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La Trasformazione della missione. Saremo forse gli ultimi missionari?

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XIII Settimana Culturale dei Missionari Saveriani (Tavernerio – Giugno 2022)

La XIII Settimana Culturale saveriana ha avuto come suo tema centrale “la Trasformazione della missione” e guardando al futuro degli istituti missionari ci siamo chiesti “siamo forse gli ultimi missionari?” 

Lo schema che ci ha guidati è stato quello classico del VEDERE – GIUDICARE – AGIRE. Ecco in sintesi qualche riflessione e conclusione.

VEDERE

La realtà attuale della missione ci dice che stiamo assistendo a alcuni importanti cambiamenti. 

Innanzitutto si sta passando dalla missione coloniale a quella interculturale in cui tutti gli attori in gioco (chi è inviato ad annunciare e chi riceve l’annuncio) diventano soggetto e oggetto della missione.  Sempre più lo stile della missione è quello della reciprocità, ragion per cui sono necessari uomini e donne esperti nell’arte di tessere relazioni, capaci di scorgere il tesoro nascosto in ogni persona. Tutto questo si dovrebbe iniziare a vivere nei rapporti tra di noi cercando di creare nelle nostre comunità il più alto grado di comunione possibile. Il saper rallentare il passo e andare insieme diventa testimonianza/evangelizzazione.

Presi ad uno ad uno siamo bravi missionari, ma a livello comunitario è come se ci mancasse qualcosa…” commentava un confratello. Il ristagno della missione è segno di una comunità di bassa vitalità.

Guardare alla missione nell’ottica “decoloniale” non vuole tanto disfare ciò che è coloniale, quanto ergersi come alternativa a quella visione. In questa nuova prospettiva l’approccio spirituale diventa di fondamentale importanza: il futuro della missione dipende in gran parte dalla capacità di meditare e di riscattare il senso del mistero. Non è infatti possibile pensare a grandi aperture (missione come partecipazione, apprendimento, ospitalità etc.…)  senza una mistica che lo animi!

GIUDICARE

Gli Atti degli Apostoli, il libro della corsa della Parola, continua ad essere luce e guida per i nostri passi. Ci ricorda innanzitutto che lo Spirito Santo è il primo protagonista della missione. Nostra preoccupazione deve essere quella di essere attenti e docili alla voce dello Spirito che parla a noi attraverso la Parola di Dio e gli avvenimenti della storia. Si avverte il disagio di iniziative pastorali che non rispondono alle esigenze del momento: anche questo senso di inadeguatezza è suscitato dallo Spirito, che ci spinge a una riflessione e lettura della situazione, suscitando persone (come Pietro) che non si adagiano, che rimangono aperte e disposte a percorrere strade inattese.

La strada diventa un luogo da abitare, ci porta a metterci in cammino insieme e a non restare fermi nelle nostre posizioni e nei nostri schemi. Diventa immagine della realtà che va sempre colta nella sua complessità e contraddizione, ma anche come opportunità di incontro con l’uomo e la donna di oggi. Ed è anche il luogo in cui trovano spazio domande appropriate e discrete, in grado di avviare processi, magari anche lunghi, ma capaci di superare barriere e difese.

AGIRE

Come Famiglia missionaria sentiamo una chiamata urgente a fermarci, riflettere, capire ed interpretare quello che sta succedendo in vista di un fecondo discernimento. Più che prendere delle decisioni spinti dalla fretta di affrontare situazioni ci sembra importante creare spazi di confronto, di ascolto tra di noi in modo da cogliere ciò che lo Spirito va dicendo. 

È importante rendersi conto dei cambiamenti in corso nel mondo, risultati da pandemia, guerre, secolarizzazione… Coltiviamo la voglia di imparare lasciandoci trasformare dalla missione con uno sguardo positivo sulla realtà e mettendo da parte un certo autocompiacimento comunitario che ci porta a girare sempre attorno ai nostri problemi. Per rispondere alle nuove esigenze della missione occorre rivedere le strutture, rimodellarle, aggiornarsi e trasformarsi, perché non accada davvero di essere gli ultimi missionari.

Avvertiamo l’invito a cercare il bene che c’è nel mondo e diventare collaboratori di Dio (il quarto spirito di Mons. Conforti). Una domanda che potremmo farci è questa: che ecclesiologia guida la mia azione pastorale? Una ecclesiologia in cui la missione ha come finalità quella della buona Notizia del Regno di Dio da portare oppure quella istituzionale in cui la Chiesa è fine a sé stessa? 

