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La Leadership religiosa

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Tra ispirazione divina e abuso di potere

La leadership viene trattata in molti contesti della vita umana, nelle organizzazioni, negli affari, nel governo, nelle forze armate, e anche nella religione. La leadership in sé e per sé è positiva, utile se non indispensabile al raggiungimento degli obiettivi. In ogni contesto lo stile di una leadership e le specifiche competenze richieste possono variare. Sia a livello politico che religioso, l'obiettivo finale è il benessere generale, ma con la leadership religiosa si aggiunge anche la salvezza dell’essere umano, che è lo scopo principale, sia nei contesti interni (la comunità e la congregazione) che esterni (il campo di missione).

Fin dalla nostra formazione di base siamo stati tutti plasmati e preparati alla responsabilità di "pascere, accompagnare o guidare" un gruppo particolare, piccolo o grande che sia. Anche se nella leadership religiosa si usa raramente il termine "leader", va da sé che siamo chiamati e formati a guidare, cioè a essere “un leader per tutti”. Più frequentemente vengono usati termini come: servo, pastore, amico, compagno, ecc.

Il Capitolo generale dei Missionari Saveriani, che si svolgerà a luglio a Bukavu (RDC), è un evento importante per la nostra famiglia. Forse sarebbe bene riflettere e ripensare alla leadership religiosa, che fa parte della nostra identità ministeriale, della nostra vocazione e della nostra missione.

Leadership religiosa: vocazione e missione

Parlare di leadership religiosa ci porta ai concetti di vocazione e missione. È chiaro che uno si lega all'altro. Poiché i religiosi sono persone come gli altri, la vocazione e la missione ci avvicinano a gruppi di persone che hanno bisogno di assistenza sia fisica che spirituale. È qui che entra in gioco la nostra leadership religiosa.

Jean-Paul Sartre, nella sua visione esistenzialista, afferma che gli esseri umani non hanno un'essenza o uno scopo prestabilito, per cui ognuno deve creare il proprio senso della vita attraverso le proprie scelte e azioni. Mi chiedo, qual è la nostra essenza in quanto religiosi?

Partendo del pensiero di Sartre e dalle nostre scelte e azioni, si può dire che la leadership religiosa, la vocazione e la missione, nel linguaggio filosofico, sono essenze che noi creiamo. A livello umano, il pensiero di Sartre è corretto. Siamo i protagonisti della determinazione della nostra essenza, quindi esiste la possibilità di curare o distruggere tale essenza che creiamo. Sul terreno divino nel campo della leadership religiosa, il pensiero di Sartre non è sufficiente. La leadership religiosa, la vocazione e la missione non sono compiti esclusivamente umani. Dio deve essere coinvolto in questo, perché vediamo questi tre valori come doni di Dio. Come si fa? Siamo abituati a un discernimento profondo coinvolgendo lo Spirito Santo che ci aiuta a vedere la volontà di Dio.

La leadership religiosa è una relazione attiva tra Dio e l'uomo e tra l'uomo e il suo prossimo. Dio e l'uomo sono i protagonisti. L'uomo ha una libertà assoluta nella scelta delle proprie azioni, ma con questa libertà arriva anche una grande responsabilità, perché ogni azione intrapresa deve essere giustificata. Coinvolgere Dio in questa responsabilità significa lasciarsi guidare dallo Spirito Santo per rimanere sulla strada giusta e non danneggiare nessuno. È così che funziona la logica della leadership religiosa, la vocazione e missione. La leadership religiosa è la logica conseguenza della nostra vocazione e missione come scelta della libertà assoluta che facciamo, sensibili all'intervento di Dio.

John Stuart Mill, filosofo britannico, sosteneva che la leadership dovrebbe essere esercitata da coloro che hanno un'ampia conoscenza e una profonda comprensione delle varie questioni contestuali che la società deve affrontare. Per la leadership in generale, la visione di John Stuart Mill sembra sufficiente, ma la leadership religiosa richiede di più. La leadership religiosa pone l'accento sulla maturità intellettuale e spirituale. Questa maturità permette di accompagnare coloro (la gente e i confratelli) che sono in crisi di personalità, inaridimento spirituale, problemi di identità e di vita, disordine mentale, crisi vocazionale, etc. Le persone che serviamo e i confratelli che accompagniamo hanno bisogno di una figura per ascoltare, prestare attenzione e essere seguiti. Il rapporto che costruiamo è un rapporto fraterno. Questo è il valore prezioso della leadership religiosa. Un aspetto relazionale che la rende diversa dalla comune leadership.

