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Il Dialogo interreligioso e la società bengalese

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Essere attivi e coscientizzare le persone sull’importanza che i rapporti fra i vari gruppi religiosi siano pacifici e di buone relazioni, nel rispetto reciproco nella società bengalese, è il compito del Centro del Dialogo Interreligioso di Khulna, Bangladesh. È composto da una sessantina di persone, tutti professionisti nei diversi settori della società: uffici governativi, università, college e nell’ambito del commercio. Appartengono a diverse religioni, islamici, indù e cristiani. Essi cercano di vivere e di diffondere l’ideale della convivenza fra i diversi gruppi religiosi nel nome del valore dell’“umano’”. Incontrare il pubblico e favorire la conoscenza delle altre religioni, il dire e condividere la propria religione e fede, dare importanza alla dignità e al rispetto di ogni persona umana, tenendo presente le differenze di religione, è il nostro compito e la nostra attività. Non affermiamo il nostro credo religioso personale denigrando e disprezzando il mondo degli altri. Riconoscersi creature umane create dall’Altissimo che in suo nome rispettano e favoriscono che le sue creature stiano in pace e contente. In questo non può esserci competizione e cultura di disprezzo e di odio. Il Creatore ha dato a ciascun gruppo etnico la possibilità di esprimersi e gioire della sua identità per far sì che il mondo sia come un giardino ricco di vari e differenti fiori di vari colori che è bello a vedersi e a viverci.

Nelle nostre condivisioni nel gruppo, stiamo attenti all’essere tutti uguali in dignità e nel modo di esprimere la nostra personalità nei confronti con gli altri. Nel passato la società ha creato le divisioni di casta dove una persona aveva il suo valore “umano” secondo la posizione di casta che aveva nella società. Il sistema casta divide molto e in profondità perché ‘costantemente’ non permette la spontaneità dei rapporti individuali. “Tu vali per la posizione di casta che hai nella società. Tu puoi pretendere dei privilegi perché “appartieni ad una certa casta”. Questa è la struttura della mente del bengalese che appare evidente e spontanea se non c’è un controllo personale e comunitario. Ha funzionato per millenni così. Diverse classi sociali, diversi gradi di dignità, modi di vivere e di ambienti in cui stare, questo era accettato come naturale, normale e logico. Nel sistema caste non ci sono rapporti di uguaglianza fra le persone e quindi i rapporti sono limitati. “Non puoi esprimere la tua personalità e il tuo amore verso di me perché la tua casta è diversa dalla mia”.

Nelle nostre relazioni di gruppo stiamo attenti perché questo non avvenga. Non c’è il gruppo potente perché più numeroso o/e perché più ricco che primeggia sugli altri. A volte ci sono tentativi in questa direzione, i quali vengono soprattutto dal gruppo maggioritario oppure dalla posizione dirigenziale nell’ambiente lavoro di qualcuno, ma noi li abortiamo. L’uguaglianza è essenziale, siamo tutti uguali perché il Creatore ci ha creato così. Viviamo la convivialità delle differenze. A volte, nei miei interventi nel gruppo, sottolineo tutto ciò apertamente perché tutti possiamo essere coscienti e contenti. Sono aiutato in questo dalla coscienza nazionale creata anche da poeti e scrittori nazionali, persone che tutti rispettiamo e ne condividiamo le idee. Parlando di divisioni di casta, per superarle, i membri del nostro Centro hanno sognato e indicato la via della uguaglianza e solidarietà.

Ma anche qui in Bangladesh, nella società siamo diventati “clienti”, usufruttuari di servizi che lo stato e/o le società commerciali ci danno, facendosi pagare. Non siamo più uomini e cittadini. L’umano sta estinguendosi. Da una decina d’anni, il governo bengalese ha intrapreso e aperto una nuova strada che è quella della mentalità commerciale. Non è confinata solo nei rapporti di business ma è dappertutto in ogni atteggiamento e azione dell’individuo nella società. Oggi tutti gli studenti, espressione e futuro della società, studiano commercio, management bancario e industriale e sistema bancario. Nelle scuole non esistono più materie scolastiche tipo letteratura, storia, geografia astronomia e religione. Si studiano solo materie commerciali, non esistono più scuole che guardano all’aspetto umano della vita. Le persone, le famiglie e i gruppi sono diventati tutti “clienti”. Così vede il progresso l’attuale governo bengalese.

