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Il peccato originale confrontato con le teorie dell'evoluzione

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Quando, in una conversazione, si fa riferimento al peccato originale, o quando si confessa la propria perplessità di fronte alle difficoltà presentate da questo dogma, a volte si sente dire: "Ah, ci credi ancora?", afferma l'immaginario collettivo. A cui è molto difficile rispondere, poiché l'interlocutore sembra affermare che, per lui, la questione è definitivamente scomparsa dal campo delle sue preoccupazioni. Tuttavia, anche se le reazioni non sono tutte di questa natura, è necessario riconoscere che il dogma del peccato originale è per molti cristiani una pietra d'inciampo.

Osserviamo che oggi la dottrina del peccato originale si trova confrontata con molteplici contraddizioni provenienti dalle scienze. Assistiamo a un abbandono massiccio nella Chiesa. Molti non credono più nel peccato originale e faticano ad avvicinarsi al sacramento dell'amore infinito di Dio. Il discorso tradizionale sul peccato originale, che consiste nell'affermazione dell'esistenza di una prima coppia, Adamo ed Eva, deve essere rinnovato; perché non è in accordo con ciò che oggi sappiamo sulle origini dell'umanità. Questa presentazione del peccato originale è diventata nella società contemporanea una fonte principale dell'ateismo moderno che rifiuta ciò che sembra essere una favola colpevolizzante.

A parte le sfide provenienti dalla scienza, attualmente le maggiori difficoltà sono di ordine teologico, legate all'essere e all'agire di Dio. Oggi, sapendo che la storia dell'umanità è molto ampia, e che gli esseri umani costituiscono un vasto insieme, come possiamo comprendere che Dio sia amore e giusto, se l'umanità è oppressa dalla sfortuna a causa del suo passato? Quale colpa potrebbe essere così grave che miliardi di uomini ne siano stati, sono e saranno infettati? Anche se l'uomo ha disobbedito a Dio, anche se questa colpa è imperdonabile, è giusto che Dio nella sua santità, si accanisca su esseri che non hanno partecipato a quell'atto, poiché non erano ancora nati? Come comprendere che il neonato, senza aver personalmente peccato, possa già essere chiamato peccatore? Se tutti hanno peccato in Adamo, come comprendere il dogma dell'Immacolata Concezione?

Poiché la difficoltà è così radicale, è necessario affrontare la questione alla sua radice. La nozione di peccato originale rimane un argomento attuale nella vita della Chiesa e della società. Gioca un ruolo considerevole nella teologia cattolica, poiché è in forte interazione con la teologia della Redenzione, quella dell'Immacolata Concezione, la teologia della grazia, la teologia della Creazione e la teologia del battesimo. Dunque, parlare del peccato originale significa toccare tutti i punti fondamentali della dottrina cristiana. Il nostro interesse consiste nel ridare senso alla dottrina del peccato originale che ci spinge a confessare la bontà di Dio e la grandezza dell'essere umano responsabile delle sue azioni.

La realtà del peccato originale

Sant'Agostino (354-430) è la figura di spicco della dottrina del peccato originale. L'espressione "peccato originale" appare per la prima volta nelle Confessioni, redatte tra il 397 e il 398: "...del peccato originale che tutti ci fa morire in Adamo." (Sant'AGOSTINO, Confessioni, libro V, IX, 16; Parigi, Gallimard, coll. "Biblioteca della Pléiade", 1998, p. 869). Subito notiamo che i tre ingredienti della dottrina del peccato originale sono nell'affermazione di sant'Agostino: peccato, morte, Adamo. L'elaborazione della dottrina del peccato originale è fortemente segnata dal suo percorso personale. Ha sviluppato il suo pensiero teologico attraverso le sue lotte contro il Manicheismo, il Donatismo e il Pelagianesimo. Troviamo il suo contributo sul peccato originale nei suoi commenti a Gn 2-3 e a Rm 5, 10-21 e nella sua reazione contro Pelagio. Dunque, parlarne, sondarlo e provarlo dimostra che il peccato originale è una realtà esistenziale.

Infatti, il "peccato originale" (l'espressione di Sant'Agostino suggerisce che il peccato è l'orgoglio, ossia la presunzione di vivere senza l'aiuto di Dio, in rottura dell'alleanza e rifiutando la prevenienza dei suoi doni) è una realtà esistenziale che non si discosta dal male. Il male è presente ed esistenziale nel mondo. È impossibile negarlo; perché il male, lo vediamo ovunque. Negare l'esistenza del male è ingannare se stessi e gli altri. Il male è una realtà inconfutabile. È importante anche nominarlo, smascherarlo senza velarsi la faccia. Per questo, Papa Benedetto XVI, nella sua catechesi del 03 dicembre 2008, affermava che: "L'esistenza di quello che la Chiesa chiama peccato originale è, purtroppo, di un'evidenza schiacciante. Basta guardarsi intorno e soprattutto dentro di noi. L'esperienza del male è così concreta che si impone da sé e ci porta a chiederci: da dove viene il male? Per un credente, in particolare, la domanda va ancora più in là: se Dio, che è la Bontà assoluta, ha creato tutto, da dove viene il male?" (BENEDETTO XVI, Udienza generale del 3 e 8 dicembre 2008) Riconoscere questa lezione di verità è già un cammino di salvezza, perché: "la verità vi renderà liberi". (Gv 8,32) Una conoscenza di sé acquisita lasciando la relazione d'amore con Dio, abissa lo sguardo dell'uomo su se stesso. Si tratta semplicemente di riconoscere un enigma o un male incomprensibile ma reale. Così, essendo il male una realtà esistenziale, dobbiamo denunciarlo radicalmente e non cancellarlo.

