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I Martiri di Baraka e Fizi: Vita, Missione, Sfide e il Significato della loro Beatificazione

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Colloquio Scientifico in Preparazione alla Beatificazione

Sono lieto di essere qui davanti a voi per parlarvi dei miei confratelli Vittorio Faccin, Luigi Carrara, Giovanni Didonè e padre Albert Joubert, che tra tre giorni saranno proclamati Beati nella Chiesa universale. Ringrazio il rettore e la sottocommissione per la cultura che mi ha invitato a parlare dei quattro futuri Beati. Sono felice di parlare di loro perché mi sento doppiamente legato a loro:

  • In primo luogo, sono stati martirizzati nella terra che mi ha visto nascere, dove ho trascorso la mia infanzia e ho mosso i miei primi passi nella vita cristiana: sono nato e battezzato a Baraka; la prima comunione e la cresima a Fizi, dove ho frequentato la scuola primaria e ho iniziato il mio cammino verso la vita missionaria.
  • In secondo luogo, tre sono i miei confratelli, Vittorio Faccin, Luigi Carrara e Giovanni Didonè, e uno è il mio compatriota, padre Albert Joubert.

conferenza fabien 02

Il tema che mi è stato affidato è: “Padre Joubert e i suoi compagni: la loro vita e il loro ministero sacerdotale.” Lo riformulerei così: “Padre Joubert e i suoi compagni: la loro vita, la loro missione e il loro martirio (testimonianza). Modello di fraternità missionaria e solidarietà in un contesto di instabilità sociopolitica.” (La loro missione, perché Faccin era un fratello religioso ma con un cuore di padre).

Mi è difficile parlare della vita di queste grandi figure in 30 minuti… Sono quattro e ogni dettaglio o aspetto della loro vita merita un’attenzione particolare per conoscerli, scoprire la loro ricchezza, la loro grandezza, la loro profondità e la loro santità, per amarli. Mi limiterò solo a sottolineare alcuni aspetti comuni e alcune caratteristiche personali di ciascuno. Esiste un libro ben fatto sulla loro vita, che viene venduto all’esterno, per approfondire le loro figure…

Svilupperò quattro punti: la loro vita, la loro missione, le sfide pastorali e il significato della loro beatificazione per noi.

Le loro vite

Luogo di nascita: Padre Joubert è nato il 21 novembre 1908, Giovanni Didonè nel 1930, Luigi Carrara il 3 marzo 1933, Vittorio Faccin il 7 gennaio 1934.

Famiglie numerose: Joubert è il 9° di 10 figli, Didonè il 4° di 11, Luigi il 7° di 11, V. Faccin il 3° di 6.

Famiglie cristiane: Tutti e quattro sono nati in famiglie cristiane, ricevendo un’educazione religiosa fin dalla tenera età, in cui si dava importanza alla preghiera e i genitori tenevano molto alla trasmissione della fede ai figli. Questo clima familiare religioso ha segnato la loro infanzia, la loro crescita e le loro future scelte di vita…

Famiglie modeste: I tre Saveriani provenivano da famiglie modeste e padre Joubert da una famiglia non ricca, ma possiamo dire con un livello di vita superiore rispetto agli altri…

Origine europea: i tre Saveriani sono di pura origine europea, cioè italiana, ma Joubert fa da ponte essendo di origine europea e africana… franco-congolese (il padre francese e la madre congolese… questo dice già molto, con una storia familiare interessante grazie al padre Kapiteni Léopold-Louis Joubert, che lavorò per 10 anni in Francia e in Italia come sottufficiale nel corpo delle guardie pontificie; poi si unì all’arcivescovo di Algeri, Monsignor Charles Lavigerie, che aveva bisogno di soldati per difendere i missionari, di cui è il fondatore dei Padri Bianchi… poi collaboratore degli stessi missionari: catechista, insegnante, infermiere attento ai poveri e ai malati. Acquisì la cittadinanza congolese e poté sposare una congolese, una cosa che all’epoca non era permessa).

Capacità intellettuale media: Nessuno di loro brillava a scuola… incontravano difficoltà in alcune materie. Luigi Carrara, a causa delle difficoltà scolastiche, voleva rinunciare a diventare sacerdote e rimanere fratello missionario, ma fu incoraggiato dai superiori a continuare il suo sogno; tuttavia, a Vittorio Faccin fu sconsigliato di diventare sacerdote a causa del suo livello intellettuale… Anche Didonè e Joubert non erano studenti brillanti.

Vocazione: Fin dalla giovane età in loro nacque il desiderio di servire il Signore: Didonè a 11 anni, Joubert a 12 anni entra in seminario, Luigi a 14 anni, Faccin a 15 anni.

Un dettaglio particolare riguardante Luigi Carrara: a 18 mesi dalla nascita cadde gravemente malato di polmonite; i genitori e i vicini avevano già perso la speranza… La madre lo avvolse con il vestito bianco del battesimo, chiedendo al Signore di salvarlo, e se lo avesse salvato sarebbe stato tutto per il Signore e non per lei. Il voto della madre si realizzò in seguito.

Devozione mariana: in loro si vede chiaramente la devozione alla Vergine Maria nel loro cammino, in modo particolare in Didonè che si consacrò a lei il giorno di Natale del 1952 dicendo che “solo con lei si può camminare”.

Il martirio in prospettiva: nel loro cammino hanno visto la croce all’orizzonte, erano convinti che diventando missionari il martirio non fosse escluso dal loro cammino. Alcuni l’hanno addirittura richiesto. Hanno sviluppato questa consapevolezza e ne sono diventati molto coscienti una volta in missione, durante la situazione di instabilità in cui vivevano.

Luigi Carrara non aveva paura della morte perché secondo lui avrebbe potuto morire in Italia o in Congo, e quando fu destinato al Congo sua madre gli disse che non lo avrebbe più rivisto.

G. Didonè era quasi convinto che a un certo punto della sua vita avrebbe incontrato la croce. Alla sua ordinazione chiese il dono del martirio. Alla sua prima messa gli fecero una foto mentre salutava il suo parroco; regalò questa foto a quest’ultimo con queste parole prima di partire in missione: “Il figlio al padre: Signore, non sono degno! Che onore per me ora e per voi un domani non lontano quando saprete del mio martirio”.

V. Faccin, quando il Superiore gli chiese di diventare fratello e non sacerdote con la professione perpetua, disse: “Come vittima di salvezza per le anime, è meglio che io sia sacrificato a Lui che Lui si immoli tra le mie mani”.

Nella sua lettera alla famiglia del 25/05/1964, Faccin scrive: “Per tutte le notizie che sentirete alla radio e in altri documenti scritti, non piangete su di noi; ricordateci nella preghiera affinché Dio sia glorificato e ci dia la forza di testimoniare la sua gloria”.

Missione

Prima di parlare del loro ministero missionario, è meglio ricordare il contesto in cui lo hanno esercitato:

Siamo agli inizi dell’evangelizzazione in questa parte del paese, quindi si tratta dell’annuncio primario per eccellenza con tutte le sfide che questo comporta.

Siamo anche all’alba dell’indipendenza del nostro paese, dove c’era un certo sentimento antioccidentale e dove facilmente si identificavano i missionari con i colonizzatori.

Inoltre, un contesto di instabilità politica con la ribellione mulelista di ispirazione marxista di origine russa e cinese. Un comunista ateo: l’odio contro i cristiani o nei confronti della fede o della religione cristiana. Più di 200 missionari furono uccisi in quel periodo: oblati, maristi, padri bianchi, passionisti, sacerdoti del Sacro Cuore, piccoli Fratelli di Gesù, comboniani, domenicani, seminaristi… morirono in odio alla fede.

All’epoca non c’erano le facilità che abbiamo oggi (comunicazione, internet, elettricità, competenze in alcuni settori… ma le strade erano relativamente migliori di oggi). Il missionario era un uomo polivalente, capace di adattarsi a ogni situazione…

Parlando del loro ministero missionario, sottolineo i seguenti punti che per loro erano prioritari:

Prima evangelizzazione: Erano nel contesto della prima evangelizzazione; quindi, la priorità era data al kerygma e alla preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo, prima comunione, cresima).

