Skip to main content

Sinodalità e formazione

799/500

Questo testo di p. Rebecchi, è una rielaborazione - ampliata - di un suo intervento pubblicato qualche mese fa sul nostro sito che partiva dal tema: Synodality and the service of authority.
La riflessione cerca di collegare l'attuale tema della sinodalità con la realtà formativa di tutti i giorni, offrendo spunti importanti e terminando con alcune domande per la condivisione comunitaria. L'autore ha presentato questa riflessione durante l'incontro online delle equipe formative delle Teologie Internazionali, lo scorso Maggio 2022.

Sinodalità e formazione

Il Sinodo sulla sinodalità coinvolge la Chiesa a tutti i livelli. Le risorse dedicate al sinodo e la durata del suo percorso indicano il desiderio del papa di un cambiamento fondamentale nel nostro essere Chiesa. L'impostazione piramidale, attuata sinora nelle relazioni all’interno della Chiesa, deve adeguarsi alla logica evangelica della comunione. Per questo bisogna evitare la tentazione di accostare superficialmente la riflessione sulla sinodalità dicendo: "Stiamo già vivendo in modo sinodale!" Ciò significherebbe perdere l'occasione di diventare più coerenti con il Vangelo. È invece meglio riconoscere umilmente il nostro bisogno di conversione. Il nostro modello di sinodalità è la comunione del Padre e del Figlio nella Trinità. Non meno di questo.

Sinodalità significa “camminare insieme”, “sun-odos” (un possibile riferimento è l'esperienza dei discepoli di Emmaus che camminano insieme a Gesù, cfr Lc 24,13-33). Non si tratta soltanto di sincronizzare i nostri ritmi (cosa facciamo), ma piuttosto di armonizzare i nostri pensieri e i nostri cuori.

Vivere la sinodalità abbraccia tutti gli aspetti della nostra vita e perciò l’approfondimento necessario sarebbe amplissimo.[1] Limito perciò il campo della nostra riflessione, ad alcuni aspetti connessi alla vita consacrata e comunitaria, toccando in particolare l'obbedienza e il discernimento comunitario.

Inizio da due premesse.  Innanzitutto, bisogna affermare con decisione che l'obbedienza è riservata a Dio solo e non ad altri leaders, nemmeno ai superiori. Sincronizziamo il nostro camminare insieme, solo se camminiamo al passo di Gesù, nostro Maestro. La sinodalità è, quindi, un nuovo sistema di relazioni in cui tutti, compresi quelli che sono in autorità, si sentono membri dello stesso gregge e seguono l'unico Pastore, l'unico Maestro: Gesù. Siamo tutti discepoli, anche se con ruoli diversi, all’interno del gregge.

In secondo luogo, la sinodalità richiede l’adozione del discernimento collettivo della volontà di Dio. Sia coloro che sono in autorità come pure i soggetti sono chiamati a collaborare nell’ascolto della voce dello Spirito e a camminare con docilità nella strada da Lui indicata. Questo discernimento comunitario innalza e porta a compimento il tradizionale discernimento personale, perché la voce dello Spirito è percepita meglio nella comunione, nella sinodalità. [… È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi… (Atti 15:28)].

Due movimenti sono necessari:

1) chi è in servizio di autorità deve dare spazio a tutti e ascoltare la voce di coloro che spesso non sono ascoltati. San Benedetto afferma che a volte la volontà di Dio si scopre ascoltando l'opinione del membro più giovane della comunità. Nella stessa linea, papa Francesco vuole che la prima tappa sinodale sia dedicata all'ascolto di tutti i membri della Chiesa. In questa visione, un superiore non è colui che possiede la verità e offre risposte a tutte le domande. Piuttosto, egli deve agevolare la condivisione dei contributi e dei talenti di ciascuno, affinché la voce dello Spirito sia ascoltata nella comunità. In altre parole, chi detiene l'autorità deve considerarsi parte del gregge: tutti pecore con caratteristiche e ruoli diversi, ma tutti pecore... Naturalmente chi detiene l'autorità ha la funzione di trarre le conclusioni e sintetizzare una decisione finale, soprattutto quando il consenso non è facilmente raggiunto.

