La mia esperienza della vita religiosa
Il cuore umano è come un pozzo profondo, scuro, nel quale a prima vista non si vede niente. In questo pozzo c’è uno scrigno antico. Nello scrigno c’è una cassa bellissima. Questa cassa contiene il tesoro che è la storia degli abitanti del villaggio. Cosi è la storia di ogni persona. In fondo in fondo c’è il tesoro nascosto. C’è la storia personale. C’è la scatola nera che va decodificata per scoprire e rivedere le informazioni belle. Aprendo lo scrigno del mio cuore vorrei parlare della mia esperienza di vita religiosa.
Parlare di questa esperienza non è facile. In fondo è un mistero. Solo Dio sa come veramente lavora nel nostro cuore. Alla vigilia della mia ordinazione presbiterale come missionario saveriano tanti sono i ricordi commoventi che mi venivano alla mente guardando a come avevo vissuto gli undici anni di formazione. Ancora oggi riesco a vedere come Dio è stato presente lungo tutto il cammino anche quando io ero distratto oppure pensavo che non ci fosse. Tanta bellezza! Tanta gioia! Tanto affetto ricevuto e dato! E tutto questo non senza la croce. Parlare della vita religiosa per me è rivedere come Dio ha agito nella mia vita nelle relazioni. Tante relazioni! Se dovessi scegliere una parola che sintetizza la vita religiosa sceglierei Misericordia. La vita religiosa è storia di due sguardi che s’incontrano, o meglio, la storia delLo sguardo che incontra un altro sguardo. Ma come il Signore ha posato il suo sguardo su di me?
Il 29 marzo 2002 era il Venerdì Santo. Ero andato alla celebrazione nella parrocchia di Cahi. In questa celebrazione ho vissuto un momento particolare. Un tormento. Una preoccupazione. Tra le preghiere dei fedeli, come tutti i venerdì santi, si pregava per chi non crede in Dio e in Cristo:
- Preghiamo per coloro che non credono in Cristo, perché illuminati dallo Spirito Santo, possano entrare anch’essi nella via della salvezza
- Preghiamo per oloro che non credono in Dio, perché, vivendo con bontà e rettitudine di cuore, giungano alla conoscenza del Dio vero.
Queste due preghiere suscitarono in me un grande interrogativo. Ma esistono persone che non credono in Dio? Esistono persone che non conoscono Cristo? Subito dopo la celebrazione ho cercato un prete per dire ciò che provavo dentro, i mei interrogativi sulla possibile esistenza di persone che non conoscono Dio. Ma nessun prete era disponibile. Non mi sono scoraggiato, sono andato a bussare alla porta delle suore di Nostra Signora della Misericordia. Ho trovato una novizia che mi ha indirizzato a suor Godelive. Quest’ultima mi disse solo di venire nel gruppo vocazionale. Non avendo trovato la risposta ai mie interrogativi, dopo qualche incontro abbandonai anche il gruppo. Ormai la mia idea non era più di cercare la risposta a quella benedetta domanda che rimaneva sempre senza risposta. Ormai avevo finito il quinto il sesto anno senza più il minimo desiderio di cercare la risposta. Mi dicevo che forse era stato solo il sentimento del momento legato alla celebrazione, ad una emozione del momento. L’unica cosa che mi era rimasta era l’Eucaristia. Andavo ogni giorno a messa prima della scuola.
Dopo il sesto anno ero tornato a Mwenga per prepararmi ad entrare all’università. Tutto era chiaro. Dovevo studiare Medicina. Avevo espresso il mio desiderio ai genitori. Erano d’accordo che studiassi Medicina. Ormai aspettavo solo la pubblicazione dei risultati dell’esame di stato per iscrivermi all’università. La scelta era già fatta. Les jeux étaient faits.
L’incontro con la rivista saveriana
Un giorno mentre stavo cercando un libro da leggere nella piccola biblioteca di mio padre, vidi un libro, meglio una rivista: Le monde pour une maison (il mondo come una casa). Era la rivista dei Missionari Saveriani. L’incontro con questa rivista cambiò tutti i miei progetti per l’università. Mi divertivo a leggere le parole di san Francesco Saverio, di Guido Maria Conforti, le missioni saveriane. La piccola pace che avevo era persa. Dissi ai miei ciò che mi era accaduto e il desiderio di andare a Kitutu per incontrare i Missionari Saveriani. Pensavo fosse la risposta alla domanda. Annunciare il vangelo ai non cristiani, a quelli che non conoscono Dio. Avevo fatto tre viaggi a kitutu per incontrare un saveriano. Il mio parroco non era molto d’accordo per due cose: la prima era che potevo anche diventare prete diocesano e la seconda era che la strada Mwenga-Kitutu era piena di gruppi armati e non c’era nessuna sicurezza. Ciascuno gruppo faceva la propria legge. Visto questa situazione mia mamma non voleva che io andassi a kitutu. Ma con l’aiuto di mio padre mi lasciarono partire. Un po’ di soldi e uno zaino. Il primo viaggio. Arrivo a kitutu non c’è Faustino che era l’animatore vocazionale in quella zona. E quindi il parroco non mi poteva accogliere. La seconda volta c’era Faustino. Mi accolse solo per venti o trenta minuti e mi lasciò andare. Ormai conoscevo la strada. Devo dire che l’accoglienza non era molto bella. Per la terza volta avevo fatto un’esperienza di viaggio con Faustino. Fui molto colpito da questa esperienza che rafforzò il mio desiderio.