È chiaro che il valore della COMUNICAZIONE, o del termine a noi ben noto "DIALOGO", è qui fortemente enfatizzato. Il pregiudizio è il nostro nemico principale e un atteggiamento pessimistico sarebbe una pietra d'inciampo. La maturità personale del leader e il suo senso di appartenenza come fratello diventano gli strumenti per abbracciare tutti. Di fronte alle differenze culturali intrinseche ed estrinseche nella nostra comunità e nel campo della missione, la capacità di ascolto e di comunicazione, l'apertura, l'empatia, l'integrità, la coerenza e la cura sono valori fissi che dovrebbe essere presenti nella leadership religiosa.

Mi chiedevo di che tipo di leader abbiamo bisogno oggi per le nostre famiglie?

Propongo tre caratteristiche di leader per il contesto e la realtà attuali.

Primo: visionario. Un leader visionario è un leader che ha una forte visione a lungo termine ed è in grado di ispirare e motivare gli altri a raggiungere obiettivi comuni. È chiaro che abbiamo bisogno di persone di questo tipo nel Consiglio Generale.  Avendo una visione forte e a lungo termine, possiamo sapere dove sta andando questa congregazione.

Secondo: un leader che sappia leggere i tempi. Abbiamo bisogno di leader che sappiano leggere i "tempi" che cambiano e prendere le decisioni giuste sulla base di una profonda comprensione della situazione, delle condizioni e delle realtà delle missioni che serviamo. È chiaro che la realtà dell'Indonesia può essere molto diversa da quella del Congo o del Brasile. Come fare missione nel contesto della Chiesa in Indonesia con conflitti interreligiosi e intolleranza? Come accompagnare i confratelli e la Chiesa in Congo, che deve affrontare ancora conflitti politici e sociali, o la Chiesa brasiliana, ancora coinvolta in una crisi di fede e in conflitti con altre denominazioni religiose? Pertanto, il desiderio di generalizzare è un errore e dimostra l'incapacità di leggere il contesto, la situazione, le condizioni e la realtà di ogni terra di missione.

Terzo: capacità di confrontarsi. Si tratta di una persona in grado di affrontare situazioni difficili o conflitti con fermezza, ma con un atteggiamento equo e saggio, in uno spirito di fraternità. È inevitabile che in famiglia ci si trovi di fronte a molti problemi, sia di vita, che di missione o vocazione. Abbiamo quindi bisogno di leader che siano in grado di pensare in modo critico e oggettivo, e che non siano influenzati da emozioni o pregiudizi personali. Questo potrebbe aiutare i confratelli che sono afflitti da problemi personali e vocazionali. La capacità di pensare in modo critico e oggettivo potrebbe aiutare i confratelli a uscire da questi problemi.

Da questo punto di vista, è sufficiente scegliere un leader in base alle capacità intellettuali? Assolutamente no! Certamente non è sufficiente! Una persona viene nominata leader in base ai valori di leadership che possiede. Noi guardiamo alla persona e non alla cultura da cui proviene. Diamo importanza al cuore e non soltanto ai tanti titoli accademici!

L'obiettivo primario della leadership religiosa è la persona umana, cioè lo sviluppo di qualità e caratteristiche della personalità che siano in accordo con i valori scritturali e la dottrina (insegnamenti) della Chiesa cattolica. Nel contesto della nostra famiglia, questo è in accordo con la costituzione, le parole del fondatore, il carisma e la spiritualità della congregazione.

I leader religiosi che sono molto rigidi sui valori e sui principi morali non sono sempre negativi. A volte questo è necessario in determinati contesti e situazioni. Ma la leadership religiosa mette sempre la "persona" al primo posto. Naturalmente i principi e i valori morali sono importanti, ma ancora più importante è la vicinanza della "persona umana" nelle relazioni fraterne. I valori e i principi della costituzione, del carisma e della spiritualità si "adattano" meglio alla "persona", valutando ogni contesto caso per caso. Quando gestiamo o accompagniamo un gruppo, partiamo sempre dalla "persona".

Martin Buber definisce la leadership religiosa come la relazione che si instaura tra leader e seguaci. Egli sottolinea l'importanza del coinvolgimento emotivo e spirituale tra le parti. Mettendo le persone al primo posto nella leadership religiosa si spera di creare un ambiente favorevole allo sviluppo personale, morale e spirituale degli individui, oltre a migliorare la qualità della vita della congregazione nel suo complesso. Questa è la leadership religiosa che forma la nostra vocazione e missione.