2) Allo stesso tempo, i “soggetti” devono assumersi la responsabilità della vita della Chiesa e delle comunità. Essere responsabili è fastidioso perché costringe tutte le pecore a uscire dalla passività e dalla loro comfort zone (essere schiavo può essere invece comodo…: non richiede di pensare, decidere, assumere responsabilità, ...). Allo stesso tempo, il “soggetto” contribuisce positivamente al processo di discernimento solo se lui, in prima persona, ascolta la voce dello Spirito, esattamente come chi ha autorità. Egli dovrebbe condividere il risultato del suo discernimento davanti a Dio e non tanto le sue opinioni personali o i suoi desideri egoistici. Il contributo personale al discernimento comunitario, quindi, può essere scomodo, spiazzante, esigente, fautore di scelte radicali… se lo Spirito lo richiede (come, ad esempio, la spinta alla missione del Caritas Christi Urget Nos…). La sinodalità non è mera democrazia, ma è ascoltare e obbedire, insieme, alla voce del Maestro. Infine, il gioco della sinodalità chiama ogni membro della comunità a sostenere con fede umile il risultato del discernimento comunitario. Nessuno conosce con certezza la volontà di Dio, ma crediamo che discernere insieme ci aiuti ad accostarci ad essa.

Alcune considerazioni:

- A chi piace la sinodalità? Al mondo, no di sicuro. Il mondo vuole e promuove

l'individualismo. Ma probabilmente la sinodalità non piace neanche a noi. Sinodalità è una bella parola, ma è anche un processo impegnativo che richiede fede e coraggio. Basta osservare quanto sia difficile condividere i nostri progetti, idee, desideri, difficoltà... Preferiamo decidere da soli o, al massimo, comunicare decisioni già prese perché si ha paura di vedere i nostri piani ritoccati dal gioco di squadra (la comunione!). Vogliamo che le nostre voci siano ascoltate, ma diventiamo resistenti quando si tratta di mettere sotto il vaglio della comunione le nostre idee ed i nostri progetti.

- È necessario non interpretare la comunione solo dal punto di vista della propria

cultura: l'armonia, la fraternità, la famiglia, l'impostazione delle relazioni che impariamo dalle nostre rispettive culture sono buoni punti di partenza, ma essi devono essere elevati al livello della cultura del Vangelo, la cultura di Gesù, della Trinità. Allo stesso tempo, il contributo dei singoli nel discernimento collettivo aggiungerà ‘colori’ che si accordano con le nostre diverse provenienze culturali e personalità. La cultura del Vangelo si “incarna” nell'interazione di persone reali, con le loro particolari caratteristiche culturali e personali, e quindi non è mai standardizzata su un modello teorico. Inoltre, il nostro essere "stranieri" all'interno di una cultura autoctona e omogenea può essere vantaggioso, perché gli stranieri sono "elementi di disturbo" che vedono le cose da prospettive diverse e nuove (rispetto al luogo specifico dove ci si trova).

- Sinodalità significa prendersi cura del grido dell’umanità che è dentro le

nostre comunità (prendersi cura della nostra gente, dei nostri tesori!). Può capitare che con la scusa di fare missione trascuriamo la qualità delle nostre relazioni e l’attenzione per chi sta vivendo difficoltà, crisi ecc.

- In circostanze specifiche, bisogna fare di meno ma in comunione. Camminare

insieme significa andare al passo dei più deboli. Il discernimento comunitario è un processo più lungo e complesso di quello individuale (il discernimento di stile Ignaziano), che coinvolge solo la persona e Dio. Siamo pronti ad attuare il discernimento comunitario a costo di fare meno cose ed aspettare i tempi della fraternità?

- Chi rallenta il ritmo deve sapere che gli altri aspettano il suo contributo.

Chiunque ha talenti da condividere. Nasconderli significa danneggiare la comunione. Nella sinodalità non c'è posto per la passività e la pigrizia. E camminare è fatica.

- La missione è il 3° elemento della sinodalità dopo la comunione e la

partecipazione. Sinodalità significa ascoltare profondamente il grido del mondo. Se cresciamo in comunione, a partire dalle nostre comunità, ci educheremo ad essere sinodali anche con il mondo.