L'uomo, responsabile del peccato originale?

Possiamo negare che l'uomo abbia la sua parte di responsabilità nel male? Ereditando questo peccato originale, siamo anche responsabili del peccato. Il salmista si riconosce davanti al Signore e prega così: "Contro di te, e te solo, ho peccato, ciò che è male ai tuoi occhi, l'ho fatto" e "sono nato nella colpa, peccatore sin dal seno di mia madre." (Sal 51,5 e 7) Così, entriamo nel mondo, già segnati dal male e questo ferisce la nostra libertà. La libertà dell'uomo è una libertà situata, condizionata. Per questo, l'uomo ha una parte di responsabilità del male nel mondo. Il giudizio di colpevolezza ci indica che siamo responsabili; e se siamo responsabili del peccato, impariamo le vie di libertà. L'uomo è responsabile del peccato originale o del male. Mettendo, in parte, il male nelle mani dell'uomo, ciò ha allo stesso tempo smitizzato il male e assicurato in qualche modo all'uomo un controllo parziale sul male. Se il male non viene solo dall'esterno, ma anche dall'uomo, significa che l'uomo ha una certa padronanza su di esso, che l'uomo potrebbe non commetterlo. L'uomo è capace di rinunciare al male e di fare il bene, perché il male non è ontologico all'uomo. Chi ha effettivamente fatto il male, avrebbe potuto fare diversamente, e potrà sempre farlo.

Di conseguenza, GESCHE afferma che "Prometeo è condannato per sempre mentre Adamo ed Eva sono solo puniti, cioè chiamati alla correzione e alla possibile ripresa" (A. GESCHE, Dio per pensare il male, p. 111). In questo senso, l'essere umano non è colpevole a un livello ontologico, ma in modo "transitorio", temporaneo. Il peccato originale è una verità di salvezza perché annuncia il perdono e la remissione. Non è una chiave di prigionia, ma l'annuncio di una liberazione, di una Buona Notizia. Tutti noi siamo salvati in Gesù Cristo, e posti sotto la misericordia di Dio.

La dottrina del peccato originale come responsabilità è quella di una responsabilità di solidarietà. C'è solidarietà tra gli uomini. Ci teniamo per mano. Non ci sono eccezioni, siamo tutti solidali. Comprendiamo la nostra solidarietà in Adamo alla luce della nostra solidarietà in Cristo. Cristo è lo specchio di Adamo. Adamo non è la condizione di possibilità di Cristo, ma è Cristo che illumina il mistero dell'uomo peccatore. Come esprime molto bene il Catechismo della Chiesa Cattolica: "È necessario conoscere Cristo come fonte di grazia per conoscere Adamo come fonte di peccato." (CEC.388) Cristo è posizionato all'inizio della Creazione, ma anche al suo termine. È Cristo che "è l'archetipo dell'uomo compiuto e desiderato da Dio e non Adamo che sarebbe stato creato fin dall'inizio con tutte le perfezioni possibili". (M. MALDAME, Il peccato originale. Fede cristiana, mito e metafisica, p. 24) Nella lettera ai Romani (Rm 5), è proprio partendo da Cristo che Paolo fa riferimento ad Adamo. L'obiettivo è la salvezza apportata da Gesù Cristo, evidenziata dalla figura di Adamo e non Adamo come giustificazione della venuta di Cristo. È in riferimento all'universalità della salvezza in Gesù Cristo che Paolo presenta Adamo, la figura dell'universalità del peccato dell'umanità: "Come per la colpa di uno solo ne è derivata la condanna per tutti gli uomini, così per l'opera di giustizia di uno solo ne deriva per tutti gli uomini la giustificazione che dà la vita." (Rm 5,18)

Il battesimo dei piccoli bambini

Sant'Agostino e il Concilio di Trento avevano attestato che si battezzano i piccoli bambini per rimuovere il peccato originale. Secondo il Concilio di Trento: "Il battesimo deve essere conferito anche ai piccoli bambini che non hanno ancora potuto commettere alcun peccato personale, affinché, nati privi della grazia soprannaturale, possano rinascere 'dall'acqua e dallo Spirito' alla vita divina in Cristo Gesù." (DS 1007)