Questo rende difficile il nostro lavoro nel dialogo interreligioso perché ci accorgiamo che le nuove generazioni non comprendono più, non conoscono la loro identità e loro storia anche nazionale e non sanno cosa siano i valori umani tipo la concordia, il rispetto vicendevole, l’altruismo, la solidarietà sociale, la pace nei rapporti umani e all’interno del proprio cuore. Questo modo di pensare e di vivere fa molte vittime; chi è più debole socialmente o individualmente, rimane tagliato fuori. Si creano varie forme di disagio giovanile che portano a volte anche a conseguenze letali. Ma come fare dialogo interreligioso quando la religione non è più creduta, vissuta e praticata? Anch’io ascolto persone che dicono “io non ho nessuna religione, non credo in nessun dio, non credo in niente”; socialmente vivono una forma religiosa di facciata, perché non si vuole diventare vittime di biasimo e denigrazione a livello sociale fra i parenti, amici e colleghi. Ma in questa società che tende sempre più alla frammentazione sociale, a accaparrare e accumulare per incrementare il proprio potere economico individualistico, bisogna fare una nuova fondazione del discorso del dialogo interreligioso. Forse converrà chiamarlo dialogo inter-sociale.

Il mondo digitale poi crea nuovi tipi di “umani”, qui qualcuno chiama i giovani “i drogati dello smartphone e del cellulare”, perché sono tutto il giorno impegnati con il cellulare e non si distaccano da esso. Come distoglierli dall’uso del cellulare e interessarli alla propria realtà umana, locale, intessendo rapporti stabili e duraturi per vivere in pace e felici con il proprio vicino di casa e nella società? Come vedono e progettano questi giovani il loro futuro? Il mondo dell’”umano” è sempre più complicato ed è difficile interagire con esso. Mi dico, forse anche per farmi coraggio, che lunga è la strada e stretta è la via, pensando ad una presenza come prete missionario accanto a loro. Chiedo al Signore che mi sia vicino e con una lampada accesa e sufficiente di luce, per quello che è necessario, così che possa continuare ad incontrare le persone. Ci vuole intelligenza per capire come vanno le cose, sapere il perché e trovare un modo che porti a loro. Nel prossimo futuro, penso che non sarà più la religione ciò che continuerà ad avere grande importanza nella società bengalese, ma “il cuore di ogni persona”. Tuttavia, il cuore è difficile da capire e … da coinvolgere nei gesti di attenzione e amore verso gli altri.

Mimmo Pietanza, sx


Interreligious Dialogue and Bengali Society

To be active and to make people aware of the importance of peaceful and good relations between the various religious groups, with mutual respect in Bengali society, is the task of the Interreligious Dialogue Centre in Khulna, Bangladesh. It consists of about sixty people, all professionals in different sectors of society: government offices, universities, colleges and in the field of commerce. They belong to different religions, Islamic, Hindu and Christian. They seek to live and spread the ideal of coexistence between different religious groups in the name of the 'human' value. Meeting the public and fostering knowledge of other religions, telling and sharing one's religion and faith, giving importance to the dignity and respect of every human person, bearing in mind the differences in religion, is our task and activity. We do not affirm our personal religious beliefs by denigrating and despising the world of others. Let us recognise ourselves as human creatures created by the Most High who in his name respect and favour that his creatures be in peace and contentment. In this perspective, there can be no competition and no culture of contempt and hatred. The Creator has given each ethnic group the opportunity to express itself and rejoice in its identity so that the world is like a garden full of various and different coloured flowers that is beautiful to see and to live in.

In our sharing in the group, let us be mindful of the fact that we are all equal in dignity and in the way we express our personality in our dealings with others. In the past, society created caste divisions where a person had their 'human' value according to the caste position they had in society. The caste system is very divisive and deep because it 'constantly' does not allow for spontaneity in individual relationships. "You are worth because of the caste position you have in society. You can claim privileges because you 'belong to a certain caste'. This is the structure of the Bengali mind that appears self-evident and spontaneous if there is no personal and communal control. It has worked like this for millennia. Different social classes, different degrees of dignity, ways of living and environments to be in, this was accepted as natural, normal and logical. In the caste system, there is no equality between people and therefore relationships are limited. "You cannot express your personality and your love for me because your caste is different from mine".