- La sinodalità è camminare insieme in un percorso di santità, è camminare

insieme al Santo in mezzo a noi. Posso accelerare o rallentare il passo dei miei fratelli e sorelle, a seconda di come cerco di vivere il Vangelo. Se non vivo la mia santità personale, danneggio la sinodalità e il percorso degli altri.

Conclusione

Concludo dicendo che è necessaria una conversione sinodale anche in formazione se vogliamo dare un contributo alla chiesa sinodale. Essa è una conversione che riguarda sia i formatori che i formandi. Condivido alcuni passi che mi interpellano personalmente:

  • Dovrei ascoltare di più e insegnare di meno, fare più domande che dare risposte. Creare spazi di libertà nella comunicazione, soprattutto quella informale a tavola e nei colloqui.
  • È necessario coinvolgere gli studenti nel trovare soluzioni ai problemi e nel prendere decisioni (almeno dove si può), chiedendo che le loro proposte siano frutto di discernimento. Questo richiede più tempo e fa correre qualche rischio in più, ma forse responsabilizza e fa capire che se non si discerne bene, si pagano le conseguenze dei nostri egoismi.
  • Devo crescere nel coinvolgere lo studente nella mia vita, vedendolo come un fratello che viaggia con me, con i suoi bisogni, ma anche con le sue responsabilità, chiedendo il suo aiuto e sostegno quando sono io ad avere bisogno (meno rapporto padre-figlio e più rapporto da fratello a fratello, insieme in compagnia di Cristo).

Le proposte possono essere tante e possiamo discuterle insieme… sinodalmente.

Matteo Rebecchi, sx

Manila. 12 maggio, 2022 -

DOMANDE per la condivisione:

  • Quale esperienza positiva di sinodalità vissuta hai nella tua comunità?
  • Quale conversione è richiesta al formatore per una maggiore sinodalità in formazione?
  • Quale conversione è richiesta al formando per una maggiore sinodalità in formazione?

 

[1] Ci sono due possibili interpretazioni errate della sinodalità:

  • Quella di chi non la vuole, di coloro che desiderano una chiesa non sinodale.
  • Quella di chi la interpreta solo sociologicamente, come un migliorare il processo di ‘decision making’ (solo come miglioramento del discernimento di fronte alle decisioni, passando da un modo autoritario-militare ad uno più partecipato-democratico).

La prima è sbagliata per ovvi motivi. Ma anche la seconda ha un orizzonte troppo limitato. La sinodalità infatti, è un aderire allo stile di vita di comunione che è proposto dal vangelo e ha radici nel modello delle relazioni intratrinitarie. La sinodalità supera il semplice miglioramento del modo di prendere decisioni. Essa tocca tutti gli aspetti della nostra vita e ha radice nell’obbedienza al comandamento della carità reciproca come condizione del nostro camminare con Cristo.


Synodalité et formation

Le Synode sur la synodalité implique l’Église à tous les niveaux. Les ressources consacrées au synode et la durée de son parcours indiquent le désir du pape d’un changement fondamental dans notre être Église. L’approche pyramidale, mise en œuvre jusqu’à présent dans les relations à l’intérieur de l’Eglise, doit s’adapter à la logique évangélique de la communion. C’est pourquoi il faut éviter la tentation d’aborder superficiellement la réflexion sur la synodalité en disant : « Nous vivons déjà de manière synodale! » Cela signifierait perdre l’occasion de devenir plus cohérents avec l’Evangile. En revanche, il vaut mieux reconnaître humblement notre besoin de conversion. Notre modèle de synodalité est la communion du Père et du Fils dans la Trinité. Nous ne pouvons pas nous réduire à d’autres modèles.

Synodalité signifie "marcher ensemble", "sun-odos" (une référence possible est l’expérience des disciples d’Emmaüs qui marchent avec Jésus, cf. Lc 24, 13-33). Il ne s’agit pas seulement de synchroniser nos rythmes (ce que nous faisons), mais plutôt d’harmoniser nos pensées et nos cœurs.

Vivre la synodalité embrasse tous les aspects de notre vie et donc l’approfondissement nécessaire serait très vaste.[1]  Je limite donc le champ de notre réflexion à certains aspects liés à la vie consacrée et communautaire, en touchant en particulier l’obéissance et le discernement communautaire.

