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Essere missionari a Taiwan

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Presentiamo i contributi della comunità saveriana di Taipei (pp. Fabrizio Tosolini, Innocent Munandi e Joe Matteucig). I tre confratelli hanno pensato bene di condividere la riflessione in modo personale, senza cercare di creare una presentazione - riflessione comune. Speriamo che questa modalità possa essere più utile.

Fare missione a Taiwan: la mia esperienza

Credo che la situazione socioculturale a Taiwan sia molto simile a quella delle società occidentali, con una differenza: ciò che viene distrutto dalla cultura mediatica è un mondo con una sua tradizione propria, che non è stata influenzata capillarmente dal Cristianesimo, come invece è avvenuto in Europa o nelle Americhe. È vero, comunque, che la cultura mediatica sta distruggendo anche la breve tradizione cattolica dell’isola. Il bombardamento mediatico toglie fisicamente lo spazio mentale per altre culture, per altri pensieri.

In questo contesto siamo costretti ad andare ai fondamenti teologici e spirituali della missione, a riscoprire i metodi tipici della propagazione dell’esperienza cristiana, e a credere in quelli, anche se non sembrano portare immediatamente frutto. È come quando il deserto avanza: le piante non possono che cercare acqua più in profondità, resistere e cercare di crescere con la loro vita e di moltiplicarsi di fronte alla morte che avanza.

Personalmente, mi sono reso conto di questo solo gradualmente, e gradualmente ho scoperto come vivere e crescere in questa situazione.

Agli inizi, 25 anni fa (1997), mi dicevo: Altro che esplosione missionaria! Qui avviene una implosione, devo diventare il missionario di me stesso.

La parrocchia non aveva bisogno di me, quindi ho dovuto cercare dei modi miei per comunicare in qualche modo la fede: le molte vie della missione. Una via in qualche modo ‘ufficiale’ è stato ed è l’insegnamento della Bibbia nella Facoltà Teologica. Mi ha dato una identità, necessaria qui, e mi ha permesso di conoscere tante persone e creare rapporti, che piano piano sono maturati. Però… è una missione in modo indiretto, perché incontro i cristiani più pii di tutta Taiwan…

Un’altra via è stata per me, piuttosto casualmente, il dipingere. Ho scoperto che i dipinti ‘parlano’, e parlano per decenni, continuamente, e possono costruire la fede delle persone. Inoltre, offrono occasioni di incontri, collaborazione, formazione, oltre a contribuire ad arricchire la vita della Chiesa, rendendola anche più attraente. La bellezza parla di Dio.

Oltre a questo, ho imparato a dare importanza a tutti gli incontri con le persone, che in ogni istante sono ‘mèsse’ da mietere, con cui si può creare ogni momento dei rapporti di amicizia e fraternità. Questo è già far assaporare il Vangelo.

Un passo più oltre è la preparazione al Battesimo, o in modo più generico l’accompagnare le persone nel loro cammino di fede. È stata ed è una scuola, un pressante invito a crescere nella santità.

Dappertutto ho visto un ‘continuum’ tra quella che pensiamo sia vita interna alla comunità cristiana e quanto viviamo, per così dire, all’esterno delle nostre comunità. È una realtà unica. L’effetto missionario è legato intimamente all’intensità della vita comunitaria. Solo vivendo rapporti veri e profondi, di unità nel nome del Signore, si impara a creare gli stessi rapporti con altri. Questi entrano nella Chiesa quando trovano casa, si trovano amati nella loro unicità. Lo stesso vale per le vocazioni.

Riflettendo come dall’esterno sui problemi che ci stanno davanti, ritengo che a Taiwan noi non riusciamo a creare, o ad inserirci in situazioni che strutturalmente ci diano la possibilità di incontrare continuamente tante persone, per delle interazioni qualificate, come ad esempio l’entrare in una scuola. Per trovare qualche pagliuzza d’oro occorre passare al setaccio molta sabbia del fiume. Purtroppo noi stiamo vicini solo a dei rigagnoli e non sappiamo come fare per trovare dei fiumi più grandi.

