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Ravviva il carisma di Dio che è in te!

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Pubblichiamo la sintesi (non rivista dall’autore) di una delle conferenze presentate la settimana scorsa alla 99 Assemblea della USG (Unione Superiori Generali), sul tema: “Ravviva il carisma di Dio che è in te!”. L’autore, P. Mauro-Giuseppe Lepori OCist, è Abate Generale dell’Ordine Cistercense; è molto conosciuto per la pubblicazione di numerosi libri e articoli, tradotti in varie lingue, per le sue conferenze e la predicazione di ritiri spirituali.

Per chi fosse interessato,  è possibile scaricare in PDF – in lingua italiana, francese ed inglese – il testo completo dell’intervento di P. Lepori. 

99ª Assemblea USG – 24 maggio 2023

Rinnovamento, vita e fuoco

“Ti ricordo di ravvivare il carisma di Dio, che è in te” (2Tm 1,6)

Su questa frase di san Paolo al suo discepolo Timoteo rifletto molto da vari anni, soprattutto per capire come il Signore ci chiede e ci dona di affrontare la crisi che stiamo vivendo tutti. […]

Questo impegno a rinnovare la vita del fuoco del carisma di Dio che abbiamo ricevuto è un compito urgente oggi più che mai. Infatti, ovunque percepiamo che la vita di questo fuoco si sta come spegnendo, che sotto la cenere la brace si sta raffreddando. […]

Che ne è del soffio sulla brace che fu il Concilio Vaticano II, che ne è del soffio di san Paolo VI, di san Giovanni Paolo II, di Papa Benedetto XVI e ora di Francesco? […]

Il tesoro nel campo

Negli ultimi tempi, quando mi pongo queste domande riguardo al mio Ordine e alla vita monastica in generale, mi aiuta, se non a capire questa situazione, almeno a pensarci alla luce del Vangelo, la parabola del tesoro nascosto nel campo: […] (Mt 13,44)

[…] la vocazione di ognuno di noi avviene sempre un po’ così. Scopriamo che in quella comunità, in quell’Ordine o Congregazione, in quella determinata missione, c’è nascosto un tesoro, un tesoro che incontrando quella forma di vita scopriamo essere un rapporto più profondo e vivo con Gesù Cristo. In fondo, scopriamo subito che quel tesoro è la perla dell’amore di Cristo che il nostro cuore vuole stringere a sé e tenere sempre in sé. […]

Così, l’inizio vero e proprio di ogni cammino vocazionale, dopo la prima rinuncia a tutto, consiste nel ritrovarsi in possesso di un nuovo campo su cui vivere, ma un campo che ha la caratteristica per noi unica e irripetibile, di nascondere il tesoro della nostra vita. […]

Ma a questo punto spesso, troppo spesso, succede che sia le singole persone, ma anche intere comunità, venendosi a trovare a vivere sul campo per comprare il quale hanno venduto tutto, perché in esso c’è il tesoro, ebbene su quel campo, invece che scavare tutta la vita per ritrovare il tesoro nascosto, cosa si fa? Si passa la vita a… coltivare l’insalata! […]

La quantità che si esaurisce e la profondità che disseta

[…]

Noi, e io per primo, siamo sempre molto inquieti e ansiosi di trovare ciò che ci soddisfi e ci rassicuri. Allora ci affanniamo a cercare ovunque e in ogni modo la soluzione della mancanza che proviamo, […] Ma facciamo una ricerca quantitativa (“la quantità della ricerca”). In fondo cerchiamo di diventare ricchi di ciò che ci deve soddisfare, di riempire i granai, di avere molte riserve, come il ricco insensato della parabola […] (Lc 12,20-21)

Noi abbiamo sempre la tendenza, nata con il peccato originale, di mettere la nostra sicurezza in quello che possediamo, in quello che accumuliamo, […]. Una quantità che non ci soddisfa mai, che non sarà mai sufficiente. Perché? Perché il nostro cuore non è creato per soddisfarsi e sentirsi sicuro di questo. Il nostro cuore è fatto per sentirsi sicuro e soddisfatto da Qualcuno, dal Padre. […]

… è meglio tornare dal Padre, alle radici, come povero servo, salariato, che essere un figlio che va lontano dal Padre e vede esaurirsi la quantità di beni che pensava di possedere lontano dal Padre, senza riceverli e accoglierli dal suo amore. […]

… se si perde il rapporto col Padre, sorgente della vita, si perde tutto. Se uno perde la sua vita, la sua anima, non è più se stesso, non è più il soggetto della sua esistenza, e tutta la quantità di beni che crede di possedere, la perde, perché lui non c’è più, non è più qualcuno, non è più un “io” che possiede, che gode, che può essere felice e soddisfatto.