Je commencerai par deux remarques.  Tout d’abord, il faut affirmer avec fermeté que l’obéissance est réservée à Dieu seul et non à d’autres leaders, pas même aux supérieurs. Nous synchronisons notre marche ensemble, seulement si nous marchons au pas de Jésus, notre Maître. La synodalité est donc un nouveau système de relations dans lequel tous, y compris ceux qui sont en service comme autorité, se sentent membres du même troupeau et suivent l’unique Pasteur, l’unique Maître : Jésus. Nous sommes tous des disciples, bien qu’ayant des rôles différents, au sein du troupeau.

Deuxièmement, la synodalité exige l’adoption du discernement collectif de la volonté de Dieu. Tant ceux qui sont en service d’autorité que les sujets sont appelés à collaborer à l’écoute de la voix de l’Esprit et à marcher avec docilité sur la route qu’Il a indiquée. Ce discernement communautaire élève et porte à son accomplissement le traditionnel discernement personnel, car la voix de l’Esprit est mieux perçue dans la communion, dans la synodalité. [...l’Esprit Saint et nous-mêmes avons décidé ... (Actes 15,28) ].

Deux mouvements sont nécessaires :

  • Celui qui est au service de l’autorité doit donner de l’espace à tous et écouter la voix de ceux qui souvent ne sont pas écoutés. Saint Benoît affirme que parfois la volonté de Dieu se découvre en écoutant l’opinion du plus jeune membre de la communauté. Dans la même ligne, le pape François veut que la première étape synodale soit consacrée à l’écoute de tous les membres de l’Église. Dans cette vision, un supérieur n’est pas celui qui possède la vérité et offre des réponses à toutes les questions. Au contraire, il doit faciliter le partage des contributions et des talents de chacun, afin que la voix de l’Esprit soit écoutée dans la communauté. En d’autres termes, ceux qui détiennent l’autorité doivent se considérer comme faisant partie du troupeau : tous des brebis aux caractéristiques et aux rôles différents, mais tous des brebis... Bien entendu, la fonction du détenteur de l’autorité est de tirer les conclusions et de synthétiser une décision finale, en particulier lorsque le consensus n’est pas facilement atteint.
  • En même temps, les "sujets" doivent assumer la responsabilité de la vie de l’Église et des communautés. Être responsable est ennuyeux parce qu’il oblige tous les brebis à sortir de la passivité et de leur zone de confort (être esclave peut être confortable... : ne nécessite pas de penser, de décider, d’assumer des responsabilités, ...). En même temps, le "sujet" ne contribue positivement au processus de discernement que s’il écoute la voix de l’Esprit, exactement comme celui qui a autorité. Il devrait partager le résultat de son discernement devant Dieu et non pas tant ses opinions personnelles ou ses désirs égoïstes. La contribution personnelle au discernement communautaire peut donc être inconfortable, désolante, exigeante, partisane de choix radicaux... si l’Esprit le demande (comme, par exemple, la poussée à la mission de Caritas Christi Urget Nos...). La synodalité n’est pas une simple démocratie, mais c’est écouter et obéir, avec la voix du Maître. Enfin, le jeu de la synodalité appelle chaque membre de la communauté à soutenir avec une foi humble le résultat du discernement communautaire. Personne ne connaît avec certitude la volonté de Dieu, mais nous croyons que discerner ensemble nous aide à nous approcher d’elle.

Quelques considérations :

