Skip to main content

Conversione Missionaria

1110/500

La consacrazione

Venerdì 29 luglio 2022, Giomar Henrique Clemente s.x. ha emesso la Professione Perpetua nella parrocchia di "Nossa Senhora Aparecida", a São Gabriel da Cachoeira (Amazonas), sua terra natale. Già dal noviziato era chiara ed esplicita la sua volontà di essere membro della Famiglia saveriana esercitando “ministeri non ordinati” (C 70). Ad alta voce, voglio dirgli: GRAZIE!
So che ha resistito anche a proposte di clericalizzazione: perché non prete? Grazie anche per questa sua perseveranza che ci riporta al cuore della nostra Famiglia missionaria: «Uomini chiamati a consacrare a Dio la loro vita per lo stesso ideale». L’ideale di San Guido Maria Conforti, il Fondatore[1].

Evangelizzare con la vita

L’idea di scrivere mi è venuta ascoltando la penultima meditazione del ritiro in Casa Madre di p. Gabriele Ferrari s.x. (Quaresima 2022) che ha concluso testualmente:

«Il nostro modo di vivere è già il vangelo che noi portiamo. In questo senso il nostro fondatore è stato molto anticipatore, molto, quando lui ha insistito perdendoci 16 anni di attese perché le costituzioni permettessero ai saveriani di fare i voti di castità. povertà e obbedienza. Perché lo ha fatto? Perché si è incaponito così? Perché per lui la vita consacrata doveva essere il messaggio che portavamo non che tutti si facessero frati, ma che fosse visibile il messaggio evangelico fosse incarnato nella vita dei missionari; Poi noi missionari saveriani abbiamo fatto quello che potevamo.  Pazienza. Quella è l’intuizione del nostro fondatore, quella è la grandezza, secondo me, del nostro fondatore, ha capito che la missione ha un contenuto esistenziale nella persona di colui che annuncia. Non nel libro. É la vita che deve dirlo: questo è il messaggio evangelico. Dovremmo poterlo dire»[2].

Queste parole mi hanno riportato alle riflessioni che la nostra Famiglia sta facendo sulla identità. Rileggendo con attenzione i testi, mi è sembrato che la COSUMA 2021 abbia svolto solo la prima parte del tema affidatogli dalla Direzione generale. Lo dico con timore e tremore e chiedendo perdono alla Famiglia tutta.

La Direzione Generale aveva assegnato il tema:

«L’ Ad Gentes (‘non cristiani’) come sfida e impegno identitario del saveriano: chiamato ad una risposta qualificata, come singolo e come Famiglia, oggi».

La COSUMA ha risposto perfettamente alla prima parte del compito, affermando:

«L’Ad Gentes come sfida e impegno identitario del saveriano».

Se confrontiamo le due affermazioni, notiamo che il titolo del documento finale riprende solo la prima parte del tema assegnato: “impegno identitario”. Rimane la domanda: quale è la nostra “risposta qualificata”?

Mi par di ricordare che p. Lino Ballarin s.x. nella sua tesi elenca 15 istituzioni missionarie nate nel 1800, tutte con la qualifica di “ad Gentes”[3]. Mi pare dunque giusta la domanda: vi è qualcosa fra queste che qualifichi i saveriani? Vi è qualche nota che ci identifichi fra tutti i gruppi che possono dirsi “ad gentes”? Una qualifica: “Risposta qualificata”!

Un fatto storico e documentato ci può aiutare. L’Istituto milanese di San Calogero e l’Istituto romano di San Pietro e Paolo, si sono potuti unire e formare il PIME (1926). Tutti e due gli istituti avevano come “impegno identitario” la missione “ad gentes”. L’Istituto Saveriano Missioni Estere, nonostante ripetuti tentativi, negli anni 1904 e più tardi negli anni 1920, anche se anch’esso qualificato dalla “ad Gentes”, non si è potuto unire a questi Istituti[4]. Non sono anche i saveriani “ad gentes”? In che cosa si qualificano? Certamente non per il sacerdozio. Il Fondatore lo dice espressamente, e lo ripete più volte, si differenziano per la consacrazione che si esprime non solo con i tre voti classici, ma con un voto in più: la “ad gentes” vissuta come consacrazione.

Le costituzioni del 1983 (C) hanno interpretato perfettamente il pensiero confortiano e accentuata questa marca identitaria. È significativo che nel capitolo sulla formazione non si parla mai di sacerdozio ma di itinerario verso la professione perpetua. Solo dopo troviamo un numero (70) sulla “preparazione ai ministeri”.

I saveriani sono definiti come

«Uomini chiamati a consacrare a Dio la loro vita per lo stesso ideale del Fondatore» ossia «donarsi per l’evangelizzazione dei non cristiani» (C 1).

Appartengono alla famiglia saveriana

«Con il voto di missione e la professione dei consigli evangelici» (C 5).

Evangelizzano, certo, con la parola e con la vita, ma

«In particolare con la testimonianza della nostra consacrazione religiosa» (C 12).

Dunque…

«La vita apostolica e la vita religiosa sono per noi un carisma unico e inscindibile» (C 18)[5].

Finalmente:

«Con la professione perpetua ci mettiamo definitivamente alla sequela di Cristo per l’annuncio del vangelo ai non cristiani nella famiglia saveriana» (C 69).

Ma non è la donazione definitiva perché, per il consacrato a Dio per l’evangelizzazione dei non cristiani, la morte è il «gesto supremo di “dare la vita” per il Vangelo» (C 51).

Ritorniamo così alla classica risposta del Fondatore al Cardinal Domenico Serafini prefetto di Propaganda Fide:

«Il distacco da ogni cosa della terra e il sacrificio totale e irrevocabile di tutta la vita per la più grande e santa delle cause possano meglio contribuire al trionfo della medesima»[6].

Vivere la vita cristiana con l’impegno dei voti è, per Conforti, «santa follia della croce tradotta nella pratica costante della vita»[7]. La follia della missione diventa voto e il voto nella spiritualità del Conforti è “consacrazione” che si traduce in termini come “dono totale”, “sacrificio”, “offerta”, “abbandono”, “immolazione”, “vittima volontaria”, “olocausto”… In altre parole, il saveriano è chiamato ad essere “vittima volontaria”[8] sempre “pronto ad immolarsi”[9]. San Guido non ha paura di dire a chi sta partendo per la Cina: «Vi si schiude innanzi anche la prospettiva del martirio»[10].

Si tratta di avere Cristo dinnanzi agli occhi, sempre[11], appassionatamente tanto da dare tutto per fare della famiglia umana una famiglia cristiana. Tutto! Nella Lettera Testamento la parola ‘tutto’ appare una quindicina di volte. Tutto, cioè consacrarci al Dio per la “causa”.

COME CRISTO!

San Guido è esplicito e ripetitivo su questo: Stessa missione, stesso metodo!

«Egli rivolge a voi quelle parole che diciannove secoli or sono rivolgeva agli Apostoli ed alle turbe a prova della divinità della sua missione: «Quando io sarò innalzato dalla terra, sopra la croce, attirerò a me tutte le cose». In queste parole è compendiato lo scopo della sua missione ed il segreto delle sue vittorie. E la missione di Cristo è la missione vostra, il segreto delle sue vittorie deve pur essere il segreto dei vostri successi; la croce, il sacrifizio di voi stessi. Gesù Cristo vuole attrarre a sé tutte le genti, perché vuol regnare su tutte le menti con la sua celeste dottrina, su tutti i cuori col suo amore»[12].