È urgente affrontare anche il tema dei mezzi per la missione (il voto di povertà): siamo chiamati alla vicinanza agli altri e non tanto a conquistarli con tutti i mezzi possibili. A volte sembriamo degli estranei rispetto al cammino del mondo nell’uso dei mezzi per la missione.

Pare necessario richiamare il nostro modo di vivere le relazioni e l’accoglienza, considerando che la missione si fondamenta su queste due basi. L’umanità infatti è il primo passo della missione. Quanti esempi di buona educazione in tanti confratelli che ci hanno preceduto!

Nella vita monastica uno dei criteri di discernimento era quello del habitare secum: saper stare in solitudine con sé stessi. Solo chi sa stare bene con sé stesso riuscirà a creare relazioni feconde con gli altri.

CONCLUDENDO….

Certamente non siamo gli ultimi missionari questo crediamo e questo vogliamo riaffermare con forza! Ma lo potremmo essere se ci mancasse la voglia ed il coraggio di creare spazi di ascolto dello Spirito e di discernimento tra di noi che aiutino la nostra Famiglia missionaria ad un cammino di conversione. 

“Il tempo è superiore allo spazio” ci ammonisce papa Francesco: lo sforzo per iniziare possibili cammini di risposta al grido dell’uomo e della donna di oggi che chiede di essere accolto ed ascoltato  ci consolida nella certezza che non solo non siamo gli ultimi missionari, ma potremo continuare a donare al mondo e alla Chiesa autentici testimoni del Vangelo. 


La transformation de la mission. 
Serions-nous les derniers missionnaires ?

XIIIe Semaine Culturelle des Missionnaires Xavériens (Tavernerio - Juin 2022)

La XIIIe Semaine culturelle xavérienne avait pour thème principal "la Transformation de la mission" et en regardant l'avenir des instituts missionnaires, nous nous sommes interrogés : "sommes-nous les derniers missionnaires ?"

La méthode qui nous a guidé était le schéma classique du VOIR - JUGER - AGIR. Voici, en résumé, quelques réflexions et considérations faites.

VOIR

L’ actuelle réalité de la mission nous dit que nous assistons à des changements importants.

Tout d'abord, on est en train de passer de la mission coloniale à la mission interculturelle dans laquelle tous les acteurs impliqués (qui est envoyé pour annoncer et qui reçoit l'annonce) deviennent le sujet et l'objet de la mission. Le style de la mission est de plus en plus celui de la réciprocité, c'est pourquoi il faut des hommes et des femmes expérimentés dans l'art de construire des relations, capables de découvrir le trésor caché en chaque individu. Tout cela devrait être vécu en premier lieu dans nos relations interpersonnelles, en essayant de faire régner le plus haut degré possible de communion dans nos communautés. Savoir ralentir et cheminer ensemble devient témoignage / évangélisation.

« Pris un par un, singulièrement, nous sommes de vaillants missionnaires, mais au niveau communautaire c'est comme s'il nous manquait quelque chose… » commentait un confrère. La stagnation de la mission est un indice d'une communauté de piètre ferveur.

Considérer la mission dans une perspective « décoloniale » ne veut pas tant défaire ce qui est colonial, que se présenter comme une alternative à cette vision. Dans cette nouvelle perspective, l'approche spirituelle devient d'une importance capitale : l'avenir de la mission dépend en grande partie de la capacité à méditer et à recouvrer le sens du mystère. En effet, il n'est pas possible de penser à de grandes ouvertures (mission comme participation, apprentissage, hospitalité, etc...) sans une mystique qui l'anime!

JUGER 

Les Actes des Apôtres, le livre de la course de la Parole, continuent d'être lumière et guide pour nos pas. Il nous rappelle tout d'abord que l'Esprit Saint est le premier protagoniste de la mission. Notre préoccupation doit être celle de prêter attention et d’être docile à la voix de l'Esprit qui nous parle à travers la Parole de Dieu et les événements de l'histoire. Nous ressentons le désagrément des initiatives pastorales qui ne répondent pas aux besoins du moment : ce sentiment d'inadéquation est également suscité par l'Esprit, qui nous pousse à réfléchir et à lire la situation, suscitant des personnes (comme Pierre) qui ne croisent pas les bras, qui restent ouvertes et prêtes à emprunter des voies inattendues. 

La rue devient un lieu qu’il faut habiter, qui nous pousse à cheminer ensemble et à ne pas rester enfermés dans nos positions et nos schémas. Elle devient l’image de la réalité qu'il faut toujours saisir dans sa complexité et sa contradiction, mais aussi comme une opportunité de rencontre avec l'homme et la femme d’aujourd’hui. Et c'est également le lieu où s’inscrivent des questions appropriées et discrètes, capables de déclencher des processus, peut-être longs, mais en mesure de surmonter les barrières et les défenses.