  • Qui aime la synodalité ? Au monde, certainement pas. Le monde veut et promeut l’individualisme. Mais la synodalité ne nous plaît probablement pas non plus. La synodalité est une belle parole, mais c’est aussi un processus exigeant qui exige foi et courage. Il suffit d’observer combien il est difficile de partager nos projets, idées, désirs, difficultés... Nous préférons décider nous-mêmes ou, tout au plus, communiquer des décisions déjà prises parce que nous avons peur de voir nos plans retouchés par le jeu d’équipe (la communion !). Nous voulons que nos voix soient entendues, mais nous devenons résistants quand il s’agit de mettre sous le contrôle de la communion nos idées et nos projets.
  • Il est nécessaire de ne pas interpréter la communion du seul point de vue de sa culture: l’harmonie, la fraternité, la famille, l’organisation des relations que nous apprenons de nos cultures respectives sont de bons points de départ, mais ils doivent être élevés au niveau de la culture de l’Evangile, la culture de Jésus, de la Trinité. En même temps, la contribution des individus dans le discernement collectif ajoutera des 'couleurs' qui s’accordent avec nos diverses provenances culturelles et personnalités. La culture de l’Évangile "s’incarne" dans l’interaction de personnes réelles, avec leurs caractéristiques culturelles et personnelles particulières, et n’est donc jamais standardisée sur un modèle théorique. En outre, notre être "étranger" dans une culture autochtone et homogène peut être bénéfique, car les étrangers sont des "éléments perturbateurs" qui voient les choses sous des perspectives différentes et nouvelles (par rapport au lieu spécifique où vous vous trouvez).
  • Synodalité signifie prendre soin du cri de l’humanité qui est à l’intérieur de nos communautés (prendre soin de notre peuple, de nos trésors !). Il peut arriver qu’avec l’excuse de faire mission, nous négligeons la qualité de nos relations et l’attention pour ceux qui vivent des difficultés, des crises, etc.
  • Dans des circonstances spécifiques, il faut faire moins, mais en communion. Marcher ensemble, c’est aller au pas des plus faibles. Le discernement communautaire est un processus plus long et plus complexe que le discernement individuel (le discernement de style ignatien), qui n’implique que la personne et Dieu. Sommes-nous prêts à réaliser le discernement communautaire au prix de faire moins de choses et d’attendre les temps de la fraternité ?
  • Celui qui ralentit le rythme doit savoir que les autres attendent sa contribution. Quiconque a des talents à partager. Les cacher signifie nuire à la communion. Dans la synodalité, il n’y a pas de place pour la passivité et la paresse. Et marcher, c’est parfois dur.
  • La mission est le troisième élément de la synodalité après la communion et la participation. La synodalité signifie écouter profondément le cri du monde. Si nous grandissons en communion, à partir de nos communautés, nous nous éduquerons à être synodaux aussi avec le monde.
  • La synodalité, c’est marcher ensemble sur un chemin de sainteté, c’est marcher avec le Saint parmi nous. Je peux accélérer ou ralentir le pas de mes frères et sœurs, selon la façon dont j’essaie de vivre l’Évangile. Si je ne vis pas ma sainteté personnelle, je porte préjudice à la synodalité et au parcours des autres.

 

Conclusion

Je conclus en disant qu’une conversion synodale est également nécessaire dans la formation si nous voulons apporter une contribution à l’Église synodale. Elle est une conversion qui concerne aussi bien les formateurs que les jeunes en formation. Je partage quelques passages qui m’interpellent personnellement :

-  Je devrais écouter plus et enseigner moins, poser plus de questions que donner des réponses. Créer des espaces de liberté dans la communication, surtout informelle à la table et dans les entretiens.

-     Il est nécessaire d’impliquer les jeunes en formations au moment de trouver des solutions aux problèmes et de prendre des décisions (au moins là où ils le peuvent), en demandant que leurs propositions soient le fruit d’un discernement. Cela prend plus de temps et fait courir quelques risques en plus, mais peut-être responsabilise-t-il et fait-il comprendre que si on ne discerne pas bien, on paie les conséquences de nos égoïsmes.

-     Je dois grandir en impliquant le jeune en formation dans ma vie, le voyant comme un frère qui voyage avec moi, avec ses besoins, mais aussi avec ses responsabilités, demandant son aide et son soutien quand c’est moi qui ai besoin (moins de relation père-fils et plus de relation de frère à frère, ensemble en compagnie du Christ).

Les propositions peuvent être nombreuses et nous pouvons les discuter ensemble... synodalement.

Matteo Rebecchi, sx

Manilla, 12 mai, 2022 -

QUESTIONS pour le partage :

1-  Quelle expérience positive de la synodalité avez-vous vécue dans votre communauté ?

2- Quelle conversion est demandée au formateur pour une plus grande synodalité en formation ?

3- Quelle conversion est nécessaire au jeune en formation pour une plus grande synodalité en formation ?

 

[1] Il y a deux possibles interprétations erronées de la synodalité :

1) Celle de ceux qui ne la veulent pas, de ceux qui désirent une église non synodale.