Tra ispirazione divina e abuso di potere

Se cerchiamo un modello di "leader" religioso nella Bibbia, è la figura di Mosè che si offre a noi. Mosè aveva un rapporto unico e speciale con il Divino. Mentre tutti gli altri potevano contemplare Dio solo di spalle, lui era l'amico di Dio, colui che parlava con l'Altissimo "faccia a faccia" (Es. 33,11; Dt. 34,10; Num. 12,8). La Scrittura presenta anche un grande re della storia di Israele: Davide. Lui viene definito un uomo secondo il cuore di Dio (At 13,22). Tuttavia, il primo libro delle Cronache 21,1-17 ci mostra che nel suo cammino di re Davide fece anche qualcosa di sbagliato e fatale alla sua leadership. Sia Mosè che Davide hanno mostrato due tipi di potere.

Quando parliamo di leadership, siamo portati a pensare al potere (the power) e all'influenza. Fondamentalmente il potere è diverso dall’influenza anche se spesso vengono usati come sinonimi. Il potere implica il controllo e l'autorità sulla situazione, mentre l'influenza si basa sulla capacità di persuasione e sulle qualità personali della persona che esercita l'influenza.

Preferisco usare l'espressione "leadership religiosa che ha la forza (the strength)" piuttosto che potere o influenza. Essere un leader significa avere "la forza". Ma in questo caso sono due le possibilità a seconda dell'uso che se ne fa: aiuterà molte persone se nasce da un'ispirazione divina (lo Spirito Santo) come per Mosè, mentre diventerà un abuso di potere se nasce da un interesse personale come per Davide. Questa "Forza" ha un doppio significato, proprio come la parola greca pharmakon e può significare sia un rimedio che un veleno. Se usato correttamente sarà un rimedio per molte persone, sia per la gente e per i confratelli, mentre se usato in modo irresponsabile sarà un veleno mortale. La leadership religiosa sceglie la forza come rimedio"!

La leadership religiosa si rifarà sempre alla persona di Gesù Cristo, che è il modello perfetto di leadership. Egli aveva "La Forza" in quanto Figlio di Dio, ma non la usò a proprio vantaggio. Al contrario, usò la sua forza per offrire il suo servizio agli altri e per compiere la volontà del Padre suo che è nei cieli (Mt. 4:1-11). È chiaro che Gesù metteva la "persona" al di sopra di tutto, indipendentemente dai peccati commessi, dallo status sociale e dalla provenienza, e li accettava tutti con amore e compassione genuini. Leadership quindi come servizio, lavando i piedi agli altri (Gv. 13:1-20). La leadership religiosa è portare le persone sullo stesso piano di Dio (Henry & Richard Blackaby, Spiritual Leadership. Nashville: Broadman & Holman, 2001, 20). Questo è il tipo di leader di cui abbiamo bisogno e il tipo di leader che dovremmo "essere". Questa è la leadership religiosa che la rende diversa dalle altre leadership.

Conclusione

Non esiste un modello di leadership perfetto in grado di adattarsi a tutte le situazioni e a tutti i contesti, ma almeno possiamo provare ad avvicinarci all’ideale di leadership. La leadership religiosa è una chiamata a servire la volontà di Dio come ha fatto Gesù, come un servitore indegno, e non come una conquista usata per opportunismo, controllo delle persone e potere decisionale. La priorità assoluta della leadership religiosa è la "persona", al di là della rigidità dei principi e della ricerca dei risultati. Ciò a dimostrazione dell'importanza della profondità del discernimento, sostenuti dalla volontà di Dio come ispirazione divina.

La vicinanza a Dio, la maturità spirituale, l'ampia conoscenza, la maturità di pensiero, la visionarietà e l'amore fraterno sono disposizioni importanti che dobbiamo preparare in ogni compito che ci viene affidato, per evitare abusi di potere. Un leader dovrebbe essere in grado di riconoscere e sviluppare il potenziale dei suoi confratelli, incentivando la loro crescita professionale e personale, e di prendere in considerazione le conseguenze a lungo termine delle sue decisioni. Chiunque sia nominato leader, dovrà poter applicare le caratteristiche della leadership religiosa e portare molte persone a Dio ed alla crescita personale.

Yohanes Nicholindo Putra Gowin, SX

Parma, Maggio 2023

Yohanes Nicholindo Putra Gowin sx
31 Luglio 2023
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