In our group relations we are careful that this does not happen, there is no powerful group because it is more numerous or/and because it is richer that prevails over the others. Sometimes there are attempts in this direction, which come mainly from the majority group or from someone's leadership position in the working environment, but we abort them. Equality is essential, we are all equal because the Creator created us that way. We live the conviviality of differences. Sometimes, in my speeches in the group, I emphasise this openly so that we can all be conscious and content. I am helped in this by the national consciousness also created by national poets and writers, people we all respect and share ideas with. Speaking of caste divisions, to overcome them our Centre members dreamt and pointed the way of equality and solidarity.

But even here in Bangladesh, in society we have become 'customers', users of services that the state and/or commercial companies give us, charging us for. We are no longer humans and citizens. The human is becoming extinct. For the past ten years or so, the Bengali government has taken and opened a new path, which is that of the commercial mentality. It is not only confined to business relations but is everywhere in every attitude and action of the individual in society. Today, all students, the expression and future of society, study commerce, banking and industrial management and the banking system. School subjects such as literature, history, geography, astronomy and religion no longer exist in schools. Only business subjects are studied, there are no longer schools that look at the human aspect of life. People, families and groups have all become 'customers'. This is how the current Bengali government sees progress.

This makes our work in interreligious dialogue difficult because I realise that the new generations no longer understand, do not know their identity and history, even national history, and do not know what human values are, such as concord, mutual respect, altruism, social solidarity, and peace in human relationships and within their own hearts. This way of thinking and living makes many victims; those who are weaker socially or individually are left out. Various forms of juvenile discomfort are created, sometimes even leading to lethal consequences. But how can interreligious dialogue take place when religion is no longer believed, lived and practised? I do hear people saying 'I have no religion, I do not believe in any god, I do not believe in anything'; socially they live a religious form of façade, because they do not want to become victims of blame and denigration at a social level among relatives, friends and colleagues. But in this society that tends more and more towards social fragmentation, hoarding and accumulation to increase one's individualistic economic power, a new foundation needs to be made for the discourse of interreligious dialogue. Perhaps we should call it inter-social dialogue.

The digital world creates new types of 'humans', here some call young people 'the smartphone and mobile phone junkies', because they are busy with their mobile phones all day and do not detach themselves from them. How do we get them away from their mobile phone use and get them interested in their own human, local reality, building stable and lasting relationships to live in peace and happiness with their neighbours and in society? How do these young people see and plan their future? The world of the 'human' is increasingly complicated and it is difficult to interact with it. I tell myself, perhaps also to give myself courage, that long is the road and narrow is the way, thinking of my presence as a missionary priest alongside them. I ask the Lord to be close to me, with a lighted lamp and enough light, for what is needed, so that I can continue to meet people. It takes intelligence to understand how things are, to know why, and to find a way that leads to them. In the near future, I think it will no longer be religion that will continue to have great importance in Bengali society, but 'the heart of each person'. However, the heart is difficult to understand and ... to involve in gestures of care and love towards others.

Mimmo Pietanza, SX


Dialogue interreligieux et société bengali

Être actif et sensibiliser les gens à l'importance de relations pacifiques et bonnes entre les différents groupes religieux, dans le respect mutuel dans la société bengali, est la tâche du Centre pour le dialogue interreligieux de Khulna, au Bangladesh. Il est composé d'une soixantaine de personnes, toutes professionnelles dans divers secteurs de la société : administration, universités, collèges et dans le secteur du commerce. Ils appartiennent à différentes religions, musulmans, hindous et chrétiens. Ils essaient de vivre et de diffuser l'idéal de coexistence entre les différents groupes religieux au nom de la valeur de l'humain. Rencontrer le public et promouvoir la connaissance des autres religions, dire et partager sa religion et sa foi, accorder de l'importance à la dignité et au respect de toute personne humaine, en gardant à l'esprit les différences de religion, est notre tâche et notre activité. Nous n'affirmons pas nos croyances religieuses personnelles en dénigrant et en méprisant le monde des autres. Nous cherchons à reconnaître les créatures humaines créées par le Très-Haut qui, en son nom, respecte et favorise que ses créatures soient en paix et heureuses. En cela, il ne peut y avoir de compétition ni de culture de mépris et de haine. Le Créateur a donné à chaque groupe ethnique la possibilité de s'exprimer et de jouir de son identité pour faire du monde un jardin plein de fleurs diverses et différentes de couleurs variées, beau à regarder et à vivre.

