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Religione

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Religione

Una delle prime difficoltà che si incontrano, soprattutto per un occidentale, nello studiare le religioni del subcontinente indiano è quella di usare una terminologia spesso ambigua e fuorviante. Qui la religione è tradotta con la parola dharma. Il Dharma, comunque, coinvolge molto più del concetto tradizionale di religione, come intesa in occidente.

L'uso di dharma per indicare la religione è abbastanza recente e risale ai tempi della dominazione britannica. Deve essere detto, comunque, che un uso simile fu precedentemente utilizzato dai buddisti che usarono il termine dharma per riferirsi a quello che noi indichiamo come religione. Il fatto che il Buddismo scomparve virtualmente dall' India continentale dal XII secolo, ci permette di affermare che sono stati gli Inglesi che hanno usato di nuovo questo termine, nei tempi moderni.

Tradizionalmente, dharma voleva dire ' l'ordine di cose, il modo in cui esse sono e il modo in cui dovrebbero essere. ' In breve, è un concetto assegnato all'ontologia ed all'etica di ogni cosa. Per esempio, dire che qualcosa è il dharma di qualche particolare cosa d'altro, sta ad indicare il corretto comportamento di quella particolare cosa in concordanza con la sua natura intrinseca. Dharma non implica necessariamente un giudizio del valore sulla moralità di un atto specifico. In questo rispetto, la nozione non corrisponde completamente al concetto di "giusto" e "buono" della tradizione ebreo - cristiana.

Dharma in questo senso può essere definito come "l'ordine morale-cosmico " dell'universo; infatti non si può pensare che vi sia nulla e nessuno oltre il dharma, né dei, né creature umane, né animali, né piante. In teoria, tale ordine è immutabile, e la disgregazione comporta il caos totale. 

Oggi il termine dharma viene tradotto come religione, legge, giustizia, diritto, ordine universale, ecc. Questa breve introduzione aiuterà, spero, il lettore ad avere una migliore comprensione delle seguenti osservazioni fenomenologiche.

In Bangladesh dharma è parte della vita di ogni giorno. Apparentemente, è del massimo interesse per un Bangladese stabilire l'appartenenza religiosa di qualsiasi persona. Realmente non importa se uno sia cristiano, indù o buddista; quello che realmente è importante è conoscere che detta persona appartenga a una religione o, meglio, a una comunità religiosa, qualunque essa sia.

Ateismo è sinonimo di cattiveria e di cattivo. Etimologicamente la parola nastika (ateo) si assegna a una persona che ha disconosciuto il Veda, le sacre scritture Brahmaniche antiche. Quindi, nastika non vuol dire che uno non crede negli dei ma, essenzialmente, che non crede in un ordine universale precostituito. È interessante notare che, nonostante il Bangladesh sia un paese prevalentemente musulmano (86% della sua popolazione) con una non esigua minoranza indù (12%) e una piccola presenza cristiana e buddista (2%), questo genere di comprensione è condiviso da tutti i bangladesi, a prescindere dalla loro affiliazione religiosa. Bangladesi di religioni diverse sono vissuti assieme fino alla dominazione britannica, senza alcun problema di appartenenza religiosa.

Evidentemente i contorni dogmatici non erano così forti da separare persone di credenze diverse. C'era qualcosa di comune tra le due religioni principali e non era insolito per i musulmani il partecipare a cerimonie religiose indù e viceversa. Questo era particolarmente evidente nella pratica religiosa di fare dei pellegrinaggi ad alcuni santuari dove indù e musulmani, visitavano le tombe dei santi delle due religioni. Con la partizione del sub - continente, basata su principi religiosi ed avvenuta nell'agosto del 1947, si ebbe invece una netta separazione.

La situazione internazionale e l'identità nazionale nelle varie parti del Bangladesh, accentuarono successivamente la divisione tra le comunità religiose del paese. Il risultato alla fine è stato un aumento nei sentimenti della piccola comunità in cui si vive e maggiore separazione dagli altri. Ci sono oggi, due generi di religioni: quella ufficiale e quella popolare.

Ma anche se una certa sovrapposizione tra le due non esiste ufficialmente, sopravvive ancora nelle pratiche religiose e popolari delle persone. Infatti i Bangladesi, qualunque sia la loro affiliazione religiosa, non sono particolari frequentatori di chiese, moschee o tempi. La loro religiosità è vissuta soprattutto nella vita personale e in quella della famiglia. Loro rispettano i luoghi ufficiali di adorazione, ma li visitano solamente in occasione di particolari festività.