Attenzione ai giovani: Una particolare attenzione, o meglio ancora, una passione per i bambini e i giovani: educazione e guida della gioventù. Vittorio era il cappellano degli Xaveri di tutta la zona dell’Ubembe e sempre in mezzo a loro. Lo stesso vale per padre Joubert, che era sempre con i giovani utilizzando il suo talento musicale. Era insegnante e fondatore di diverse scuole dove veniva inviato… Tutti e quattro erano convinti che per elevare il livello e garantire un futuro migliore a questi giovani fosse necessario promuovere l’istruzione.

Pastorale del calcio: Padre Luigi (un buon arbitro) e Didonè utilizzavano il calcio per raggiungere e radunare i giovani. Didonè diceva che bisogna “partire dall’amicizia”.

Pastorale di presenza e vicinanza: Visite ai malati, alle comunità lontane… Numerosi safari verso comunità che passavano uno o due anni senza vedere un prete.

Promozione della devozione alla Vergine Maria: Organizzavano pellegrinaggi mariani.

Devozione al Santissimo Sacramento.

In breve, posso dire che erano missionari o apostoli zelanti, instancabili e itineranti:

Giovanni Didonè, grazie al suo zelo missionario, era soprannominato “Apungu”, che significa in kibembe “inviato di Dio”. Una sua affermazione lo dimostra chiaramente: “Finché ci sarà del bene da fare e avremo le forze, non ci fermeremo”.

Un’altra frase che mostra il suo amore per la Chiesa: “Fare il minor male possibile alla Chiesa di Gesù”, disse G. Didonè.

Joubert, in 29 anni di ministero, ha percorso tre diocesi attuali (Kalemie, Kasongo e Uvira): Kasongo, Lusaka, Kala, Lusaka, Moyo, Kabambare, Kibangula, Mungombe, Kibanga e Fizi, la sua ultima missione…

V. Faccin: gli Xaveri, la costruzione delle scuole, la chiesa di Baraka, il presbiterio, la catechesi… diceva: “L’Africa ha bisogno di essere amata”.

Non erano pigri: avevano perso peso perché erano sempre al lavoro, a volte mangiavano solo una volta al giorno. “Quando si è con Dio, tutto va sempre bene”, diceva L. Carrara.

Sfide missionarie

Sfide linguistiche: Erano ancora all’inizio della loro missione, da due o tre anni in Congo, e stavano ancora imparando lo swahili… ma questo non fu un ostacolo per loro.

Ministero in situazioni di incertezza: Senza sapere cosa avrebbe riservato il futuro, pianificavano attività pastorali, safari, continuavano la costruzione di chiese e scuole: speravano contro ogni speranza, con una speranza a tutta prova.

Sospetti: Erano sospettati di essere spie o di comunicare con il governo centrale… Di conseguenza, più volte furono interrogati, la loro casa requisita… come se non bastasse, furono anche incarcerati, alcuni portati fino alla prigione centrale di Bukavu.

Episodi di apostasia di alcuni dei loro battezzati: Abedi Masanga, che li uccise, ne è un esempio.

Sconforto e perdita di peso a causa del lavoro…

Crescita delle acque del lago Tanganica: Che ha spesso ritardato il trasporto dei materiali da costruzione. Non è un fenomeno nuovo.

Pur consapevoli del pericolo che li attendeva, scelsero di rimanere tra il popolo al quale il Signore li aveva inviati. La loro missione/ministero consisteva nell’“essere con”. Solo chi ama può “essere con”.

Il Padre Didonè, nella sua lettera al suo catechista Raphael Pupu, dice: “Non pensate che i padri torneranno a casa. Sappiatelo bene: piuttosto che tornare a casa, i padri preferiscono morire nella loro missione”.

Nelle nostre Costituzioni, numero 14, il nostro Fondatore, San Guido Maria Conforti, scrive: “Nella nostra azione apostolica seguiamo la via percorsa da Cristo nella sua Incarnazione. Questo richiede una costante attenzione alla complessità delle situazioni in cui operiamo, insieme alla disponibilità di spirito e di cuore per adattare la nostra azione alle diverse esigenze dei tempi e dei luoghi. In particolare, ciò richiede una comunione di vita e di destino con i fratelli ai quali siamo inviati, fino alla condivisione dei loro problemi e del loro cammino di liberazione”.

Mentre tutti gli altri fuggivano (missionari protestanti, commercianti europei, funzionari dello Stato…), loro scelsero di rimanere con il popolo. Come dice San Giovanni Crisostomo: “Le pecore che non avrai portato sulle tue spalle, le porterai sulla tua coscienza”.

Per questa ragione sono chiamati “Martiri della fraternità”.

Luigi, sapendo che il fratello Vittorio era rimasto solo a Baraka, andò a fargli compagnia, in modo che potesse anche garantire la celebrazione della messa e dei sacramenti. Padre Joubert, dopo la sua liberazione insieme al suo compagno, padre Thomas Maliyabwana, preferì rimanere con G. Didonè per sostenerlo e fargli compagnia. “Avremo una buona compagnia”, disse Didonè.

Hanno dato prova della stessa fraternità anche durante la loro morte: Luigi preferì morire accanto a Faccin, Joubert morì insieme a G. Didonè.

Significato della loro Beatificazione

La beatificazione di padre Joubert e dei suoi compagni è un evento molto importante e significativo per la Chiesa universale in generale e, in modo particolare, per la Chiesa del Congo, precisamente di Uvira. Va sottolineato che sarà la seconda volta che un tale evento avrà luogo nel nostro paese. La prima fu quella di suor Anuarite Nengapeta nel 1985, beatificata da Papa San Giovanni Paolo II a Kinshasa.

È veramente un momento di grazia e benedizione per la nostra Chiesa. È una grazia e un onore avere dei beati che hanno dedicato la loro vita per noi fino alla morte. Sono i nostri intercessori, protettori e antenati nella fede.

L’11 novembre 1966, Monsignor Catarzi, incontrando Papa Paolo VI, quest’ultimo gli rivolse queste parole riguardo l’assassinio dei suoi confratelli: “Sono i vostri martiri! Non ci credete? Conservate la loro memoria, venerate le loro reliquie!”

Memoria storica: Questa beatificazione ci ricorda la storia del nostro paese che, fin dalla sua indipendenza, è stato quasi sempre segnato da momenti di instabilità e guerre, e ancora oggi è alla ricerca di una pace duratura.

Il martirio è l’espressione più eloquente della testimonianza e della vita cristiana di fedeltà a Cristo. I quattro futuri beati sono esempi da seguire: di fraternità, solidarietà, amore per il prossimo e dono di sé. Questo evento non può rimanere lettera morta, un passato dimenticato, ma deve arricchire le nostre vite come persone, come comunità cristiane, come diocesi, come Chiesa del Congo e Chiesa universale. È facile parlare dei santi, ma più difficile imitarli.

Questa beatificazione, in un modo o nell’altro, esprime o dovrebbe esprimere la maturità e la missionarietà della Chiesa locale. Non è un qualsiasi diocesi che ha un beato o un santo. Uvira ne avrà quattro in una volta sola. Maturità nel senso di Tertulliano: “Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”. Quando morirono, quante persone c’erano nella diocesi? Quanti sacerdoti? Quante parrocchie? E oggi??? Parlo di maturità non solo dal punto di vista demografico, ma anche e soprattutto dal punto di vista spirituale, missionario e di impegno cristiano. Una Chiesa in missione. La loro beatificazione è un impulso per la missione nelle periferie geografiche ed esistenziali della nostra diocesi, del nostro paese e del mondo.

Conclusione

La storia che attraversa il nostro paese, dai tempi coloniali fino ad oggi, è una storia triste. Il paese continua a essere saccheggiato, il sangue degli innocenti continua a scorrere sulla nostra terra. Ci sembra di camminare nelle tenebre. Da questa storia oscura, Dio scrive diritto su linee storte. Come dice il Salmista: “Anche la tenebra per te non è tenebra e la notte come il giorno è luce” (Salmo 138, 12).