Una tale definizione del peccato originale come perdita della grazia soprannaturale è errata e quindi superata oggi. Si battezzano i bambini perché, come uomini, hanno bisogno di Cristo e della salvezza che Egli apporta. Il battesimo non ha solo l'effetto della remissione dei peccati. E san Giovanni Crisostomo ci dimostra: "Per questa ragione battezziamo anche i piccoli bambini, anche se non hanno peccati, affinché a loro sia aggiunta la giustizia, la filiazione, l'eredità, la grazia di essere fratelli e membri di Cristo, e di diventare dimora dello Spirito Santo." (San Giovanni Crisostomo, Otto catechesi battesimali, p. 154) Ciò che è primario per noi è la grazia del battesimo, la vittoria che rappresenta sulle forze del male, l'ingresso nella comunità dei credenti, dei salvati. Nel battesimo, chiediamo alla Chiesa di Dio la fede e non la cancellazione o la pulizia del peccato originale; perché "il battesimo che ora vi salva non è la rimozione di una contaminazione carnale, ma l'impegno verso Dio di una buona coscienza, per mezzo della resurrezione di Gesù Cristo..." (1Pt 3,21) Così, per il sacrificio della croce del Nostro Signore Gesù Cristo, siamo stati redenti dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, si verifica la parola dell'apostolo: "Dove il peccato è abbondato, la grazia ha sovrabbondato" (Rm 5, 20). Per quanto riguarda i bambini morti senza battesimo, così come i nostri antenati che non hanno conosciuto Cristo, il loro destino dipende da Cristo. Lui sa come salvarli.

Sosteniamo quindi, con il Concilio di Trento, che "il peccato originale è trasmesso con la natura umana, per propagazione e non per imitazione ed è interiore e proprio a ciascuno." (Concilio di Trento, Canone 4; DS 170.) Tale modo di universalizzare il peccato originale diventa un presupposto teologico per parlarci della salvezza e non un'idea secondo cui tutti avrebbero peccato. Qui, quindi, c'è l'affermazione dell'universalismo della salvezza che parte dall'universalismo del peccato. Di conseguenza, "Dire che ho peccato in Adamo significa che ho bisogno della salvezza che Cristo porta all'umanità. Dire che non ho peccato in Adamo significa che non ho bisogno di Cristo." (J.M. MALDAME, Il peccato originale. Fede cristiana, mito e metafisica, p. 24) Parlare del peccato è parlare della salvezza. Parlare di Satana è parlare di Gesù Cristo.

Infine, la dottrina del peccato originale potrebbe così rinnovarsi, nello spirito della presentazione proposta in Lumen Gentium, ovvero reinstallando Cristo al cuore della dottrina, poiché Cristo è presente all'origine e al termine della storia del mondo. In questo senso, Cristo appare come il nuovo Adamo che dà il significato ultimo a tutta la creazione, perché "Dio ha voluto che in Cristo tutte le cose avessero il loro compimento" (Col 1, 19). Perciò, la dottrina del peccato originale può rinnovare la nostra fede nel Dio Creatore che non sta solo all'inizio del mondo, ma anche alla fine della storia, dalla parte della promessa di un compimento totale della sua creazione. Questa lettura rivolta al futuro è non solo più conforme all'insegnamento stesso di Gesù ma sembra anche più coerente con una visione evoluzionistica dell'universo.

Le péché originel confronté aux théories de l’évolution

Lorsque, dans une conversation, on fait allusion au péché originel, ou lorsqu’on avoue sa perplexité devant les difficultés que présente ce dogme, on entend parfois dire : « Tiens, vous y croyez donc encore ? », affirme l’imaginaire collectif. A quoi il est bien difficile de répondre, l’interlocuteur ayant l’air d’affirmer que, pour lui, la question a définitivement disparu du champ de ses préoccupations. Cependant, même si les réactions ne sont pas toutes de cette nature, il faut bien reconnaître que le dogme du péché originel est pour beaucoup de chrétiens une pierre d’achoppement.

Nous constatons qu’aujourd’hui la doctrine du péché originel se trouve confronter  à des multiples contradictions provenant des domaines scientifiques. Nous assistons à un abandon massif dans l’Eglise.  Nombreux ne croient plus au péché originel et ont du mal à s’approcher du sacrement de l’amour infini de Dieu. Le discours traditionnel du péché originel qui consiste en l’affirmation de l’existence d’un premier couple, Adam et Eve, doit être renouvelée ; car elle ne concorde pas avec ce que l’on sait aujourd’hui des origines de l’humanité. Cette présentation du péché originel est devenue dans la société contemporaine une source majeure de l’athéisme moderne qui réfute ce qui lui semble être une fable culpabilisante.