Anche il testo giovanneo che il Fondatore propone in questo addio ai partenti (Gv 12,32) è “ripetitivo”. In quella occasione (i greci vogliono vedere Gesù) Cristo aveva parlato di innalzamento sopra la croce[13], di chicco di grano che deve morire, dell’ora che era arrivata, di odio alla vita in questo mondo, di gloria e di servizio (Cfr. Gv 12,20-36). Questa è la missione!

Anche il predicatore della cosiddetta “Lettera agli Ebrei”, lo ripeterà per tre volte: «offrire sé stesso» (Eb 7,27; 9,13-14; 9,25-26). Questo è il sacerdozio missionario.

Gesù è il missionario del Padre, solo Gesù può dire: Il Padre mi ha consacrato e mandato nel mondo (Gv 10,36).

Il sacrificio di sé stesso fa la missione. Il Fondatore dirà che la missione si realizza nel dono totale di sé: «la croce, il sacrificio di sé stessi». E in altra occasione: «Conquistare al Vangelo, non già con la forza delle armi, ma con la persuasione e con l'amore… Guadagnare tutti a Cristo con la forza della persuasione e col fascino della carità»[14]. Insomma: «Dovrete essere missionari prima col fatto e poi con la dottrina»[15] E ancora: «La sua condotta in tutte le contingenze ha da essere una continua predica eloquente dell’eloquenza del fatto»[16] e ogni azione esteriore sia manifestazione – epifania - della «vita interiore di Cristo in noi».

Il nostro modo di vivere è già vangelo. Ce lo ha ricordato p. Gabriele che aggiunge:

«Quella è l’intuizione del nostro fondatore, quella è la grandezza, secondo me, del nostro fondatore, ha capito che la missione ha un contenuto esistenziale nella persona di colui che annuncia». 

Mi piace ricordare il verbo utilizzato da San Guido: attrarre![17] È il verbo che piace ai nostri papi:

«La Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per “attrazione”: come Cristo “attira tutti a sé” con la forza del suo amore, culminato nel sacrificio della Croce, così la Chiesa compie la sua missione nella misura in cui, associata a Cristo, compie ogni sua opera in conformità spirituale e concreta alla carità del suo Signore».[18]

Papa Francesco cita più volte queste parole di Benedetto sia in Evangelii Gaudium (due volte) come nella lettera ai religiosi[19].

È la bellezza del Vangelo che attrae. Francesco dirà parlando del Natale:

«Eppure, il Re dei re viene nel mondo non attirando l’attenzione, ma suscitando una misteriosa attrazione nei cuori di chi sente la dirompente presenza di una novità che sta per cambiare la storia»[20]. 

Questa pare essere la conversione missionaria per Papa Francesco e Papa Benedetto:

«Favorire la conversione missionaria della Chiesa che non è proselitismo, ma testimonianza: uscita da sé per annunciare con la vita l’amore gratuito e salvifico di Dio per noi, chiamati tutti a essere fratelli e sorelle».[21]

Crisi di rifondazione

L’insistenza a tutti i livelli sul tema e problema della identità (sfida e impegno!) mi pare suggerisca di superare una crisi valorizzandola per partire verso una rifondazione. Utilizzando il linguaggio di Papa Francesco, si fa urgente una conversione a tutti i livelli dalla conversione teologica alla conversione del papato passando per la “conversione missionaria”[22]. Forse dovremmo proprio ripartire dalla centralità della professione perpetua come consacrazione definitiva a Dio per la missione ovvero “il sacrificio totale e irrevocabile di tutta la vita per la più grande e santa delle cause”. Frequentemente però si ha l’impressione che la professione perpetua sia proposta soltanto come necessità giuridica per accedere al sacerdozio.

Forse dovremmo avere il coraggio di riflettere sulla identità saveriana a partire dai fratelli. Forse questa è la conversione missionaria che è chiesta a noi missionari: partire da quelli che pensavamo secondi.

Mentre faccio queste riflessioni ho la gioia di leggere l’abrogazione del canone 588 c.[23] che vietava ai “fratelli” di assumere nelle comunità religiose cariche di direzione. Nel capitolo speciale[24] del 1983 nell’elaborare e approvare le nuove Costituzioni si è volutamente taciuto il problema per non metterci contro il canone.

Il Fondatore è vissuto in una Chiesa radicalmente clericale, tempo in cui Pio X affermava che «solo nel corpo pastorale risiedono il diritto e l'autorità necessari per promuovere e indirizzare tutti i membri verso le finalità sociali; e che la moltitudine non ha altro dovere che lasciarsi guidare e di seguire, come un docile gregge, i suoi Pastori»[25]. Occorre leggere i testi del Fondatore dentro e oltre le righe. Non dobbiamo mai dimenticare che la nostra Famiglia missionaria non è stata approvata dalla “Congregazione per la disciplina dei regolari”[26]. Era troppo fuori dalla regola!

Per lungo tempo anche nella nostra Famiglia si è accentuata o si poneva come problema la dicotomia Vita Missionaria-Vita religiosa. Dicotomia non risolvibile se contrapponiamo vita missionaria a vita regolare. Mi pare che questo sia stato il problema della prima successione al Fondatore. P. Amatore Dagnino s.x., superiore generale, accentuava la professione dei voti in estrema coerenza con l’insegnamento del Fondatore (e forse con una punta di fondamentalismo); ma, come tutti a quel tempo, continuava a vederli come espressione di disciplina, di ordine, di vita regolare. Drammatica la riunione del consiglio generale (23 novembre 1935, Atti p. 61-62) alla fine del quale p. Bonardi lascia per sempre Parma e il ruolo di formatore per stabilirsi a Roma. In questa seduta del consiglio generale p. Amatore, superiore generale, lamenta la poca disciplina nella comunità della Teologia e propone, per dare un segno forte ai teologi, di rispondere negativamente a tutte le richieste di ammissione agli ordini per quell’anno. Non solo. Addita direttamente p. Giovanni Bonardi s.x., vicario generale e formatore in teologia, come causa di tale situazione.

Appare evidente la diversa comprensione della spiritualità del Fondatore e la limitata conoscenza dei voti come segno di “sacrificio totale e irrevocabile di tutta la vita”. «La missione, alla fin fine, è questo»[27]. Questa è la ragione della irremovibile decisione (“incaponirsi” è il termine usato da p. Gabriele F. nella sua conferenza) del Conforti di volere i voti. P. Giovanni Bonardi s.x., considerava la vita missionaria alla luce della “consacrazione” come aveva appreso da San Guido nei lunghi anni di convivenza con Lui. Diversa teologia dei voti o quanto meno diversa accentuazione: voti come impegni di vita regolare, oppure voti come segno di consacrazione che non esclude la regolarità, ma non la mette al primo posto né come ultimo criterio di giudizio.

“Regolari”. Questa è la terminologia, la definizione e la comprensione della vita religiosa fino al Concilio Vaticano II. Si era dimenticata la dottrina di San Tommaso che il Fondatore cita quattro volte nel n. 2 della lettera Testamento. Conforti era già nella mentalità evangelica della “consacrazione”[28]. «Il sacrificio di sé stesso» fino al martirio «se a questo pure sarete chiamati» (DP 8).