A Fizi, la lampada che continuava a brillare fino al mattino accanto ai cadaveri di padre Joubert e padre Didonè è molto simbolica: la luce è più forte delle tenebre, l’amore è più grande dell’odio.

Per i nostri quattro futuri beati:

“Non è stata tolta loro la vita. L’avevano già donata”.

Riferimenti:

  • Lisa Zuccarini, “Heureux êtes-vous” - Vita e pensieri di Faccin, Carrara, Didonè e Joubert, martiri in Congo. Edizioni Missionari Saveriani CDSR Roma 2024
  • Brochure Tala et Kopo.
  • Archivi saveriani.

The Martyrs of Baraka and Fizi: Life, Mission, Challenges and the Significance of their Beatification

Scientific Conversation in Preparation for the Beatification

I am pleased to be here before you to speak about my confreres Vittorio Faccin, Luigi Carrara, Giovanni Didonè, and Father Albert Joubert, who will be proclaimed Blessed in the universal Church in three days. I thank the rector and the subcommittee for culture who invited me to speak about these four future Blessed. I am happy to speak about them because I feel doubly connected to them:

  • Firstly, they were martyred in the land where I was born, where I spent my childhood, and took my first steps in Christian life: I was born and baptized in Baraka; I received my First Communion and Confirmation in Fizi, where I attended primary school and began my journey toward missionary life.
  • Secondly, three of them are my confreres: Vittorio Faccin, Luigi Carrara, and Giovanni Didonè, and one is my compatriot, Father Albert Joubert.

The topic assigned to me is: “Father Joubert and his companions: their life and their priestly ministry.” I would reformulate it as: “Father Joubert and his companions: their life, their mission, and their martyrdom (witness). A model of missionary fraternity and solidarity in a context of sociopolitical instability.” (Their mission because Faccin was a religious brother but with a father’s heart).

It is difficult for me to speak about the lives of these great figures in 30 minutes… There are four of them, and every detail or aspect of their lives deserves particular attention to know them, discover their richness, their greatness, their depth, and their holiness to love them. I will limit myself to highlighting some common aspects and personal characteristics of each. There is a well-made book on their lives that is sold outside to delve deeper into their figures…

I will develop four points: their lives, their mission, the pastoral challenges, and the significance of their beatification for us.

Their Lives

Place of birth: Father Joubert was born on November 21, 1908; Giovanni Didonè in 1930; Luigi Carrara on March 3, 1933; Vittorio Faccin on January 7, 1934.

Large families: Joubert was the 9th of 10 children, Didonè the 4th of 11, Luigi the 7th of 11, V. Faccin the 3rd of 6.

Christian families: All four were born into Christian families, receiving a religious education from an early age, where prayer was important, and parents greatly valued passing on the faith to their children. This religious family environment marked their childhood, growth, and future life choices…

Modest families: The three Xaverians came from modest families, and Father Joubert from a family not rich, but we can say with a higher standard of living than the others…

European origin: The three Xaverians are of pure European origin, that is, Italian, but Joubert acts as a bridge, being of both European and African origin… Franco-Congolese (his father French and his mother Congolese… this already says a lot with an interesting family history thanks to his father, Kapiteni Léopold-Louis Joubert, who worked for 10 years in France and Italy as a non-commissioned officer in the Pontifical Guard corps; then he joined Archbishop Charles Lavigerie of Algiers, who needed soldiers to defend the missionaries, whom he founded the White Fathers… later collaborating with the same missionaries: catechist, teacher, nurse, attentive to the poor and the sick. He acquired Congolese citizenship and could marry a Congolese woman, which was not allowed at the time).

Average intellectual capacity: None of them excelled in school… they faced difficulties in some subjects. Luigi Carrara, due to his academic difficulties, wanted to give up becoming a priest and remain a missionary brother, but he was encouraged by his superiors to continue his dream; however, Vittorio Faccin was advised against becoming a priest due to his intellectual level… Didonè and Joubert were also not brilliant students.

Vocation: From an early age, they felt the desire to serve the Lord: Didonè at 11, Joubert at 12, entered the seminary, Luigi at 14, Faccin at 15.

A particular detail regarding Luigi Carrara: At 18 months old, he fell gravely ill with pneumonia; his parents and neighbors had already lost hope… His mother wrapped him in the white baptismal gown, asking the Lord to save him, and if He did, he would belong entirely to the Lord and not to her. The mother’s vow was fulfilled later.

Marian devotion: A clear devotion to the Virgin Mary is seen in their path, particularly in Didonè, who consecrated himself to her on Christmas Day 1952, saying, “Only with her can one walk.”

Martyrdom in Perspective:

On their journey, they saw the cross on the horizon; they were convinced that becoming missionaries did not exclude martyrdom from their path. Some even requested it. They developed this awareness and became very conscious of it once in mission during the instability they lived in.

Luigi Carrara was not afraid of death because, in his view, he could die in Italy or Congo, and when he was sent to Congo, his mother told him she would not see him again.

G. Didonè was almost convinced that, at some point in his life, he would encounter the cross. At his ordination, he asked for the gift of martyrdom. At his first Mass, they took a picture of him greeting his pastor; he gave this photo to the latter with these words before leaving for the mission: “From the son to the father: Lord, I am not worthy! What an honor for me now and for you a not-so-distant tomorrow when you will hear of my martyrdom.”

V. Faccin, when the Superior asked him to become a brother and not a priest with perpetual profession, said: “As a victim of salvation for souls, it is better that I be sacrificed to Him than that He be sacrificed between my hands.”

In his letter to the family on May 25, 1964, Faccin wrote: “For all the news you will hear on the radio and in other written documents, do not weep for us; remember us in prayer so that God may be glorified and give us the strength to bear witness to His glory.”

Mission

Before speaking of their missionary ministry, it is better to recall the context in which they exercised it:

We are at the beginning of evangelization in this part of the country, so it is the primary proclamation par excellence, with all the challenges this entails.

We are also at the dawn of our country’s independence, where there was a certain anti-Western sentiment, and missionaries were easily identified with colonizers.

Moreover, a context of political instability with the Mulelist rebellion of Marxist inspiration, of Russian and Chinese origin. An atheist communist: hatred against Christians or faith or the Christian religion. More than 200 missionaries were killed during that period: Marist Oblates, White Fathers, Passionists, priests of the Sacred Heart, Little Brothers of Jesus, Combonians, Dominicans, seminarians… died in hatred of the faith.

At that time, there were not the facilities we have today (communication, internet, electricity, skills in some sectors… but the roads were relatively better than today). The missionary was a versatile man capable of adapting to any situation…

Talking about their missionary ministry, I highlight the following points that were priorities for them:

First Evangelization: They were in the context of the first evangelization; therefore, priority was given to the kerygma and preparation for the sacraments of Christian initiation (baptism, first communion, confirmation).

Attention to Youth: Particular attention or even a passion for children and youth: education and guidance of the youth. Vittorio was the chaplain of the Xaveri throughout the Ubembe area and always among them. The same applies to Father Joubert, who was always with the young people using his musical talent. He was a teacher and founder of several schools where he was sent… All four were convinced that to raise the level and ensure a better future for these young people, it was necessary to promote education.

Soccer Ministry: Father Luigi (a good referee) and Didonè used soccer to reach and gather young people. Didonè said that one should “start with friendship.”

Pastoral of Presence and Proximity: Visits to the sick, to distant communities… Numerous safaris to communities that went one or two years without seeing a priest.

Promotion of Devotion to the Virgin Mary: Organized Marian pilgrimages.

Devotion to the Blessed Sacrament.

In short, I can say they were zealous, tireless, and itinerant missionaries or apostles:

Giovanni Didonè, due to his missionary zeal, was nicknamed “Apungu,” which means in Kibembe “sent by God.” One of his statements clearly demonstrates this: “As long as there is good to be done and we have the strength, we will not stop.”

