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Comincio da lontano...

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Comincio da lontano…

dal Sud Sudan

(…) Comincio da lontano. Negli anni cinquanta mi trovavo nel seminario regionale di Bologna come alunno del seminario diocesano di Cesena. In quella che allora si chiamava la prima liceo, eravamo in 44, provenienti da sette diocesi diverse, di età tra i 18 e i 22 anni. Erano gli anni in cui ognuno decideva sul proprio futuro. Ogni tanto un compagno di classe ci lasciava e intraprendeva una nuova carriera. In pochi anni più della metà (27 su 44) ritornarono a casa loro. Mi chiedevo anch’io perché restare in seminario, ma allo stesso tempo iniziai a sentire l’attrattiva alla vita missionaria, però escludevo positivamente la vita religiosa. Per questo avevo cercato un contatto coi missionari del PIME. Intanto per due anni i padri Vanzin e Gardini furono invitati a predicare i ritiri mensili nel Seminario Regionale. Lo Spirito cominciò a soffiare in un’altra direzione. Ne parlai con P. Gardini che mi mise in contatto con Padre Sandro Sacchetti, lui pure ex alunno del seminario di Cesena, che qualche anno prima era entrato nel noviziato saveriano. Sandro iniziò a scrivermi lunghe lettere citando il pensiero del Fondatore sui voti e la vita missionaria. Alla fine, dopo quattro anni di filosofia nel Seminario Regionale, entrai anch’io nel noviziato saveriano di San Pietro in Vincoli.

Iniziai la teologia a Parma dove P. Dagnino era Magister Spiritus e ci conduceva nel cammino della Vita Interiore, ricondotta al suo fondamento. Da quegli anni ho vissuto la vita religioso-missionaria “senza infamia e senza lode”. Certamente avrei potuto fare molto meglio. Ben presto arrivarono gli anni del Concilio e del post Concilio. Mi trovavo negli Stati Uniti d’America ed era tutto un fervore di ricerca, di cambiamenti, di esperimenti e anche di confusione e di perdita di senso. Molti religiosi/e, e qualche confratello, lasciavano la vita religiosa e sacerdotale sbattendo la porta. L’attrattiva di lanciarsi verso il “grande mondo” era forte. Per questo era necessario ritrovare le basi della propria vocazione. Mi furono di aiuto il rinnovamento liturgico, la ritrovata centralità della Bibbia, lo studio dei documenti conciliari, il rinnovamento della congregazione saveriana e la vita comunitaria.

Nella congregazione saveriana mi sentivo bene e ho continuato a sentirmi bene nei vari ruoli che mi sono stati affidati. All’improvviso ho ricevuto la chiamata all’episcopato. Ho vissuto questa chiamata come un rafforzamento della consacrazione religiosa, per cui sono cambiati solo gli aspetti giuridici, ma non il cuore della consacrazione per la missione. La professione religiosa infatti rafforza e dà una forma speciale all’alleanza battesimale che, a sua volta, consacra in Cristo l’alleanza originale di Dio col genere umano. L’ordinazione episcopale ben s’innesta su questa radice.

La consacrazione religiosa-alleanza col Signore dà grande libertà perché permette di viaggiare leggeri nella vita. Paradossalmente mentre si fa voto di povertà si diventa più ricchi, perché si condividono le ricchezze spirituali e umane dei confratelli. Avviene quel che dice San Paolo: Nihil habentes et omnia possidentes.

Ovviamente l’alleanza richiede una resa totale a Dio: Non avrai altro Dio di fronte a me. Dio richiede tutto e si prende tutto, ma dona molto di più. Col Signore più si dà, più si riceve. Per questo la vita religiosa dilata il cuore e rende leggeri nella vita. Nel giorno dell’ordinazione episcopale, San Giovanni Paolo II disse: Abbiate il cuore dilatato. Non posso dire di aver sempre vissuto all’altezza di questo ideale in gioiosa fedeltà all’alleanza col Signore, ma chiedo al Signore di continuare a condurmi in questo cammino u’ ben s’impingua se non si vaneggia (Dante Alighieri canto X, v. 96). Veramente il Signore non poteva essere più buono con noi (Conforti).

Mons. Giorgio Biguzzi sx

Tratto da una corrispondenza con il P. Rosario Giannattasio

Biguzzi Giorgio sx
08 May 2015
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