundador, San Guido María Conforti[10].
“María ha caminado nuestros caminos”.
Así ha concluido el Papa Francisco su acto de consagración al Corazón Inmaculado de María (25/03/2022). En otra ocasión la había invocado también como “Nuestra Señora del Camino”[11].
La imagen del camino es también significativa: la humanidad es una sola familia, tenemos un único Padre, repite sin cansarse San Guido, y los Javerianos construyen caminos y no muros y los recorren para anunciar que no sólo somos hijos por creación, sino que estamos llamados a ser hermanos en Jesucristo, redimidos por su sangre[12].
En el icono (pintado por Ulisse Passani), también podemos ver que el Niño sostiene el libro: Él, la Palabra que trae la Palabra. En esta misma imagen, se ha hecho evidente la estrella en el manto de María, por lo que también podríamos llamarla “Estrella de la Evangelización”, como la define San Juan Pablo II en la Novo Millennio Ineunte, 58.
Por último, he aquí la propuesta
Presentar a toda la Familia javeriana esta devoción -María, Nuestra Señora del Camino- de la forma que se considere más adecuada: declaración, consagración o simple consejo colocando entre nuestras fiestas o memorias el 28 de noviembre, fecha escrita por el Fundador en el reverso del cuadro. Podríamos empezar a partir del 28 de noviembre de 2024, cien años después de que el obispo Conforti enviara a China la imagen de Nuestra Señora del Camino, nuestra Madre.
Alfiero Ceresoli sx
Mayo 2022
[1] Los dos últimos capítulos generales han hablado de una “crisis de identidad” (XVI CG 22). “Esta identidad carismática en la práctica no siempre encuentra una interpretación compartida. Esta incertidumbre se refleja también en la interpretación del significado del ad extra y del ad vitam" (XVII CG 28). Los capitulares constatan pasividad y desconocimiento.
[2] Palabras pronunciadas el 25 de septiembre 2018 en Tallin, Estonia, y recogidas en FT 53.
[3] FT 64.
[4] Me refiero a Luigi Maria Epicoco, Massimo Recalcati, Enzo Bianchi, Alessandro Barbero....
[5] Entrevista en YOUTUBE.
[6] Alessandro Barbero - I conflitti d'identità nella storia (Festival dell'Economia, 31-05-2009).
[7] Conferencia grabada.
[8] 1888, 26 de agosto, Carignano (Parma) Carta a Don Clemente Antolini.
[9] Barsotti G., Più vivo dei vivi, Roma 1970, pp. 173-175.
[10] Véanse las Constituciones Javerianas. 1 y 17.
[11] 27 de mayo de 2019. Y de nuevo: “Hoy también necesitamos una madre y confiamos al amor maternal de María, Nuestra Señora del camino, Nuestra Señora de los innumerables caminos dolorosos, a los emigrantes y refugiados junto con los habitantes de las periferias del mundo”.
El Papa Francisco continuó: «Ella es la Madre de la esperanza; en nuestro viaje, en nuestro camino, Ella es la Madre de la esperanza. Ella es también la Madre que nos consuela, la Madre del consuelo y la Madre que nos acompaña en el camino. Ahora recemos todos juntos a la Virgen, a nuestra Madre que nos acompaña en el camino» (26 de mayo de 2013).
[12] Hijos del mismo Padre, redimidos al mismo precio, destinados a la misma gloria. (1902, 11 de junio, Roma, Primera Carta Pastoral al pueblo de Ravena, en FCT 11, p. 447). Expresión repetida en Parma (1908, 4 de marzo, Parma, Carta Pastoral para el inicio de su episcopado en Parma).
Link &
Download
Accedi qui con il tuo nome utente e password per visualizzare e scaricare i file riservati.