«Il nostro Fondatore (ci ha ricordato ancora p. Gabriele) è stato molto anticipatore, molto… Quella è l’intuizione del nostro fondatore, quella è la grandezza, secondo me, del nostro fondatore, ha capito che la missione ha un contenuto esistenziale nella persona di colui che annuncia».

Per essere missionari e non solo fare i missionari, ci definiamo e tentiamo di vivere come «Uomini chiamati a consacrare a Dio la loro vita per lo stesso ideale del Fondatore» ossia «donarsi per l’evangelizzazione dei non cristiani» (C 1).

P. Alfiero Ceresoli s.x.
Giugno 2022 



[1] Costituzioni Saveriane 1; Cfr. RF 4; 26; 65.
[2] Gabriele Ferrari, Esercizi in casa madre 2022, ottava meditazione (da registrazione You Tube)
[3] Lino Ballarin, L’ANIMA MISSIONARIA DI GUIDO MARIA CONFORTI, tesi di laurea, ISME, Parma 1962.
[4] Già a Mons. Calza, in lettera del 01 luglio 1904, Conforti scriveva: «In quanto poi all'unione dei due Istituti di S. Francesco e di S. Calogero, mi sono pronunciato negativamente non fosse altro, a tacere di tutto il resto, pel fatto che nel primo si emettono voti, mentre nel secondo la semplice promessa di dedicarsi alle Missioni». Il giorno dopo lo scrive al Cardinal Gotti prefetto di Propaganda Fide, con identiche parole (FCT 14º 126-127).
[5] Vedi anche Ratio Missionis Xaveriana (18) e Ratio Formationis Xaverianae (26)
[6] 1916, 5 agosto, Parma in FCT 14 p. 705.
[7] 1921, Vita Nostra IVº 1 in LA PAROLA DEL PADRE P. 93.
[8] Costituzioni del 1921, n. 184
[9] DP 12.
[10] DP 16.
[11] RF 67 = C21 176; LT 7.
[12] 1927, 13 marzo, Parma, Basilica Cattedrale, 16° Discorso ai Partenti, DP 16°, in FCT 0, 110.
[13] “Sopra la croce” non c’è nel testo di Giovanni, è una aggiunta del Conforti.
[14] DP 12; 22.
[15] DP 4
[16] C21 238; RF14.
[17] «Gesù Cristo vuole attrarre a sè tutte le genti, perché vuol regnare su tutte le menti con la sua celeste dottrina, su tutti i cuori col suo amore. E voi siete chiamati ad attrarre attorno al trono ed alla cattedra della sua croce i popoli, perché abbiano a riconoscere il suo dominio, ad accogliere i suoi insegnamenti, a gustare i dolci frutti di quella fratellanza che egli ha suggellata col suo sangue divino». (DP 15).
[18] BENEDETTO XVI. Spianata del Santuario dell'Aparecida, VI Domenica di Pasqua, 13 maggio 2007
[19] EG 14. 131; Lettera ai religiosi del 21 novembre 1914, n. II,1.

Anche il documento finale della COSUMA 2021 ritorna sullo stesso verbo: «non solo di trasmettere il carisma saveriano ma di renderlo attraente attraverso la testimonianza della propria vita missionaria consacrata» (Documento finale 24).
[20] Discorso alla Curia Romana del 23 dicembre 2021.
[21] 12 maggio 2022 messaggio di Papa Francesco alle Pontificie Opere Missionarie.
[22] Costituzione apostolica Praedicate Evangelium n.2 (19 marzo 2022)
[23] RESCRIPTUM EX AUDIENTIA SS.MI: Rescritto del Santo Padre Francesco circa la deroga al can. 588 §2 CIC (18 maggio 2022).
[24] Con la Lettera apostolica Ecclesiae Sanctae (9 agosto 1966) Paolo VI aveva chiesto di celebrare “uno speciale capitolo generale” per riscrivere le costituzioni delle congregazioni e ordini religiosi con l’obbiettivo di “promuovere uno spirito nuovo” nelle linee tracciate dal Concilio Vaticano II (1962 – 1965).  
[25] Pio X in “Vehementer” del 1906.
[26] Questo il nome ufficiale fino a Pio X (1908) quando diventa “Congregazione per i religiosi”. Solo nel 1988 (dopo un concilio e un sinodo!) si comincia a usare “Vita Consacrata”.
[27] Dice la EG al n. 10 «Qui scopriamo un’altra legge profonda della realtà: la vita cresce e matura nella misura in cui la doniamo per la vita degli altri. La missione, alla fin fine è questo» e cita il documento di Aparecida.
[28] Ricordo alcuni passaggi dei Discorsi ai Partenti in cui ritorna la missione come consacrazione:

  • Missione, la causa grande alla quale vi siete consacrati (DP9).
  • È con voi Colui che ha detto nel suo Vangelo: non vogliate temere imperocchè io ho vinto il mondo e sarò con voi sino alla consumazione dei secoli. Tutto questo dilati il vostro cuore e lo confermi nel generoso proposito di consacrarvi per la vita e per la morte alla dilatazione del regno di Dio (DP 10).
  • Vi siete consacrati per la vita e per la morte alla redenzione dei poveri infedeli (DP 12).
  • E lode a voi generosi Missionari, che, compresi dell’importanza e della vastità del problema, avete in cuor vostro proposto di consacrare al trionfo di causa sì bella la vita vostra e la vostra giovinezza con tutte le preziose sue energie (DP16).

Conversão Missionária

A consagração

Hoje 08 de junho de 2022, Giomar Henrique Clemente s.x., nos informa que foi admitido à profissão perpétua. Já desde o noviciado era claro e explícito seu desejo de ser membro da Família Xaveriana exercendo os "ministérios não ordenados" (C 70). Eu quero dizer a ele: OBRIGADO! Um agradecimento alto, quase gritado, cantado se eu tivesse habilidade.

Sei que ele também resistiu às propostas de clericalização: por que não um padre? OBRIGADO também por esta perseverança que (creio) nos remete ao coração da nossa Família missionária: «Homens chamados a consagrar a vida a Deus pelo mesmo ideal». O ideal de São Guido Maria Conforti, o nosso Fundador[1].

Evangelizar com a vida

A ideia de escrever me veio enquanto ouvia a penúltima meditação do retiro na Casa Mãe do pe. Gabriele Ferrari s.x. (Quaresma de 2022) que concluiu textualmente:

«Nosso modo de vida já é o evangelho que carregamos. Nesse sentido, nosso fundador foi muito antecipador, muito, quando insistiu, perdendo 16 anos de espera pelas constituições para permitir que os xaverianos fizessem os votos de castidade, pobreza e obediência. Por que ele fez isso? Por que ele ficou preso assim? Porque para ele a vida consagrada devia ser a mensagem que levamos, não que todos se tornassem frades, mas que a mensagem evangélica fosse visível e encarnada na vida dos missionários. Então nós, missionários xaverianos, fizemos o que pudemos. Paciência. Essa é a intuição do nosso fundador, essa é a grandeza, a meu ver, do nosso fundador. Ele entendeu que a missão tem um conteúdo existencial na pessoa de quem anuncia. Não no livro. É a vida que deve dizê-lo: esta é a mensagem do Evangelho. Devemos ser capazes de dizer isso»[2].