Another phrase showing his love for the Church: “Do the least harm possible to the Church of Jesus,” said G. Didonè.

Joubert, in 29 years of ministry, covered three current dioceses (Kalemie, Kasongo, and Uvira): Kasongo, Lusaka, Kala, Lusaka, Moyo, Kabambare, Kibangula, Mungombe, Kibanga, and Fizi, his last mission.

V. Faccin: the Xaveri, the construction of schools, the church of Baraka, the presbytery, catechesis… he used to say: “Africa needs to be loved.”

They were not lazy: they had lost weight because they were always working; sometimes, they only ate once a day. “When one is with God, everything always goes well,” said L. Carrara.

Missionary Challenges

Linguistic Challenges: They were still at the beginning of their mission, two or three years in Congo, and were still learning Swahili… but this was not an obstacle for them.

Ministry in Uncertain Situations: Without knowing what the future held, they planned pastoral activities, safaris, continued the construction of churches and schools: hoping against all hope, with hope beyond proof.

Suspicions: They were suspected of being spies or communicating with the central government… As a result, they were interrogated several times, their house requisitioned… As if that wasn’t enough, they were also imprisoned, some taken to the central prison in Bukavu.

Episodes of Apostasy Among Some of Their Baptized: Abedi Masanga, who killed them, is an example.

Discouragement and Weight Loss Due to Work…

Rising Waters of Lake Tanganyika: Often delayed the transportation of construction materials. This is not a new phenomenon.

Despite being aware of the danger that awaited them, they chose to stay among the people to whom the Lord had sent them. Their mission/ministry consisted of “being with.” Only those who love can “be with.”

Father Didonè, in his letter to his catechist Raphael Pupu, says: “Do not think that the fathers will go back home. Know this well: rather than return home, the fathers prefer to die in their mission.”

In our Constitutions, number 14, our Founder, Saint Guido Maria Conforti, writes: “In our apostolic action, we follow the path taken by Christ in His Incarnation. This requires constant attention to the complexity of the situations in which we operate, along with the availability of spirit and heart to adapt our action to the various needs of times and places. In particular, this requires a communion of life and destiny with the brothers to whom we are sent, up to the sharing of their problems and their path to liberation.”

While everyone else fled (Protestant missionaries, European traders, State officials…), they chose to remain with the people. As Saint John Chrysostom says: “The sheep you will not have carried on your shoulders, you will carry on your conscience.”

For this reason, they are called “Martyrs of Fraternity.”

Luigi, knowing that Brother Vittorio was left alone in Baraka, went to keep him company so that he could also guarantee the celebration of Mass and the sacraments. Father Joubert, after his release along with his companion Father Thomas Maliyabwana, preferred to stay with G. Didonè to support him and keep him company. “We will have good company,” said Didonè.

They also demonstrated the same fraternity during their death: Luigi preferred to die next to Faccin, Joubert died together with G. Didonè.

Significance of Their Beatification

The beatification of Father Joubert and his companions is a very important and significant event for the universal Church in general, and in particular for the Church of Congo, precisely of Uvira. It should be emphasized that this will be the second time such an event will take place in our country. The first was that of Sister Anuarite Nengapeta in 1985, beatified by Pope Saint John Paul II in Kinshasa.

It is truly a moment of grace and blessing for our Church. It is a grace and an honor to have blessed ones who dedicated their lives to us to the point of death. They are our intercessors, protectors, and ancestors in faith.

On November 11, 1966, Monsignor Catarzi, meeting Pope Paul VI, the latter addressed these words to him regarding the murder of his confreres: “They are your martyrs! Do you not believe it? Preserve their memory; venerate their relics!”

Historical Memory: This beatification reminds us of the history of our country, which since its independence has almost always been marked by moments of instability and wars and is still seeking lasting peace today.

Martyrdom is the most eloquent expression of Christian witness and life in fidelity to Christ. The four future Blessed are examples to follow: of fraternity, solidarity, love for others, and self-giving. This event cannot remain a dead letter, a forgotten past, but must enrich our lives as individuals, as Christian communities, as dioceses, as the Church of Congo, and the universal Church. It is easy to talk about the saints, but it is more difficult to imitate them.

This beatification, in one way or another, expresses or should express the maturity and missionary nature of the local Church. It is not just any diocese that has a Blessed or a Saint. Uvira will have four at once. Maturity in the sense of Tertullian: “The blood of martyrs is the seed of new Christians.” When they died, how many people were there in the diocese? How many priests? How many parishes? And today??? I speak of maturity not only from a demographic point of view but also, and above all, from a spiritual, missionary, and Christian commitment perspective. A Church on a mission. Their beatification is a push for the mission in the geographical and existential peripheries of our diocese, our country, and the world.

Conclusion:

The history that traverses our country from colonial times to today is a sad one. The country continues to be looted; the blood of the innocent continues to flow on our land. It feels as if we are walking in darkness. From this dark history, God writes straight on crooked lines. As the Psalmist says: “Even darkness is not dark to you, and the night is as bright as the day” (Psalm 138:12).

In Fizi, the lamp that continued to shine until morning beside the bodies of Father Joubert and Father Didonè is very symbolic: light is stronger than darkness; love is greater than hate.

For our four future Blessed:

“They were not deprived of life. They had already given it.”

References:

  • Lisa Zuccarini, “Heureux êtes-vous” - Life and Thoughts of Faccin, Carrara, Didonè, and Joubert, Martyrs in Congo. Xaverian Missionaries Editions CDSR, Rome 2024
  • Brochure Tala et Kopo.
  • Xaverian Archives.

Les Martyrs de Baraka et Fizi : Vie, Mission, Défis et le Sens de la leur Béatification

Colloque Scientifique en Préparation à la Béatification

C’est avec joie que je me tiens devant vous pour vous parler de mes confrères Vittorio Faccin, Luigi Carrara, Giovanni Didonè et abbé Albert Joubert, qui dans 3 jours seront proclamés Bienheureux par et dans l’église universelle. Je remercie l’abbé Recteur et la sous-commission pour la culture qui m’a invité pour parler de 4 futurs bienheureux. Je suis content de parler d’eux car je me sens doublement lié à eux :

  • Premièrement, ils ont été martyrisés dans la terre qui m’a vu naitre, où j’ai passé mon enfance et j’ai fait mes premiers pas de la vie chrétienne : Je suis né et baptisé à Baraka ; première communion et confirmation à Fizi où je fais l’école primaire et où j’ai commencé mon cheminement vers la vie missionnaire.
  • Deuxièmement, 3 sont mes confrères, Vittorio Faccin, Luigi Carrara et Giovanni Didonè, et un mon compatriote, abbé Albert Joubert.

Le thème qui m’a été donné est : Abbé Joubert et ses compagnons, leur vie et leur ministère sacerdotal. Je le reformulerais ainsi : Abbé Joubert et ses compagnons : leur vie, leur mission et leur martyre (témoignage). Modèle de fraternité missionnaire et de solidarité dans un contexte d’instabilité socio -politique. (Leur mission car Faccin était un frère religieux, mais avec un cœur de père).

Il m’est difficile de parler de la vie de ces grandes figures dans 30 minutes… Ils sont 4 et aussi chaque détail ou aspect de leur vie mérite une attention particulière pour les connaitre, découvrir leur richesse, leur grandeur, leur profondeur et leur sainteté afin de les aimer. Je me limite seulement à souligner, en passant, certains aspects qu’ils ont en commun et quelques caractéristiques personnelles de chacun. Il y a un livre bien fait sur leur vie qui se vend à l’extérieur pour approfondir leurs figures…

Je vais développer 4 points : leurs vies, leur mission, les défis pastoraux et le sens de leur béatification pour nous.

Leurs vies

Naissance: Ab. Joubert est né le 21 novembre 1908, Giovanni Didonè en 1930, Luigi Carrara le 3 mars 1933, Vittorio Faccin le 7 janvier 1934.

Familles Nombreuses: Joubert est 09/10, Didonè 4/11, Luigi 7/11 ; V. Faccin 3/6.