Trasmettere la vita

Ma dico questo perché stavamo meditando sul carisma, sul nostro carisma. […] … il carisma vuol dire letteralmente “dono di Dio”, quindi è qualcosa che sgorga direttamente dalla sorgente della vita che è Dio, il Padre, che è il Cristo pasquale. […]

La questione è essere coscienti del nostro carisma. Non tanto di quello che dobbiamo fare, ottenere, garantire. La vera domanda è qual è il dono di Dio che dobbiamo accogliere sempre di nuovo, che dobbiamo, appunto, ravvivare. […] Il dono si ravviva ravvivando il rapporto con il Donatore. Ravvivare il dono vuol dire aprire di nuovo le mani vuote davanti a un Padre buono che ci dà tutto; vuol dire domandare quello che Dio ci dona. Domandarlo, accoglierlo, e ringraziare.

[…] anche quando si è vecchi, quando si è pochi, si può sempre accogliere un dono, si può sempre avere una relazione confidente con il Padre e il Figlio, per accogliere lo Spirito. Anzi! Se non si accoglie il dono di Dio, è inutile essere giovani, è inutile essere tanti. Non si vive la vocazione quando non si accoglie il dono, il carisma.

Spesso vogliamo avere vocazioni senza accettare di generarle. Vogliamo membri delle nostre comunità più per sopravvivere che per trasmettere la vita. […] in questo, tradiamo una concezione “archivistica” del carisma, come se le vocazioni dovessero venire per conservare un museo, un patrimonio, più che per trasmetterlo. Anche in questo, perdiamo allora la connessione con la sorgente, con le radici del carisma, perché Dio ce lo dona per rimanerne Lui la fonte inesauribile, non per conservarlo sotto terra, come il talento del servo malvagio e pigro (cfr. Mt 25,24-30).

A Dio non importa lo spreco dei suoi beni, dell’eredità materiale. Dà senza esitare l’eredità al figlio minore, e sa che la sperpererà. Ciò che importa a Dio è il dono del suo amore di Padre e che noi torniamo ad attingere da Lui la sua grazia, anche se abbiamo perduto tutto il resto. Cerco di ricordarmi di questo quando spendiamo tante energie e anche soldi per la formazione dei nostri giovani che poi spesso se ne vanno.

Come si riparte?

[…]

Settimana scorsa mi ha particolarmente colpito nella liturgia la lettura degli Atti degli Apostoli in cui si narra dell’imprigionamento di Paolo e Sila a Filippi (cfr. At 16,22-34). La folla si era sollevata contro di loro, e i magistrati li avevano fatti bastonare violentemente, poi li avevano gettati in fondo a un carcere coi piedi serrati nei ceppi.

[…] proprio dal fondo di questa totale indigenza umana, Paolo e Sila iniziano a cantare inni a Dio. Non si sono fermati a gemere sulla loro situazione e condizione, sulle loro ferite e sull’ingiustizia che subivano. […] Hanno iniziato a ravvivare la fiammella della loro comunione fraterna e della loro comunione filiale col Padre. Ed è bastato questo, per dare inizio a un grande incendio. […] non è che l’ulteriore diffondersi del fuoco del carisma, tutto alimentato dalla sorgente dello Spirito.

Ecco, sempre più mi rendo conto, assieme ad altri, che un rinnovamento inizia dall’umiltà di accettare che a noi non è chiesto di più che di offrire un gesto semplice di fraterna comunione che si apre a Dio. E quando vediamo che il miracolo del carisma si ravviva, allora dobbiamo riconoscere che Dio non ci chiedeva nulla di più, e che spesso abbiamo sprecato troppe energie e troppo tempo a pretendere che il rinnovamento dovesse venire da noi piuttosto che dallo Spirito Santo.


¡Reaviva el carisma de Dios en ti!