Essas palavras me trouxeram de volta às reflexões que nossa Família está fazendo sobre a identidade. Relendo atentamente os textos, pareceu-me que a COSUMA realizou apenas a primeira parte do tema que lhe foi confiada pela Direção Geral. Digo isso com medo e tremor e pedindo perdão a toda a família.

A Direção Geral tinha atribuído o tema:

«O Ad Gentes (´não-cristão´) como desafio e compromisso identitário do Xaveriano: chamado a uma resposta qualificada, como indivíduo e como Família, hoje».

A COSUMA respondeu perfeitamente à primeira parte da tarefa, afirmando:

«O Ad Gentes como desafio e compromisso identitário do Xaveriano».

Se compararmos as duas afirmações, notamos que o título do documento final ocupa apenas a primeira parte do tema atribuído: “compromisso identitário”. A questão permanece: qual é a nossa “resposta qualificada”?

Parece que me lembro de que Pe. Lino Ballarin s.x. em sua tese lista 15 instituições missionárias nascidas em 1800, todas com a qualificação de "ad Gentes"[3]. A pergunta, portanto, me parece correta: há algo entre elas que qualifique os xaverianos? Existe alguma nota que nos identifique entre todos os grupos que podem ser chamados de "ad gentes"? Uma qualificação: “Resposta qualificada”!

Um fato histórico e documentado pode nos ajudar. O Instituto Milanês de São Calogero e o Instituto Romano de São Pietro e Paolo conseguiram se unir e formar o PIME (1926). Ambos os institutos tinham a missão "ad gentes" como "compromisso identitário". O Instituto Xaveriano das Missões Estrangeiras, apesar das repetidas tentativas, nos anos de 1904 e, posteriormente, na década de 1920, embora também qualificado pelo "ad Gentes", não conseguiu aderir[4]. Não são também os xaverianos "ad gentes"? Para que eles se qualificam? Certamente não para o sacerdócio. O Fundador o diz expressamente, e o repete várias vezes, diferem na consagração que se exprime não só com os três votos clássicos, mas com mais um voto: o "ad gentes" vivido como consagração.

As constituições de 83 (C) interpretaram perfeitamente o pensamento confortiano e acentuaram esse tipo de identidade. É significativo que no capítulo da formação nunca se fale do sacerdócio, mas de um itinerário para a profissão perpétua, só depois encontramos um número (70) sobre a "preparação para os ministérios".

Os xaverianos são definidos como

«homens chamados a consagrar a vida a Deus pelo mesmo ideal do Fundador" que é "doar-se pela evangelização dos não cristãos» (C1).

Um cristão pertence à família xaveriana

«com o voto de missão e a profissão dos conselhos evangélicos» (C5).

Ele evangeliza, é claro, com a sua palavra e com a sua vida, mas

«em particular com o testemunho da nossa consagração religiosa» (C12).

Por isso

«A vida apostólica e a vida religiosa são para nós um carisma único e inseparável» (C18)[5].

Finalmente:

«Com a profissão perpétua, nos colocamos definitivamente no seguimento de Cristo para o anúncio do Evangelho aos não cristãos na família xaveriana» (C69).

Mas não é a doação definitiva porque, para os consagrados a Deus para a evangelização dos não cristãos, a morte é o «gesto supremo de "dar a vida" pelo Evangelho» (C51).

Voltamos assim à clássica resposta do Fundador ao Cardeal Domenico Serafini prefeito de Propaganda Fide:

«O desapego de tudo na terra e o sacrifício total e irrevogável de toda a vida pela maior e mais sagrada das causas podem contribuir melhor para o seu triunfo»[6].

Viver a vida cristã com o compromisso dos votos é, para Conforti, «a santa loucura da cruz traduzida na prática constante da vida»[7]. A loucura da missão torna-se um voto e o voto na espiritualidade de Conforti é "consagração" que se traduz em termos como "dom total", "sacrifício", "oferta", "abandono", "imolação", "vítima voluntária", "holocausto"...  Em outras palavras, o xaveriano é chamado a ser uma “vítima voluntária” [8] sempre “pronta para se sacrificar”[9]. São Guido não tem medo de dizer aos que partem para a China: "A perspectiva do martírio também se abre diante de vocês”[10].

Trata-se de ter Cristo diante dos olhos, sempre[11], com paixão suficiente até dar tudo para fazer da família humana uma família cristã. Tudo! Na Carta Testamento a palavra tudo aparece quinze vezes. Tudo, isto é, consagrar-se a Deus pela “causa”.

COMO CRISTO!

São Guido é explícito e repetitivo sobre isso: Mesma missão, mesmo método!

«Ele dirige-vos aquelas palavras que há dezanove séculos dirigiu aos Apóstolos e às multidões como prova da divindade da sua missão: "Quando for levantado da terra na cruz, tudo atrairei a mim". Estas palavras resumem o propósito de sua missão e o segredo de suas vitórias. E a missão de Cristo é a vossa missão, o segredo de suas vitórias deve ser também o segredo de vossos sucessos; a cruz, o sacrifício de vós mesmos. Jesus Cristo quer atrair a si todos os povos, porque quer reinar sobre todas as mentes com sua doutrina celestial, sobre todos os corações com seu amor» [12].

O texto joanino que o Fundador propõe nesta despedida aos que partem (Jo 12,32) também é "repetitivo". Naquela ocasião (os gregos querem ver Jesus) Cristo falou de ser elevado na cruz[13], de um grão de trigo que deve morrer, da hora que havia chegado, do ódio pela vida neste mundo, da glória e do serviço (cf. João 12, 20-36). Esta é a missão!

Até o pregador da chamada "Carta aos Hebreus" a repetirá três vezes: "oferecer-se" (Hb 7,27; 9,13-14; 9,25-26). Este é o sacerdócio missionário.

Jesus é o missionário do Pai, Jesus pode dizer: «O Pai me consagrou e me enviou ao mundo» (Jo 10,36). O sacrifício de si mesmo faz a missão.

O Fundador dirá: a missão se realiza no dom total de si: «a cruz, o sacrifício de si mesmo» e em outra ocasião: «Conquistar o Evangelho, não com a força das armas, mas com a persuasão e com o amor... ganhar todos para Cristo com a força da persuasão e com o encanto da caridade»[14]. Resumindo: «Vocês devem ser missionários primeiro com o fato e depois com a doutrina»[15].  E ainda: «A sua conduta em todas as contingências deve ser um sermão contínuo e eloquente da eloquência do fato»[16] de modo que toda ação externa é uma manifestação – epifania – da «vida interior de Cristo em nós».

Nosso modo de vida já é Evangelho. Lembrou-nos padre Gabriele, que acrescenta:

«Essa é a intuição do nosso fundador, essa é a grandeza, a meu ver, do nosso fundador, ele entendeu que a missão tem um conteúdo existencial na pessoa de quem anuncia».

Gosto de lembrar-me do verbo usado por São Guido: atrair[17]! Este é o verbo que nossos papas gostam:

«A Igreja não faz proselitismo. Pelo contrário, desenvolve-se por "atração": assim como Cristo "atrai todos a si" com a força do seu amor, culminando no sacrifício da Cruz, assim a Igreja cumpre a sua missão na medida em que, associada a Cristo, realiza todas as suas obras, em conformidade espiritual e concreta com a caridade de seu Senhor»[18].

