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Un missionario al di là dei confini

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«Nell’omelia pronunciata a Manila il 29 novembre 1970, san Paolo VI affermò: “Non sarei mai venuto da Roma fino a questo Paese estremamente lontano, se non fossi fermissimamente persua­so di due cose fondamentali: la prima, di Cristo; la seconda, della vostra salvezza”. E aggiunse: “Quanto più è lontana la meta, quanto più difficile è la mia missione, tanto più urgente è”. Queste stesse parole le avrebbe potute pronunciare san Francisco Xavier» (Nuno Da Silva Gonçalves).

Per lui il mondo non era abbastanza. Ha cercato instancabilmente nuove frontiere, ha continuato a “spingere” i confini (usando vari mezzi possibili) per andare sempre oltre, per aiutare sempre più persone ad incontrare Dio. Quando tra di noi si osserva un allentamento dell'entusiasmo e dello zelo per la missione, Xavier continua a ispirarci al magis: a dare di più, ad essere di più! Nella sua vita, si vede sempre presente il desiderio di un servizio più grande, nonché la lettura delle mozioni interiori come criterio di discernimento delle decisioni da prendere.

Come missionario, Xavier si sentiva innanzitutto uno strumento nelle mani di Dio, disponibile a Dio e alla sua missione. Nel 1541 partì dal Portogallo – dove era stato inviato da san Ignazio su richiesta del re Giovanni III – alla volta dell’Oriente. La sua disponibilità derivava dal suo distacco dai propri sogni e idee, e dall'essere pronto ad accettare i sogni di Dio per lui. Una persona della qualità di Francisco Xavier sarebbe stata una risorsa indispensabile per sant'Ignazio, a Roma. Eppure, Xavier si rende superfluo e disponibile per la missione nel giorno del suo 35esimo compleanno, il 7 aprile del 1541, senza quasi nessun addio ai suoi cari, che non avrebbe più rivisto. Quando pensiamo a noi stessi oggi come indispensabili, aggrappandoci ai nostri sogni, alle nostre idee e ai nostri programmi, Xavier ci ispira a fare un salto nelle mani di Dio e ad accogliere i sogni di Dio per noi. Infatti, «che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la sua anima?» (Mt 16,26). Questo avvertimento di Gesù rivolto da Ignazio di Loyola entra poco alla volta nel cuore di Francisco Xavier e vi si imprimerà profondamente, facendo di lui uno dei più grandi santi della storia della Chiesa e il Patrono delle missioni.

Xavier era convinto di non essere solo in questa missione e che la sua storia fosse parte di una narrazione più ampia. Sapeva di essere solo una scintilla di un fuoco più grande acceso da Cristo stesso, al quale – come discepolo – si afferrava appassionatamente! “Il vero missionario non smette mai di essere discepolo, sa che Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui” (EG 266). Quando oggi ci sentiamo delusi e soli nei nostri sforzi, o quando diventiamo molto individualisti nel nostro modo di lavorare, ricordiamoci che non siamo soli in questo servizio, né siamo storie isolate; siamo parte di una grande narrazione che Dio stesso sta operando nel mondo.

In occasione della festa di San Francisco Xavier, segnaliamo anche questo articolo di Nuno Da Silva Gonçalves, pubblicato su: “La Civiltà Cattolica III 2019 – 4061” e disponibile sul sito della Università Gregoriana. In esso, si prendono in considerazione diversi scritti del Xavier e si indicano alcuni tratti della sua spiritualità missionaria. L’articolo evidenzia anche la attenzione di Francisco Xavier alle circostanze, quando si tratta di delineare il profilo dei missionari da inviare nelle diverse regioni. Il ritratto del missionario ideale cambia chiaramente a secon­da delle regioni a cui Xavier si riferisce.

Nel giorno in cui lo ricordiamo, San Francisco Xavier ci inspiri ricordandoci che “la partenza missionaria è il paradigma di tutta l’opera della Chiesa” (EG15).