Familles chrétiennes, tous 4 sont nés des familles chrétiennes, bénéficiant d’une éducation religieuse dès leur bas âge, où l’importance était donnée à la prière et où les parents tenaient beaucoup à la transmission de la foi à leurs enfants. Ce climat familial religieux a marqué leur enfance, leur croissance et leur choix futur…

Familles modestes: Les 3 xavériens viennent de familles modestes, et ab. Joubert d’une famille, pas riche, mais nous pouvons dire où le niveau de vie était supérieur par rapport aux autres…

Origine européenne: les 3 Xavériens sont d’origine purement européenne càd italienne, mais Joubert fait le trait d’union, il est d’origine européenne et africaine…franco-congolaise (le père français et la maman congolaise…cela dit déjà beaucoup avec une histoire familiale intéressante grâce à son père, Kapiteni Léopold-Louis Joubert, qui travailla 10 ans en France et en Italie come sous-officier dans le corps des gardes pontificaux, puis il rejoint l’archevêque d’Alger, Mgr Charles Lavigerie, qui avait besoin des soldats pour défendre les missionnaires dont il est fondateur, des Pères Blancs…puis collaborateurs de ces mêmes missionnaires : catéchiste, enseignant, infirmier, attentif aux pauvres et aux malades. Il acquit la nationalité congolaise et put épouser une Congolaise, une chose que à son époque n’était pas permise.

Capacité intellectuelle moyenne: tous n’étaient pas brillants à l’école…ils rencontraient des difficultés dans certaines matières. Luigi Carrara, à cause des difficultés à l’école, voulait renoncer de devenir prêtre et rester frère missionnaire mais il a été encouragé par les supérieurs à continuer son rêve, cependant Vittorio Faccin a été déconseillé de devenir prêtre à cause de son niveau intellectuel…Didonè et Joubert aussi n’étaient pas des élèves brillants.

Vocation: dès leurs jeunes âges, était né en eux le désir de servir le Seigneur : Didonè à 11 ans, Joubert à 12 ans il entre au petit séminaire, Luigi à 14 ans, Faccin à 15 ans.

Une particularité concernant Luigi Carrara, à 18 mois de sa naissance, il est tombé gravement malade de la pneumonie, les parents et voisins avaient déjà perdu d’espoir…Sa maman l’a couvert avec son habit blanc du baptême en demandant au Seigneur de le sauver et s’il le sauvait, il serait tout au Seigneur et pas pour elle. Le vœu de la maman s’est réalisé après.

Dévotion mariale: en eux, on voit clairement la dévotion à la Vierge Marie dans leur cheminement, de façon particulière chez Didonè qui s’est consacré à elle le jour de Noël de 1952 disant que « seulement avec elle on peut marcher».

Le martyre en perspective : dans leur cheminement, ils ont vu la croix à l’horizon, ils étaient convaincus qu’en devenant missionnaires, le martyre n’était pas exclu sur leur chemin. D’ailleurs certains l’ont demandé. Ils ont développé cette conscience et en sont devenus très conscient, une fois en mission, pendant la situation d’instabilité dans laquelle ils vivaient.

Luigi Carrara, la mort ne lui fait pas peur, car, selon lui, il pourrait mourir en Italie ou au Congo et quand il est destiné au Congo sa maman lui a dit qu’elle ne le verrait plus.

  • Didonè était presque convaincu qu’à un certain moment de sa vie il rencontrerait la croix. A son ordination, il demande le don du martyre. A sa première messe on lui a pris une photo entrain de saluer son curé, il a fait cadeau de cette photo à ce dernier avec ces paroles avant de partir en mission : « Le fils au père : Seigneur, je ne suis pas digne ! Quel honneur pour moi maintenant, et pour vous un lendemain non lointain quand vous apprendrez mon martyre».
  • Faccin, quand le Supérieur lui demande de devenir frère et pas prêtre, avec la profession perpétuelle il dit : « comme victime de salut pour les âmes, il vaut mieux que je sois sacrifié à Lui, que lui de s’immoler entre mes mains».

Dans sa lettre à sa famille du 25/05/1964, Faccin écrit ceci : « pour toutes les nouvelles que vous entendrez par radio et par d’autres documents écrits, ne pleurez pas sur nous ; souvenez-vous de nous dans la prière afin que Dieu soit glorifié et qu’il donne à nous tous la force de témoigner de sa gloire ».

- La brièveté de la vie : excepté ab. Joubert qui est mort à l’âge de 56 ans, 3 autres meurent à la fleur de l’âge : Vittorio à 30 ans, Luigi à 31 ans et Didonè 33 ans. Mais ce qu’ils ont faits dans peu de temps semble un travail d’une longue vie. Ils n’ont pas donné au Seigneur les miettes de leur vie mais leur jeunesse, toute leur vie. Ils ont posé des bases pour ceux qui sont venus après eux.

Mission

Avant de parler de leur ministère missionnaire, il vaut mieux rappeler le contexte dans lequel ils l’ont exercée :

  • Nous sommes au début de l’évangélisation dans cette partie du pays, donc il s’agit de la première annonce par excellence, avec tout ce que cela comporte comme défis.
  • Nous sommes aussi à l’aube de l’indépendance de notre pays, où il y avait un certain sentiment anti-occidental et où facilement on identifiait les missionnaires avec colonisateurs.
  • Mais aussi un contexte d’instabilité politique avec la rébellion muleliste d’inspiration marxiste d’origine russe et chinoise. Un communiste athée : la haine contre les chrétiens ou vis-à-vis de la foi ou la religion chrétienne. Plus de 200 missionnaires étaient tués à cette époque : oblats, maristes, pères blancs, passionistes, prêtres du Sacré-Cœur, les petits Frères de Jésus, les comboniens, dominicains, des séminaristes… sont morts in odium fidei.
  • A l’époque il n’y avait pas de facilités que nous avons aujourd’hui (communication, internet, électricité, compétence dans certains domaines…mais les routes étaient relativement meilleures qu’aujourd’hui). Le missionnaire était un homme polyvalent, tout terrain...

Parlant de leur ministère missionnaire, je souligne les points suivants qui étaient pour eux la priorité :

  • Nous sommes dans le contexte de la première annonce, donc la priorité était donnée au kérygme et à la préparation aux sacrements de l’initiation chrétienne : (baptême, première communion, confirmation).
  • Une attention ou mieux encore, une passion particulière pour les enfants et les jeunes : éducation et encadrement de la jeunesse. Vittorio était l’Aumonier des Xaveri de toute la zone de l’Ubembe et toujours au milieu d’eux, même chose abbé Joubert était toujours avec les jeunes utilisant son talent de musique. Il était enseignant et fondateurs des plusieurs écoles où il était envoyé… tous les 4 étaient convaincus que pour élever le niveau et garantir un lendemain meilleur pour ces jeunes il fallait promouvoir l’instruction.
  • La pastorale du football. Le Père Luigi (un bon arbitre) et Didonè, ils utilisaient le ballon du football pour atteindre et rassembler les jeunes. Didonè parle qu’il faut « partir de l’amitié».
  • Pastorale de présence et de proximité : visites aux malades, aux communauté lointaines…Plusieurs safari aux communautés qui faisaient une ou deux années sans voir les prêtres.
  • Promotion de la dévotion à la Vierge Marie, ils ont organisé des pèlerinages mariaux.
  • Dévotion aussi au Saint- Sacrement…

En un bref, je peux dire qu’ils étaient des missionnaires ou des apôtres zélés, infatigables et itinérants :

Giovanni Didonè, grâce à son zèle missionnaire était surnommé « Apungu » qui signifie en kibembe « envoyé de Dieu ». Une affirmation de Didonè le dit bien : « Tant qu’il y aura du bien à faire et tant que nous aurons des forces, nous ne nous arrêtons pas ».

Une autre qui montre son amour pour l’Eglise : « Faire le moins de mal possible à l’Eglise de Jésus » dixit G. Didonè.