99ª Asamblea de la USG - 24 de mayo de 2023

Renovación, vida y fuego

“Te recomiendo que reavives el carisma de Dios, que está en tí” (2Tm 1,6)

Llevo varios años reflexionando mucho sobre esta frase de San Pablo a su discípulo Timoteo, sobre todo para entender cómo el Señor nos pide y nos concede para afrontar la crisis que todos estamos viviendo. [...]

Este compromiso de renovar la vida del fuego del carisma de Dios que hemos recibido es una tarea urgente hoy más que nunca. En efecto, en todas partes percibimos que la vida de este fuego se apaga, que bajo las cenizas se enfrían las brasas. [...]

¿Qué ha sido del soplo sobre las brasas que fue el Concilio Vaticano II, qué ha sido del soplo de San Pablo VI, de San Juan Pablo II, del Papa Benedicto XVI y ahora de Francisco? [...]

El tesoro en el campo

Últimamente, cuando me hago estas preguntas sobre mi Orden y la vida monástica en general, me ayuda, si no a comprender esta situación, al menos a pensarla a la luz del Evangelio, la parábola del tesoro escondido en el campo: [...] (Mt 13,44).

[...] la vocación de cada uno de nosotros sucede siempre un poco así. Descubrimos que en esa comunidad, en esa Orden o Congregación, en esa misión concreta, hay un tesoro escondido, un tesoro que al encontrarnos con esa tal forma de vida descubrimos que es una relación más profunda y viva con Jesucristo. A fin de cuentas, pronto descubrimos que ese tesoro es la perla del amor de Cristo que nuestro corazón quiere estrechar y retener en sí mismo. [...]

De esta manera, el verdadero y justo comienzo de todo camino vocacional, después de la primera renuncia a todo, consiste en encontrarnos en posesión de un nuevo campo en el cual vivir, pero un campo que tiene para nosotros la característica única e irrepetible de esconder el tesoro de nuestra vida. [...]

Pero llegados a este punto sucede a menudo, con demasiada frecuencia, que tanto individuos como comunidades enteras se encuentran viviendo en el campo que para comprarlo han vendido todo, porque en él está el tesoro, pues bien, en ese campo, en lugar de cavar toda la vida para encontrar el tesoro escondido, ¿qué se hace? Uno se pasa la vida... ¡cultivando lechugas! [...]

La cantidad que se agota y la profundidad que sacia la sed

[...]

Nosotros, y yo por primero, estamos siempre muy inquietos y ansiosos por encontrar aquello que nos satisfaga y nos tranquilice. Así que nos afanamos en buscar, por todas partes y en todas las formas, la solución a la carencia que sentimos, [...] Pero hacemos una búsqueda cuantitativa (“la cantidad de la búsqueda”). En realidad, buscamos hacernos ricos de aquello que debe satisfacernos, de llenar los graneros, de tener muchas reservas, como el rico insensato de la parábola [...] (Lc 12,20-21).

Siempre tenemos la tendencia, nacida con el pecado original, de poner nuestra seguridad en lo que poseemos, en lo que acumulamos, [...]. Una cantidad que nunca nos satisface, que nunca será suficiente. ¿Por qué? Porque nuestro corazón no está hecho para estar satisfecho y sentirse seguro a partir de eso. Nuestro corazón está hecho para sentirse seguro y satisfecho por Alguien, por el Padre. [...]

... es mejor volver al Padre, a las raíces, como un siervo pobre, asalariado, que ser un hijo que se aleja del Padre y que, lejos del Padre, ve agotarse la cantidad de bienes que creía poseer, sin recibirlos y aceptarlos de su amor. [...]

... si se pierde la relación con el Padre, fuente de la vida, se pierde todo. Si uno pierde su vida, su alma, ya no es él mismo, ya no es el sujeto de su existencia, y toda la cantidad de bienes que cree poseer, la pierde, porque él ya no está, ya no es alguien, ya no es un “yo” que posee, que goza, que puede ser feliz y estar satisfecho.

Transmitir la vida

Pero digo esto porque estábamos meditando sobre el carisma, sobre nuestro carisma. [...] ... carisma significa literalmente “don de Dios”, por tanto, es algo que brota directamente de la fuente de la vida que es Dios, el Padre, que es el Cristo pascual. [...]

La cuestión es ser conscientes de nuestro carisma. No tanto de lo que debemos hacer, obtener, garantizar. La verdadera cuestión es cuál es el don de Dios que debemos acoger siempre de nuevo, que debemos, en efecto, reavivar. [...] El don se reaviva reavivando la relación con el Dador. Reavivar el don significa volver a abrir las manos vacías ante un Padre bueno que nos lo da todo; significa pedir lo que Dios nos da. Pedirlo, acogerlo y dar gracias.