A part les remises  en cause venues de la science, actuellement les grandes difficultés sont d’ordre théologique, liées à l’être et l’agir de Dieu. Aujourd’hui, sachant que l’histoire de l’humanité est fort ample, et que les êtres humains constituent un vaste ensemble, Comment peut-on comprendre que Dieu soit amour et juste, si l’humanité est accablée de malheur à cause de son passé ? Quelle faute pourrait donc être si grave que les milliards d’hommes en aient été, en sont et en seront infectés ? Même si l’homme a désobéi à Dieu, même si cette faute est inexcusable, est-il juste que Dieu dans sa sainteté, s’acharne sur des êtres qui n’ont pas participé à cet acte, puisqu’ils n’étaient encore pas nés ? Comment comprendre que le nouveau-né, sans qu’il n’ait péché personnellement, puisse être déjà appelé pécheur ? Si tout le monde a péché en Adam, comment comprendre le dogme de l’Immaculée Conception ?

Puisque la difficulté est si radicale, il est nécessaire de prendre la question à sa racine. La notion de péché originel reste un sujet d’actualité dans la vie de l’Eglise et de la société. Elle joue un rôle considérable dans la théologie catholique, puisqu’elle est en interaction forte avec la théologie de la Rédemption, celle de l’Immaculée Conception, la théologie de la grâce, la théologie de la Création et la théologie du baptême. Ainsi donc, parler du péché originel, c’est toucher à tous les points fondamentaux de la doctrine chrétienne. Notre souci consiste à redonner sens à la doctrine du péché originel qui nous pousse à confesser la bonté de Dieu et la grandeur de l’être humain responsable de ses actes.

La réalité du péché originel

Saint Augustin (354-430) est la figure de prou de la doctrine du péché originel. L’expression « péché originel » apparaît pour la première fois dans Les Confessions, rédigées entre 397 et 398 : « … du péché originel qui tous nous fait mourir en Adam.» (Saint AUGUSTIN, Confessions, livre V, IX, 16 ; Paris, Gallimard, coll. « Bibliothèque de la Pléiade », 1998, p. 869). D’emblée remarquons que, les trois ingrédients de la doctrine du péché originel sont dans l’affirmation de saint Augustin : péché, mort, Adam. L’élaboration de la doctrine du péché originel est fortement marquée par son itinéraire personnel. Il élabore sa pensée théologique à travers ses luttes contre le Manichéisme, le Donatisme et Pélagianisme. Nous trouvons sa contribution du péché originel dans son commentaire de Gn 2-3 et de Rm 5, 10-21 et sa réaction contre Pélage. Ainsi donc, le fait d’en parler, sonde et prouve que le péché originel est une réalité existentielle.

En effet, le « péché originel » ( dont l’expression  est de Saint Augustin, laisse entendre que le péché est bien l’orgueil, c’est-à-dire la prétention de vivre sans l’aide de Dieu, en rupture d’alliance et par le refus de la prévenance de ses dons) est une réalité existentielle qui ne s’écarte pas du mal. Le mal est présent et existentiel dans le monde. Il nous est impossible de le nier ; car le mal, on le voit partout. Nier l’existence du mal, c’est se tromper et tromper les autres. Le mal est une réalité irrécusable. Il nous est important même de le nommer, de le démasquer sans se voiler la face. Pour cela,  le pape Benoît XVI, lors de  sa catéchèse du 03 décembre 2008, affirmait que : « L’existence de ce que l’Eglise appelle le péché originel est, hélas, d’une évidence écrasante. Il suffit de regarder autour de nous et surtout en nous. L’expérience du mal est si concrète qu’elle s’impose d’elle-même et nous amène à nous demander : d’où vient le mal ? Pour un croyant, en particulier, la question va encore plus loin : si Dieu, qui est la Bonté absolue, a tout crée, d’où vient le mal ? » ( BENOIT XVI, Audience générale du 3 et 8 décembre 2008 ) Reconnaître cette leçon de vérité, est déjà un chemin du salut, car  : « la vérité vous rendra libres ».(Jn 8,32) Une connaissance de soi acquise en quittant la relation d’amour avec Dieu, abîme le regard de l’homme sur lui-même. Il s’agit simplement de la reconnaissance d’une énigme ou d’un mal incompréhensible mais réel. Ainsi, le mal étant une réalité existentielle, nous devons radicalement le dénoncer et non le gommer.

L’homme, responsable du péché originel ?

Pouvons-nous nier que l’homme ait sa part de responsabilité dans le mal ? Héritiers de ce péché originel, nous sommes aussi responsables du péché. Le psalmiste se reconnaît devant le Seigneur et prie ceci : « Contre toi, et toi seul, j’ai péché, ce qui est mal à tes yeux, je l’ai fait » et « je suis né dans la faute, j’étais pécheur dès le sein de ma mère. » (Ps 51,5 et 7) Ainsi, nous entrons dans le monde, déjà marqués par le mal et cela blesse notre liberté. La liberté de l’homme est une liberté située, conditionnée. Pour cela, l’homme a une part de responsabilité du mal dans le monde. Le jugement de la culpabilité nous indique que nous sommes responsables ; et si nous sommes responsables du péché, nous apprenons les chemins de la liberté. L’homme est le responsable du péché originel ou le mal. En mettant pour une part, le mal dans les mains de l’homme, il a du même coup, non seulement défatalisé le mal, mais aussi assuré de quelque manière à l’homme la maîtrise partielle du mal. Si le mal ne vient pas seulement d’ailleurs, mais aussi de l’homme, c’est que l’homme en a une certaine maîtrise, c’est que l’homme pourrait ne pas le commettre. L’homme est capable de renoncer au mal et de faire le bien, car le mal n’est pas ontologique à l’homme. Celui qui a fait effectivement mal, aurait pu faire autrement, et il le pourra toujours.