  • Joubert, en 29 ans du ministère, il a parcouru 3 diocèses actuels (Kalemie, Kasongo et Uvira) : Kasongo, Lusaka, Kala, Lusaka, Moyo, Kabambare, Kibangula, Mungombe, kibanga et Fizi sa dernière mission….
  • Faccin : les xaveri, les constructions des écoles, de l’église de Baraka, du presbytère, la catéchèse… il dit :« L’Afrique a besoin d’être aimée ».
  • Ils n’étaient pas de paresseux : Ils ont perdu du poids parce qu’ils étaient à temps plein au travail, parfois il mangeait seulement une seule fois la journée.
  • « Quand on est avec Dieu, tout va toujours bien » L. Carrara.

Défis missionnaires

  • Défis de la langue…ils étaient encor au début de leur mission, 2 et 3 ans de présence au Congo, ils apprenaient encore le swahili…, mais cela n’a pas constitué un obstacle pour eux.
  • Un ministère dans une situation d’incertitude sans savoir ce que leur réservait le lendemain, mais ils programmaient des activités pastorales, des safaris, ils continuaient les constructions des églises et des écoles : ils espéraient contre toute espérance, une espérance à toute épreuve.
  • Ils étaient objet de suspicion : suspectés d’être des espions ou en communication avec le gouvernement central, …

Comme conséquence, plusieurs fois ils ont été révoqués, interrogés, la maison réquisitionnée…comme si cela ne suffisait pas, ils étaient aussi mis au cachot et en prison, certains ont été amenés jusqu’à la prison centrale de Bukavu.

  • Episode d’apostasie de certains de leurs baptisés : Abedi Masanga qui les a tués en est l’exemple.
  • Découragement et perte de poids à cause du travail…
  • La montée des eaux du lac Tanganyika : qui a plusieurs fois retardé le transport des matériaux de constructions. Ce n’est pas un phénomène nouveau.

Tout en étant conscients du danger qui était devant eux, ils ont choisi de rester au milieu du peuple auquel le Seigneur leur a envoyé. Leur Mission/ministère consistait à « être avec ». Seulement celui aime peut « être avec ».

Le P. Didonè, dans sa lettre à son catéchiste Raphaël Pupu, dit ceci : « Ne pensez pas que les pères vont rentrer chez eux. Sachez-le bien : plutôt que de rentrer chez eux, les pères préfèrent mourir dans leur mission ».

Dans nos Constitutions numero 14, notre Fondateur, saint Guido Maria Conforti écrit ceci : « dans notre action apostolique nous suivons la voie parcourue par le Christ dans son Incarnation. Ceci nous demande une attention constante à la complexité des situations où nous œuvrons, en même temps que la disponibilité d’esprit et de cœur, afin d’adapter notre action aux diverses exigences des temps et des lieux.  En particulier cela demande une communion de vie et de destin avec les frères auxquels nous sommes envoyés jusqu’au partage de leurs problèmes et de leur cheminement de libération ».

Pendant que tous les autres ont fui (missionnaires protestants, commerçants européens, fonctionnaires de l’Etat…), eux ont choisi de rester avec le peuple. Comme le dit saint Jean Chrysostome : « Les brebis que tu n’auras pas portées sur tes épaules, tu les porteras dans ta conscience. »

Raison pour laquelle ils sont appelés « Martyrs de la fraternité ».

Luigi, connaissant que le frère Vittorio était resté seul à Baraka, il est allé lui faire compagnie, ainsi il pouvait aussi y garantir la célébration de la messe et des sacrements. Ab. Joubert, après sa libération avec son compagnon abbé Thomas Maliyabwana, a préféré rester avec G. Didonè pour le soutenir et lui faire compagnie. « Nous aurons une bonne compagnie », dixit Didonè.

Ils ont fait preuve de la même fraternité pendant leur mort : Luigi a préféré mourir à côté de Faccin, Joubert est mort ensemble avec G. Didonè.

Signification de leur Béatification

La béatification de l’abbé Joubert et ses compagnons est un évènement très important et significatif pour l’église universelle en général et de façon particulière pour l’église du Congo, précisément d’Uvira. On doit souligner que ce sera pour la deuxième fois qu’un tel évènement aura lieu dans notre pays. Le premier étant de la sœur Anuarité Nengapeta en 1985 par le pape, saint Jean-Paul à Kinshasa.

C’est vraiment un moment de grâce et bénédiction pour notre église. C’est une grâce et un honneur avoir des bienheureux qui ont dédié leur vie pour nous jusqu’à la mort. Ils sont nos intercesseurs, protecteurs, et ancêtres dans la foi.

Le 11 novembre 1966, Mgr Catarzi en rencontrant le pape Paul VI, ce dernier lui a adressé ces paroles sur l’assassinat de ses confrères : ‟ Ce sont vos martyrs ! Vous ne croyez pas ? conservez leur mémoire, vénérez leurs reliques !”

  • Mémoire historique : cette béatification nous rappelle l’histoire de notre pays que, depuis son indépendance, est presque toujours marqué par des moments d’instabilité, des guerres, et aussi et toujours est à la recherche d’une paix durable.
  • Le martyre est l’expression la plus éloquente du témoignage et de la vie chrétienne, de la fidélité au Christ. Les 4 futurs bienheureux sont des exemples à suivre : de fraternité, de solidarité et de l’amour pour le prochain, du don de soi. Cet évènement ne peut pas rester une lettre morte, un passé oublié mais il doit enrichir nos vies comme personnes, comme communautés chrétiennes, comme diocèse, comme église du Congo et église universelle. C’est facile parler des saints que de les imiter.
  • Cette béatification, d’une manière ou d’une autre, exprime ou devrait exprimer la maturité et la missionnarieté de l’église locale. Ce n’est pas n’importe quel diocèse qui a un bienheureux ou un saint. Uvira en aura 4 d’un coup. Maturité dans le sens de Tertullien : « le sang de martyrs est la semence de nouveaux chrétiens». Quand ils sont morts, le diocèse avaient combien de chrétiens ? combien des prêtres ? combien de paroisses ? et Aujourd’hui ??? Je parle de la maturité pas seulement du point de vue démographique mais aussi et surtout du point de vue spirituel, missionnaire et engagement chrétien. Une église en mission. Leur béatification est une impulsion pour la mission, dans les périphéries géographiques et existentielles de notre diocèse, de notre pays et du monde.

Conclusion

L’histoire que traverse notre pays depuis le temps colonial jusqu’à nos jours est une histoire triste. Le pays continue à être pillé, le sang des innocents continue à couler sur notre terre. Il nous semble de marcher dans les ténèbres. De cette histoire ténébreuse, Dieu écrit droit sur les lignes courbes. Dit le Psalmiste : « Même la ténèbre pour toi n’est pas ténèbre, et la nuit comme le jour est lumière ». Ps 138, 12.

A Fizi, la lampe qui continuait à briller jusqu’au matin à côté des cadavres de l’abbé Joubert et du père Didonè est très symbolique : que la lumière est plus forte que le ténèbre, l’amour est plus grand que la haine. 

Pour nos 4 futurs bienheureux :

« On ne leur a pas enlevé la vie. Ils l’avaient déjà donnée ».

Références :

  • Lisa Zuccarini, « Heureux êtes-vous », Vie et pensées de Faccin, Carrara, Didonè et Joubert, martyrs au Congo. Ed Missionnaires Xavériens, CDSR, Rome 2024
  • Bronchure Tala et Kopo.
  • Archives xavériennes.

Los Mártires de Baraka y Fizi: Vida, Misión, Desafíos y el Significado de su Beatificación

Coloquio Científico en Preparación a la Beatificación

Estoy contento de estar aquí frente a ustedes para hablarles de mis hermanos Vittorio Faccin, Luigi Carrara, Giovanni Didonè y el padre Albert Joubert, quienes dentro de tres días serán proclamados Beatos para la Iglesia universal. Agradezco al rector y a la subcomisión de cultura por invitarme a hablar sobre los cuatro futuros Beatos. Estoy feliz de hablar de ellos porque me siento doblemente vinculado a ellos:

  • En primer lugar, fueron martirizados en la tierra que me vio nacer, donde pasé mi infancia y di mis primeros pasos en la vida cristiana: nací y fui bautizado en Baraka; recibí la primera comunión y la confirmación en Fizi, donde asistí a la escuela primaria y comencé mi camino hacia la vida misionera.
  • En segundo lugar, tres de ellos son mis hermanos: Vittorio Faccin, Luigi Carrara y Giovanni Didonè, mientras que uno de ellos, el padre Albert Joubert, es mi compatriota.