[...] incluso cuando se es viejo, cuando se es en pocos, siempre se puede acoger un don, siempre se puede tener una relación de confianza con el Padre y con el Hijo, para acoger al Espíritu. Por el contrario, si no se acoge el don de Dios, es inútil ser joven, es inútil ser muchos. No se vive la vocación cuando no se acoge el don, el carisma.

A menudo queremos tener vocaciones sin aceptar generarlas. Queremos miembros para nuestras comunidades más para sobrevivir que para transmitir vida. [...] en esto, caemos en una concepción “archivística” del carisma, como si las vocaciones debieran venir a conservar un museo, un patrimonio, más que para transmitirlo. Incluso en esto, perdemos también la conexión con la fuente, con las raíces del carisma, porque Dios nos lo da para seguir siendo Él su fuente inagotable, no para conservarlo bajo tierra, como el talento del siervo malo y perezoso (cfr. Mt 25, 24-30).

A Dios no le importa el despilfarro de sus bienes, de la herencia material. Da la herencia al hijo menor sin dudarlo, y sabe que la malgastará. Lo que le importa a Dios es el don de su amor de Padre y que volvamos a buscar en Él su gracia, aunque hayamos perdido todo lo demás. Intento recordar esto cuando gastamos tanta energía e incluso dinero en la formación de nuestros jóvenes, que luego suelen marcharse.

¿Cómo se vuelve a empezar?

[...]

La semana pasada me impresionó especialmente en la liturgia la lectura de los Hechos de los Apóstoles en la que se narra el encarcelamiento de Pablo y Silas en Filipos (cfr. Hch 16,22-34). La muchedumbre se había sublevado contra ellos, y los magistrados los hicieron golpear violentamente, luego los arrojaron al fondo de una cárcel con los pies asegurados en los cepos.

[...] Desde lo más profundo de esta total indigencia humana, Pablo y Silas comenzaron a cantar himnos a Dios. No se detuvieron a lamentarse de su situación y condición, de sus heridas y de la injusticia que sufrían. [...] Comenzaron a reavivar la llama de su comunión fraterna y de su comunión filial con el Padre. Y esto bastó para encender un gran fuego. [...] que no es más que la propagación ulterior del fuego del carisma, todo ello alimentado por la fuente del Espíritu.

De esta manera, cada vez más me doy cuenta, junto con otros, de que la renovación comienza con la humildad de aceptar que no se nos pide nada más, sino ofrecer un simple gesto de comunión fraterna que se abre a Dios. Y cuando veamos que se reaviva el milagro del carisma, entonces hemos de reconocer que Dios no nos pedía nada más, y que a menudo hemos desperdiciado demasiadas energías y demasiado tiempo pretendiendo que la renovación debía venir de nosotros y no del Espíritu Santo.


Ranime le charisme de Dieu qui est en toi !

99e Assemblée USG – 24 mai 2023

Renouveau, vie et feu

"Je t’exhorte à ranimer le charisme de Dieu qui est en toi" (2Tim 1,6)

Je réfléchis beaucoup, depuis plusieurs années, sur cette phrase de saint Paul à son disciple Timothée, surtout pour comprendre comment le Seigneur nous demande et nous donne d’affronter la crise que nous sommes tous en train de traverser. […]

Cet engagement à renouveler la vie par le feu du charisme de Dieu que nous avons reçu, est aujourd’hui plus que jamais une tâche urgente. En effet, partout on s’aperçoit que la vie de ce feu s’éteint et que, sous la cendre, les braises se refroidissent. […]

Qu’en est-il du souffle sur les braises qu’a été le Concile Vatican II, qu’en est-il du souffle de saint Paul VI, de saint Jean-Paul II, du pape Benoît XVI et maintenant de François ? […]

Le trésor sur le terrain

Ces derniers temps, quand je me pose ces questions sur mon Ordre et sur la vie monastique en général, cela m’aide, sinon à comprendre cette situation, du moins à y réfléchir à la lumière de l’Évangile, la parabole du trésor caché dans le champ : [...] ( Mt 13.44)

