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Missione in Italia a partire dai margini

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Le chiese in Italia sono sempre più vuote. Per molti la causa è il lockdown, durante l’epidemia di covid 19, e una certa paura a sostare in luoghi chiusi che continua ad essere presente in alcuni. Non dobbiamo trovare scuse! Abbiamo davanti un monito/segno che indica la fine di un certo cristianesimo sociale-parrocchiale, anche se ancora in qualche modo resiste in alcune aree, per esempio in parte del sud dell’Italia e Sardegna.

Dobbiamo chiederci come vivere e aiutare la Chiesa affinché il vangelo diventi ricevibile per tutti. Certamente non possiamo limitarci a una generosa e generica supplenza ministeriale bensì aprire una seria riflessione sul nostro carisma in paesi di antica tradizione cristiana. Non è la messe che manca ma gli operai perché siamo tutti, o quasi, occupati a custodire la propria casa: parrocchie, strutture... In questo contesto gli emigrati non sono solo fratelli da accogliere ed assistere bensì un interrogativo e una opportunità, forse, anche uno strumento per riscoprire, e far riscoprire, la bellezza del primo annuncio. A partire da questi nuovi fratelli, provenienti da altri paesi, ci apriremo ai tanti ormai non credenti pur avendo origini familiari cristiane.

Pertanto, siamo interpellati a disegnare un nuovo orizzonte missionario dove riguadagnare una dimensione più umana: non è importante solo cosa faremo ma come lo faremo.

Siamo stati abituati a considerare l’adesione alla comunità cristiana e alla fede, a cerchi concentrici a partire dalla pratica religiosa; invece, tutti i battezzati appartengono al Popolo di Dio, tutti sono chiamati a vivere l’amore offerto da Dio in Gesù.

Amore che è offerto a tutti gli uomini e donne, e unisce tutti al di là delle fedi e delle appartenenze. Questo è anche il fondamento che ci permette di vivere ed essere Missionari ad Gentes in una cultura globalizzata e secolarizzata, perché l’amore vissuto nella concretezza quotidiana è l’annuncio che tutti comprendono.

Nelle parrocchie “missionarie”, che eventualmente assumeremo, e/o nelle nostre comunità e nell’AMeV, dobbiamo offrire ai giovani, e non solo, la testimonianza di una fede che non è fatta di osservanze stabilite, ma piuttosto di una scelta semplice, calda e bella, spoglia di rigidità e di abitudini… Questo è già fioritura di uno spazio che si apre all’incontro con il “sacro”. È apertura ad una nuova missionarietà fatta di parole di vita, di offerta di fiducia, di motivi di speranza. È spazio-tempo nel quale possono germinare vocazioni giovanili, non solo anagraficamente ma anche per la nuova ministerialità che saranno capaci di dispiegare. Ricordiamoci che la gioia e lo sguardo prospettico di essere discepolo-missionario è di per sé la più limpida proposta vocazionale.

La missione va ripensata come offerta di spiritualità, di ascolto delle parole della gente di qualunque religione e cultura e della Parola che dà speranza, di educazione alla preghiera, allo stupore, all’interiorità.

Nel programmare l’attività delle nostre comunità, non chiediamoci solo quanti saveriani abbiamo a disposizione e che età hanno. Favoriamo invece il principio del coinvolgimento di chi il Signore ci pone accanto. Questa apertura: è una “fecondità carismatica” che ci consentirà di passare dallo svolgere compiti centralizzati, burocratici e “manageriali”, spesso senza averne le competenze, a una presenza carismatica di missionari-animatori.

Quindi riscopriamo una appassionata missionarietà: fatta di ascolto e di incontro, di dialogo cordiale e di ricerca culturale senza pregiudizi, di ideazione e sostegno cordiale a tutte le iniziative di dialogo interreligioso, di annuncio e/o primo annuncio.

Sogniamo e costruiamo una vita personale e comunitaria fatta di prossimità, di relazione e di vicinanza dove l’eucarestia è celebrata come “fonte e culmine” di questo essere pane spezzato e vino versato per TUTTI, senza distinzioni di fede e cultura.

Non è finita la validità dell’essere missionari, è finito un certo modo di essere presenti in Europa considerata solo fonte di vocazioni e aiuti economici. Ci è chiesto di lasciarci deprogrammare fino in fondo da quanto sta accadendo e di riprogrammarci alla luce del nostro carisma. Prendiamo coscienza che lo Spirito sta operando nella Famiglia saveriana (religiosi/e e laici) in modo misterioso, ma profondo.

Sono sicuro che se ci apriremo all’azione dello Spirito Santo, da questa crisi ne usciremo con una congregazione, anche in Europa, più umile e meno obesa perché capace di un ascolto più vero dell’umanità che ci circonda e di quello che Dio ci chiede.