Fabrizio Tosolini, sx. (Taipei, 2022.10.19)

La nostra missione

Papa Francesco, nei suoi scritti, ci ricorda che la realtà è superiore alle idee. È così che posso definire la nostra presenza qui a Taiwan. Più che essere una idea, è una realtà che scopriamo ogni giorno e con cui dobbiamo fare i conti senza troppe pretese.

In effetti, la nostra presenza saveriana a Taiwan è ‘fuori dal comune’, rispetto a tutte le nostre presenze nelle diverse circoscrizioni. Dovevo arrivare qui per capire e affrontare la realtà. Venendo da un ambiente pienamente cattolico, dove la fede cattolica è vissuta quotidianamente attraverso la partecipazione regolare alle celebrazioni da parte dei cristiani, una grande devozione da parte loro fino ad assumere certe responsabilità in parrocchia, i vari servizi a livello parrocchiale e nelle comunità di base, etc.: diciamo che vengo da un ambiente dove c’è una certa vivacità nella fede. Tutto questo incoraggia e dà il desiderio di continuare a esprimere ciò che si è e in quella si crede.

La situazione mi sembra diversa in questa parte dell’Asia e più precisamente a Taiwan. Essere cristiani o cattolici non è una questione di massa e tanto meno di famiglia. Può essere una questione di scelta personale, per non dire individuale. Questo modo di vivere la propria fede, a livello individuale, diventa una sfida importante per il missionario. Come annunciare senza offendere? Come proclamare senza pretendere che la propria voce sia la più ascoltata/addirittura trasmessa tra tante altre voci? Il ‘vostro Dio’ è uno tra i tanti? Il Dio sconosciuto di Paolo all’Areopago è rilevante in questa parte del mondo?

È qui che si gioca tutto il nostro futuro, per non dire la nostra missione. Non potendo copiare altri modelli di presenza nel mondo in cui ci troviamo, la scelta fatta ci ha portato a ripensare la nostra presenza a Taiwan. Rendendoci conto che qui i fattori cristiani che abbiamo condiviso fin dagli inizi, nelle nostre famiglie di origine e che sostengono la nostra fede non sono presenti, abbiamo adottato un modello ben definito che ci aiuta a svolgere il nostro servizio missionario. Missione come amicizia.

Nel corso del tempo, i saveriani di Taiwan si sono appropriati di questo modello per sostenere la loro presenza e hanno trovato altri modi per focalizzare e sostenere la loro presenza e identità in questa parte del mondo. È quindi attraverso l'amicizia che i Saveriani riescono a trasmettere la Buona Novella ai loro amici taiwanesi. È attraverso questo modello che svolgiamo le nostre diverse attività con l’obiettivo e la missione di portare Gesù agli altri. Che si tratti nel campo di educazione o di pastorale giovanile, di carità o di pastorale della malattia, ecc. ovunque cerchiamo di coltivare l’amicizia, il rapporto interpersonale che diventa la punta di diamante per portare la Buona Novella agli altri.

Infine, solo quando la comunità, quella saveriana, riconosce la propria fragilità, l’essere in un ambiente diverso dal proprio, la lingua che non è la propria, è chiamata a ricorrere alla risorsa che non è la propria. Questa risorsa è la fede nel Dio di Gesù Cristo. È solo attraverso la fede in Gesù Cristo che troviamo la nostra identità cristiana e la trasmettiamo agli altri. La preghiera e la vita sacramentale diventano allora i pilastri che ci fanno rialzare ogni volta che ci sentiamo scoraggiati, disperati o iniziamo a guardare altrove. Al santo missionario, santi saranno i parrocchiani, diceva il Santo Curato d’Ars. Ci auguriamo ogni bene.

Fr. Innocent Munandi, sx

La nostra missione a Taiwan

Siamo presenti e serviamo la Chiesa e il popolo di Taiwan dal 1990. Dov'è andato tutto questo tempo? Guardando indietro, credo che il proverbio cinese che abbiamo sentito fin dal nostro primo arrivo continui a essere vero: "Un viaggio di mille miglia inizia con il primo passo". Dopo 30 anni di presenza, ho spesso la sensazione che stiamo ancora muovendo i primi passi. Il viaggio della missione è ancora all'inizio, ma nel corso degli anni abbiamo raggiunto un consenso e ci siamo concentrati su alcuni atteggiamenti, valori e aree che sono in sintonia con il nostro carisma.