O Papa Francisco cita várias vezes estas palavras de Bento XVI tanto na Evangelii Gaudium (duas vezes) como na carta aos religiosos[19].

É a beleza do Evangelho que atrai. Francisco dirá falando do Natal:

Ainda assim, o Rei dos reis vem ao mundo não atraindo atenção, mas despertando uma atração misteriosa no coração de quem sente a presença perturbadora de uma novidade que está prestes a mudar a história[20]”.

Esta é a conversão missionária:

«Promover a conversão missionária da Igreja que não é proselitismo, mas testemunho: sair de si mesmo para anunciar com a vida o amor livre e salvífico de Deus por nós, todos chamados a serem irmãos»[21].

Crise de refundação

A insistência em todos os níveis sobre o tema e o problema da identidade (desafio e compromisso!) me parece sugerir a superação de uma crise potencializando-a para caminhar para uma refundação. Usando a linguagem do Papa Francisco, há uma necessidade urgente de conversão em todos os níveis, desde a conversão teológica até a conversão do papado, passando pela “conversão missionária”[22].

Talvez devêssemos partir novamente da centralidade da profissão perpétua como consagração definitiva a Deus para a missão ou "o sacrifício total e irrevogável de toda a vida pela maior e mais santa das causas". No entanto, muitas vezes tem-se a impressão de que a profissão perpétua é proposta apenas como uma necessidade jurídica de acesso ao sacerdócio.

Talvez devêssemos ter a coragem de refletir sobre a identidade xaveriana a partir dos irmãos. Talvez seja esta a conversão missionária que se pede a nós missionários: partir daqueles que pensávamos serem os segundos.

Enquanto faço estas reflexões, tenho a alegria de ler a revogação do cânon 588[23] que proibia os "irmãos" de assumir cargos de direção nas comunidades religiosas. No capítulo especial[24], que elaborou e definiu em 1983 as constituições o problema foi deliberadamente mantido em silêncio para não ir contra o cânone.

O Fundador viveu numa Igreja radicalmente clerical, época em que Pio X afirmava que «só no corpo pastoral reside o direito e a autoridade necessários para promover e orientar todos os membros para os fins sociais; e que a multidão não tem outro dever senão deixar-se guiar e seguir, como um rebanho dócil, os seus Pastores» [25]. É necessário ler os textos do Fundador dentro, fora e além das linhas. Nunca devemos esquecer que nossa família missionária não foi aprovada pela "Congregação para a Disciplina dos Regulares”[26]. Foi muito fora do comum!

Durante muito tempo também na nossa Família a dicotomia Vida Missionária-Vida Religiosa foi acentuada ou colocada como um problema. Uma dicotomia que não pode ser resolvida se compararmos a vida missionária com a “vida regular”. Parece-me que este foi o problema da primeira sucessão do Fundador. Padre Amatore Danino s.x., superior geral, com extrema coerência e fidelidade ao Fundador, quis a disciplina dos votos, mas, como todos naquela época, continuava na mentalidade da "vida regular". Padre Giovanni Bonardi s.x., seu vice, considerava a vida missionária à luz da "consagração", como aprendera com São Guido. A reunião do conselho geral (23 de novembro 1935, atas p. 61-62) no final da qual Bonardi deixa Parma para sempre e o papel do formador para se estabelecer em Roma é dramática. Nessa reunião o Padre Geral tinha apontado diretamente padre Bonardi como responsável da escassa disciplina e carente regularidade na comunidade da teologia.

Havia certamente diferente compreensão a respeito da espiritualidade do Fundador e uma falta de conhecimento dos votos como sinal de “sacrifício total e irrevogável de toda a vida”. « Isto é, definitivamente, a missão»[27]. Pe Giovanni Bonardi considerava a vida missionária à luz da “consagração” como tinha apreendido convivendo anos a fio com São Guido. Diferente teologia dos Votos ao menos diferente acentuação: votos como compromisso de vida regular, vezes Votos como sinais de consagração que não nega a regularidade, mas não a coloca no primeiro lugar.

"Regular". Esta é a terminologia, definição e compreensão da vida religiosa até o Concílio Vaticano II. Esqueceu-se a doutrina de São Tomás, que o Fundador cita quatro vezes no n. 2 da carta do Testamento. Conforti já estava na mentalidade evangélica de "consagração[28]". "O sacrifício de si mesmo” até ao martírio “se a isso também fordes chamados” (DP 08). “O nosso Fundador (lembrou-nos novamente pe. Gabriele F.) foi muito antecipador, muito... Essa é a intuição do nosso fundador, essa é a grandeza, na minha opinião, do nosso fundador, ele entendeu que a missão tem um conteúdo existencial na pessoa de quem anuncia”.

Pe. Alfiero Ceresoli, s.x.
Junho 2022

 

[1] Constituições Xaverianas 1; Veja RF 4; 26; 65.

[2] Gabriele Ferrari, Exercícios na Casa Mãe de 2022, oitava meditação (de uma gravação do YouTube).

[3] Lino Ballarin, A ALMA MISSIONÁRIA DE GUIDO MARIA CONFORTI, ISME, Parma 1962.

[4] Já a Calza, em carta datada de 1º de julho de 1904, Conforti escrevia: "Quanto à união dos dois Institutos de S. Francisco e S. Calogero,  pronunciei-me negativamente, sem nada mais, para calar tudo o resto, pelo fato de que no primeiro os votos são feitos, enquanto no segundo a simples promessa de se dedicar às Missões”. No dia seguinte escreveu ao Cardeal Gotti, prefeito de Propaganda Fide, com idênticas palavras (FCT 14º 126-127).

[5] Veja também Ratio Missionis (18) e Ratio Formationis (26).

[6] Parma, 05 de agosto de 1916, em FCT 14 p. 705.

[7] 1921, Vita Nostra IVº 1 na PALAVRA DO PAI p. 93.

[8] Constituições de 21 n. 184

[9] DP 12.

[10] DP 16.

[11] RF 67; C21 n. 176; LT 7.

[12] Parma, 13 de maço de 1927, Catedral Basílica, DP 16º, em FCT 0, 110.

[13] "Sobre a cruz" não se encontra no texto de João, é um acréscimo de Conforti.

[14] DP 12; 22.

[15] DP 04.

[16] C21 238; RF14.

[17] “Jesus Cristo quer atrair a si todos os povos, porque quer reinar sobre todas as mentes com a sua doutrina celeste, sobre todos os corações com o seu amor. Sois chamados a atrair os povos ao redor do trono e da cadeira de sua cruz, para que reconheçam seu domínio, para acolher seus ensinamentos, para saborear os doces frutos daquela fraternidade que ele selou com seu sangue divino". (DP 15).

[18] BENTO XVI. Esplanada do Santuário de Aparecida. VI Domingo de Páscoa, 13 de maio de 2007.

[19] EG 14. 131; Carta aos religiosos de 21 de novembro de 1914, n. II, 1.

O documento final da COSUMA 2020 também retoma o mesmo verbo: “não só transmitir o carisma xaveriano, mas torná-lo atrativo através do testemunho da própria vida missionária consagrada” (Documento Final 24).