Alla fine del terzo viaggio, prima di partire da Kitutu, Faustino mi aveva detto: “se avrai il diploma di stato e se lo vorrai ci incontreremo a Bukavu”. Ogni viaggio aveva le sue particolarità. Qui non racconto quanto ho vissuto durante questi viaggi. Davvero Dio era con me. Quel fuoco che bruciava dentro di me mi dava un coraggio grande che non saprei raccontare. Era fuori dal mio intendimento.
A Bukavu ero andato a trovare padre Faustino. Mi propose di fare un cammino con padre Mario Sciamanna. Quest’ultimo mi accompagnò con amore e pazienza prima di entrare e durante il tempo della Propedeutica. Lo incontrerò ancora in noviziato dove farò l’esperienza di amore e di misericordia. Dovevo quindi rimanere a Bukavu da mia cugina. Era un momento del discernimento per vedere se potevo iniziare il cammino nella famiglia saveriana. Sono entrato nella famiglia saveriana il 04 settembre 2004 dove ho incontrato fin dal primo giorno persone che incarnano la misericordia di Dio. Sono veramente convinto che solo chi si sente perdonato può capire che cos’è il perdono. Chi si sente amato può amare. Chi sente la gioia del Vangelo può disturbarsi in vista di annunciarLo ad altri fratelli (caritas christi urget nos). Questo ho sperimentato nelle persone che mi hanno iniziato alla vita saveriana fin dalla Propedeutica. Lo sguardo di Dio giungeva a me tramite queste persone. Lo sguardo è un atteggiamento di rifiuto o di accoglienza. È facile vedere in comunità tramite gli sguardi la benevolenza o la non benevolenza. I consigli evangelici ci aiutano ad avere uno sguardo puro come quello del nostro Signore. La castità per guardare tutti. La povertà per abbracciare e non abbracciare le ricchezze di questo mondo. L’obbedienza è per abbandonarsi a Dio servendo dove lui vuole, è la consegna della propria vita nelle mani di Dio tramite i superiori. E’ questo stesso sguardo, questo stesso amore che Dio ha posato su di noi che noi possiamo donare come tesoro agli altri. Per noi saveriani tutti i voti concorrono per la missione, per l’annuncio del Vangelo. Questa è la misericordia di Dio. Mi piace l’icona di Matteo. Dio guardò Matteo con un amore empatico, puro.
Questo sguardo mi è stato rivolto in diversi modi e momenti. Il fascino dello sguardo di Dio ha toccato il mio cuore e io non ho saputo resistere. Come posso non annunciare al mondo le meraviglie del Signore? Questa consapevolezza mi ha spinto a rispondere alla chiamata del Signore professando i primi voti religiosi il 15 agosto 2010 e i voti perpetui il 7 dicembre 2014 come saveriano e cercando di maturare in me il fuoco che bruciava il cuore del nostro padre Fondatore. Come diacono sto sperimentando da vicino la bellezza dell’annuncio del Vangelo che richiede testimonianza, servizio e responsabilità. L’annuncio del Vangelo nell’omelia, ai Catecumeni e ai ragazzi della cresima fa maturare in me la consapevolezza di ciò che voglia dire essere missionario. Ciò implica innanzitutto l’incontro personale col Signore (nell’Eucaristia, nel sacramento della penitenza, nella preghiera personale, ecc.) perché è l’incontro col Signore che cambia il nostro modo di vedere, di amare e di giudicare.
Posso incontrare solo se prima io mi sento incontrato dal Signore. Guardato dal Lui. I consigli evangelici diventano quindi la trasmissione dell’esperienza della misericordia di Dio ai fratelli: cristiani e non cristiani. È questa misericordia, questo amore ricevuto concretamente in comunità che ci rende uomini comprensibili e capaci di ascoltare, accompagnare, affiancare i fratelli e le sorelle senza giudicarli. La comunità è quindi lo specchio. L’osservazione attenta e rispettosa del fratello è una grande scuola, fonte di saggezza e di sapienza. Questo era il desiderio del nostro fondatore s. G. M. Conforti quando diceva: amatevi come fratelli e rispettatevi come principi. Mi viene sovente in mente la domanda: come posso togliermi i sandali davanti al volto sacro del fratello? Come posso vedere il volto umano bello, buono e unico di chi mi sta dinanzi se non sono radicato nel Cristo? E quindi la fonte dell’Amore sta in questo amore misericordioso di Dio Padre nel suo Figlio Gesù reso vitale nella sua incarnazione.
Diac. Emmanuel Adili Mwassa sx
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