San Francisco Xavier, prega per noi, ed ottienici dal Signore il coraggio di vivere pienamente la nostra vocazione saveriana.


A missionary beyond frontiers 

«In the homily he delivered in Manila on November 29th 1970, St Paul VI stated: “I would never have come from Rome to this far-distant land, unless I had been most firmly convinced of two fundamental things: first, of Christ; and second, of your salvation.” He then added: “The more distant the goal, the more difficult my mission the more pressing is the love that urges me to it.” These same words could have been uttered by St Francis Xavier» (Nuno Da Silva Gonçalves).

Xavier never had enough of the world. He relentlessly searched for new frontiers, he kept “pushing” borders (by using various possible means) in order to go beyond and help more and more people meet God. Whenever we detect that enthusiasm and missionary zeal are waning in our midst, Xavier continues inspiring to magis – to give more and become more what we are called to be. One can see in Xavier’s life a constant desire to offer a greater service, and the habit of viewing his own interior movements (mociones) as criterion for discerning the decisions to be made.

As a Missionary, Xavier considered himself to be, first of all, an instrument in God’s hands, at God’s disposal for His mission. In 1541, from Portugal, where he had been sent by St Ignatius at the behest of King John III, he set out on a journey towards the Orient. His availability was a consequence of detachment from personal aspirations and ideas; it resulted from his being ready to accept God’s aspirations about him. A valuable person like Francis Xavier would have been a precious resource for St Ignatius in Rome, but Xavier played down his contribution and, in the very day of his 35th birthday, on April 7th 1541, made himself available for the mission. He left after bidding a quick farewell to his beloved ones, whom he would have never seen again. Today, whenever we consider ourselves indispensable and cling to our dreams, ideas and plans, Xavier inspires us to jump on God’s hands and welcome God’s dreams about us. After all, «What will it profit a man to gain the whole world, and lose his own soul?» (Mathew 16: 26). Little by little, this warning by Jesus, which Ignatius of Loyola had reminded him, made its way in Francis Xavier’s heart, where it would leave a deep impression, to the point of making of him one of the greatest saints in the history of the Church and Patron saint of missions.

Xavier was convinced that he was not alone in this mission and that his own story was part of much greater narrative. He knew he was but a spark of a greater fire lit by Christ Himself – to Him he would cling passionately as a disciple! “A true missionary, who never ceases to be a disciple, knows that Jesus walks with him, speaks to him, breathes with him, works with him” (Evangelii Gaudium 266). Today, whenever we feel disappointed and alone in our efforts, or when our working style becomes very individualistic, let us remember that we are not alone in this service and that we are not isolated stories. We are part of a greater plan which God Himself is carrying out in the world.  

On the occasion of St Francis Xavier’s feast day, we suggest the following article by Nuno Da Silva Gonçalves, published in La Civiltà Cattolica III: 2019-4061, and available on the website of the Gregorian University. This article draws upon several of Xavier’s own writings and underscores some traits of his missionary spirituality. Moreover, it highlights Francis Xavier’s attention to local circumstances when selecting the profile of new missionaries to be sent to different regions: clearly the portrait of the ideal missionary changes according to the region which Xavier is referring to.

In the day when we remember him, may St Francis Xavier inspire us and remind us that “missionary outreach is paradigmatic for all the Church’s activity” (Evangelii Gaudium 15).

St Francis Xavier, pray for us and obtain for us the Lord’s gift of courage to live out our Xaverian vocation to the full. 


Un misionero más allá de las fronteras

“En la homilía que pronunció en Manila el 29 de noviembre de 1970, San Pablo VI dijo: “Nunca habría venido de Roma a este país tan lejano, si no hubiera estado firmemente convencido de dos cosas fundamentales: la primera, de Cristo; la segunda, de vuestra salvación”. Y añadió: “Cuanto más lejana es la meta, cuanto más difícil es mi misión, tanto más es urgente”. Estas mismas palabras podrían haber sido pronunciadas por San Francisco Javier (Nuno Da Silva Gonçalves).