Essendo una piccola comunità situata a Taipei, siamo e continuiamo a presentarci come una comunità missionaria. Abbiamo visto e continuiamo a vedere la missione come un evento familiare, un evento comunitario. Ci incontriamo regolarmente per pregare e riflettere, discutendo e condividendo progetti, attività e piani. Tutto fatto a cielo aperto e non ci sono agende nascosti. Viviamo uno stile di vita semplice (fare la spesa, cucinare, pulire, sistemare, ecc.). Siamo conosciuti come una comunità caratterizzata da uno spiccato senso dell'ospitalità; la nostra porta è sempre aperta. Siamo molto stimati perché non cerchiamo "potere o posizione", vediamo la missione come collaborazione: con i nostri parrocchiani, i nostri amici e la Chiesa locale. Siamo consapevoli che la nostra presenza dipende dalle persone che ci sostengono, ci aiutano e ci incoraggiano quotidianamente. Non siamo soli.

Per questo motivo, abbiamo promosso uno stile pastorale basato sull'amicizia, la collaborazione e la corresponsabilità. I rapporti personali sono agevolati da ciò che siamo. Favorito è un approccio individuale. Speriamo di poter replicare l'approccio "maestro-discepolo" tanto caro all'ambiente culturale cinese.

A livello parrocchiale, la parrocchia è veramente una famiglia (fare del mondo una sola famiglia) nella quale tutti condividono e contribuiscono secondo i propri mezzi (fede, tempo, talenti, competenze, denaro, ecc.) La cultura cinese e la realtà del mondo che ci circonda ci rendono umili. Per cui è scontato che ci affidiamo alle nostre amicizie e ai nostri contatti per rispondere ad alcune delle sfide che dobbiamo affrontare (materiale ecclesiale, manutenzione, economia ed affari legali, per esempio).

Grazie alle amicizie, nel corso degli anni si sono aperte molte porte. Queste ci hanno messo in contatto con il vissuto reale del mondo che ci circonda. Collaborazioni: con le suore di Madre Teresa; Programma Nazionale di Educazione alla Vita; RCIA presso l'Ospedale Cattolico locale; programmi ecumenici insieme alla Chiesa Presbiteriana; Centro di Pastorale per i Laici dell’Arcidiocesi; collaborazione con un Monastero Buddista per la distribizione di generi alimentari ai bisognosi.

Vivere la missione come un evento comunitario (siamo sempre stati tre, a volte quattro confratelli) ci ha permesso di essere disponibili e di rispondere a varie necessità pastorali: disponibilità per il ministero feriale e nei fine settimana diverse parrocchie e comunità religiose, in particolare alle Carmelitane; Natale e Pasqua nel villaggio di montagna di QuBing, nel centro di Taiwan, e nell'Università WenZao a Kaohsiung - nella parte meridionale di Taiwan; ritiri e tempi dello Spirito, per citarne alcune.

Per ultimo, ma non per questo meno importante, il nostro coinvolgimento nell'educazione - formazione, sia formale (insegnamento di Sacra Scrittura e Lingue presso la Scuola Teologica Bellarmino, partecipazione al programma nazionale di educazione alla vita, programma RCIA presso l'ospedale cattolico locale) che informale (gruppi Biblici e RCIA a livello parrocchiale).

Tutti i miei impegni (dentro e fuori la comunità) mirano a facilitare l'incontro tra la persona e Gesù Cristo. Spero che questo incontro, rafforzato da una comunità di fede, motivi ciascuno a vivere le scelte e i valori di Gesù Cristo. Questa è la mia speranza!

Joe Matteucig, sx


Being Missionaries in Taiwan

We present contributions from the Xaverian community in Taipei (pp. Fabrizio Tosolini, Innocent Munandi and Joe Matteucig). The three brethren thought it best to share the reflection in a personal way, without trying to create a common presentation - reflection. We hope that this ‘format’ will be more useful.