De ce fait, GESCHE affirme que « Prométhée est à jamais condamné alors qu’Adam et Eve sont seulement châtiés, c’est-à-dire appelés à la correction et la reprise possible » (A. GESCHE, Dieu pour penser I le mal, p. 111) . En ce sens, l’être humain n’est pas coupable à un niveau ontologique, mais de manière « transitoire », passagère. Le péché originel est une vérité de salut parce qu’il annonce le pardon et la rémission. Il n’est pas une clé d’enfermement,  l’annonce d’une libération, d’une Bonne Nouvelle.  Tous, nous sommes sauvés en Jésus Christ, et sommes placés sous la miséricorde de Dieu.

La doctrine du péché originel comme responsabilité, est celle d’une responsabilité de solidarité. Il y a la solidarité entre les hommes. Nous nous tenons la main. Il n’y a pas d’exception, nous sommes tous solidaires. Nous comprenons notre solidarité en Adam à la lumière de notre solidarité en Christ. Le Christ constitue le miroir d’Adam. Adam n’est pas la condition de possibilité du Christ, mais c’est le Christ qui éclaire le mystère de l’homme pécheur. Comme l’exprime très bien le Catéchisme de l’Eglise Catholique : « Il faut connaître le Christ comme source de la grâce pour connaître Adam comme source du péché. » (CEC.388) Le Christ est situé au commencement de la Création, mais aussi à son terme. C’est le Christ qui « est l’archétype de l’homme accompli et désiré par Dieu et non Adam qui aurait été créé dès le début avec toutes les perfections possibles ». ( M. MALDAME, Le péché originel. Foi chrétienne, mythe et métaphysique, p. 24) Dans l’épître aux Romains (Rm 5), c’est bien à partir du Christ que Paul se réfère à Adam. La visée est le salut apporté par Jésus-Christ, mis en valeur par la figure d’Adam et non Adam comme justifiant la venue du Christ. C'est en référence à l'universalité du salut en Jésus Christ que Paul présente Adam, la figure de l'universalité du péché de l’humanité : « Comme par la faute d'un seul ce fut pour tous les hommes la condamnation, ainsi par l’œuvre de justice d’un seul, c’est pour tous les hommes la justification qui donne la vie. » (Rm5,18)

Le baptême des petits enfants

Saint Augustin et le Concile de Trente avaient attesté que l’on baptise les petits enfants pour supprimer du péché originel. Selon le Concile de Trente, :« Le baptême doit être donné même aux petits enfants qui n’ont pu encore commettre aucun péché personnel, afin que, nés privés de la grâce surnaturelle, ils renaissent « de l’eau et de l’Esprit » à la vie divine dans le Christ Jésus ». ( DS 1OO7)

Une telle définition du péché originel comme perte de la grâce surnaturelle est erronée et donc dépassée aujourd’hui. On baptise les enfants parce que comme hommes, ils ont besoin du Christ et du salut qu’il apporte. Le baptême n’a d’ailleurs pas pour seul effet la rémission des péchés. Et saint Jean Chrysostome nous le montre : « C’est pour cette raison que nous baptisons même les petits enfants, bien qu’ils n’aient pas de péchés, pour que leur soit ajouté la justice, la filiation, l’héritage, la grâce d’être frères et membres du Christ, et de devenir la demeure du Saint-Esprit ». ( Jean Chrysostome, Huit catéchèses baptismales, p.154) Ce qui est premier pour nous, c’est la grâce du baptême, la victoire qu’il représente sur les forces du mal, l’entrée dans l’Eglise communauté des croyants, des sauvés. Dans le baptême, nous demandons à l’Eglise de Dieu la foi et non l’effacement ou nettoyage du péché originel ; car « C’est le baptême qui vous sauve à présent et qui n’est pas l’enlèvement d’une souillure charnelle, mais l’engagement à Dieu d’une bonne conscience par la Résurrection de Jésus-Christ… ». (1P3, 21) Ainsi, par le sacrifice de la croix de Notre Seigneur Jésus Christ, nous a racheté du péché originel et de tous les péchés personnels commis par chacun de nous, se vérifie la parole de l’apôtre : « Là où le péché a proliféré, la grâce a surabondé » (Rm 5, 20). Quant aux enfants morts sans baptême, de même que nos ancêtres qui n’ont pas connu le Christ, leur sort est dépendant du Christ. Il sait de quelle manière les sauver.