Quindi non saremo più eroici missionari, magari navigatori solitari, bensì discepoli-missionari collaboratori della Grazia.

P. Rosario Giannattasio, sx
Salerno. Aprile 2023


Mission in Italy from the borders

Italian churches are increasingly empty. For many, the cause is the lockdown during the covid 19 epidemic and a certain fear of being indoors that continues to be present in some. Let us not have excuses! We have before us a warning/sign that indicates the end of a certain social and parochial Christianity, even if it still resists in some areas, for example in parts of Southern Italy and Sardinia.

We must ask ourselves how to live and help the Church so that the Gospel becomes accessible to all. We certainly cannot limit ourselves to a generous and generic pastoral substitution, but rather open a serious reflection on our charism in countries of ancient Christian tradition. There is no shortage of harvest, but there is a shortage of labourers, because almost all of us are busy taking care of our own houses: parishes, structures... In this context, immigrants are not only brothers to be welcomed and helped, but rather a question and an opportunity, perhaps even a tool for rediscovering, and having rediscovered, the beauty of the first announcement.

We are therefore challenged to draw a new missionary horizon where we can recover a more human dimension: the important thing is not only what we do, but also how we do it.

We have been used to considering membership of the Christian community and faith in concentric circles starting from religious practice; on the contrary, all the baptized belong to the people of God, all are called to live the love offered by God in Jesus.

It’s a love that is offered to all men and women, and that unites all people beyond beliefs and affiliations. It is also the foundation that allows us to live and be Missionaries ad Gentes in a globalized and secularized culture, because love lived in the concrete daily life is the proclamation that everyone understands.

In the "missionary" parishes, which we will eventually bring together, and/or in our communities and in the AMeV, we must offer young people, and not only them, the witness of a faith that is not made up of established observances, but rather of a simple, warm, and beautiful choice, stripped of rigidity and habits... It is already the blossoming of a space that is open to the encounter with the "sacred". It is the opening of a new mission made up of words of life, offers of trust, reasons to hope. It is a space-time in which young vocations can germinate, not only for the anagraphy but also for the new pastoral service that they will be able to deploy. Let us remember that the joy and the prospective look of being a disciple-missionary is in itself the clearest vocational proposal.

Mission must be rethought as an offer of spirituality, of listening to the words of people of every religion and culture and to the Word that gives hope, of education to prayer, to wonder, to interiority.

When planning the activities of our communities, let us not just ask ourselves how many Xaverians we have available and how old they are. Rather, let us give priority to the principle of involving those whom the Lord places at our side. This openness: it is a "charismatic fruitfulness" that will allow us to move from carrying out centralized, bureaucratic and "managerial" tasks, often without having the skills, to a charismatic presence of missionaries-animators.

Let us therefore rediscover a passionate missionary spirit made up of listening and meeting, of cordial dialogue and cultural research without prejudice, of conceiving and cordially supporting all initiatives of inter-religious dialogue, proclamation and/or first proclamation.

We dream and build a personal and community life of closeness, relationship, and intimacy where the Eucharist is celebrated as "source and summit", the bread broken and the wine poured for ALL, without distinction of faith or culture.

The validity of being missionaries is not over, a certain way of being present in Europe considered only as a source of vocations and economic aid is over. We are asked to let ourselves be fully deprogrammed by what is happening and to reprogram ourselves in the light of our charism. Let us be aware that the Spirit is working in the Xaverian family (religious and lay) in a mysterious but profound way.

I am sure that if we open ourselves to the action of the Holy Spirit, we will emerge from this crisis with a Congregation, even in Europe, that is more humble and less obese because it is capable of listening more truly to the humanity around us and to what God is asking of us.

Thus, we will no longer be heroic missionaries, perhaps solitary navigators, but disciples-missionaries collaborators of Grace.

P. Rosario Giannattasio, sx
Salerno. April 2023


La mission en Italie à partir des frontières

Les églises italiennes sont de plus en plus vides. Pour beaucoup, la cause en est le lockdown pendant l'épidémie du covid 19 et une certaine peur d'être à l'intérieur qui continue à être présente chez certains. Nous ne devons pas chercher d'excuses ! Nous avons devant nous un avertissement/signe qui indique la fin d'un certain christianisme social et paroissial, même s'il résiste encore dans certaines régions, par exemple dans certaines parties de l'Italie du Sud et de la Sardaigne.