Para él, el mundo no era suficiente. Buscó incansablemente nuevas fronteras, persistió en “empujar” los confines (utilizando diversos medios posibles) para ir siempre más allá, para ayudar a más y más personas a encontrar a Dios. Cuando el entusiasmo y el celo por la misión decaen entre nosotros, Javier continúa guiándonos hacia el magis: ¡a dar más, a ser más! En su vida, se puede ver siempre presente el deseo de un servicio más grande, que se une a la lectura de las mociones interiores como criterio para discernir las decisiones a tomar.

Como misionero, Javier se sentía sobre todo un instrumento en manos de Dios, disponible para Dios y su misión. En 1541 dejó Portugal – donde había sido enviado por San Ignacio a petición del rey Juan III – para dirigirse a Oriente. Esta disponibilidad se debe a su desprendimiento de los propios sueños e ideas, y a su disposición a aceptar los sueños que Dios tenía para él. Una persona de la calidad de Francisco Javier habría sido un recurso indispensable para San Ignacio en Roma. Y, sin embargo, Javier se hizo superfluo y disponible para la misión el día que cumplía 35 años, el 7 de abril de 1541, sin despedirse de sus seres queridos, a los que no volvería a ver. Cuando hoy nos consideramos indispensables, aferrados a nuestros sueños, ideas y planes, Javier nos inspira a dar un salto en las manos de Dios y acoger los sueños que Dios tiene para nosotros. En efecto, “¿de qué le sirve al hombre ganar el mundo entero, si luego pierde su alma?” (Mt 16,26). Esta advertencia de Jesús, aconsejada por Ignacio de Loyola, fue entrando poco a poco en el corazón de Francisco Javier y quedó profundamente arraigada en él. Esto le convirtió en uno de los mayores santos de la historia de la Iglesia y en el Patrón de las misiones.

Javier estaba convencido de que no estaba solo en esta misión y que su historia formaba parte de un relato más amplio. Sabía que no era más que una chispa de un fuego mayor encendido por el mismo Cristo, al que – como discípulo – se aferraba ¡apasionadamente! “El verdadero misionero nunca deja de ser discípulo, sabe que Jesús camina con él, habla con él, respira con él, trabaja con él” (EG 266). Cuando hoy nos sentimos decepcionados y solos en nuestros esfuerzos, o cuando nos volvemos muy individualistas en nuestra forma de trabajar, recordemos que no estamos solos en este servicio, ni somos historias aisladas; somos parte de una gran narrativa que Dios mismo está llevando a cabo en el mundo.

Con motivo de la fiesta de San Francisco Javier, señalamos también este artículo de Nuno Da Silva Gonçalves, publicado en: “La Civiltà Cattolica III 2019 – 4061” y disponible en la web de la Universidad Gregoriana. En él se examinan varios escritos de Javier y se indican algunos rasgos de su espiritualidad misionera. El artículo destaca también la atención de Francisco Javier a las circunstancias a la hora de delinear el perfil de los misioneros que se enviarían a las diferentes regiones. El retrato del misionero ideal cambia claramente según las regiones a las que Javier se refiere.  

Que en el día que lo recordamos, San Francisco Javier nos inspire recordando que “la salida misionera es el paradigma de toda obra de la Iglesia” (EG15).

San Francisco Javier, ruega por nosotros, y alcánzanos del Señor el valor de vivir plenamente nuestra vocación javeriana.


Un missionnaire au-delà des frontières

« Dans son homélie prononcée à Manille le 29 novembre 1970, saint Paul VI disait : « Je ne serais jamais venu de Rome jusque dans ce pays extrêmement lointain si je n'étais convaincu fermement de deux choses fondamentales : la première, du Christ; et la seconde, de votre salut.» Et il ajouta : « Plus le but est loin, plus ma mission est difficile, plus elle est impérieuse. Ces mêmes mots auraient pu être prononcés par saint François Xavier.» (Nuno Da Silva Gonçalves)