Nous tenons donc, avec le concile de Trente, que « le péché originel est transmis avec la nature humaine, par propagation et non par imitation et qu’il est intérieur et propre à chacun ». (Concile de Trente, Canon 4 ; DS 170.) Une telle manière d’universaliser le péché originel devient un présupposé théologique pour nous parler du salut et non une idée selon laquelle tout le monde aurait péché. Il y a ici donc l’affirmation de l’universalisme du salut partant de l’universalisme du péché. De ce fait, « Dire que j’ai péché en Adam signifie que j’ai besoin du salut que le Christ apporte à l’humanité. Dire que je n’ai pas péché en Adam signifie que je n’ai pas besoin du Christ ». ( J.M. MALDAME, Le péché originel. Foi chrétienne, mythe et métaphysique, p. 24) Parler du péché, c’est parler du salut. Parler de Satan, c’est parler de Jésus-Christ.

Enfin, La doctrine du péché originel pourrait ainsi se renouveler, dans l’esprit de la présentation proposée dans Lumen Gentium, c’est-à-dire en réinstallant le Christ au cœur de la doctrine, puisque le Christ est présent à l’origine et au terme de l’histoire du monde. Dans ce sens, le Christ apparaît comme le nouvel Adam qui donne le sens ultime à toute la création, car : « Dieu a voulu que dans le Christ, toute chose ait son accomplissement total » (Col 1, 19). C’est pourquoi la doctrine du péché originel peut renouveler notre foi au Dieu Créateur qui ne se tient pas seulement au commencement du monde, mais aussi au terme de l’histoire, du côté de la promesse d’un accomplissement total de sa création. Cette lecture tournée vers l’avenir est non seulement plus conforme à l’enseignement même de Jésus mais elle paraît aussi plus consistante avec une vision évolutionniste de l’univers.


El pecado original confrontado con las teorías de la evolución

Cuando, en una conversación, se alude al pecado original, o cuando se confiesa la perplejidad ante las dificultades que presenta este dogma, a veces se oye decir: "Oye, ¿sigues creyendo en él?" A lo que es muy difícil responder, el interlocutor parece afirmar que, para él, la cuestión ha desaparecido definitivamente del campo de sus preocupaciones. Sin embargo, aunque las reacciones no sean todas de esta naturaleza, hay que reconocer que el dogma del pecado original es una piedra de tropiezo para muchos cristianos.

Observamos que hoy la doctrina del pecado original se enfrenta a múltiples contradicciones desde el campo científico. Estamos asistiendo a un abandono masivo en la Iglesia. Muchos ya no creen en el pecado original y les resulta difícil acercarse al sacramento del amor infinito de Dios. El discurso tradicional del pecado original, que consiste en afirmar la existencia de una primera pareja, Adán y Eva, debe ser renovado; porque no concuerda con lo que hoy se sabe sobre los orígenes de la humanidad. Esta presentación del pecado original se ha convertido en una fuente importante de ateísmo moderno en la sociedad contemporánea, que refuta lo que ve como una fábula que induce a la culpa.

Aparte de los desafíos que han venido de la ciencia, hoy las grandes dificultades son de naturaleza teológica, ligadas al ser y a la acción de Dios. Hoy, sabiendo que la historia de la humanidad es muy extensa, y que los seres humanos constituyen un vasto todo, ¿cómo podemos entender que Dios es amoroso y justo, si la humanidad está abrumada por la desgracia a causa de su pasado? ¿Qué falta podría ser tan grave que miles de millones de hombres han sido, son y serán infectados con ella? Incluso si el hombre ha desobedecido a Dios, incluso si esta falta es inexcusable, ¿es justo que Dios en su santidad ataque a los seres que no participaron en este acto, ya que aún no habían nacido? ¿Cómo podemos entender que el recién nacido, sin haber pecado personalmente, ya puede ser llamado pecador? Si todos han pecado en Adán, ¿cómo podemos entender el dogma de la Inmaculada Concepción?

Dado que la dificultad es tan radical, es necesario llegar a la raíz de la cuestión. La noción de pecado original sigue siendo un tema de actualidad en la vida de la Iglesia y de la sociedad. Desempeña un papel considerable en la teología católica, ya que interactúa fuertemente con la teología de la Redención, la teología de la Inmaculada Concepción, la teología de la gracia, la teología de la creación y la teología del bautismo. Por lo tanto, hablar de pecado original es tocar todos los puntos fundamentales de la doctrina cristiana. Nuestra preocupación es dar un nuevo significado a la doctrina del pecado original, que nos impulsa a confesar la bondad de Dios y la grandeza del ser humano responsable de sus actos.