Doing mission work in Taiwan: my experience

I believe that the sociocultural situation in Taiwan is very similar to that of Western societies, with one difference: what is being destroyed by the multi-media culture is a world with its own tradition, which has not been widely influenced by Christianity, as was the case in Europe or the Americas. It is true, however, that multi-media culture is also destroying Taiwan's brief Catholic tradition. The multi-media bombardment physically removes the mental space for other cultures and thoughts. In this context, we are forced to go back to the theological and spiritual foundations of mission, rediscover the typical methods of propagating Christian experience, and believe in those, even if they do not seem to bear immediate fruit. It is like when the desert advances: the plants can only seek deeper water, resist and try to grow with their life, and multiply in the face of advancing death.

Personally, I realized this only gradually and progressively discovered how to live and grow in this situation.

At the beginning, 25 years ago (1997), I used to say to myself, 'other than a missionary explosion! Here an implosion is taking place; I have to become the missionary to myself'.

The parish did not need me, so I had to look for ways, my own ways, to somehow communicate the faith: the many channels of mission. One somewhat 'official' way was and is Bible teaching in the Faculty of Theology. This gave me an identity, which is necessary here. It allowed me to meet many people and create relationships, which slowly matured. However, this is an indirect mission because I meet the most pious Christians in Taiwan.

Another avenue has been somewhat unexpected, painting. I found that paintings 'speak.' They speak continuously for decades and can build people's faith. They also provide opportunities for encounters, collaboration, and formation. All this helps enrich the Church's life, making it more attractive. Beauty speaks of God.

In addition to this, I have learned to give importance to all encounters with people. In every moment, they become a 'harvest' to be gathered. Each meeting is an opportunity to develop friendship and fraternity. This is already an occasion to let them taste Gospel.

A step further is the preparation for Baptism, or in a more general way, the accompanying of people on their journey of faith. It was and is a school, a pressing invitation to grow in holiness.

Everywhere I saw a 'continuum' between what we think of as life within the Christian community and what we experience, so to speak, outside our communities. It is a unique reality. The missionary outcome is intimately linked to the intensity of community life. By living true and deep relationships of unity in the name of the Lord, we learn to create the same relationships with others. These enter the Church when they find a home, find themselves loved in their uniqueness. The same is true for vocations.

Reflecting as from the outside on the problems before us, I believe that in Taiwan, we fail to create or to insert ourselves in situations that structurally allow us to continually meet many people for qualified interactions, such as being engaged in a school. To find some gold flaskes requires sifting through a lot of river sand. Unfortunately, we only stay close to brooks and don't know how to find larger rivers.

Fabrizio Tosolini, sx

Our mission

Pope Francis, in his writings, reminds us that reality is more significant than ideas. This is how I can define our presence here in Taiwan. Rather than an idea, it is a reality we discover daily and must deal with without too much pretense.

In fact, our Xaverian presence in Taiwan is 'out of the ordinary' compared to all our other presences in the different circumscriptions. I had to get here to understand and deal with the reality. I came from a fully Catholic environment. The Catholic faith is lived out daily through regular participation by the faithful in the celebrations. They have great devotion leading them to assume specific responsibilities in the parish, the various services at the parochial level, and in the CEB, etc. Let's say I come from an environment where there is a certain vivacity in the faith. All this encourages and gives one the desire to continue expressing what one is and believes in.

The situation seems different to me in this part of Asia, specifically Taiwan. Being a Christian or a Catholic is not a matter of crowds, much less of family. It can be a matter of personal, not to say individual, choice. This way of living one's faith, on an individual level, becomes a major challenge for the missionary. How to proclaim without offending? How to proclaim without expecting one's own voice to be the most heard/broadcast among many other voices? Is 'your God' one among many? Is Paul's unknown God at the Areopagus relevant in this part of the world?

Here is where our whole future, not to say our mission, is at stake. Unable to copy other models of presence in the world we find ourselves in, our choice led us to rethink our presence in Taiwan. Realizing that here the Christian elements that sustain our faith, which we shared from the beginning, namely in our families of origin, are absent, we have adopted a well-defined model that helps us carry out our missionary service—mission as friendship.