[...] La vocation de chacun de nous se passe toujours un peu comme ça. Nous découvrons que dans cette communauté, dans cet Ordre ou cette Congrégation, dans cette mission spécifique, il y a un trésor caché, un trésor qui nous fait découvrir cette forme de vie comme une relation plus profonde et plus vivante avec Jésus-Christ. Au fond de nous, nous découvrons immédiatement que ce trésor est la perle de l’amour du Christ, que notre cœur veut embrasser et toujours garder en lui. […]

Ainsi, le vrai début de tout cheminement vocationnel, après le premier renoncement à tout, consiste à se trouver en possession d’un nouveau domaine où vivre, mais un domaine qui a pour nous la caractéristique unique et irremplaçable de cacher le trésor de notre vie. […]

Mais à ce moment-là souvent, trop souvent, il arrive que des individus, mais aussi des communautés entières, se retrouvent à vivre sur le terrain, acheté en vendant tous leurs biens car il contient le trésor. Eh bien, sur ce terrain, au lieu de creuser toute leur vie pour trouver le trésor caché, qu’est-ce qu’on fait ? On passe sa vie… à cultiver de la salade ! […]

La quantité qui s’épuise et la profondeur qui désaltère

[…] Nous, et moi d’abord, sommes toujours très inquiets et anxieux de trouver ce qui nous satisfait et nous rassure. Alors on se bat pour chercher partout et dans tous les sens la solution au manque que l’on ressent, [...] Mais on fait une recherche quantitative ("la quantité de la recherche"). Au fond on cherche à s’enrichir de ce qui doit nous satisfaire, à remplir les greniers, à avoir beaucoup de réserves, comme le riche insensé de la parabole [...] (Lc 12,20-21)

Nous avons toujours tendance, nés avec le péché originel, à placer notre sécurité dans ce que nous possédons, dans ce que nous accumulons, […]. Une quantité qui ne nous satisfait jamais, qui ne suffira jamais. Pourquoi? Parce que notre cœur n’est pas créé pour être satisfait et avoir confiance en cela. Notre cœur est fait pour se sentir en sécurité et satisfait par Quelqu’un, par le Père. […]

… il vaut mieux retourner vers le Père, vers ses racines, comme un pauvre serviteur, un salarié, que d’être un fils qui s’éloigne du Père et voit fuir la quantité de biens qu’il croyait posséder loin du Père dehors, sans les recevoir et les accueillir de son amour. […]

… si la relation avec le Père, source de vie, est perdue, tout est perdu. Si quelqu’un perd sa vie, son âme, il n’est plus lui-même, il n’est plus le sujet de son existence, et il perd toute la quantité de biens qu’il croit posséder, parce qu’il n’est plus là, il n’est plus quelqu’un. , il n’est plus un « je » qui possède, qui jouit, qui peut être heureux et satisfait.

Transmettre la vie

Mais je dis cela parce que nous méditons sur le charisme, sur notre charisme. [...] ...le charisme signifie littéralement "don de Dieu". C’est donc quelque chose qui découle directement de la source de la vie qui est Dieu, le Père, qui est le Christ pascal. […]

La question est d’être conscient de notre charisme. Pas tellement de ce que nous avons à faire, à obtenir, à garantir. La vraie question est de savoir quel est le don de Dieu qu’il faut toujours accueillir à nouveau, qu’il faut justement raviver. [...] Le don est ravivé en ravivant la relation avec le Donateur. Faire revivre le don signifie rouvrir nos mains vides devant un bon Père qui nous donne tout; cela signifie demander ce que Dieu nous donne. Demandez-lui, accueillez-le et remerciez-le.

[...] Même quand tu es vieux, quand on est peu nombreux, tu peux toujours accueillir un don, tu peux toujours avoir une relation de confiance avec le Père et le Fils, pour accueillir l’Esprit. Au contraire! Si le don de Dieu n’est pas accepté, il est inutile d’être jeune, il est inutile d’être nombreux. La vocation n’est pas vécue quand le don, le charisme n’est pas accepté.

On veut souvent avoir des vocations sans accepter de les générer. Nous voulons que les membres de nos communautés survivent plus qu’ils ne meurent. [...] Nous trahissons en cela une conception « archivistique » du charisme, comme si les vocations devaient venir conserver un musée, un patrimoine, plutôt que le transmettre. En cela aussi, nous perdons alors le lien avec la source, avec les racines du charisme, car Dieu nous le donne pour en rester la source intarissable, non pour le garder sous terre, comme le talent du serviteur méchant et paresseux (cf. Mt 25, 24-30).