La realidad del pecado original

San Agustín (354-430) es la figura principal de la doctrina del pecado original. La expresión "pecado original" aparece por primera vez en las Confesiones, escritas entre los años 397 y 398: "... del pecado original que nos hace morir a todos en Adán". (San Agustín, Confesiones, Libro V, IX, 16; París, Gallimard, coll. "Bibliothèque de la Pléiade", 1998, p. 869). Señalemos de entrada que los tres ingredientes de la doctrina del pecado original están en la afirmación de San Agustín: pecado, muerte, Adán. La elaboración de la doctrina del pecado original está fuertemente marcada por su camino personal. Elaboró su pensamiento teológico a través de sus luchas contra el maniqueísmo, el donatismo y el pelagianismo. Encontramos su contribución al pecado original en su comentario sobre Génesis 2-3 y Romanos 5:10-21 y su reacción contra Pelagio. Así, el hecho de hablar de ello sondea y prueba que el pecado original es una realidad existencial.

De hecho, el "pecado original" (cuya expresión es de san Agustín, implica que el pecado es realmente orgullo, es decir, la pretensión de vivir sin la ayuda de Dios, violando la alianza y rechazando la consideración de sus dones) es una realidad existencial que no se aparta del mal. El mal está presente y es existencial en el mundo. Es imposible para nosotros negar esto; porque el mal se ve en todas partes. Negar la existencia del mal es engañarse a sí mismo y a los demás. El mal es una realidad irrefutable. Incluso es importante que lo nombremos, que lo desenmascaremos sin esconder nuestros rostros. Por esta razón, el Papa Benedicto XVI, en su catequesis del 3 de diciembre de 2008, afirmó que: "La existencia de lo que la Iglesia llama pecado original es, por desgracia, abrumadoramente obvia. Solo tenemos que mirar a nuestro alrededor y especialmente dentro de nosotros. La experiencia del mal es tan concreta que se impone y nos lleva a preguntarnos: ¿de dónde viene el mal? Para un creyente, en particular, la pregunta va aún más lejos: si Dios, que es la bondad absoluta, creó todo, ¿de dónde viene el mal? (Benedicto XVI, Audiencia general, 3 y 8 de diciembre de 2008) Reconocer esta lección de verdad es ya un camino de salvación, porque "la verdad os hará libres". (Juan 8:32) El conocimiento de sí mismo adquirido al abandonar la relación amorosa con Dios daña la visión que el hombre tiene de sí mismo. Es simplemente el reconocimiento de un enigma o mal incomprensible pero real. Por lo tanto, dado que el mal es una realidad existencial, debemos denunciarlo radicalmente, no borrarlo.

¿Es el hombre responsable del pecado original?

¿Podemos negar que el hombre tiene su parte de responsabilidad en el mal? Como herederos de este pecado original, también somos responsables del pecado. El salmista se reconoce a sí mismo ante el Señor y reza esto: "Contra ti, y solo contra ti, he pecado, lo cual es malo delante de tus ojos" y "Nací en pecado, fui pecador desde el vientre de mi madre". (Sal 51:5 y 7) Así, entramos en el mundo, ya marcado por el mal, y esto daña nuestra libertad. La libertad del hombre es una libertad situada, condicionada. Para esto, el hombre tiene una parte de responsabilidad por el mal en el mundo. El juicio de culpabilidad nos dice que somos responsables; Y si somos responsables del pecado, aprendemos los caminos de la libertad. El hombre es responsable del pecado original o del mal. Al poner el mal en manos del hombre, no sólo ha desfatalizado el mal, sino que también ha asegurado de alguna manera para el hombre el dominio parcial del mal. Si el mal no viene sólo de otra parte, sino también del hombre, es porque el hombre tiene un cierto dominio sobre él, es porque el hombre no puede cometerlo. El hombre es capaz de renunciar al mal y hacer el bien, porque el mal no es ontológico para el hombre. El que realmente lastimó podría haber hecho lo contrario, y siempre lo hará.

De ce fait, GESCHE affirme que « Prométhée est à jamais condamné alors qu’Adam et Eve sont seulement châtiés, c’est-à-dire appelés à la correction et la reprise possible » (A. GESCHE, Dieu pour penser I le mal, p. 111) . En ce sens, l’être humain n’est pas coupable à un niveau ontologique, mais de manière « transitoire », passagère. Le péché originel est une vérité de salut parce qu’il annonce le pardon et la rémission. Il n’est pas une clé d’enfermement,  l’annonce d’une libération, d’une Bonne Nouvelle.  Tous, nous sommes sauvés en Jésus Christ, et sommes placés sous la miséricorde de Dieu.