2) Celle de celui qui l’interprète seulement sociologiquement, comme une amélioration du processus de 'decision making' (seulement comme une amélioration du discernement face aux décisions, en passant d’une manière autoritaire-militaire à une plus participative-démocratique).

La première est fausse pour des raisons évidentes. Mais la seconde aussi a un horizon trop limité. La synodalité, en effet, est une adhésion au style de vie de communion qui est proposé par l’évangile et qui a des racines dans le modèle des relations intratrinitaires. La synodalité dépasse la simple amélioration de la manière de prendre des décisions. Elle touche tous les aspects de notre vie et prend racine dans l’obéissance au commandement de la charité réciproque comme condition de notre marche avec le Christ.

 


Synodality and Formation

The synod on synodality involves the Church at all levels. The resources dedicated to the synod and the length of the preparation journey, indicate the pope's desire for a fundamental change in our being Church. The pyramidal approach, implemented so far in relations within the Church, must adapt to the evangelical logic of communion. Therefore, we must avoid the temptation to superficially approach reflection on synodality by saying, "We are already living synodally!" This would mean missing the opportunity to become more consistent with the Gospel. Instead, it is better to humbly acknowledge our need for conversion: our model of synodality is the communion of Father and Son in the Trinity. No less than that.

Synodality means "walking together," "sun-odos" (a possible reference is the experience of the disciples of Emmaus walking together with Jesus, cf. Lk 24:13-33). It is not just about synchronizing our rhythms (what we do), but rather harmonizing our thoughts and hearts.

Living synodality encompasses all aspects of our lives and therefore the in-depth study needed of this topic would be vast.[1] I therefore limit the scope of our reflection, to some aspects related to consecrated and community life, touching on obedience and community discernment.

I begin with two premises. 

First, we need to rediscover that obedience is reserved to God alone and not to other leaders, not even to superiors. We can synchronize our walk together only if we walk at the pace of Jesus, our Master. Synodality is, therefore, a new system of relationships in which everyone, including those in authority, feel like members of the same flock and follow the one Shepherd, the one Master, Jesus. We are all disciples, albeit with different roles, within the flock.

Second, synodality requires the adoption of ‘collective’ discernment of God's will. Both those in authority as well as the subjects are called to cooperate in listening to the voice of the Spirit and to walk meekly in the way He has indicated. This communal discernment elevates and brings to fruition the traditional personal discernment because the voice of the Spirit is best perceived in communion, in synodality. [... It seemed good, indeed, to the Holy Spirit and to us... (Acts 15:28)].

Two movements are necessary:

1) those in authority must give space to all and listen to the voices of those who are often not heard. St. Benedict says that sometimes God's will is discovered by listening to the opinion of the youngest member of the community. In the same vein, Pope Francis wants the first synod stage to be dedicated to listening to all members of the Church. In this vision, a superior is not the one who possesses the truth and offers answers to all questions. Rather, he or she must facilitate the sharing of everyone's contributions and talents so that the voice of the Spirit is heard in the community. In other words, those in authority must see themselves as part of the flock: all sheep with different characteristics and roles, but all sheep... Of course, those in authority have the function of drawing conclusions and synthesizing a final decision, especially when consensus is not easily reached.

2) At the same time, the "subjects" must take responsibility for the life of the church and communities. Being responsible is troublesome because it forces all sheep out of passivity and their comfort zone (being a slave sometimes can be comfortable ...: it does not require thinking, deciding, taking responsibility, ...). At the same time, the "subject" contributes positively to the discernment process only if he, himself, listens to the voice of the Spirit, just like those in authority. He should share the result of his discernment before God and not so much his personal opinions or selfish desires. Personal contribution to communal discernment, therefore, can be uncomfortable, displacing, demanding, calling for radical choices... if the Spirit requires it (for example: Caritas Christi Urget Nos...). Synodality is not mere democracy, but it is listening to and obeying, together, the Master. Finally, the game of synodality calls each member of the community to support the outcome of community discernment with humble faith. No one knows God's will with certainty, but we believe that discerning together helps us to draw near to it.

