Giorgio (Bergoglio) come Guido
Le ultime parole del testamento di Papa Francesco sono risuonate nel mio cuore di saveriano come un appello o, se vogliamo usare i nostri testi capitolari, un richiamo ad amare la mia famiglia, a conoscere di più e meglio il Fondatore, San Guido Maria Conforti, e tentare di percorrere la strada di santità che ci ha proposto. Così termina il breve testamento di Francesco: “Il Signore dia la meritata ricompensa a coloro che mi hanno voluto bene continueranno a pregare per me. La sofferenza che si è fatta presente nell’ultima parte della mia vita l’offerta al Signore per la pace nel mondo e la fratellanza tra i popoli”.
Credo proprio che il cammino missionario abbia un suo punto di partenza, dinamico, da questa verità: la fratellanza tra i popoli.
Già nella sua prima catechesi (Parma, 14 Gennaio, 1917) meditando sulla preghiera insegnata da Gesù Cristo, San Guido parla del Padre che è creatore, dunque padre. La verità che ci assicura d’essere figli dello stesso Padre ci qualifica naturalmente come fratelli. Propone poi una contemplazione che è anche gestuale: noi figli, se guardiamo il Padre lasciando però cadere le bende dell’orgoglio, vediamo fratelli.
Riascoltiamo le sue parole:
“Ma non appena, con l'umile ardimento dell'amore, leviamo gli occhi al Padre, ecco che, caduteci dagli occhi le bende dell'orgoglio, riconosciamo i fratelli. E sebbene nell'orazione siamo spesso appartati da essi, dobbiamo però essere concordi con essi per amore. Per questo Gesù non ha voluto che dicessimo: Padre mio, ma bensì «Padre nostro». Ed in questo luogo il pronome nostro è la parola dell'amore che sente di non bastare a sé stesso: e ne può sentire la dolcezza solamente chi ama, chi sa quanto è bello un sorriso che risponde sinceramente ad un altro sorriso. Io e mio, osserva genialmente uno scrittore moderno, sono parole di chi crede di essere al mondo quasi solo; ma dinnanzi al supremo Signore chi può dir «io» senza aggiungere che per sé egli è nulla?
Nella parola «nostro» in quella vece è la gioia che dà il consenso, cioè la concordia di più in uno stesso volere: e qui è consenso grande, perché in differenti modi esso s'estende, non solo quanto la Chiesa ora militante nel mondo, ma quanto tutto il passato e tutto il futuro e comprende ben anche le più alte creature invisibili: gli Angeli”.
E qui mi risuona il TUTTI ripetuto mille volte da Papa Francesco. Anche agli arcivescovi dando loro il palio!
“Una Chiesa senza catene e senza muri, in cui ciascuno possa sentirsi accolto e accompagnato, in cui si coltivino l’arte dell’ascolto, del dialogo, della partecipazione, sotto l’unica autorità dello Spirito Santo. Una Chiesa libera e umile, che “si alza in fretta”, che non temporeggia, non accumula ritardi sulle sfide dell’oggi, non si attarda nei recinti sacri, ma si lascia animare dalla passione per l’annuncio del Vangelo e dal desiderio di raggiungere tutti e accogliere tutti. Non dimentichiamo questa parola: tutti. Tutti! Andate all’incrocio delle strade e portate tutti, ciechi, sordi, zoppi, ammalati, giusti, peccatori: tutti, tutti! Questa parola del Signore deve risuonare nella mente e nel cuore: tutti. Nella Chiesa c’è posto per tutti. E tante volte noi diventiamo una Chiesa dalle porte aperte ma per congedare gente, per condannare gente. Ieri uno di voi mi diceva: “Per la Chiesa questo non è il tempo dei congedi, è il tempo dell’accoglienza”. “Non sono venuti al banchetto…” – Andate all’incrocio. Tutti, tutti! “Ma sono peccatori…” – Tutti! (Mercoledì, 29 giugno 2022).