La doctrine du péché originel comme responsabilité, est celle d’une responsabilité de solidarité. Il y a la solidarité entre les hommes. Nous nous tenons la main. Il n’y a pas d’exception, nous sommes tous solidaires. Nous comprenons notre solidarité en Adam à la lumière de notre solidarité en Christ. Le Christ constitue le miroir d’Adam. Adam n’est pas la condition de possibilité du Christ, mais c’est le Christ qui éclaire le mystère de l’homme pécheur. Comme l’exprime très bien le Catéchisme de l’Eglise Catholique : « Il faut connaître le Christ comme source de la grâce pour connaître Adam comme source du péché. » (CEC.388) Le Christ est situé au commencement de la Création, mais aussi à son terme. C’est le Christ qui « est l’archétype de l’homme accompli et désiré par Dieu et non Adam qui aurait été créé dès le début avec toutes les perfections possibles ». ( M. MALDAME, Le péché originel. Foi chrétienne, mythe et métaphysique, p. 24) Dans l’épître aux Romains (Rm 5), c’est bien à partir du Christ que Paul se réfère à Adam. La visée est le salut apporté par Jésus-Christ, mis en valeur par la figure d’Adam et non Adam comme justifiant la venue du Christ. C'est en référence à l'universalité du salut en Jésus Christ que Paul présente Adam, la figure de l'universalité du péché de l’humanité : « Comme par la faute d'un seul ce fut pour tous les hommes la condamnation, ainsi par l’œuvre de justice d’un seul, c’est pour tous les hommes la justification qui donne la vie. » (Rm5,18)

Le baptême des petits enfants

Saint Augustin et le Concile de Trente avaient attesté que l’on baptise les petits enfants pour supprimer du péché originel. Selon le Concile de Trente, :« Le baptême doit être donné même aux petits enfants qui n’ont pu encore commettre aucun péché personnel, afin que, nés privés de la grâce surnaturelle, ils renaissent « de l’eau et de l’Esprit » à la vie divine dans le Christ Jésus ». ( DS 1OO7)

Une telle définition du péché originel comme perte de la grâce surnaturelle est erronée et donc dépassée aujourd’hui. On baptise les enfants parce que comme hommes, ils ont besoin du Christ et du salut qu’il apporte. Le baptême n’a d’ailleurs pas pour seul effet la rémission des péchés. Et saint Jean Chrysostome nous le montre : « C’est pour cette raison que nous baptisons même les petits enfants, bien qu’ils n’aient pas de péchés, pour que leur soit ajouté la justice, la filiation, l’héritage, la grâce d’être frères et membres du Christ, et de devenir la demeure du Saint-Esprit ». ( Jean Chrysostome, Huit catéchèses baptismales, p.154) Ce qui est premier pour nous, c’est la grâce du baptême, la victoire qu’il représente sur les forces du mal, l’entrée dans l’Eglise communauté des croyants, des sauvés. Dans le baptême, nous demandons à l’Eglise de Dieu la foi et non l’effacement ou nettoyage du péché originel ; car « C’est le baptême qui vous sauve à présent et qui n’est pas l’enlèvement d’une souillure charnelle, mais l’engagement à Dieu d’une bonne conscience par la Résurrection de Jésus-Christ… ». (1P3, 21) Ainsi, par le sacrifice de la croix de Notre Seigneur Jésus Christ, nous a racheté du péché originel et de tous les péchés personnels commis par chacun de nous, se vérifie la parole de l’apôtre : « Là où le péché a proliféré, la grâce a surabondé » (Rm 5, 20). Quant aux enfants morts sans baptême, de même que nos ancêtres qui n’ont pas connu le Christ, leur sort est dépendant du Christ. Il sait de quelle manière les sauver.

Por lo tanto, sostenemos, con el Concilio de Trento, que "el pecado original se transmite con la naturaleza humana, por propagación y no por imitación, y que es interior y propio de cada uno". (Concilio de Trento, Canon 4; DS 170.) Tal forma de universalizar el pecado original se convierte en una presuposición teológica para hablarnos de la salvación y no en una idea de que todos han pecado. Aquí tenemos la afirmación del universalismo de la salvación basado en el universalismo del pecado. Por lo tanto, "Decir que he pecado en Adán significa que necesito la salvación que Cristo trae a la humanidad. Decir que no he pecado en Adán significa que no tengo necesidad de Cristo". ( J.M. MALDAME, Pecado original. Fe cristiana, mito y metafísica, p. 24) Hablar de pecado es hablar de salvación. Hablar de Satanás es hablar de Jesucristo.

Por último, la doctrina del pecado original podría renovarse así, en el espíritu de la presentación propuesta en la Lumen gentium, es decir, reinstalando a Cristo en el corazón de la doctrina, ya que Cristo está presente al principio y al final de la historia del mundo. En este sentido, Cristo aparece como el nuevo Adán que da el sentido último a toda la creación, porque: «Dios quiso que en Cristo se cumplieran todas las cosas» (Col 1, 19). Por eso, la doctrina del pecado original puede renovar nuestra fe en Dios Creador, que se encuentra no sólo al principio del mundo, sino también al final de la historia, del lado de la promesa de un cumplimiento total de su creación. Esta lectura prospectiva no solo está más en línea con la propia enseñanza de Jesús, sino que también parece más consistente con una visión evolucionista del universo.

Donatien Munguakonkwa sx
25 Marzo 2024
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