Dieu ne se soucie pas du gaspillage de ses biens, de l’héritage matériel. Sans hésiter, il donne l’héritage à son fils cadet, et sait qu’il le dilapidera. Ce qui importe à Dieu, c’est le don de son amour paternel et que nous revenions puiser en lui sa grâce, même si nous avons tout perdu. J’essaie de m’en souvenir alors que nous dépensons tant d’énergie et même d’argent pour former nos jeunes qui souvent abandonnent nos communautés.

Comment recommencer ?

[…] La semaine dernière, j’ai été particulièrement frappé dans la liturgie par la lecture des Actes des Apôtres qui raconte l’emprisonnement de Paul et de Silas à Philippes (voir Actes 16, 22-34). La foule se souleva contre eux, et les magistrats les firent battre violemment, puis jeter au fond d’une prison les pieds dans les bâtons.

[...] Du fond de cette totale indigence humaine, Paul et Silas se mettent à chanter des hymnes à Dieu. Ils n’ont pas perdu leur temps à se lamenter sur leur situation et condition, leurs blessures et l’injustice subie. [...] Ils ont commencé à raviver la flamme de leur communion fraternelle et de leur communion filiale avec le Père. Et c’était suffisant pour allumer un grand feu. [...] Cela n’est rien d’autre que la propagation du feu du charisme, le tout alimenté par la source de l’Esprit.

Ici, je réalise de plus en plus, avec d’autres, qu’un renouveau commence par l’humilité d’accepter qu’on ne nous demande rien de plus que d’offrir un simple geste de communion fraternelle qui s’ouvre à Dieu. Et quand nous voyons que le miracle du charisme se ranime, alors nous devons reconnaitre que Dieu ne nous a rien demandé de plus, et que nous avons souvent perdu trop d’énergie et trop de temps à prétendre que le renouveau devait venir de nous plutôt que de l’Esprit Saint.


Revive God's charism in you!

99thUSG Assembly - 24 May 2023

Renewal, life and fire

"I remind you to rekindle the charism of God, which is in you" (2Tm 1:6)

I have been reflecting a lot on this phrase of St Paul to his disciple Timothy for several years, especially to understand how the Lord asks us and gives us to face the crisis we are all experiencing.  [...]

This commitment to renew the life of the fire of God's charism that we have received is an urgent task today more than ever. In fact, everywhere we perceive that the life of this fire is becoming extinguished, that under the ashes the embers are cooling.  [...]

What has become of the breath on the embers that was the Second Vatican Council, what has become of the breath of St Paul VI, of St John Paul II, of Pope Benedict XVI and now of Francis? [...]

The treasure in the field

Lately, when I ask myself these questions about my Order and monastic life in general, it helps me, if not to understand this situation, at least to think about it in the light of the Gospel, the parable of the treasure hidden in the field: [...] (Mt 13:44)

[...] the vocation of each one of us always happens a little bit like this. We discover that in that community, in that Order or Congregation, in that particular mission, there is a treasure hidden, a treasure that by encountering that form of life we discover to be a deeper and more living relationship with Jesus Christ. At the end of the day, we soon discover that that treasure is the pearl of Christ's love that our heart wants to clasp and hold in itself. [...]

Thus, the true and proper beginning of every vocational journey, after the first renunciation of everything, consists in finding ourselves in possession of a new field on which to live, but a field that has the unique and unrepeatable characteristic for us of hiding the treasure of our life. [...]

But at this point it often, all too often, happens that both individuals, but also entire communities, find themselves living on the field to buy the thing they have sold everything to buy, because in it is the treasure, well on that field, instead of digging all their lives to find the hidden treasure, what do they do? One spends one's life ... growing lettuce! [...]

The quantity that exhausts and the depth that quenches the thirst

[...]  We, and I for one, are always very restless and anxious to find that which satisfies and reassures us. So we scramble to search everywhere and in every way for the solution to the lack we feel, [...] But we do a quantitative search ('the quantity of the search'). At the end we seek to become rich in what must satisfy us, to fill the granaries, to have many reserves, like the senseless rich man in the parable [...] (Lk 12:20-21)

We always have the tendency, born with original sin, to put our security in what we possess, in what we accumulate, [...]. A quantity that never satisfies us, that will never be enough. Why? Because our heart is not made to be satisfied and feel secure. Our heart is made to feel secure and satisfied by Someone, by the Father. [...]