Mi è chiesto “umile ardimento dell’amore”, il coraggio di lasciar cadere “le bende dell’orgoglio”, allora le distanze non contano più, l’amore fraterno le supera. Non interessa il paese in cui sono nato, la lingua che parlo, i costumi, il colore, niente può cancellare la fraternità. Posso anche cambiare il nome all’anagrafe, diseredare, disprezzare il padre e la famiglia, come il figlio della parabola, ma sempre sarò figlio, sempre rimarrò fratello e il padre potrà sempre dire: “Questo tuo fratello” (Lc 15,32).
p. Alfiero Ceresoli, s.x.
JORGE (Bergoglio) LIKE GUIDO
The last words of Pope Francis's testament have resonated in my heart as a Saverian as an appeal or, if we want to use our capitular texts, a call to love my family, to know more and better the Founder, Saint Guido Maria Conforti, and to attempt to follow the path of holiness he has proposed to us. Thus ends the brief testament of Francis: "May the Lord give the deserved reward to those who have cared for me and continue to pray for me." The suffering that became evident in the last part of my life, I offer to the Lord for peace in the world and brotherhood among peoples.
I genuinely believe that the missionary journey has its dynamic starting point from this truth: the brotherhood among peoples.
Already in his first catechesis (Parma, January 14, 1917), meditating on the prayer taught by Jesus Christ, Saint Guido speaks of the Father, who is a creator and, therefore, a father. The truth that assures us of being children of the same Father naturally qualifies us as brothers and sisters. It then proposes a gestural contemplation: we, the children, if we look at the Father while letting go of the bandages of pride, see brothers and sisters.
Let's listen to his words again:
"But as soon as, with the humble daring of love, we lift our eyes to the Father, behold, the blindfolds of pride having fallen from our eyes, we recognize brothers and sisters." Although we are often separated from them in prayer, we must be in harmony with them out of love. That is why Jesus did not want us to say: My Father, but rather "Our Father." In this place, the pronoun "our" is the word of love that feels it is not complete in itself: and only those who love can feel its sweetness, those who know how beautiful is a smile that sincerely responds to another smile. I, and mine, observe a modern writer brilliantly: are words of someone who believes he is in the world almost alone; but before the supreme Lord, who can say "I" without adding that in himself he is nothing?
In the word "our," in that word, is the joy that gives consent, that is, the unity of many in one same will: and here is great consent, because in different ways it extends, not only as far as the Church now militant in the world, but as far as the past and all future, and it also includes the highest invisible creatures: the Angels."
Here, I resonate with the word TUTTI, which was repeated a thousand times by Pope Francis. Even to the archbishops while presenting them with the pallium!
"A Church without chains and walls, where everyone can feel welcomed and accompanied, where the art of listening, dialogue, and participation are cultivated, under the sole authority of the Holy Spirit." A free and humble Church that "gets up quickly," that does not procrastinate, does not accumulate delays on today's challenges, does not linger in sacred confines, but is animated by the passion for the proclamation of the Gospel and the desire to reach everyone and welcome everyone. Let's not forget this word: everyone. Everyone! Go to the crossroads and bring in everyone, blind, deaf, lame, sick, righteous, sinners: everyone, everyone! This word of the Lord must resonate in the mind and the heart: everyone. In the Church, there is room for everyone. And often, we become a Church with open doors only to dismiss people and condemn them. Yesterday, one of you told me: "For the Church, this is not the time of sending people away; it is the time to welcome." "They didn't come to the banquet..." – Go to the crossroads. Everyone, everyone! "But they are sinners..." – Everyone! (Wednesday, June 29, 2022).
I was asked for the "humble daring of love," the courage to let go of "the bandages of pride," then distances no longer matter, for fraternal love overcomes them. It does not matter what country I was born in, the language I speak, the customs, or the color; nothing can erase fraternity. I may even change my name in the registry, disinherit, despise my father and family, like the son in the parable. Still, I will always be a son, I will always remain a brother, and the father will always be able to say: "This your brother" (Luke 15:32).
fr. Alfiero Ceresoli, s.x.
