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Miotti Fr. Antonio

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FR. ANTONIO MIOTTI 
S. Giorgio di Perlena di Fara Vic. (VI), 18 giugno 1895
Parma, 30 gennaio 1972

Di S. Giorgio di Perlena di Fara Vic.
Missionario con il "Vangelo vissuto" della laboriosità e della semplicità
Di anni 76. Numero di Professione 93
Sepolto a Parma

   La notte del 30.I.1972 moriva all'Ospedale di Parma, in seguito ad emorragia da ulcera il Confratello Coadiutore Antonio Miotti. Era nato a S. Giorgio di Perlena di Fara Vic. (Prov. Vicenza, Dioc. Padova) il 18.VI.1895. Entrato a Parma tra i Saveriani a 30 anni, il 10.XI.1925, emetteva la Professione Religiosa nelle mani dello stesso Fondatore l'8.V.1927.

     Dal clima familiare e della sua infanzia aveva imparato la laboriosità e la tenacia nelle cose più semplici e più ordinarie della vita. Da missionario continuò una vita semplice e lineare. All'esterno nulla di straordinario, di appariscente; all'interno una ricchezza insospettata. L'impegno che egli metteva in ogni cosa era il risultato di uno sforzo costante di vincere se stesso e di una volontà decisa a vivere fino in fondo la sua consacrazione al Signore.

    Gli incarichi che gli furono affidati a Parma, a Poggio S. Marcello, Roma, Capriglio, Cremona, Desio e di nuovo a Parma erano quasi sempre pesanti. Soprattutto lo fu quello ricoperto negli ultimi anni come portinaio della Casa Madre. Riempiva i tempi vuoti con la preghiera e con il lavoro.

    Una immagine familiare di lui è costituita dal ricordarlo impegnato a coltivare i fiori nelle piccole aiuole davanti all'Istituto, o intento a leggere quei libri che egli chiamava "il vangelo vissuto", cioè le vite dei Santi.

    Tra le sue carte furono trovati due quaderni di pensieri e propositi che vanno dal 1940 al 1971. Leggere queste pagine è come ammirare i fiori che egli coltivava con tanto amore e pazienza:

    "...Devo considerarmi come vittima volontaria per la conversione degli infedeli: porterò dunque con pazienza le croci che il Signore mi manda e particolarmente i malesseri fisici" (26.VI.1941). "Amerò come madre la Congregazione che si prende cura del mio bene spirituale e materiale: l'amerò con le sue buone qualità e con i suoi difetti, non permettendomi alcuna critica. Amerò i membri che la compongono come fratelli rendendo loro quei servizi che mi sarà possibile" (23.VI.1942). "Io vivo in Dio, perché Egli nella sua immensità mi circonda e mi compenetra. Io dunque devo rivolgermi a Lui con la confidenza di un figlio verso il più amoroso dei Padri" (7.V.1957). "Il Regno di Dio ha bisogno di anime che si sacrifichino per la sua dilatazione. Io mi sacrificherò facendo quotidianamente il mio dovere per amore di Dio" (21.X.62). "La spiritualità moderna a differenza dell'antica, che consigliava la fuga dal mondo consiglia di inserirsi nelle cose del mondo per santificarle e portare ad offrire a Dio per Cristo tutto il creato. Però bisogna pensare che siamo pellegrini e per di più feriti dal peccato originale e da quelli attuali ed essere vigilanti, per non andare agli eccessi opposti, perché la nostra patria è il Cielo, verso cui siamo incamminati" (ultime sue righe scritte).

DG
30 Gennaio 1972
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