Dans notre partage au sein du groupe, nous veillons à être tous égaux en dignité et dans la façon dont nous exprimons notre personnalité envers les autres. Dans le passé, la société créait des divisions de caste où une personne avait sa valeur humaine selon la position de caste qu'elle avait dans la société. Le système des castes divise beaucoup et profondément parce qu'il ne permet pas la spontanéité des relations individuelles.

« Tu as de la valeur à la mesure de la position de caste dans la société. Tu peux bénéficier de tels privilèges parce que tu appartiens à une certaine caste ». C'est la structure de l'esprit bengali qui apparaît évidente et spontanée s'il n'y a pas de contrôle personnel et communautaire. Cela a fonctionné ainsi pendant des millénaires. Différentes classes sociales, différents degrés de dignité, différents modes de vie et environnements, tout cela était accepté comme naturel, normal et logique. Dans le système des castes, il n'y a pas de relations d'égalité entre les personnes et, par conséquent, les relations sont limitées. "Tu ne peux pas exprimer ta personnalité et ton amour envers moi car ta caste est différente de la mienne".

Dans nos relations de groupe nous veillons à ce que cela n'arrive pas, il n'y a pas de groupe puissant parce qu'il est plus nombreux ou/et parce qu'il est plus riche et excelle sur les autres. Parfois, il y a des tentatives dans ce sens, qui viennent principalement du groupe majoritaire ou du poste de direction de quelqu'un sur le lieu de travail, mais nous les avortons. L'égalité est essentielle, nous sommes tous égaux parce que le Créateur nous a créés ainsi. Nous vivons la convivialité des différences. Dans mes interventions dans le groupe, je souligne ouvertement ces principes pour que nous soyons tous conscients et heureux. Je suis aidé par la conscience nationale formée aussi par les poètes et écrivains nationaux, des gens que nous respectons tous. Nous partageons leurs idées. Pour surmonter la divisions de castes, les membres de notre Centre ont rêvé et indiqué la voie de l'égalité et de la solidarité.

Mais dans la société du Bangladesh, nous sommes devenus des « clients », des usufruitiers des services que l'État et les sociétés commerciales nous donnent : ils nous facturent ces services. Nous ne sommes plus des hommes et des citoyens. L'humain est en train de mourir. Depuis une dizaine d'années, le gouvernement bengali s'est engagé et a ouvert une nouvelle voie qui est celle de la mentalité marchande. Elle ne se limite pas seulement aux relations d'affaires mais est omniprésente dans chaque attitude et action de l'individu dans la société. Aujourd'hui tous les étudiants, expression et avenir de la société, étudient le commerce, la gestion industrielle et le système bancaire. Les matières scolaires telles que la littérature, l'histoire, la géographie, l'astronomie et la religion n'existent plus dans les écoles. Seules les matières commerciales sont étudiées, il n'y a plus d'écoles qui regardent l'aspect humain de la vie. Les individus, les familles et les groupes sont tous devenus des « clients ». C'est ainsi que l'actuel gouvernement bengali voit les progrès.

Cela rend difficile notre travail dans le dialogue interreligieux car je me rends compte que les nouvelles générations ne se comprennent plus, elles ne connaissent pas leur identité et leur histoire, même nationales, et elles ne savent pas ce que sont les valeurs humaines comme la concorde, le respect mutuel, altruisme, solidarité sociale, paix dans les relations humaines et dans son cœur. Cette façon de penser et de vivre fait de nombreuses victimes ; celui qui est le plus faible socialement ou individuellement reste retranché. Diverses formes de malaise chez les jeunes se multiplient, entraînant parfois des conséquences mortelles. Mais comment engager le dialogue interreligieux quand la religion n'est plus crue, vécue et pratiquée ? Moi aussi j'entends des gens dire « je n'ai pas de religion, je ne crois en aucun dieu, je ne crois en rien » ; socialement, ils vivent une forme de façade religieuse, car ils ne veulent pas être victimes de reproches et de dénigrement sur le plan social entre parents, amis et collègues. Mais dans cette société qui tend de plus en plus à la fragmentation sociale, à thésauriser et à accumuler pour accroître son pouvoir économique individualiste, un nouveau fondement doit être donné au discours du dialogue interreligieux. Peut-être vaudra-t-il mieux parler de dialogue intersocial.

