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Martirio in Burundi. P. Ottorino Maule

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Articolo apparso in Comix 63, 1995, pp. 25-28

OTTORINO MAULE

Un uomo di speranza

Volendo sintetizzare la vita e la morte eroica del P. Ottorino Maule, ci viene spontaneo citare, "Ogni albero si riconosce dal suo frutto. L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore" (Lc 6,44-45). Ma con altrettanta spontaneità viene da completare l'immagine biblica, aggiungendo "Ogni albero si riconosce sì dal suo frutto... ma anche dalle sue radici!". La figura di P. Ottorino deve essere vista alla luce anche delle sue origini.

Famiglia di vocazioni

Era nato a Gambellara (VI), il 7 aprile 1942. Il papà Giuseppe (già in cielo) e la mamma Maria Assunta, quasi novantenne, gli avevano dato una profonda fede cristiana vissuta e una famiglia numerosa, "tirata su come si deve". In un paese dove il maggior raccolto dell'anno si chiama vendemmia, il Signore chiama per sè e "coglie con le due mani" in casa di Assunta e Giuseppe Maule.

Il fratello Luigi si fa religioso dei Padri Somaschi. Attualmente missionario nelle Filippine. Delle sette sorelle, quattro sono religiose: Chiarina e Urbanina, delle dorotee di Vicenza, Giuliana e Patrizia, delle Domenicane della Beata Imelda.
Le tre sorelle Amelia, Carmela e Bruna, invece sono sposate. Ma dal ceppo Maule, P. Ottorino fa in tempo a vedere il fiorire della vocazione dei nipoti P. Giuseppe (attualmente in Cina), e Ottavio, studente saveriano a Desio.

Missionario

Fino alla V ginnasio il P. Ottorino è allievo del Seminario di Vicenza. La sua vocazione missionaria nasce dalla lettura delle riviste missionarie, dalle conferenze di missionari di passaggio, soprattutto del Saveriano P. Cannizzaro e del Comboniano P. Faré.

Vive intensamente il momento scelto. Scriveva al P. Maestro il 18 agosto 1959:
"Ormai mancano 20 giorni alla partenza. Tutti i dubbi e incertezze che avevo fino alla fine dell'anno scolastico, ormai sono scomparsi e attendo con ansia di poter entrare in noviziato e di iniziare bene l'anno che deve indirizzare bene la mia vita".

Soffre anche, ma è risoluto:
"Sono andato a Vicenza a salutare i superiori del seminario. A dir la verità mi sono sentito commosso nel partire di là, ma ho pensato che lascio un luogo per uno migliore. Non mi resta che pregare sempre il Signore e la Madonna, perché mi illuminino e mi aiutino a perseverare fino alla fine della mia vita" (al P. Maestro, 31 agosto 1959)

Ottorino è determinato e deciso, sempre. Ordinato presbitero il 15 ottobre 1967, consegue la Licenza in Teologia, con specializzazione in Liturgia, nel 1970.

Lo stesso anno, con grande gioia parte per il Burundi. Lavora a Muyange, Rumeza, Minago e poi ancora Rumeza, fino al 1979, quando con suo enorme sacrificio accetta l'avvicendamento in Italia.

Le attività in Italia

E' insegnante e poi superiore a Zelarino, per cinque anni, poi è eletto Superiore Regionale dell'Italia. Vive questo servizio con grande senso di responsabilità e con determinazione.

La Regione italiana registra il graduale passaggio dalle scuole apostoliche ai centri di animazione missionaria e vocazionale. La situazione sociale e religiosa dell'Italia sta mettendo in crisi quegli ambienti tradizionalmente prosperi di vocazioni. Si vive nell'incertezza, le case di formazione vanno svuotandosi. E' realmente difficile gestire questa nuova situazione, cercare non solo il rinnovamento delle strutture, ma anche delle persone, che siano preparate ed entusiaste, disposte a lavorare in queste condizioni. Qualcuno definisce questi anni come il periodo della "decadenza nell'impegno missionario vocazionale, a tutti i livelli".

Ottorino "tiene duro", percorre l'Italia da cima a fondo, partecipa alle programmazioni delle comunità, incontra confratelli, propone, discute e qualche volta, proprio per il suo carattere deciso, incontra anche delle opposizioni, qualcuno soffre... al suo passaggio!

Chi lo conosce, sa della sua rettitudine; del resto ci si meraviglia che, dopo una discussione anche accesa, ritorni con estrema facilità alla serenità, distinguendo sempre la persona dal problema.