... it is better to go back to the Father, to the roots, as a poor servant, a wage earner, than to be a son who goes far from the Father and sees the amount of goods he thought he possessed far from the Father run out, without receiving them and receiving them from his love. [...]

... if one loses the relationship with the Father, the source of life, one loses everything. If one loses his life, his soul, he is no longer himself, he is no longer the subject of his existence, and all the quantity of goods he thought he possessed, he loses it, because he is no longer there, he is no longer someone, he is no longer an 'I' who possesses, who enjoys, who can be happy and satisfied.

Transmitting life

But I say this because we were meditating on the charism, on our charism. [...] ... charisma literally means 'gift of God', so it is something that flows directly from the source of life which is God, the Father, which is the Paschal Christ. [...] 

The question is to be conscious of our charism. Not so much what we must do, obtain, guarantee. The real question is what is the gift of God that we must always welcome anew, that we must, indeed, revive. [...] The gift is revived by reviving the relationship with the Giver. Reviving the gift means opening again our empty hands before a good Father who gives us everything; it means asking for what God gives us. To ask for it, to accept it, and to give thanks.

[...] even when you are old, when you are few, you can always welcome a gift, you can always have a trusting relationship with the Father and the Son, to welcome the Spirit. Indeed! If one does not welcome God's gift, it is useless to be young, it is useless to be many. One does not live a vocation when one does not welcome the gift, the charism.

We often want to have vocations without accepting to generate them. We want members of our communities more to survive than to transmit life. [...] in this, we betray an "archival" conception of charism, as if vocations should come to preserve a museum, a heritage, rather than to transmit it. Even in this, we then lose the connection with the source, with the roots of the charism[...] even when you are old, when you are few, you can always welcome a gift, you can always have a trusting relationship with the Father and the Son, to welcome the Spirit. Indeed! If one does not welcome God's gift, it is useless to be young, it is useless to be many. One does not live a vocation when one does not welcome the gift, the charism.

We often want to have vocations without accepting to generate them. We want members of our communities more to survive than to transmit life. [...] in this, we betray an "archival" conception of charisma, as if vocations should come to preserve a museum, a heritage, rather than to transmit it. Even in this, we then lose the connection with the source, with the roots of the charisma, because God gives it to us to remain its inexhaustible source, not to conserve it underground, like the talent of the wicked and lazy servant (cf. Mt 25:24-30).

God does not mind the waste of His goods, of material inheritance. He gives the inheritance to the younger son without hesitation, and he knows that he will squander it. What matters to God is the gift of his love as a Father and that we return to draw from him his grace, even if we have lost everything else. I try to remember this when we spend so much energy and even money on the training of our young people who then often leave.

How do we start again?

[...]

Last week I was particularly struck in the liturgy by the reading from the Acts of the Apostles in which the imprisonment of Paul and Silas in Philippi is recounted (cf. Acts 16:22-34). The crowd had risen up against them and the magistrates had them beaten violently, then threw them to the bottom of a prison with their feet locked in the stocks.

[...] From the very depths of this total human destitution, Paul and Silas began to sing hymns to God. They did not stop to moan about their situation and condition, their wounds and the injustice they were suffering. [...] They began to rekindle the flame of their fraternal communion and their filial communion with the Father. And this was enough to start a great fire. [...] It is but the further spread of the fire of the charism, all fed by the source of the Spirit.

Here, more and more I realize, along with others, that a renewal begins with the humility of accepting that nothing more is asked of us than to offer a simple gesture of fraternal communion that opens up to God. And when we see that the miracle of the charism is revived, then we must recognize that God was not asking anything more of us, and that we have often wasted too much energy and too much time pretending that renewal should come from us rather than from the Holy Spirit., because God gives it to us to remain its inexhaustible source, not to conserve it underground, like the talent of the wicked and lazy servant (cf. Mt 25:24-30).

God does not mind the waste of His goods, of material inheritance. He gives the inheritance to the younger son without hesitation, and he knows that he will squander it. What matters to God is the gift of his love as a Father and that we return to draw from him his grace, even if we have lost everything else. I try to remember this when we spend so much energy and even money on the training of our young people who then often leave.

P. Mauro-Giuseppe Lepori
02 junho 2023
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