Le monde numérique crée alors de nouveaux types d'humains, ici quelqu'un qualifie les jeunes de "smartphones et accros du téléphone portable", car ils sont occupés avec leur téléphone portable à longueur de journée et ne s'en détachent pas. Comment les distraire de l'usage du téléphone portable et les intéresser à leur propre réalité humaine locale, en tissant des relations stables et durables pour vivre dans la paix et le bonheur avec leurs voisins et dans la société ? Comment ces jeunes voient-ils et planifient-ils leur avenir ? Le monde de l'humain est de plus en plus compliqué et il est difficile d'interagir avec lui. Je me dis, peut-être aussi pour me donner du courage, que la route est longue et étroite, pensant à une présence comme prêtre missionnaire à côté d'eux. Je demande au Seigneur d'être près de moi et avec une lampe allumée et une lumière suffisante, pour ce qui est nécessaire, afin que je puisse continuer à rencontrer des gens. Il faut de l'intelligence pour comprendre comment les choses se passent, savoir pourquoi et trouver un chemin qui y mène. Dans un avenir proche, je pense que ce ne sera plus la religion qui continuera d'avoir une grande importance dans la société bengali, mais "le cœur de chaque personne". Pourtant, le cœur est difficile à comprendre et… à impliquer dans des gestes d'attention et d'amour envers les autres.

Mimmo Pietanza sx


Diálogo interreligioso y sociedad bengalí

Ser activos y concientizar a las personas sobre la importancia de que las relaciones entre los distintos grupos religiosos sean pacíficas y buenas, con respeto mutuo en la sociedad bengalí, es la tarea del Centro para el Diálogo Interreligioso de Khulna, Bangladesh. Está formado por unas sesenta personas, todas ellas profesionales de distintos sectores de la sociedad: oficinas gubernamentales, universidades, college y en el ámbito del comercio. Pertenecen a distintas religiones, islámicos, hindús y cristianos. Tratan de vivir y difundir el ideal de convivencia entre distintos grupos religiosos en nombre del valor de lo “humano”. Encontrar al público y fomentar el conocimiento de otras religiones, contar y compartir la propia religión y fe, dar importancia a la dignidad y al respeto de toda persona humana, teniendo en cuenta las diferencias de religión, es nuestra tarea y actividad. No afirmamos nuestras creencias religiosas personales denigrando y despreciando el mundo de los demás. Reconocerse como criaturas humanas creadas por el Altísimo, que en su nombre respetan y favorecen que sus criaturas estén en paz y contentas: en esto no puede haber competencia ni cultura del desprecio y del odio. El Creador ha dado a cada grupo étnico la oportunidad de expresarse y regocijarse en su identidad para hacer que el mundo sea como un jardín lleno de flores de diversos y diferentes colores que es hermoso de ver y en el que es hermoso vivir.

En nuestro compartir como grupo, somos conscientes de que todos somos iguales en dignidad y en la forma de expresar nuestra personalidad en el trato con los demás. En el pasado, la sociedad creó divisiones de castas en las que una persona tenía su valor “humano” en función de la posición de casta que ocupaba en la sociedad. El sistema de castas divide mucho y en profundidad porque “constantemente” no permite la espontaneidad en las relaciones individuales. “Tú vales según la posición de casta que tienes en la sociedad”. Puedes reclamar privilegios porque “perteneces a una determinada casta”. Esta es la estructura de la mente del bengalí que aparece evidente y espontánea si no hay control personal y comunitario. Ha funcionado así durante milenios. Diferentes clases sociales, diferentes grados de dignidad, formas de vida y entornos en los que estar, esto se aceptaba como algo natural, normal y lógico. En el sistema de castas, no hay relaciones de igualdad entre las personas y, por tanto, las relaciones son limitadas. “No puedes expresar tu personalidad y tu amor hacia mí porque tu casta es diferente a la mía”.