AGIR

En tant que famille missionnaire, nous ressentons un appel urgent à nous arrêter, réfléchir, comprendre et interpréter ce qui se passe, en vue d'un discernement fructueux. Plutôt que de prendre des décisions, animés par la hâte d'affronter les situations, il nous semble important de créer des espaces de discussion, d'écoute mutuelle pour saisir ce que suggère l'Esprit. 

Il est important de prendre conscience des changements qui s'opèrent dans le monde, les conséquences de la pandémie, des guerres, de la sécularisation... Cultivons le désir d'apprendre en nous laissant transformer par la mission avec un regard positif sur la réalité et mettant de côté une certaine auto-complaisance communautaire qui nous amène à toujours tourner autour de nos problèmes. Pour répondre aux nouveaux besoins de la mission, il faut revoir les structures, les remodeler, se mettre à jour et se transformer, pour qu'il ne nous arrive d’être les derniers missionnaires.

Nous ressentons l'invitation à rechercher le bien qui existe dans le monde et à devenir des collaborateurs de Dieu (le quatrième esprit de Mgr Conforti). Une question que nous pourrions nous poser est celle-ci : mon action pastorale, par quelle ecclésiologie est-elle guidée ? Une ecclésiologie dans laquelle la mission a pour finalité celle de la bonne Nouvelle du Royaume de Dieu à apporter ou celle institutionnelle dans laquelle l'Église est fin en soi ?

Il est aussi urgent d'aborder le thème des moyens pour la mission (le vœu de pauvreté) : nous sommes appelés à être proches des autres et non point à les conquérir par tous les moyens possibles. Parfois nous paraissons étranges au parcours du monde dans l'utilisation des moyens pour la mission.

Il semble opportun devoir rappeler notre façon de vivre les relations et l'hospitalité, considérant que la mission est fondée sur ces deux pilastres. L'humanité est, au fait, le premier pas de la mission. Combien d'exemples de bonnes manières chez tant de confrères qui nous ont précédés !

Dans la vie monastique, l'un des critères de discernement était celui de l'habitare secum : savoir vivre en solitude avec soi-même. Seul qui apprend à bien vivre avec soi-même sera en mesure de créer des relations fructueuses avec les autres.

EN CONCLUSION…

Nous ne sommes certainement pas les derniers missionnaires, nous le croyons et nous voulons le réaffirmer avec énergie! Mais nous pourrions l'être s'il nous manquait le désir et le courage de créer entre nous des espaces d'écoute de l'Esprit et de discernement qui aideraient notre Famille missionnaire dans un parcours de conversion.

"Le temps est supérieur à l'espace" nous avertit le pape François : l'effort pour entamer de possibles pistes de réponse au cri de l'homme et de la femme d'aujourd'hui, qui demande à être accueilli et écouté nous conforte dans la certitude que, non seulement nous ne sommes pas les derniers missionnaires, mais nous pourrons également continuer à offrir des témoins authentiques de l'Evangile au monde et à l'Eglise.


La transformación de la misión. 
¿Seremos, acaso, los últimos misioneros?

XIII Semana Cultural de los Misioneros Javerianos (Tavernerio - Junio 2022)

La XIII Semana Cultural Javeriana tuvo como tema central “la Transformación de la Misión” y mirando el futuro de los institutos misioneros nos preguntamos “¿somos, acaso, los últimos misioneros?”.

El esquema que nos ha guiado fue el clásico de VER – JUZGAR – ACTUAR. He aquí, en resumen, algunas reflexiones y conclusiones.

VER

La realidad actual de la misión nos señala que estamos asistiendo a algunos cambios importantes.

En primer lugar, estamos pasando de la misión colonial a la misión intercultural en la que todos los actores implicados (los que son enviados a anunciar y los que reciben el anuncio) se convierten en sujeto y objeto de la misión.  Cada vez más, el estilo de la misión es el de la reciprocidad, razón por la cual se necesitan hombres y mujeres hábiles en el arte de tejer relaciones, capaces de entrever el tesoro oculto en cada persona. Todo esto debe comenzar a vivirse en las relaciones entre nosotros, tratando de crear el mayor grado posible de comunión en nuestras comunidades. Saber frenar el ritmo e ir juntos se convierte en testimonio/evangelización.

“Tomados uno a uno somos excelentes misioneros, pero a nivel comunitario es como si nos faltara algo...”, comentó un hermano. El estancamiento de las misiones es un signo de una comunidad con poca vitalidad.