Pour saint François Xavier, le monde ne suffisait pas. Il a inlassablement cherché de nouvelles frontières, il a continué à “repousser” les limites, les barrières (par divers moyens possibles) pour aller toujours plus loin, pour aider de plus en plus de personnes à rencontrer Dieu. Lorsque parmi nous on observe un relâchement, une perte de l'enthousiasme ou du zèle pour la mission, saint François Xavier continue à nous inspirer et à nous parler du magis : donner plus, aller encore plus loin ! Dans sa vie, on peut noter et remarquer le désir d'un plus grand service qui est toujours présent, le discernement des décisions à prendre à travers la lecture des impulsions et des mouvements intérieurs.

En tant que missionnaire, saint François Xavier se sentait, avant tout, comme un instrument entre les mains de Dieu, un instrument à la disposition de la mission de Dieu. C’est ainsi qu’en 1541, il quitta, sa terre, le Portugal - où il avait été envoyé par saint Ignace à la demande du roi Jean III - pour l'Orient. Sa volonté émanait de son détachement, de la distance qu’il mettait entre lui-même et ses propres rêves et idées, de sa disposition à accepter les rêves de Dieu pour lui. Une personne de qualité comme François Xavier aurait été d’une importance capitale et d’une ressource indispensable pour saint Ignace à Rome. Pourtant, Xavier se rend superflu, dispensable et disponible pour la mission. C’est ainsi que le 7 avril 1541, le jour même de son 35ème anniversaire, sans aucun adieu à ses proches qu'il ne reverra peut-être plus jamais, il quitta le Portugal. Quand nous nous considérons aujourd'hui comme indispensables, incontournables et recroquevillés à nos rêves, à nos idées et à nos projets; Xavier nous inspire à faire un saut de qualité dans les mains de Dieu et à nous ouvrir aux rêves de Dieu pour nous. En effet, il est écrit dans l’Évangile de Saint Matthieu, « que servirait-il à un homme de gagner tout le monde, s’il perdait son âme ? » (Mt 16:26). Cet avertissement de Jésus adressé par Ignace de Loyola entrera peu à peu dans le cœur de saint François Xavier et y restera profondément gravé. Ceci fera de lui l'un des plus grands saints de l'histoire de l'Église et le saint patron des missions.

Saint François Xavier était convaincu qu'il n'était jamais seul dans cette mission et que son histoire faisait partie d'un récit plus grandiose, plus ample. Il savait qu'il n'était qu'une étincelle d'un feu plus grand allumé par le Christ lui-même. « Le vrai missionnaire ne cesse jamais d'être disciple. Il sait que Jésus marche avec lui, parle avec lui, respire avec lui, travaille avec lui » (EG 266). Lorsqu'aujourd'hui nous nous sentons déçus et esseulés dans nos efforts, lorsque nous devenons très individualistes dans notre façon de travailler, rappelons-nous que nous ne sommes pas seuls dans ce service, moins encore des histoires isolées, mais par contre que nous faisons partie d'un grand récit dans ce monde que Dieu lui-même en est l’auteur.

A l'occasion de la fête de saint François Xavier, nous signalons également cet article de Nuno Da Silva Gonçalves, paru dans la revue : "La Civiltà Cattolica III 2019 - 4061" et qui est disponible sur le site de l'Université Grégorienne.

Dans ce dernier, sont pris en considération divers écrits de saint François Xavier et certains traits de sa spiritualité missionnaire sont ébauchés. L'article souligne également l'attention de saint François Xavier aux circonstances, lorsqu'il s'agit de dresser le profil des missionnaires à envoyer dans les différentes régions. Le portrait du missionnaire idéal change nettement selon les régions auxquelles Xavier se réfère.

En ce jour où nous le commémorons, saint François Xavier nous inspire en nous rappelant que « le départ missionnaire est le paradigme de toute l'œuvre de l'Église » (EG15). Saint François Xavier, priez pour nous et obtenez-nous du Seigneur le courage de vivre in extenso et pleinement notre vocation xavérienne.

DG
01 Dicembre 2021
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