Some considerations:

  • Who likes synodality? The world, no for sure. The world wants and promotes individualism. But we probably don't like synodality either. Synodality is a beautiful word, but it is also a challenging process that requires faith and courage. Just observe how difficult it is, in our communities, to share our projects, ideas, desires, difficulties.... We prefer to decide on our own or, at best, communicate decisions already made because we are afraid to see our plans tweaked by teamwork (communion!). We want our voices to be heard, but we become resistant when it comes to bringing our ideas and plans into communion.
  • It is necessary not to interpret communion only from the point of view of one's own culture: the harmony, fraternity, family, and relationship setting that we learn from our respective cultures are good starting points, but they must be elevated to the level of the culture of the Gospel, the culture of Jesus, of the Trinity. At the same time, the contribution of individuals in collective discernment will add 'colors' that match our different cultural backgrounds and personalities. The culture of the Gospel is 'embodied' in the interaction of real people, with their specific cultural and personal characteristics, and thus is never standardized on an ideal model. Moreover, our being "foreigners" within a homogeneous, native culture can be advantageous, because foreigners are "disturbing elements" who see things from different and new perspectives (compared to the specific place where one is).
  • Synodality means caring for the cry of humanity that is within our communities (taking care of our brothers, our treasures!). It may happen that with the excuse of doing mission we neglect the quality of our relationships and care for those who are experiencing difficulties, crises, etc.
  • In specific circumstances, we need to do less but in communion. Walking together means going in step with the weakest. Community discernment is a longer process than individual discernment (Ignatian style discernment), involving only the person and God. Are we ready to implement community discernment at the cost of doing fewer things and waiting according to the rhythm of the fraternity?
  • Those who slow down the pace must know that others are waiting for their contribution. Everyone has talents to share. To hide them is to damage communion. In synodality there is no place for passivity and laziness. And walking requires effort.
  • Mission is the 3rd element of synodality after communion and participation. Synodality means listening deeply to the cry of the world. If we grow in communion, starting from our communities, we will educate ourselves to become synodal with the world as well.
  • Synodality is walking together on a path of holiness, it is walking together with the Holy One in our midst. I can speed up or slow down the pace of my brothers and sisters, depending on how I try to live the Gospel. If I do not live my personal holiness, I damage synodality and the journey of others.

Conclusion

I conclude by saying that a synodical conversion is also needed in formation if we are to contribute to the synodical church. It is a conversion that concerns both the formators and the formandi.

I share some aspects that challenge me personally:

  • I should listen more and teach less, ask more questions than give answers. Create spaces for freedom in communication, especially informal communication at the dinner table and in interviews.
  • I need to involve students in finding solutions to problems and making decisions (at least where you can), asking that their proposals be the result of discernment. This takes more time and takes a little more risk, but perhaps it empowers and makes one realize that if we do not discern well, we pay the consequences of our selfishness.
  • I need to grow in involving the student in my life, seeing him as a brother who travels with me, with his needs, but also with his responsibilities, asking for his help and support when I am the one in need (less of a father-son relationship and more of a brother-to-brother relationship, together in the company of Christ).

There can be many more suggestions and we can discuss them together...synodically.

QUESTIONS for sharing:

  1. What positive lived experience of synodality do you have in your community?
  2. What conversion is required of the formator for a greater synodality in formation?
  3. What conversion is required of the one in formation for a greater synodality in formation?

[1] There are two possible misinterpretations of synodality:

  1. That of those who do not want it, of those who want a non-synodal church.
  2. That of those who interpret it only sociologically, as an improvement in the 'decision making' process (i.e., moving from an authoritarian-military way to a more participatory-democratic one).

The first is wrong for obvious reasons. But even the second has too limited a horizon. In fact, synodality is adhering to the lifestyle of communion which is proposed by the Gospel and has its roots in the model of intra-Trinitarian relations. Synodality is more than simply improving the way decisions are made. It touches all aspects of our life and has its roots in the obedience to the commandment of mutual charity, as a sine que non condition of our journeying with Christ.

Matteo Rebecchi sx
05 Ottobre 2022
799 visualizzazioni
Disponibile in
Tag

Link &
Download

Area riservata alla Famiglia Saveriana.
Accedi qui con il tuo nome utente e password per visualizzare e scaricare i file riservati.