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Imparando dal tifone Ulysses

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Man mano che arrivano, i tifoni vengono battezzati con nomi in ordine alfabetico e quest’anno siamo alla lettera U! Ulysses è il nome dell’ultimo tifone che si è abbattuto sulle Filippine, con molto vento e soprattutto pioggia. Sebbene a grande distanza dal suo centro, la grande quantità di pioggia caduta ha creato una grande inondazione in una vasta area dell’isola di Luzon situata al nord delle Filippine.

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L’acqua, raccolta nei versanti della catena montuosa della Sierra Madre, ha gonfiato il fiume Marikina, causando l’inondazione di zone con un’alta densità di popolazione fra le quali la città di Marikina che appunto dà il nome al fiume che l’attraversa. Qui vi sono i saveriani, che da più di un decennio hanno la cura pastorale della parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe. I due padri con un diacono, hanno avuto la casa invasa dall’acqua al pian terreno, ma le case nelle aree più vicine al fiume, sono state sommerse per 3 metri, talvolta oltre. Sono stati fortunati quelli che avevano una casa a due o più piani, ma molti sono stati costretti ad evacuare le loro abitazioni.

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Dopo due giorni visito in bicicletta alcune famiglie della zona più colpita assieme a P. Emanuele Borelli che è parroco lì. La gente si dà da fare per ripulire le case dal fango, o porta fuori le cose ormai rese inutilizzabili dall’acqua, cercando a fatica di ristabilire una parvenza di normalità. L’atmosfera è surreale. Tutto ha il colore del fango… ma le persone salutano, ci accolgono, sono felici quando riconoscono il loro parroco… Parlano del disastro quasi con distacco, come di una cosa brutta, ma non definitiva. Non vedo nessuno piangere o disperarsi. Un signore, seduto di fianco ad un cumulo delle sue masserizie recuperate dal fango ci dice sorridendo: “Masaya pa rin” che significa: “Nonostante tutto non ci è tolta la felicità”. Spontaneamente dico ad Emanuele: “se tutto ciò fosse accaduto nei nostri paesi, in Italia, ben altra, sarebbe stata la reazione. Molto probabilmente la disperazione avrebbe avuto il sopravvento!” Sarebbe logico e non ci sarebbe da stupirsi, visto la situazione disastrosa. P. Emanuele condivide questi miei sentimenti.

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Arrivato a casa ho raccontato la mia ammirata sorpresa a qualche amico. Un filippino commenta in WApp: “resilience or faith?” (si tratta di resilienza o di fede?). Non so rispondere. La Filipino resilience non significa solo resistenza, ma, insieme alla determinazione, comprende anche compassione e creatività. Resilience è incassare il colpo e – di nuovo – ricominciare da dove si può, con la forza che si ha, non solo credendo ai miracoli ma lavorando perché i miracoli credano in te! Resilience or Faith? Subito mi viene da pensare: non so se si tratti di una capacità naturale di risollevarsi da situazioni drammatiche (qui spesso realtà quotidiane, anche senza tifoni) o se sia vera fede. Ma quello che so è che io non avrei né la resilienza né la fede che questi fratelli e sorelle delle Filippine dimostrano di avere. Sono in Asia ormai da qualche decennio. La missione, e soprattutto la gente che si incontra in missione, ha ancora molto da insegnarmi per farmi crescere come uomo e come cristiano.

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Matteo Rebecchi sx

Manila, 20 Novembre 2020

Matteo Rebecchi sx
23 Novembre 2020
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