[20] Discurso à Cúria Romana em 23 de dezembro de 2021.

[21] Mensagem de 12 de maio de 2022 do Santo Padre Francisco às Pontifícias Obras Missionárias.

[22] Constituição Apostólica Praedicate Evangelium n.2 (19 de março de 2022).

[23] RESCRIPTUM EX AUDIENTIA SS.MI: Rescrito do Santo Padre Francisco sobre a derrogação do cân. 588 §2 CIC (18 de maio de 2022).

[24] Papa Paulo VI com um “motu próprio” tinha pedido de celebrar capítulos especiais para reformular as constituições.

[25] Pio X in “Vehementer” de 1906.

[26] Este foi o nome oficial até Pio X (1908) quando se tornou "Congregação para os Religiosos". Somente em 1988 (depois de um concílio e um sínodo!) a "Vida Consagrada" começou a ser usada.

[27] EG 10 citando Aparecida.

[28] Recordo alguns trechos dos discursos aos partentes em que a missão retorna como consagração:

  • Missão, a grande causa à qual vocês se consagraram (DP 9).
  • Está convosco quem disse no seu Evangelho: não tenhais medo porque venci o mundo e estarei convosco até ao fim dos séculos. Tudo isso dilata o coração e o confirma na generosa resolução de consagrar-se pela vida e pela morte à expansão do reino de Deus (DP 10).
  • Vocês se consagraram de vida e morte à redenção dos pobres infiéis (DP 12).
  • E louvor a vocês, generosos Missionários, que, compreendendo a importância e a vastidão do problema, se propuseram em seus corações a consagrar sua vida e sua juventude com todas as suas preciosas energias ao triunfo de tão bela causa (DP16).

Conversión Misionera

La consagración

Hoy, 8 de junio 2022, Giomar Henrique Clemente s.x. nos comunica que ha sido admitido a la Profesión perpetua. Ya desde el noviciado era clara y explícita su voluntad de ser miembro de la Familia Javeriana ejerciendo “ministerios no ordenados” (C 70). En voz alta, quiero decirle: ¡GRACIAS!

Sé que también se resistió a las propuestas de clericalización: ¿por qué no sacerdote? Gracias también por su perseverancia, que nos remite al corazón de nuestra Familia misionera: “Hombres llamados a consagrar su vida a Dios por el mismo ideal”. El ideal de San Guido María Conforti, Fundador[1]

Evangelizar con la vida

La idea de escribir se me ocurrió mientras escuchaba la penúltima meditación del retiro en la Casa Madre a cargo del P. Gabriele Ferrari s.x. (Cuaresma 2022) que concluyó textualmente:

«Nuestra forma de vida es ya el evangelio que nosotros proponemos. En este sentido, nuestro fundador se anticipó, y mucho, cuando insistió, perdiendo 16 años de esperas, para que las Constituciones permitieran a los Javerianos hacer los votos de castidad, pobreza y obediencia. ¿Por qué lo hizo? ¿Por qué se obstinó de esa manera? Porque para él la vida consagrada tenía que ser el mensaje que proponemos, y no que quisiera que todos se hicieran ‘hermanos’, sino que fuera visible el mensaje evangélico y se encarnara en la vida de los misioneros. Luego, los Misioneros Javerianos hemos hecho lo que hemos podido. Paciencia. Pero, esta es la intuición de nuestro fundador, esta es la grandeza, en mi opinión, de nuestro fundador: entendió que la misión tiene un contenido existencial en la persona del que anuncia. No es un libro, sino la vida misma la que debe decir el mensaje evangélico. Deberíamos poder decirlo»[2].

Estas palabras me llevaron a las reflexiones que nuestra Familia está haciendo sobre la identidad. Releyendo atentamente los textos, me ha parecido que la COSUMA 2021 sólo ha llevado a cabo la primera parte del tema encomendado por la Dirección General. Lo digo con temor y temblor y pido perdón a toda la Familia.

La Dirección General había asignado este tema:

«El Ad Gentes ('no cristianos') como reto y compromiso identitario del Javeriano: llamado a una respuesta cualificada, como individuo y como Familia, hoy».

La COSUMA respondió perfectamente a la primera parte de la tarea, afirmando:

«El Ad Gentes como reto y compromiso identitario del Javeriano».

Si comparamos las dos afirmaciones, observamos que el título del documento final recoge sólo la primera parte del tema asignado: “compromiso identitario”. Queda pendiente la pregunta: ¿cuál es nuestra “respuesta cualificada”?

Creo recordar que el P. Lino Ballarin s.x. enumera en su tesis 15 instituciones misioneras nacidas en el 1800, todas con la cualificación de “ad Gentes”[3]. Por consiguiente, me parece justa la pregunta: ¿hay algo entre estas instituciones que cualifique a los Javerianos? ¿Hay alguna nota que nos identifique entre todos los grupos que pueden llamarse “ad gentes”? Un calificativo: ¡“Respuesta cualificada”!

Un hecho histórico y documentado puede ayudarnos. El Instituto milanés de San Calogero y el Instituto romano de San Pedro y San Pablo pudieron fusionarse y formar el PIME (1926). Ambos institutos tenían como “compromiso identitario” la misión “ad gentes”. El Instituto Javeriano para las Misiones Extranjeras, a pesar de repetidos intentos, en los años 1904 y posteriormente en los años 1920, aunque también cualificado por la misión “ad Gentes”, no pudo unirse a esos Institutos[4]. ¿No son los Javerianos también “ad gentes”? ¿En qué se cualifican? Ciertamente no por el sacerdocio. El Fundador lo dice explícitamente, y lo repite varias veces, se diferencian en la consagración que se expresa no sólo con los tres votos clásicos, sino con uno más: el “ad gentes” vivido como consagración.

Las Constituciones de 1983 (C) han interpretado perfectamente el pensamiento confortiano y han enfatizado esta particularidad identitaria. Es significativo que el capítulo sobre la formación no hable nunca de sacerdocio, sino de un camino hacia la profesión perpetua. Sólo más tarde encontramos un número (70) sobre la “preparación para los ministerios”.

Los Javerianos se definen como

«Hombres llamados a consagrar su vida a Dios por el mismo ideal del Fundador», es decir, «entregarse para la evangelización de los no cristianos» (C 1).

Pertenecen a la Familia Javeriana

«Con el voto de misión y la profesión de los consejos evangélicos» (C 5).

Evangelizan, ciertamente, con la palabra y la vida, pero

«En particular con el testimonio de nuestra consagración religiosa» (C 12).

Por lo tanto.

«La vida apostólica y la vida religiosa son para nosotros un carisma único e indivisible» (C 18)[5].

Finalmente:

«Con la Profesión perpetua nos ponemos definitivamente al seguimiento de Cristo para el anuncio del Evangelio a los no cristianos en la Familia Javeriana» (C 69).

Pero no es la entrega definitiva porque, para el consagrado a Dios para la evangelización de los no cristianos, la muerte es el «gesto supremo de “dar la vida” por el Evangelio» (C 51).

Volvemos así a la clásica respuesta del Fundador al Cardenal Domenico Serafini, Prefecto de Propaganda Fide:

«El desapego de toda cosa de la tierra y el sacrificio total e irrevocable de toda la vida por la más grande y santa de las causas puedan contribuir mejor al triunfo de la misma»[6].