Per la maggior parte del tempo la religione viene vissuta esclusivamente fuori dei luoghi di adorazione. Ci sono numerose credenze e pratiche che i Bangladesi poveri compiono in particolari momenti della vita (nascita, adolescenza, malattia, matrimonio, morte ecc.). Questo fa parte di un'unica falda culturale che non può essere necessariamente identificata con il credo ufficiale. Le donne musulmane, particolarmente, nell'isolamento delle loro case sembrano essere depositarie di pratiche antiche che certamente vanno oltre la loro ufficiale affiliazione musulmana.

Il mondo degli spiriti e dei fantasmi sembra particolarmente adatto per esemplificare questo punto. Musulmani e indù (ma anche i Cristiani) credono negli spiriti soprannaturali che possono esercitare influenza sulle loro vite. Allo stesso tempo condividono gli strumenti per tenerli sotto controllo, così da non subire alcun danno. Le malattie sono spesso considerate come opera di fantasmi e musulmani e indù vanno da alcune persone, che spesso vivono di questo, per trovarvi rimedio. La religione ufficiale, in questi casi, realmente non è importante!

Questo atteggiamento religioso "superstizioso e sincretistico" è ulteriormente confermato dal modo in cui generalmente ci si riferisce all'essere o agli esseri soprannaturali: dei e dee nel caso di indù e Dio nel caso di musulmani e cristiani. Sembra che questa relazione sia plasmata in termini meccanicistici e magici.

Dio o le varie divinità sono semplicemente "qualcosa" che deve essere propiziata per il proprio benessere. Preghiere e rituali sono gli strumenti per tale propiziazione e, perché no, per tale appropriazione. Chi crede non sembra stabilire una relazione personale con la divinità. Inoltre, quello che viene fatto, preghiere o offerte, sembra sia qualcosa di necessario e di obbligatorio. Dei e dee sono appunto cose necessarie, pressoché una parte "naturale" dell'ambiente del Bangladesh. La domanda circa l'esistenza di Dio non ha alcun senso per il Bangladese comune. 

Ciò che realmente interessa un Bangladese non è l'esistenza di Dio, in quanto lui è sicuro di essa come dell'aria che respira, ma del modo in cui si comporta.

La gratuità sembra essere aliena al contesto religioso bangladese. In questa situazione anche l'etica non ha gran significato. La religione diventa allora soltanto la formale applicazione di regole (es. precetti) e procedure (es. rituali). La divinità è potere e il Bangladese tenta di imbrigliarla o controllarlo.

Chiaramente ci sono anche forti differenze tra le varie comunità religiose. I Bangladesi pregherebbero qualsiasi Dio se fossero sicuri di ottenere qualche beneficio e questo, chiaramente, non porrebbe alcun dubbio sulla loro affiliazione religiosa. Non sono sicuro che a un musulmano, per esempio, piacerebbe essere visto mentre entra in una chiesa cristiana per pregare.

Comunque, questo può essere ascritto a costrizioni ed a pressioni sociali più che a una credenza religiosa in quanto tale. In questo contesto, il dogmatismo e l'esclusivismo cristiani hanno poca attrazione per il Bangladese. Molti Indù accetterebbero certamente Cristo come un Dio; ma non potrebbero accettare di eliminare le proprie tradizioni.

A conclusione a questa introduzione preliminare sulla religiosità bangladese, voglio dare un'interpretazione provvisoria che può essere provata da ulteriori studi. Sembra che i Bangladesi seguano due generi di religioni o dharma.

Il primo è il Dharma con la"D" maiuscola; il secondo è il dharma con la "d" minuscola. Il primo è come l'orizzonte del significato dal quale ogni singolo dharma prende vita. In senso stretto Dharma è l'ordine cosmico-morale, qualcosa probabilmente derivato dagli insegnamenti Brahminici ma che è divenuto tradizione e cultura, l'eredità comune del Bangladese. In un certo senso questo è un Dharma che non esiste, nel senso che non ha né un nome né una dottrina. Ma questo è il vero Dharma delle persone del Bangladesh.

Sul suo orizzonte i singoli dharma (es. musulmano, indù, cristiano ecc.) sono plasmati e modificati continuamente. Questo spiegherebbe perché persone di religioni diverse vivono le loro credenze quasi allo stesso modo. Quello che si era soliti chiamare nel passato, da una storiografia troppo polarizzata, la capacità di Induismo di assorbire, avvolgere e ingoiare qualsiasi elemento straniero, non dovrebbe essere ascritta all' Induismo vero e proprio ma alla cultura.

Lo stesso Induismo, insieme alle altre grandi religioni ne è vittima. E, in ogni modo, deve essere chiaro che la religione del Bangladesh non può essere compresa sulla base di categorie occidentali e cristiane.

 


Articolo di TARGA Sergio sx, tratto da To What Needs Are Our Cultures Responding?, CSA, Osaka, 2003. La traduzione è stata fatta a cura di Banglanews e non è stata rivista dall'Autore

Targa Sergio sx
28 April 2015
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