Over time, the Xaverians in Taiwan have appropriated this model to sustain their presence. At the same time, they have found other ways to focus and maintain their ministry and identity in this part of the world. Friendship enables the Xaverians to convey the Good News to their Taiwanese friends. Through this model, we carry out our various activities with the goal and mission of bringing Jesus to others. Whether in education or youth ministry, charity or health ministry, etc., we try to cultivate friendship everywhere. This interpersonal relationship becomes the spearhead for bringing the Good News to others.

Finally, only when the Xaverian community recognizes its fragility, being in a different environment from its own, the language that is not its own is called to resort to the reserve that is not its own. This reserve is faith in the God of Jesus Christ. Only through faith in Jesus Christ can we find our Christian identity and pass it on to others. Prayer and sacramental life become the pillars that lift us whenever we feel discouraged, despairing, or begin to look elsewhere. To the holy missionary, holy will be the parishioners, said the Saint Curé of Ars. We wish each other well.

Fr. Innocent Munandi, sx

Our mission in Taiwan

Looking back, we have been present and serving the Church and the people of Taiwan since 1990. Where did the time go? Looking back, I believe that the Chinese proverb we have heard since our first arrival continues to be true: "a thousand-mile journey begins with the first step." After 30 years of presence, I often feel we are still taking our first steps. The journey of mission is still at the beginning, yet over the years, we reached a consensus and focused on certain attitudes, values, and areas that are in syntony with our Charism.

Being a small community located in Taipei, we are and continue to present ourselves as a missionary community. We saw and continue to see mission as a family event, a community event. We regularly meet for prayer and reflection, discussing and sharing projects, activities, and plans. All is on the table, and there are no hidden agendas. We live a simple lifestyle (shopping, cooking, cleaning, fixing, etc.). We are known as a community marked by a keen sense of hospitality; our door is always open. We are very much appreciated because we do not have "power or position," we see mission as a collaborative effort: with our parishioners, our friends, and the local Church. We are conscious that our presence depends on people supporting, helping, and encouraging us daily. We are not alone.

Because of this, we have fostered a pastoral style based on friendship, collaboration, and shared responsibility. Personal relationships are facilitated by who we are. Privileged is a one-on-one approach. Hopefully, we can duplicate the "teacher–disciple" approach so dear to the Chinese cultural milieu.

At the parish level, the parish is truly a family (make of the world a single family) where all share and contribute out of their means (faith, time, talents, expertise, money, etc.) Chinese culture and the reality of the world around us humble us. Therefore, it is a given for us to rely on our friendships and connections to answer some of the challenges we face (Church material, maintenance, economic and legal affairs, for example).

Because of friendships, many doors have been opening over the years. These have brought us in contact with the lived reality of the world around us. Collaboration: with the sisters of Mother Theresa; Life Education National Program; Rite of Christian Initiation of Adults (RCIA) program at the Local Catholic Hospital; Ecumenical programs together with the local Presbyterian Church; Lay Archdiocesan Catholic Lay Center; Collaboration with a Buddhist Monastery for food distribution…

Living mission as a community event (we have always been three, sometimes four confreres) has enabled us to be available and to answer pastoral requests coming from various quarters: availability for weekday and weekend ministry to parishes and religious communities, especially the Carmelites; Christmas and Easter in QuBing mountain village in Central Taiwan and Kaohsiung – WenZao University Southern part of Taiwan; retreats and days of recollection, to name a few.

Last but not least, our involvement in education – formation, whether formal (Teaching Bible Studies and languages at the Bellarmine Theological School, participation in the Life Education National Program, RCIA program at the Local Catholic Hospital) or informal (parish-based bible study groups and parish RCIA program)

All my involvements (within and without the community) aim to facilitate the encounter between the person and Jesus Christ. This encounter, strengthened by a faith community, motivates each to live the choices and values of Jesus Christ. This is my hope!

Joe Matteucig, sx

Comunità saveriana a Taipei
28 April 2023
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