Vivir la vida cristiana con el compromiso de los votos es, para Conforti, «santa locura de la cruz traducida en la práctica constante de la vida»[7]. La locura de la misión se hace voto, y el voto en la espiritualidad de Conforti es la “consagración” que se traduce en términos como “entrega total”, “sacrificio”, “ofrenda”, “abandono”, “inmolación”, “víctima voluntaria”[8], “holocausto” ... En otras palabras, el Javeriano está llamado a ser “víctima voluntaria”, siempre “dispuesto a inmolarse”[9]. San Guido no teme decir a los que parten hacia China: «Se abre también ante vosotros la perspectiva del martirio»[10].

Se trata de tener a Cristo ante los ojos, siempre[11], con tanta pasión hasta dar todo para hacer de la familia humana una familia cristiana. ¡Todo! En la Carta Testamento la palabra ‘todo’ aparece unas quince veces. Todo, es decir, consagrarnos a Dios por la “causa”.

¡COMO CRISTO!

San Guido es explícito y repetitivo sobre esto: ¡Misma misión, mismo método!

«Él os dirige aquellas palabras que hace diecinueve siglos o más dirigió a los Apóstoles y a las multitudes como prueba de la divinidad de su misión: «Cuando yo sea levantado sobre la tierra, en la cruz, atraeré hacia mí todas las cosas». En estas palabras se compendia el propósito de su misión y el secreto de sus victorias. Y la misión de Cristo es vuestra misión, el secreto de sus victorias debe ser también el secreto de vuestros éxitos: la cruz, el sacrificio de vosotros mismos. Jesucristo quiere atraer a todas las naciones hacia sí, porque quiere reinar sobre todas las mentes con su doctrina celestial, sobre todos los corazones con su amor»[12].

También el texto joánico que el Fundador propone en esta despedida a los que parten a la misión (Jn 12, 32) es también “repetitivo”. En aquella ocasión (los griegos querían ver a Jesús) Cristo había hablado de ser levantado en la cruz[13], del grano de trigo que debía morir, de la hora que había llegado, de odio a la vida en este mundo, de la gloria y del servicio (cfr. Jn 12: 20-36). ¡Esta es la misión!

Incluso el predicador de la llamada “Carta a los Hebreos” lo repetirá por tres veces: “se ofreció a sí mismo” (Heb 7,27; 9,13-14; 9,25-26). Este es el sacerdocio misionero.

Jesús es el misionero del Padre, sólo Jesús puede decir: El Padre me ha ungido y me ha enviado al mundo (Jn 10,36).

El sacrificio de sí mismo hace la misión. El Fundador diría que la misión se realiza en el don total de sí mismo: «la cruz, el sacrificio de sí mismo». Y en otra ocasión: «Ganar a todos para el Evangelio, no con la fuerza de las armas, sino con la persuasión y el amor... Ganar a todos para Cristo con la fuerza de la persuasión y el encanto de la caridad»[14]. En resumen: «Debéis ser misioneros primero con las obras y luego con la doctrina»[15]. Y de nuevo: «Vuestra conducta en todas las contingencias debe ser una continua predicación elocuente con la elocuencia de las obras»[16] y cada acción exterior sea una manifestación - epifanía - de la «vida interior de Cristo en nosotros».

Nuestra forma de vida es ya Evangelio. El P. Gabriele nos lo recordó, añadiendo:

«Esa es la intuición de nuestro fundador, esa es la grandeza, en mi opinión, de nuestro fundador: entendió que la misión tiene un contenido existencial en la persona del que anuncia».

Me gusta recordar el verbo utilizado por San Guido: ¡atraer![17]. Es el verbo que gusta a nuestros Papas:

«La Iglesia no hace proselitismo. Más bien, se desarrolla por “atracción”: así como Cristo “atrae a todos hacia sí” con la fuerza de su amor, que tiene su culmen en el sacrificio de la Cruz, así también la Iglesia cumple su misión en la medida en que, asociada a Cristo, cumple todas sus obras en conformidad espiritual y concreta con la caridad de su Señor»[18].

El Papa Francisco cita estas palabras de Benedicto varias veces tanto en Evangelii Gaudium (dos veces) como en su carta a los religiosos[19].

Lo que atrae es la belleza del Evangelio. Francisco dirá hablando de la Navidad:

«Sin embargo, el Rey de reyes viene al mundo no atrayendo la atención, sino suscitando una misteriosa atracción en los corazones de quienes sienten la presencia disruptiva de una novedad que está a punto de cambiar la historia»[20].

Esta parece ser la conversión misionera del Papa Francisco y del Papa Benedicto:

«Fomentar la conversión misionera de la Iglesia, que no es proselitismo, sino testimonio: salir de uno mismo para anunciar con la vida el amor gratuito y salvador de Dios por nosotros, llamados todos a ser hermanos»[21].

Crisis de refundación

La insistencia a todos los niveles sobre el tema y problema de la identidad (¡reto y compromiso!) me parece que sugiere la superación de una crisis mediante la potenciación de la misma para caminar hacia una refundación. Utilizando el lenguaje del Papa Francisco, es urgente una conversión a todos los niveles, desde la conversión teológica hasta la conversión del Papado pasando por la “conversión misionera”[22]. Quizá debamos partir de nuevo de la centralidad de la Profesión perpetua como consagración definitiva a Dios para la misión, es decir, “el sacrificio total e irrevocable de toda la vida por la más grande y santa de las causas”. Sin embargo, a menudo se tiene la impresión de que la Profesión perpetua sólo se propone como una necesidad jurídica para acceder al sacerdocio.

Quizás deberíamos tener el valor de reflexionar sobre la identidad javeriana a partir de los ‘hermanos’. Tal vez sea ésta la conversión misionera que se nos pide a los misioneros: partir de aquellos que pensábamos segundos.

Mientras hago estas reflexiones tengo la alegría de leer la abrogación del canon 588 c.[23] que prohibía a los “hermanos” asumir cargos de dirección en las comunidades religiosas. En el capítulo especial[24] de 1983 al redactar y aprobar las nuevas Constituciones se silenció deliberadamente la cuestión para no ir en contra del canon.

El Fundador vivió en una Iglesia radicalmente clerical, una época en la que Pío X afirmaba que «sólo en el cuerpo pastoral residen el derecho y la autoridad necesarios para promover y dirigir a todos los miembros hacia las finalidades sociales; y que la multitud no tiene otro deber que dejarse guiar y seguir, como un rebaño dócil, a sus Pastores»[25]. Debemos leer los textos del Fundador en sí mismos y más allá de sus renglones. Nunca debemos olvidar que nuestra Familia Misionera no fue aprobada por la “Congregación para la Disciplina de los Regulares”[26]. ¡Estaba demasiado fuera de la regla!