Comunque, avvicinandosi lo scadere del mandato di Superiore Regionale, scriveva alla Direzione Generale:
"Proprio oggi la liturgia propone il discorso di Gamaliele e in questo contesto non ho potuto fare a meno di ringraziare il Signore, che per tanti anni mi ha fatto il dono di dedicarmi a "opere di Dio", quali l'annuncio del Vangelo ai non cristiani, il servizio ai fratelli e alla formazione, soprattutto la consacrazione religiosa e il sacerdozio. Le difficolt… incontrate, in particolare quelle di quest'anno, sono niente in vista di questa prospettiva" (Parma, 7 aprile 1989).
E alla vigilia di ripartire per il Burundi, scrive ancora:
"Dato che confido tanto nella misericordia di Dio, metto tutto nelle Sue mani, e riprendo volentieri il cammino per l'Africa, conservando un ricordo fondamentalmente positivo degli anni trascorsi in Italia (...). Mi sono sentito accolto e amato dai confratelli, ho portato una croce mai eccessivamente pesante, mi sento arricchito dalle esperienze fatte... e pronto a riprendere il cammino...(a P. Zucchinelli, 1 maggio 1990).

Di nuovo in Burundi

Nel 1991 ritorna in Burundi, dopo un periodo di aggiornamento a Parigi. E' destinato a Buyengero.
L'attività apostolica gli impone un ritmo sostenuto, ma è felice e fiducioso; lo scrive lui stesso:
"Il lavoro non manca e mi trovo veramente bene. C'è sempre l'interrogativo sull'avvenire, soprattutto politico: il prossimo referendum sulla costituzione, le elezioni politiche e amministrative, la democratizzazione del paese. Sono ottimista e credo che il tutto si risolverà bene, non ostante quanto è successo in novembre-dicembre. Il processo di democratizzazione continua e la popolazione non ne vuol sapere di violenza e di sangue" (al P. Generale, 26 febbraio 1992).

Purtroppo la guerriglia si rafforza, mettendo sempre più in difficoltà l'ala moderata di chi governa il Burundi. Ma P. Ottorino è sempre un uomo di speranza.

Scriveva il 13 novembre 1994:
"Qui da noi, a Buyengero, siamo ancora fortunati. Non ostante tutto facciamo il nostro lavoro pastorale e cerchiamo di collaborare per la pace e la concordia tra le razze. Raccomando alle vostre preghiere questo popolo".

Nelle lettere che scrive ai familiari, accenna sì alla guerriglia, alle morti, ma preferisce sottolineare il bene che succede nella sua esperienza quotidiana, bene fatto di solidarietà e di carità samaritana: "Questa mattina sono partito per portare una partoriente all'ospedale e poi sono andato a Kanyinya per la seconda messa, e per la festa dei ragazzi appartenenti al movimento eucaristico... La donna di questa mattina era al primo parto e l'infermiera mi diceva che il bambino era già morto: bisognava portarla all'ospedale. Potete immaginare se la gente non ci vuol bene. In simili occasioni non ha nessun'altra possibilità se non a venire a bussare da noi" (alla famiglia, 3 settembre 1995).

Fino al martirio

Ma la situazione precipita, ovunque. Lo si avverte negli scritti, ma ancor più dalla sua testimonianza diretta, quando viene in Italia per il Capitolo Generale, nel luglio scorso. Tra l'altro, commenta con i confratelli, dice di aver deciso in cuor suo e di fatto, di difendere la verità e la giustizia sempre. Probabilmente è stata questa sua presa di posizione (denunciò soldati Tutsi di aver assassinato codardamente una decina di giovani Hutu innocenti) la causa della vendetta e della sua morte, assieme al P. Aldo Marchiol e a Catina Gubert.

I suoi ultimi mesi di vita e di apostolato sono imbevuti di speranza e di dolore nello stesso tempo. Mentre sogna la riconciliazione e la pace finalmente possibili, è costretto dagli avvenimenti quotidiani a fare i conti con la violenza e la morte. Ma rimane sicuro al suo posto. Sono tutti d'accordo di restare vicino alla gente. Una testimonianza, sempre di P. Ottorino, vale per tutte ed è sufficiente per spiegare che il suo martirio ‚ stato un dono, una grazia di Dio. E' lui stesso a riferire quanto segue:
"In marzo, in un momento particolare di tensione e di pericolo, il governo italiano ci invitava a rientrare in patria. Alla radio del Burundi avevano parlato di questo invito. Immaginate l'allarme che la notizia aveva portato tra la nostra gente. Un ragazzo mi ha chiesto: "E' vero che ve ne andate?". Gli ho risposto: "Noi abbiamo deciso di restare con voi!" Dovreste aver visto il sorriso e la gioia sul suo volto!" (Voce dei Berici, 30 luglio 1995).
P. Ottorino, con P. Aldo e Catina, è rimasto fino al martirio.

Padre, mandi altri missionari

A Gambellara, poco prima della concelebrazione in ricordo di P. Ottorino, mamma Maria Assunta, diceva a P. Eduardo Garcia, Vicario Generale: "Padre, dica al Padre Generale, che mandi altri missionari al posto di mio figlio Ottorino!".

Renato Trevisan sx

Trevisan Renato sx
30 Settembre 2015
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