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Pietro e il suo vaccino

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Riflessioni sul virus del negazionismo

«Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano» (Atti degli apostoli, 10, 15). Nei primi anni che seguirono la Pentecoste, la salute dell’incipiente movimento cristiano nato a opera degli apostoli era minacciata dal virus del fondamentalismo giudaizzante. Si trattava di una variante dello stesso virus che aveva accecato i capi religiosi che non volevano vedere il compimento in Gesù delle promesse messianiche.

Il virus che aveva provocato il processo e la sentenza a morte del Messia era mutato dopo la sua resurrezione e ascensione. La minaccia della pandemia dell’odio anticristiano era diventata la variante che era penetrata anche nel corpo di Cristo. Quella minaccia fu di una entità tale da provocare quasi il primo scisma all’interno della Chiesa. Rottura che fu evitata grazie alla guida dello Spirito santo nel concilio di Gerusalemme (cfr. Atti degli apostoli, 15). In quell’incontro ci fu un testimone molto importante che determinò una svolta definitiva e risanatrice per l’unità ecclesiale minacciata. Pietro si era già vaccinato contro il virus dell’integralismo. Il fatto che fosse proprio lui a recarsi a quel concilio con gli anticorpi necessari per testimoniare a favore della salute inclusiva ed estensiva del regno di Cristo fu una medicina fondamentale per frenare la pandemia dell’esclusione. Pietro dovette essere convinto da Dio stesso a essere il primo a inocularsi il vaccino che avrebbe salvato la comunità di fede dalla pandemia del fondamentalismo. Doveva ricevere nel suo proprio corpo gli antidoti che avrebbero permesso alla nascente Chiesa di non entrare nel “reparto di terapia intensiva”. La voce di Pietro nel concilio doveva diffondersi grazie all’ossigeno dello Spirito di unità in grado di allontanare l’ostruzione polmonare dei negazionisti di una nuova era del popolo di Dio.

Il fatto avvenne mentre Pietro era in preghiera sulla terrazza del luogo in cui risiedeva. Il lenzuolo della medicina dell’inclusione della Chiesa gli apparve in modo chiaro anche se un po’ strano. All’inizio Pietro si rifiutò di permettere che il suo contenuto entrasse nel suo corpo, pretendendo di impartire lezioni di santità dinanzi alla salute divina: «Niente affatto, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di impuro e di contaminato» (Atti degli apostoli, 10, 14). Ma Dio gli rispose: «Le cose che Dio ha purificate, tu non farle impure» (ibidem, 10, 15). Pietro dovette ricevere ben tre dosi di quella medicina per comprendere appieno l’importanza di quella purificazione del corpo. Mentre rifletteva, tre uomini a mo’ di infermieri di un’ambulanza, lo portarono al “centro vaccinale”, la casa di Cornelio a Cesarea (cfr. Atti degli apostoli, 10, 19-22). Dopo aver compreso, al cospetto della famiglia di Cornelio lì radunata, che Dio gli aveva «mostrato di non chiamare nessun uomo impuro o contaminato» (Atti degli apostoli, 10, 28), battezzò tutti quale simbolo visibile della salute eucaristica universale. Quindi, dinanzi ai prevedibili attacchi dei protettori di un purismo religioso estraneo all’agire di Dio nella storia umana, Pietro, dopo aver raccontato la sua storia personale, disse semplicemente: «Chi ero io da potermi opporre a Dio?» (ibidem, 11, 17).

Purtroppo attualmente alcuni referenti integralisti della fede cristiana di diverse confessioni stanno inoculando in molti fratelli in tutto il mondo un sentimento contrario alla vaccinazione contro il covid-19. Basandosi su pregiudizi pseudoscientifici, letteralismi del testo biblico, ideologizzazioni della scienza e chiusi dogmi di fede, hanno convinto molte persone a non vaccinarsi. Ciononostante, grazie a Dio, la stragrande maggioranza dei leader e dei responsabili cristiani hanno difeso, sostenuto, collaborato e dato l’esempio dell’efficacia dei vaccini disponibili contro la pandemia.

Papa Francesco è stato uno dei primi a dare l’esempio, non solo vaccinandosi, ma facendo anche sì che lo Stato vaticano disponesse delle dosi necessarie per una vaccinazione estensiva. Ha inoltre dato la priorità alla vaccinazione dei poveri, degli emarginati, dei senzatetto, all’interno della stessa Città del Vaticano. I suoi gesti sono stati accompagnati da parole come queste: «Degno di lode è l’arduo lavoro dei medici, infermieri, personale sanitario, cappellani e volontari, che, in questi difficili momenti, oltre a curare i malati, a rischio della propria vita, sono stati il familiare e l’amico che mancava loro. Nel riconoscere gli sforzi compiuti nella ricerca di un vaccino efficace per il covid-19 in tempi così brevi, desidero ribadire che l’immunizzazione estensiva deve essere considerata un “bene comune universale”, nozione che richiede azioni concrete che ispirino tutto il processo di ricerca, produzione e distribuzione dei vaccini» (Lettera del Santo Padre Francesco in occasione del XXVII vertice iberoamericano dei capi di Stato e di governo, Andorra, 20-21 aprile 2021).

È tempo di comprendere che se vogliamo estendere il dono della vita e della salute dei popoli, i responsabili della fede cristiana devono promuovere in ogni modo possibile l’importanza della vaccinazione contro il covid-19 e l’accesso universale ai vaccini. La cosiddetta “immunità di gregge” si raggiungerà solo quando tutte le pecore cammineranno tranquille verso gli erbosi pascoli della salute in mezzo alla valle oscura della morte (cfr. Salmi, 23). Che l’esempio di san Pietro, come quello del Santo Padre, serva da incoraggiamento affinché presto tutto ciò diventi realtà!


L'OSSERVATORE ROMANO, 9 agosto, 2021

Marcelo Figueroa
26 Agosto 2021
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