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Le migrazioni: opportunità per un mondo interconnesso

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L’economista della Banca mondiale, Quy-Toan Do, illustra il World Development Report 2023

Il World Development Report (Wdr) della Banca mondiale è il principale rapporto annuale globale che parla delle migrazioni ed è uno dei documenti più utili per andare incontro a una realtà complessa, che cambia.

Facciamo il punto, proprio nelle ore di pubblicazione del report 2023, con il co-direttore del Wdr della Banca mondiale, l’economista Quy-Toan Do.

Le sue ricerche accademiche si concentrano, in particolare, su fragilità, conflitti e migrazioni. «I nuovi dati — dice il direttore, anche docente del Massachusetts Institute of Technology — sono questi: ci sono 184 milioni di migranti nel mondo. Il 43% vive nelle classi basse di Paesi a basso-medio reddito». Aggiunge: «Le questioni migratorie stanno diventando urgenti a causa di forti divergenze globali in termini di salari reali, di mercato del lavoro, di nuovi modelli demografici e dei costi negativi del cambiamento climatico. Tuttavia non si chiarisce, quasi mai, come la migrazione fornisca un contributo sostanziale allo sviluppo economico e alla riduzione della povertà, ma, inevitabilmente, comporta difficoltà. Conoscere è l’unico modo per fronteggiarle».

Il report inizia evidenziando come i migranti, molto spesso, sono fonte di competenze, che, poi, rafforzano le economie di destinazione. Inoltre, in tanti casi, la loro migrazione rafforza anche il Paese di origine. Il focus principale esaminato col direttore Quy Toan Do — alla luce della nuova ampia pubblicazione, che non esaurisce certamente qui i suoi tanti aspetti, trattati notevole precisione — vuole mettere anche in risalto gli errori epistemologici, che spesso compiono sia i governi che l’opinione pubblica, nell’affrontare i temi migratori in rapporto all’economia. «Quando i migranti portano competenze richieste — dice l’esperto della World Bank — nel Paese di destinazione, tutti ne traggono vantaggio. L'obiettivo è massimizzare questi benefici. Nel caso dei rifugiati, invece, le cose sono più complicate. Alcuni rifugiati portano competenze di cui hanno bisogno i Paesi ospitanti (si pensi a un medico venezuelano, che si trasferisce in Ecuador), ma poiché fuggono per sicurezza, non sono sempre in grado di raggiungere destinazioni dove ci sia lavoro adatto per loro. Molti finiscono in campi di aree desolate. Consentire ai rifugiati di trasferirsi in luoghi dove ci sono posti di lavoro, includendoli nel sistema educativo e sanitario nazionale, è l’unico approccio sano».

Il direttore analizza anche un aspetto teorico fondamentale: «La migrazione fa parte pienamente del processo di globalizzazione, per cui viviamo in un mondo largamente interconnesso (ma più piccolo). Con i cambiamenti demografici (e il climate change), la migrazione sta diventando necessaria per tutti i Paesi, a tutti i livelli di reddito: la sfida è come gestirla per trasformarla in una fonte di prosperità dignitosa. Non è né etica né utile la chiusura, non è più pensabile e non produce ragionamenti veri sulla storia e sul destino della globalizzazione».

Il dialogo si spinge poi sul versante popolazione ricca, che invecchia, e popolazione povera, che cresce. Esiste, per assurdo, una difficile concorrenza globale? «La pandemia di covid-19 — afferma il direttore — ha evidenziato l’aspetto della concorrenza globale circa l’ambito degli operatori sanitari».

E ancora. «I Paesi ad alto reddito stanno invecchiando velocemente: un coreano su sei avrà più di 80 anni entro il 2050, chi si prenderà cura di loro? Anche i Paesi a medio reddito stanno invecchiando velocemente. Allarme, in tal senso, in Bangladesh, India, Messico, Tunisia, Turchia. Le politiche sulla natalità possono aiutare, ma non bastano, anche perché dovrebbero essere programmate sul lungo periodo. Molti Paesi avranno bisogno assoluto di lavoratori stranieri. Va anche ricordato, che negli unici Paesi con una popolazione in forte espansione — Paesi a basso reddito — molti giovani non hanno le competenze necessarie per il mercato del lavoro. In questo ci sarà una dura concorrenza per pochi».

Le nuove sfide? «La formazione. Molti bambini migranti hanno bisogno di più risorse, anche nei paesi di accoglienza, per mantenere la qualità dell'istruzione. In secondo luogo, c’è bisogno di una leadership politica forte e di ampie coalizioni, con un ruolo cooperante per tutte le parti interessate: governi, settori privati, società civile ben informata e chiese. L’esempio degli sforzi della Colombia, proprio per ridurre il pregiudizio e il risentimento nei confronti dei migranti venezuelani, è parzialmente esemplificativo di ciò che si potrebbe fare, anche se la strada è ancora molto lunga anche per i colombiani».

di Dorella Cianci

Dorella Cianci
01 maio 2023
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