Considerar la misión desde una perspectiva “decolonial” no consiste tanto en deshacer lo que es colonial, sino en erigirse en una alternativa a esa visión. En esta nueva perspectiva, el enfoque espiritual adquiere una importancia fundamental: el futuro de la misión depende en gran medida de la capacidad de meditar y de rescatar el sentido del misterio. En efecto, ¡no es posible pensar en grandes aperturas (la misión como participación, aprendizaje, hospitalidad, etc. ...) sin una mística que la anime!

JUZGAR

Los Hechos de los Apóstoles, el libro de la dinamismo de la Palabra, sigue siendo luz y guía para nuestros pasos. Nos recuerda, antes que nada, que el Espíritu Santo es el principal protagonista de la misión. Nuestra preocupación debe ser la de estar atentos y dóciles a la voz del Espíritu que nos habla a través de la Palabra de Dios y de los acontecimientos de la historia. Se siente desgana ante iniciativas pastorales que no responden a las necesidades del momento: este sentimiento de inadecuación también es suscitado por el Espíritu, que nos impulsa a reflexionar y a leer la situación, suscitando personas (como Pedro) que no se instalan, que permanecen abiertas y dispuestas a recorrer caminos inesperados.

El camino se convierte en un lugar para habitar, que nos lleva a ponernos en marcha juntos y a no quedarnos estancados en nuestras posiciones y esquemas. Se convierte en una imagen de la realidad que hay que captar siempre en su complejidad y contradicción, pero también como una oportunidad de encuentro con el hombre y la mujer de hoy. Y también es el lugar en el que encuentran espacio preguntas adecuadas y discretas, capaces de iniciar procesos, quizá incluso largos, pero capaces de superar barreras y defensas.

ACTUAR

Como Familia misionera sentimos una llamada urgente a detenernos, reflexionar, comprender e interpretar lo que está sucediendo en vistas a un discernimiento fructífero. Más que tomar decisiones impulsadas por la prisa de afrontar las situaciones, nos parece importante crear espacios de discusión, de escucha entre nosotros para captar lo que el Espíritu va diciendo.

Es importante ser conscientes de los cambios que se están produciendo en el mundo, fruto de pandemias, guerras, secularización... Cultivemos el deseo de aprender dejándonos transformar por la misión con una visión positiva de la realidad y dejando de lado cierta autocomplacencia comunitaria que nos lleva a dar vueltas siempre alrededor de nuestros problemas. Para responder a las nuevas necesidades de la misión, tenemos que revisar las estructuras, remodelarlas, actualizarnos y transformarnos, para que no ocurra que, en verdad, somos los últimos misioneros.

Sentimos la invitación a buscar el bien que hay en el mundo y a convertirnos en colaboradores de Dios (el cuarto espíritu de Mons. Conforti). Una pregunta que podríamos hacernos es la siguiente: ¿qué eclesiología guía mi acción pastoral? ¿Una eclesiología en la que la misión tiene como finalidad la Buena Nueva del Reino de Dios que hay que llevar, o una eclesiología institucional en la que la Iglesia es un fin a sí misma?

También es urgente abordar la cuestión de los medios para la misión (el voto de pobreza): estamos llamados a la cercanía con los demás y no tanto a conquistarlos con todos los medios posibles. A veces parece que somos ajenos al camino del mundo en el uso de los medios para la misión.

Parece necesario recordar nuestra forma de vivir las relaciones y la acogida, teniendo en cuenta que la misión se fundamenta en estas dos bases. La humanidad, de hecho, es el primer paso de la misión. ¡Cuántos ejemplos de buena educación en tantos hermanos que nos han precedido!

En la vida monástica, uno de los criterios de discernimiento era el de habitare secum: saber estar a solas con uno mismo. Sólo el que sabe estar bien consigo mismo podrá crear relaciones fructíferas con los demás.

CONCLUSIÓN...

Ciertamente, no somos los últimos misioneros, ¡esto es lo que creemos y esto es lo que queremos reafirmar con fuerza! Pero podríamos serlo si nos falta la voluntad y la valentía de crear espacios de escucha del Espíritu y de discernimiento entre nosotros, que ayuden a nuestra Familia misionera en un camino de conversión.

“El tiempo es mayor que el espacio”, nos advierte el Papa Francisco: el esfuerzo por iniciar caminos posibles de respuesta al grito del hombre y la mujer de hoy que pide ser acogido y escuchado, nos consolida en la certeza de que no sólo no somos los últimos misioneros, sino que podremos seguir dando al mundo y a la Iglesia auténticos testigos del Evangelio.

XIII Settimana Culturale
24 Giugno 2022
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