En nuestras relaciones de grupo procuramos que esto no ocurra, no hay un grupo poderoso por ser más numeroso o/y por ser más rico que prevalezca sobre los demás. A veces hay intentos en este sentido, que provienen principalmente del grupo mayoritario o de la posición de liderazgo de alguien en el entorno laboral, pero nosotros los abortamos. La igualdad es esencial, todos somos iguales porque el Creador nos creó así. Vivimos la convivencia de las diferencias. A veces, en mis intervenciones en el grupo, lo subrayo abiertamente para que todos seamos conscientes y felices. Me ayuda en esto la conciencia nacional creada también por poetas y escritores nacionales, personas a las que todos respetamos y con las que compartimos ideas. Hablando de divisiones de castas, para superarlas los miembros de nuestro Centro han soñado y mostrado el camino hacia la igualdad y la solidaridad.

Pero incluso aquí, en Bangladesh, en la sociedad, nos hemos convertido en “clientes”, usufructuarios de los servicios que el Estado y/o las empresas comerciales nos prestan, cobrándonos por ellos. Ya no somos humanos ni ciudadanos. El ser humano se está extinguiendo. Desde hace unos diez años, el gobierno bengalí ha tomado y abierto un nuevo camino, que es el de la mentalidad comercial. No sólo se limita a las relaciones comerciales, sino que está presente por dondequiera en todas las actitudes y acciones del individuo en la sociedad. Hoy en día, todos los estudiantes, expresión y futuro de la sociedad, estudian comercio, banca, gestión industrial y sistema bancario. Las asignaturas escolares como literatura, historia, geografía, astronomía y religión ya no existen en las escuelas. Sólo se estudian asignaturas de negocios, ya no hay escuelas que se ocupen del aspecto humano de la vida. Las personas, las familias y los grupos se han convertido en “clientes”. Así es como el actual gobierno bengalí ve el progreso.

Esto dificulta nuestro trabajo en el diálogo interreligioso, porque me doy cuenta de que las nuevas generaciones ya no comprenden, no conocen su identidad ni su historia, ni siquiera la nacional, y no saben lo que son los valores humanos, como la concordia, el respeto mutuo, el altruismo, la solidaridad social, la paz en las relaciones humanas y en su propio corazón. Esta forma de pensar y de vivir hace muchas víctimas; se deja de lado a los más débiles social o individualmente. Se crean diversas formas de malestar juvenil, que a veces llegan incluso a consecuencias letales. Pero, ¿cómo puede darse el diálogo interreligioso cuando la religión ya no se cree, ni se vive, ni se practica? Yo también oigo a las personas decir “yo no tengo religión, no creo en ningún dios, no creo en nada”; socialmente viven una forma religiosa de fachada, porque no quieren ser víctimas de la desaprobación y la denigración a nivel social entre parientes, amigos y colegas. Pero en esta sociedad que tiende cada vez más a la fragmentación social, a acaparar y acumular para aumentar el propio poder económico individualista, es necesario sentar nuevas bases para el discurso del diálogo interreligioso. Quizá deberíamos llamarlo diálogo inter-social.

El mundo digital crea, además, nuevos tipos de “humanos”, aquí alguien llama a los jóvenes “los adictos al smartphone y al móvil”, porque están ocupados todo el día con sus teléfonos móviles y no se separan de ellos. ¿Cómo alejarlos del uso del móvil e interesarlos por su propia realidad humana, local, construyendo relaciones estables y duraderas para vivir en paz y felices con el vecino de casa y en la sociedad? ¿Cómo ven y planifican su futuro estos jóvenes? El mundo de lo “humano” es cada vez más complicado y resulta difícil interactuar con él. Me digo, quizá también para darme valor, qué largo es el camino y qué angosta la senda, pensando en mi presencia de sacerdote misionero junto a ellos. Pido al Señor que esté cerca de mí, con una lámpara encendida y luz suficiente, para lo que sea necesario, para poder seguir encontrándome con las personas. Hace falta inteligencia para comprender cómo son las cosas, saber por qué y encontrar un camino que nos lleve a ellas. En un futuro próximo, creo que ya no será la religión la que seguirá teniendo gran importancia en la sociedad bengalí, sino “el corazón de cada persona”. Sin embargo, el corazón es difícil de comprender y ... de implicar en gestos de atención y amor hacia los demás.

Mimmo Pietanza sx

Mimmo Pietanza
19 Maggio 2023
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