Mi è stato chiesto di presiedere le esequie di Padre Luigi in Casa Madre e volentieri avrei accettato di farlo, se il coronavirus non me l’avesse impedito. L’avrei fatto per l’affettuosa riconoscenza per lui e per la lunga consuetudine che mi ha legato a lui, e anche perché Luigi è il primo Saveriano che ho incontrato di persona quando sono entrato in noviziato a Nizza Monferrato il 2 ottobre 1964. E finalmente perché non riesco a dimenticare ciò che con voce commossa mi disse alla mia partenza per il Burundi il 30 gennaio 2018: “Te ne vai proprio ora …” sottinteso «che ne ho più bisogno». Parlava della sua sofferenza in quel momento, sintomo della sua malattia. Perciò supplisco alla mia forzata assenza con queste poche parole.
In questi ultimi 18 anni passati insieme nella Casa di Tavernerio - interrotti da un breve triennio romano - abbiamo lavorato insieme gomito a gomito sia dentro che fuori casa, approfondendo la reciproca conoscenza, anche se operavamo in settori diversi al servizio della famiglia saveriana. Volentieri quindi prendo la parola per porgergli l’ultimo commiato a nome anche dei confratelli della casa di Tavernerio, del Vescovo Oscar Cantoni, che espressamente mi ha detto il suo desiderio di essere presente, e di molti preti e laici di Como che l’hanno conosciuto ed apprezzato e che in questi alcuni giorni ci hanno testimoniato la loro partecipazione al nostro lutto. Lo faccio per raccontare brevemente chi è stato p. Luigi per noi, suoi fratelli e per me in particolare, perché sono convinto che p. Luigi può essere un sicuro riferimento per noi Saveriani, vecchi e giovani.
Luigi, lo possiamo dire, è stato un Saveriano riuscito, grazie alla combinazione del carattere sortito dalla natura e dall’educazione avuta in casa e poi dalla parola e dalla testimonianza del Fondatore. Aveva un carattere calmo e riflessivo, gioviale, tenace e positivo sul quale poi la grazia di Dio ha costruito la sua identità saveriana. Tre mi paiono i doni che lui ci lascia in quest’ora di commiato.
È stato anzitutto un Saveriano, innamorato di Gesù e della Chiesa, felice nella vocazione missionaria, che ha svolto con fedeltà, competenza e diligenza il suo lavoro di formatore e di superiore. Formare i futuri Saveriani è stato il dono che gli ha messo a servizio della missione. Con il suo impegno suppliva al fatto di non poter ritornare a lavorare direttamente in Bangladesh.
Luigi era un formatore nato ed è stato maestro per molti di noi, fino alla fine. Aveva il dono di ascoltare e promuovere l’altro, discreto e fermo nello stesso tempo, propositivo e aperto al dialogo. Mite della mitezza evangelica, era coraggioso anche quando incontrava degli ostacoli. Una religiosa con cui Luigi ha lavorato in questi ultimi anni lo descrive con molta precisione: «Era bello lavorare con lui perché sapeva trasmetteva passione e convinzione entusiasmandosi, a volte, con l’ingenuità di un bambino fino a farmi dimenticare … la sua età. Davanti a situazioni difficili, contradditorie non puntava mai l’indice verso la persona “colpevole” di dissapori o di disunione, esortava invece ad andare oltre e, in genere, lo faceva con un sorriso e con una parola leggermente ironica, ma poi al momento opportuno sapeva parlare con franchezza per la verità e la giustizia».
Quanti Saveriani hanno goduto della sua azione formativa negli anni della loro iniziazione saveriana e anche in quelli della loro maturità. Penso agli anni in cui insieme abbiamo diretto i «Tre mesi di Tavernerio». Tra saveriani e saveriane e altri missionari i partecipanti sono stati quasi cinquecento.
In secondo luogo, Padre Luigi aveva un senso acuto della comunione e della comunità. Amava la vita della comunità, si sentiva a suo servizio e non mancava di richiamare anche noi agli impegni comunitari che per primo lui onorava e manteneva. Amava la Chiesa locale di Como, il ministero nelle parrocchie e sempre cercava di trasmettere alle comunità cristiane la missionarietà. Era così inserito nella realtà della chiesa locale che il vescovo, di Como, mons. Oscar Cantoni, l’ha voluto come suo Delegato per la vita religiosa e suo consigliere per gli affari diocesani. Luigi non si tirava mai indietro quando c’era da lavorare, anche se - e tutti lo sapevamo - aveva subìto due importanti interventi al cuore.
Queste due caratteristiche erano - ed è questo il terzo punto - il riflesso e il frutto della sua vita personale di preghiera e di unione con Dio. Lo trovavamo presto la mattina nella Cappella di sant’Anna prima della celebrazione eucaristica, puntuale alla celebrazione dei Vespri e all’adorazione settimanale, e così in chiesa nel pomeriggio con il rosario in mano. Quella era la fonte da cui attingeva la generosità del suo servizio e la forza con cui ha affrontato la sua malattia lasciandoci sempre edificati per la sua serenità con cui ha portato l’ultima durissima croce.
In questi tre giorni ci siamo resi conto di quanta gente non solo lo conosceva, ma l’apprezzava e lo cercava per un consiglio o per l’accompagnamento della loro vita spirituale. Per questo al momento di consegnare alla terra il suo corpo mortale, sentiamo che il suo spirito è ancora vivo, e in questa Eucaristia ringraziamo Dio per avercelo dato e i suoi famigliari per averlo offerto alla missione e a noi, suoi fratelli, che vogliamo conservare nel cuore la sua figura affabile e semplice, perché quello che ci ha insegnato rimanga un tesoro prezioso che produca ancora frutti di santità, fraternità e missione per la gloria di Dio e il bene di tutti.
Grazie di tutto, caro Padre Luigi, riposa in pace.
Gabriele Ferrari s.x.
Tavernerio, 30 novembre 2020.
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