El tema que se me ha confiado es: “El padre Joubert y sus compañeros: su vida y su ministerio sacerdotal”. Lo reformularía así: “El padre Joubert y sus compañeros: su vida, su misión y su martirio (testimonio). Un modelo de fraternidad misionera y solidaridad en un contexto de inestabilidad sociopolítica”. (Su misión, porque Faccin era un hermano religioso, pero con un corazón de padre). 

Me resulta difícil hablar de la vida de estas grandes figuras en 30 minutos… Son cuatro y cada detalle o aspecto de sus vidas merece una atención particular para conocerlos, descubrir su riqueza, su grandeza, su profundidad y su santidad, para amarlos. Me limitaré solo a subrayar algunos aspectos comunes y algunas características personales de cada uno. Existe un libro bien hecho sobre sus vidas, que se vende afuera, para profundizar en sus figuras…

Desarrollaré cuatro puntos: sus vidas, su misión, los desafíos pastorales y el significado de su beatificación para nosotros.

Sus vidas

Lugar de nacimiento: El padre Joubert nació el 21 de noviembre de 1908, Giovanni Didonè en 1930, Luigi Carrara el 3 de marzo de 1933 y Vittorio Faccin el 7 de enero de 1934.

Familias numerosas: Joubert era el 9° de 10 hijos, Didonè el 4° de 11, Luigi el 7° de 11 y V. Faccin el 3° de 6.

Familias cristianas: Los cuatro nacieron en familias cristianas, recibiendo una educación religiosa desde una edad temprana, donde se daba importancia a la oración y los padres valoraban mucho la transmisión de la fe a sus hijos. Este ambiente familiar religioso marcó su infancia, su crecimiento y sus futuras decisiones de vida…

Familias modestas: Los tres Xaverianos provenían de familias modestas, y el padre Joubert de una familia no rica, aunque podríamos decir con un nivel de vida superior al de los otros…

Origen europeo: Los tres Xaverianos eran de pura ascendencia europea, es decir, italiana, pero Joubert actúa como un puente, siendo de origen europeo y africano… franco-congoleño (su padre era francés y su madre congoleña, lo cual ya dice mucho, con una interesante historia familiar gracias a su padre, Kapiteni Léopold-Louis Joubert, quien trabajó durante 10 años en Francia e Italia como suboficial en el cuerpo de guardias pontificios. Luego se unió al arzobispo de Argel, monseñor Charles Lavigerie, quien necesitaba soldados para defender a los misioneros, de quienes fue fundador de los Padres Blancos. Más tarde, colaboró con esos mismos misioneros como catequista, maestro, enfermero atento a los pobres y enfermos. Adquirió la ciudadanía congoleña y pudo casarse con una congoleña, algo que en ese momento no estaba permitido).

Capacidad intelectual media: Ninguno de ellos brillaba en la escuela, y encontraban dificultades en algunas materias. Luigi Carrara, debido a las dificultades escolares, quiso renunciar a ser sacerdote y quedarse como hermano misionero, pero fue animado por sus superiores a continuar con su sueño. Sin embargo, a Vittorio Faccin le desaconsejaron convertirse en sacerdote debido a su nivel intelectual… Tampoco Didonè y Joubert eran estudiantes brillantes.

Vocación: Desde una edad temprana nació en ellos el deseo de servir al Señor: Didonè a los 11 años, Joubert a los 12 años entró al seminario, Luigi a los 14 años y Faccin a los 15 años.

Un detalle particular sobre Luigi Carrara: a los 18 meses de nacido, cayó gravemente enfermo de neumonía, los padres y vecinos ya habían perdido la esperanza… La madre lo envolvió con el vestido blanco del bautismo, pidiendo al Señor que lo salvara, y si lo salvaba, sería todo para el Señor y no para ella. El voto de la madre se cumplió después.

Devoción mariana: En su camino se ve claramente la devoción a la Virgen María, especialmente en Didonè, quien se consagró a ella el día de Navidad de 1952, diciendo que “solo con ella se puede caminar”.

El martirio en perspectiva: En su camino vieron la cruz en el horizonte, estaban convencidos de que al convertirse en misioneros, el martirio no estaba excluido de su camino. Algunos incluso lo pidieron. Desarrollaron esta conciencia y se volvieron muy conscientes de ella una vez en misión, durante la situación de inestabilidad en la que vivían.

Luigi Carrara no tenía miedo de la muerte porque, según él, podría morir en Italia o en el Congo, y cuando fue destinado al Congo, su madre le dijo que no lo volvería a ver.

G. Didonè estaba casi convencido de que en algún momento de su vida encontraría la cruz. En su ordenación pidió el don del martirio. En su primera misa le tomaron una foto mientras saludaba a su párroco; le regaló esta foto con estas palabras antes de partir en misión: “El hijo al padre: Señor, no soy digno. ¡Qué honor para mí ahora y para ti un mañana no lejano cuando sepas de mi martirio!”.

V. Faccin, cuando el Superior le pidió que se hiciera hermano y no sacerdote con la profesión perpetua, dijo: “Como víctima de salvación por las almas, es mejor que yo sea sacrificado a Él que que Él se inmole en mis manos”.

En su carta a la familia del 25/05/1964, Faccin escribe: “Por todas las noticias que oirán en la radio y en otros documentos escritos, no lloren por nosotros; recuérdennos en la oración para que Dios sea glorificado y nos dé la fuerza para testimoniar su gloria”.

Misión

Antes de hablar de su ministerio misionero, es mejor recordar el contexto en el que lo ejercieron:

Estábamos en los inicios de la evangelización en esta parte del país, por lo que se trataba del anuncio primario por excelencia, con todos los desafíos que ello conlleva. También estábamos al amanecer de la independencia de nuestro país, donde había un cierto sentimiento antioccidental y donde fácilmente se identificaba a los misioneros con los colonizadores.

Además, había un contexto de inestabilidad política con la rebelión mulelista de inspiración marxista, de origen ruso y chino. Un comunismo ateo: el odio hacia los cristianos o hacia la fe o la religión cristiana. Más de 200 misioneros fueron asesinados en ese período: oblatas, maristas, padres blancos, pasionistas, sacerdotes del Sagrado Corazón, pequeños Hermanos de Jesús, combonianos, dominicos, seminaristas… murieron por odio a la fe.

En esa época no existían las facilidades que tenemos hoy (comunicación, internet, electricidad, competencias en algunos sectores… pero las carreteras eran relativamente mejores que hoy). El misionero era un hombre polivalente, capaz de adaptarse a cualquier situación…

Al hablar de su ministerio misionero, subrayo los siguientes puntos que para ellos eran prioritarios:

Primera evangelización: Estaban en el contexto de la primera evangelización; por lo tanto, la prioridad se daba al kerygma y a la preparación para los sacramentos de iniciación cristiana (bautismo, primera comunión, confirmación).

Atención a los jóvenes: Una atención particular, o mejor aún, una pasión por los niños y jóvenes: educación y orientación juvenil. Vittorio era el capellán de los Xaveri de toda la zona de Ubembe, y siempre estaba entre ellos. Lo mismo ocurría con el padre Joubert, quien siempre estaba con los jóvenes utilizando su talento musical. Era maestro y fundador de varias escuelas donde fue enviado… Los cuatro estaban convencidos de que para elevar el nivel y garantizar un mejor futuro para estos jóvenes era necesario promover la educación.

Pastoral del fútbol: El padre Luigi (un buen árbitro) y Didonè utilizaban el fútbol para alcanzar y reunir a los jóvenes. Didonè decía que era necesario “partir de la amistad”.