Durante mucho tiempo, incluso en nuestra Familia, la dicotomía entre Vida Misionera y Vida Religiosa se acentuó o se planteó como un problema. Una dicotomía que no se resuelve si contraponemos la vida misionera con la vida regular. Me parece que este fue el problema de la primera sucesión del Fundador. El P. Amatore Dagnino s.x., Superior General, acentuó la profesión de los votos en extrema coherencia con el magisterio del Fundador (y quizás con una punta de fundamentalismo); pero, como todos en aquella época, siguió viéndolos como expresión de disciplina, de orden, de vida regular. Dramática fue la reunión del Consejo general (23 de noviembre de 1935, Actas p. 61-62) al final de la cual el P. Bonardi dejó Parma y el papel de formador para siempre para establecerse en Roma. En esta reunión del Consejo general, el P. Amatore, Superior General, se quejó de la falta de disciplina en la comunidad de Teología y propuso, para dar una señal fuerte a los teólogos, responder negativamente a todas las solicitudes de admisión a las órdenes para ese año. Y no sólo eso. Señala directamente al P. Giovanni Bonardi s.x., Vicario General y formador en teología, como la causa de esta situación.

Aparece evidente una comprensión diferente de la espiritualidad del Fundador y un conocimiento limitado de los votos como signo de “sacrificio total e irrevocable de toda la vida”. «La misión, al fin de cuentas, es esto»[27]. Esta es la razón de la decisión inquebrantable de Conforti (“obstinarse” es el término utilizado por el P- Gabriele F. en su conferencia) de querer los votos. El P. Giovanni Bonardi s.x., consideraba la vida misionera a la luz de la “consagración”, como había aprendido de San Guido en los largos años de convivencia con él. Diferente teología de los votos o, al menos, diferente acentuación: votos como compromisos de vida regular, o votos como signo de consagración que no excluye la regularidad, pero no la pone en primer lugar o como criterio final.

Regulares”. Esta es la terminología, la definición y la comprensión de la vida religiosa hasta el Concilio Vaticano II. Había sido olvidada la doctrina de Santo Tomás, que el Fundador menciona cuatro veces en el n. 2 de la Carta Testamento. Conforti ya estaba en la mentalidad evangélica de la “consagración”[28]. “El sacrificio de sí mismo” hasta el martirio “si también a esto sois llamados” (DP 8).

«Nuestro Fundador (nos volvió a recordar el P. Gabriele) se anticipó por mucho, mucho… Esa es la intuición de nuestro Fundador, esa es la grandeza, en mi opinión, de nuestro Fundador: entendió que la misión tiene un contenido existencial en la persona del que anuncia».

Para ser misioneros y no sólo hacer como misioneros, nos definimos y tratamos de vivir como «Hombres llamados a consagrar su vida a Dios por el mismo ideal del Fundador», es decir, «entregarse para la evangelización de los no cristianos» (C 1).

P. Alfiero Ceresoli s.x.

Junio 2022 

 

[1] Constituciones Javerianas 1; cfr. RF 4; 26; 65.

[2] Gabriele Ferrari, Ejercicios en la Casa Madre 2022, octava meditación (de la grabación de YouTube).

[3] Lino Ballarin, L'ANIMA MISSIONARIA DI GUIDO MARIA CONFORTI, disertación, ISME, Parma 1962.

[4] En una carta al obispo Calza, fechada el 1 de julio de 1904, Conforti escribía: «En cuanto a la unión de los dos Institutos de San Francisco y San Calogero, me he pronunciado en contra, aparte de todo lo demás, porque en el primero se hacen votos, mientras que en el segundo la simple promesa de dedicarse a las Misiones». Al día siguiente escribió esto al Cardenal Gotti Prefecto de Propaganda Fide, con idénticas palabras (FCT 14º 126-127).

[5] Ver también Ratio Missionis Xaveriana (18) y Ratio Formationis Xaverianae (26).

[6] 1916, 5 de agosto, Parma en FCT 14 p. 705.

[7] 1921, Vita Nostra IVº 1 en LA PAROLA DEL PADRE p. 93.

[8] Constituciones de 1921, n. 184.

[9] DP 12.

[10] DP 16.

[11] RF 67 = C21 176; LT 7.

[12] 1927, 13 de marzo, Parma, Basílica Catedral, 16º Discurso a los que salen a misión, DP 16, en FCT 0, 110.

[13] “Sobre la cruz” no está en el texto de Juan, es un añadido de Conforti.

[14] DP 12; 22.

[15] DP 4.

[16] C21 238; RF14.

[17] «Jesucristo quiere atraer a todos los hombres hacia sí, porque quiere reinar sobre todas las mentes con su doctrina celestial, sobre todos los corazones con su amor. Y estáis llamados a atraer en torno al trono y a la cátedra de su cruz a los pueblos, para que reconozcan su gobierno, acojan sus enseñanzas y prueben los dulces frutos de esa fraternidad que él ha sellado con su sangre divina» (DP 15).

[18] BENEDICTO XVI. Explanada del Santuario de Aparecida, VI Domingo de Pascua, 13 de mayo 2007.

[19] EG 14. 131; Carta a los religiosos, 21 de noviembre de 1914, n. II,1. 

El documento final de la COSUMA 2021 vuelve también sobre el mismo verbo: «no sólo transmitir el carisma javeriano, sino hacerlo atractivo a través del testimonio de la propia vida misionera consagrada» (Documento Final 24).

[20] Discurso a la Curia Romana 23 de diciembre 2021.

[21] 12 de mayo 2022, Mensaje del Papa Francisco a las Obras Misionales Pontificias.

[22] Constitución Apostólica Praedicate Evangelium n.2 (19 de marzo de 2022).

[23] RESCRIPTUM EX AUDIENTIA SS.MI: Rescripto del Santo Padre Francisco sobre la derogación al can. 588 §2 CIC (18 de mayo 2022).

[24] Con la Carta Apostólica Ecclesiae Sanctae (9 de agosto de 1966) Pablo VI había pedido celebrar “un capítulo general especial” para reescribir las Constituciones de las Congregaciones y Órdenes religiosas con el fin de “promover un nuevo espíritu” en la línea trazada por el Concilio Vaticano II (1962 - 1965).

[25] Pío X en “Vehementer” de 1906.

[26] Este fue el nombre oficial hasta Pío X (1908), cuando se convirtió en “Congregación de Religiosos”. En 1988 (¡después de un concilio y un sínodo!) se empezó a utilizar el término “Vida Consagrada”.

[27] EG dice en el n. 10: «Aquí descubrimos otra ley profunda de la realidad: la vida crece y madura en la medida en que la damos por la vida de los demás. La misión, en definitiva, es ésta», y cita el Documento de Aparecida.

[28] Recuerdo algunos pasajes de los Discursos a los que salían a misión, en los que retorna su visión de la misión como consagración:

  • Misión, la gran causa a la que os habéis consagrado (DP 9).
  • Está con vosotros aquel que dijo en su Evangelio: No temáis, porque yo he vencido al mundo y estaré con vosotros hasta el final de los tiempos. Que todo esto expanda vuestro corazón y lo confirme en el generoso propósito de consagraros de por vida y muerte a la expansión del reino de Dios (DP 10).
  • Os habéis consagrado de por vida y muerte a la redención de los pobres infieles (DP 12).

Y alabanza a vosotros, Misioneros generosos, que, comprendiendo la importancia y la vastedad del problema, os habéis propuesto en vuestros corazones consagrar vuestras vidas y vuestra juventud con todas vuestras preciosas energías al triunfo de tan hermosa causa (DP 16).

Alfiero Ceresoli sx
01 Agosto 2022
1110 visualizzazioni
Disponibile in
Tag

Link &
Download

Area riservata alla Famiglia Saveriana.
Accedi qui con il tuo nome utente e password per visualizzare e scaricare i file riservati.