Nous devons nous demander comment vivre et aider l'Église pour que l'Évangile devienne accessible à tous. Nous ne pouvons certainement pas nous limiter à une suppléance pastorale généreuse et générique, mais plutôt ouvrir une réflexion sérieuse sur notre charisme dans les pays de tradition chrétienne ancienne. Ce n'est pas la moisson qui manque, mais les ouvriers, car nous sommes tous, ou presque, affairés à nous occuper de nos propres maisons : paroisses, structures... Dans ce contexte, les immigrés ne sont pas seulement des frères à accueillir et à aider, mais plutôt une question et une opportunité, peut-être même un outil pour redécouvrir, et avoir redécouvert, la beauté de la première annonce.

Nous sommes donc mis au défi de dessiner un nouvel horizon missionnaire où nous pouvons retrouver une dimension plus humaine : l'important n'est pas seulement ce que nous faisons, mais aussi la manière dont nous le faisons.

Nous avons été habitués à considérer l'adhésion à la communauté chrétienne et à la foi en cercles concentriques à partir de la pratique religieuse ; au contraire, tous les baptisés appartiennent au peuple de Dieu, tous sont appelés à vivre l'amour offert par Dieu en Jésus.

Un amour qui est offert à tous les hommes et à toutes les femmes, et qui unit tout le monde au-delà des croyances et des affiliations. C'est aussi le fondement qui nous permet de vivre et d'être des Missionnaires ad Gentes dans une culture mondialisée et sécularisée, parce que l'amour vécu dans le concret quotidien est la proclamation que tout le monde comprend.

Dans les paroisses "missionnaires", que nous réunirons éventuellement, et/ou dans nos communautés et dans l'AMeV, nous devons offrir aux jeunes, et pas seulement à eux, le témoignage d'une foi qui n'est pas faite d'observances établies, mais plutôt d'un choix simple, chaleureux et beau, dépouillé de rigidité et d'habitudes... C'est déjà l'épanouissement d'un espace qui s'ouvre à la rencontre avec le "sacré". C'est l'ouverture à une nouvelle manière d’être missionnaire faite de paroles de vie, d'offres de confiance, de raisons d'espérer. C'est un espace-temps dans lequel peuvent germer de jeunes vocations, non seulement pour l'anagraphie mais aussi pour le nouveau service pastoral qu'elles seront capables de déployer. Rappelons-nous que la joie et le regard prospectif d'être disciple-missionnaire est en soi la proposition vocationnelle la plus claire.

La mission doit être repensée comme une offre de spiritualité, d'écoute des paroles des personnes de toute religion et culture et de la Parole qui donne l'espérance, d'éducation à la prière, à l'étonnement, à l'intériorité.

Lorsque nous planifions les activités de nos communautés, ne nous contentons pas de nous demander combien de Xavériens nous avons à notre disposition et quel âge ils ont. Privilégions plutôt le principe de l'implication de ceux que le Seigneur place à nos côtés. Cette ouverture : c'est une " fécondité charismatique " qui nous permettra de passer de l'exécution de tâches centralisées, bureaucratiques et " managériales ", souvent sans en avoir les compétences, à une présence charismatique de missionnaires-animateurs.

Redécouvrons donc un esprit missionnaire passionné : fait d'écoute et de rencontre, de dialogue cordial et de recherche culturelle sans préjugés, de conception et de soutien cordial à toutes les initiatives de dialogue interreligieux, de proclamation et/ou de première annonce.

Nous rêvons et construisons une vie personnelle et communautaire de proximité, de relation et d'intimité où l'Eucharistie est célébrée comme "source et sommet", le pain rompu et le vin versé pour TOUS, sans distinction de foi ou de culture.

La validité d'être missionnaires n'est pas révolue, une certaine manière d'être présents en Europe considérée uniquement comme une source de vocations et d'aide économique est révolue. Il nous est demandé de nous laisser pleinement déprogrammer par ce qui se passe et de nous reprogrammer à la lumière de notre charisme. Prenons conscience que l'Esprit travaille dans la famille xavérienne (religieux et laïcs) d'une manière mystérieuse mais profonde.

Je suis sûr que si nous nous ouvrons à l'action de l'Esprit Saint, nous sortirons de cette crise avec une Congrégation, même en Europe, plus humble et moins obèse parce que capable d'une écoute plus vraie de l'humanité qui nous entoure et de ce que Dieu nous demande.

Ainsi, nous ne serons plus des missionnaires héroïques, peut-être des navigateurs solitaires, mais des disciples-missionnaires collaborateurs de la Grâce.

P. Rosario Giannattasio, sx
Salerno. Avril 2023


Misión en Italia a partir de los márgenes

Las iglesias en Italia están cada vez más vacías. Para muchos la causa es el confinamiento vivido durante la epidemia de covid-19, y un cierto miedo a estar en lugares cerrados que sigue presente en algunos. ¡No debemos buscar excusas! Tenemos ante nosotros una advertencia/señal que indica el fin de un cierto cristianismo social-parroquial, aunque todavía resista de alguna manera en algunas zonas, por ejemplo, en partes del sur de Italia y Cerdeña.