Pastoral de presencia y cercanía: Visitas a los enfermos, a las comunidades distantes… Numerosos safaris hacia comunidades que pasaban uno o dos años sin ver a un sacerdote.

Promoción de la devoción a la Virgen María: Organizaban peregrinaciones marianas.

Devoción al Santísimo Sacramento.

En resumen, puedo decir que eran misioneros o apóstoles celosos, incansables e itinerantes:

Giovanni Didonè, gracias a su celo misionero, era apodado “Apungu”, que significa en kibembe “enviado de Dios”. Una de sus afirmaciones lo demuestra claramente: “Mientras haya bien que hacer y tengamos fuerzas, no nos detendremos”.

Otra frase que muestra su amor por la Iglesia: “Hacer el menor daño posible a la Iglesia de Jesús”, dijo G. Didonè.

Joubert, en 29 años de ministerio, recorrió tres diócesis actuales (Kalemie, Kasongo y Uvira): Kasongo, Lusaka, Kala, Lusaka, Moyo, Kabambare, Kibangula, Mungombe, Kibanga y Fizi, su última misión…

V. Faccin: los "Xaveri", la construcción de las escuelas, la iglesia de Baraka, el presbiterio, la catequesis… decía: “África necesita ser amada”.

No eran perezosos: habían perdido peso porque siempre estaban trabajando, a veces solo comían una vez al día. “Cuando se está con Dios, todo siempre va bien”, decía L. Carrara.

Desafíos misioneros

Desafíos lingüísticos: Todavía estaban al inicio de su misión, con apenas dos o tres años en el Congo, y aún estaban aprendiendo swahili… pero esto no fue un obstáculo para ellos.

Ministerio en situaciones de incertidumbre: Sin saber qué depararía el futuro, planificaban actividades pastorales, safaris, y continuaban la construcción de iglesias y escuelas. Esperaban contra toda esperanza, con una esperanza a prueba de todo.

Sospechas: Se sospechaba que eran espías o que se comunicaban con el gobierno central. En consecuencia, fueron interrogados en varias ocasiones, su casa fue requisada… como si eso no fuera suficiente, también fueron encarcelados, algunos fueron llevados hasta la prisión central de Bukavu.

Episodios de apostasía de algunos de sus bautizados: Abedi Masanga, quien los mató, es un ejemplo de ello.

Desánimo y pérdida de peso debido al trabajo…

Crecida de las aguas del lago Tanganica: A menudo retrasaba el transporte de materiales de construcción. No es un fenómeno nuevo.

A pesar de ser conscientes del peligro que les esperaba, decidieron quedarse entre el pueblo al que el Señor los había enviado. Su misión y ministerio consistían en “estar con”. Solo quien ama puede “estar con”.

El padre Didonè, en su carta a su catequista Raphael Pupu, dice: “No piensen que los padres volverán a casa. Ténganlo bien claro: antes que regresar a casa, los padres prefieren morir en su misión”.

En nuestras Constituciones, número 14, nuestro Fundador, San Guido María Conforti, escribe: “En nuestra acción apostólica seguimos el camino recorrido por Cristo en su Encarnación. Esto requiere una atención constante a la complejidad de las situaciones en las que operamos, junto con una disposición de espíritu y corazón para adaptar nuestra acción a las diversas necesidades de los tiempos y lugares. En particular, esto requiere una comunión de vida y destino con los hermanos a quienes somos enviados, hasta compartir sus problemas y su camino de liberación”.

Mientras todos los demás huían (misioneros protestantes, comerciantes europeos, funcionarios del Estado…), ellos eligieron quedarse con el pueblo. Como dice San Juan Crisóstomo: “Las ovejas que no hayas llevado sobre tus hombros, las llevarás sobre tu conciencia”.

Por esta razón son llamados “Mártires de la fraternidad”.

Luigi, sabiendo que su hermano Vittorio se había quedado solo en Baraka, fue a hacerle compañía, para que también pudiera garantizar la celebración de la misa y los sacramentos. El padre Joubert, tras su liberación junto con su compañero, el padre Thomas Maliyabwana, prefirió quedarse con G. Didonè para apoyarlo y hacerle compañía. “Tendremos una buena compañía”, dijo Didonè.

Dieron prueba de la misma fraternidad incluso durante su muerte: Luigi prefirió morir junto a Faccin, Joubert murió junto a G. Didonè.

El significado de su beatificación

La beatificación del padre Joubert y sus compañeros es un evento muy importante y significativo para la Iglesia universal en general y, en particular, para la Iglesia del Congo, específicamente de Uvira. Cabe destacar que será la segunda vez que un evento de esta magnitud tenga lugar en nuestro país. La primera fue la de la hermana Anuarite Nengapeta en 1985, beatificada por el Papa San Juan Pablo II en Kinshasa.

Este es verdaderamente un momento de gracia y bendición para nuestra Iglesia. Es una gracia y un honor tener beatos que han dedicado su vida por nosotros hasta la muerte. Son nuestros intercesores, protectores y ancestros en la fe.

El 11 de noviembre de 1966, monseñor Catarzi, al encontrarse con el Papa Pablo VI, este último le dirigió las siguientes palabras sobre el asesinato de sus compañeros: “¡Son sus mártires! ¿No lo creen? Conserven su memoria, veneren sus reliquias”.

Memoria histórica: Esta beatificación nos recuerda la historia de nuestro país, que desde su independencia ha estado casi siempre marcada por momentos de inestabilidad y guerras, y aún hoy sigue en busca de una paz duradera.

El martirio es la expresión más elocuente del testimonio y de la vida cristiana de fidelidad a Cristo. Los cuatro futuros beatos son ejemplos a seguir: de fraternidad, solidaridad, amor al prójimo y entrega de sí mismos. Este evento no puede quedar en el olvido, como una carta muerta o un pasado olvidado, sino que debe enriquecer nuestras vidas como personas, como comunidades cristianas, como diócesis, como Iglesia del Congo y como Iglesia universal. Es fácil hablar de los santos, pero más difícil es imitarlos.

Esta beatificación, de un modo u otro, expresa o debería expresar la madurez y el carácter misionero de la Iglesia local. No es cualquier diócesis la que tiene un beato o un santo. Uvira tendrá cuatro al mismo tiempo. Madurez en el sentido de Tertuliano: “La sangre de los mártires es semilla de nuevos cristianos”. ¿Cuántas personas había en la diócesis cuando murieron? ¿Cuántos sacerdotes? ¿Cuántas parroquias? ¿Y hoy? Hablo de madurez no solo desde un punto de vista demográfico, sino también, y sobre todo, desde un punto de vista espiritual, misionero y de compromiso cristiano. Una Iglesia en misión. Su beatificación es un impulso para la misión en las periferias geográficas y existenciales de nuestra diócesis, de nuestro país y del mundo.

Conclusión

La historia que atraviesa nuestro país, desde los tiempos coloniales hasta hoy, es una historia triste. El país sigue siendo saqueado, la sangre de los inocentes sigue corriendo por nuestra tierra. Parece que caminamos en la oscuridad. De esta historia oscura, Dios escribe derecho en líneas torcidas. Como dice el salmista: “Aun las tinieblas no son oscuras para ti, y la noche brilla como el día” (Salmo 138, 12).

En Fizi, la lámpara que siguió brillando hasta la mañana junto a los cuerpos del padre Joubert y el padre Didonè es muy simbólica: la luz es más fuerte que las tinieblas, el amor es más grande que el odio.

Para nuestros cuatro futuros beatos:

“No les quitaron la vida. Ya la habían entregado”.

Referencias:

  • Lisa Zuccarini, “Heureux êtes-vous” - Vida y pensamientos de Faccin, Carrara, Didonè y Joubert, mártires en el Congo. Ediciones Misioneros Xaverianos CDSR Roma 2024.
  • Folleto Tala et Kopo.
  • Archivos xaverianos.
Fabien Kalehezo sx
5 Septembre 2024
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