Debemos preguntarnos cómo vivir y ayudar a la Iglesia para que el Evangelio sea accesible a todos. Ciertamente no podemos limitarnos a una generosa y genérica suplencia ministerial, sino que hay que abrir una seria reflexión sobre nuestro carisma en los países de antigua tradición cristiana. No es la mies lo que falta, sino los obreros, porque todos, o casi todos, estamos ocupados cuidando de nuestras propias casas: parroquias, estructuras... En este contexto, los emigrantes no son sólo hermanos a los que hay que acoger y ayudar, sino más bien un interrogativo y una oportunidad, tal vez incluso un medio para redescubrir, y hacer redescubrir, la belleza del primer anuncio. A partir de estos nuevos hermanos, procedentes de otros países, nos abriremos a los muchos que ahora no son ya creyentes a pesar de tener orígenes familiares cristianos.

Por eso, tenemos el reto de diseñar un nuevo horizonte misionero en el que recuperemos una dimensión más humana: no sólo es importante lo que haremos sino cómo lo haremos.

Hemos sido acostumbrados a considerar la adhesión a la comunidad cristiana y a la fe en círculos concéntricos a partir de la práctica religiosa; en cambio, todos los bautizados pertenecen al Pueblo de Dios, todos están llamados a vivir el amor ofrecido por Dios en Jesús.

Amor que se ofrece a todos los hombres y que une a todos más allá de credos y procedencias. Este es también el fundamento que nos permite vivir y ser Misioneros ad Gentes en una cultura globalizada y secularizada, porque el amor vivido en la concreción cotidiana es el anuncio que todos comprenden.

En las parroquias “misioneras”, que eventualmente asumiremos, y/o en nuestras comunidades y en la AMyV, debemos ofrecer a los jóvenes, y no sólo a ellos, el testimonio de una fe que no está hecha de observancias establecidas, sino de una opción sencilla, cálida y hermosa, despojada de rigideces y tradiciones... Esto es ya el florecimiento de un espacio que se abre al encuentro con lo “sagrado”. Es la apertura a una nueva misionariedad hecha de palabras de vida, de ofrecimiento de confianza, de motivos de esperanza. Es un espacio-tiempo en el que pueden germinar vocaciones juveniles, no sólo para el registro de nuevas agregaciones, sino también para el nuevo ministerio que podrán desplegar. Recordemos que la alegría y la perspectiva de ser discípulo-misionero es en sí misma la propuesta vocacional más clara.

La misión debe ser repensada como un ofrecimiento de espiritualidad, de escucha de la palabra de las personas de cualquier religión y cultura y de la Palabra que da esperanza, de educación a la oración, a la admiración, a la interioridad.

Al planificar las actividades de nuestras comunidades, no nos limitemos a preguntarnos cuántos javerianos tenemos disponibles y qué edad tienen. Por el contrario, favorezcamos el principio de involucrar a aquellos que el Señor pone a nuestro lado. Esta apertura: es una “fecundidad carismática” que nos permitirá pasar de la realización de tareas centralizadas, burocráticas y de “gestión”, a menudo sin tener las competencias necesarias, a una presencia carismática de misioneros-animadores.

Por tanto, redescubramos un espíritu misionero apasionado: hecho de escucha y de encuentro, de diálogo cordial y búsqueda cultural sin prejuicios, de idear y apoyar cordialmente todas las iniciativas de diálogo interreligioso, de anuncio y/o primer anuncio.

Soñemos y construyamos una vida personal y comunitaria hecha de proximidad, relación y cercanía donde la Eucaristía es celebrada como “fuente y culmen” de nuestro ser pan partido y vino derramado por TODOS, sin distinción de fe o cultura.

No se ha agotado la vigencia de ser misioneros, se ha acabado una cierta forma de estar presentes en Europa, considerada sólo como fuente de vocaciones y ayudas económicas. Se nos pide que nos dejemos desprogramar al máximo por lo que está sucediendo y que nos reprogramemos a la luz de nuestro carisma. Tomemos conciencia de que el Espíritu está actuando en la Familia Javeriana (religiosos y laicos) de un modo misterioso, pero profundo.

Estoy seguro de que, si nos abrimos a la acción del Espíritu Santo, saldremos de esta crisis con una congregación, incluso en Europa, más humilde y menos obesa porque es capaz de una escucha más verdadera de la humanidad que nos rodea y de lo que Dios nos pide.

De esta manera, ya no seremos misioneros heroicos, o navegantes solitarios, quizás, sino discípulos-misioneros colaboradores de la Gracia.

P. Rosario Giannattasio, sx
Salerno – Abril 2023

Rosario Giannattasio sx
02 June 2023
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