P. GIUSEPPE CRIPPA
Bergamo - 1 ottobre 1934
Bujumbura (Repubblica Democratica del Congo) - 26 ottobre 2009
Alle 02,45 del 26 ottobre 2009, al Policlinico Centrale di Bujumbura, dove era stato ricoverato il 19 ottobre da Luvungi (Congo) per ictus cerebrale, è morto il P. Giuseppe Crippa.
Aveva 75 anni compiuti, essendo nato a Bergamo l'1.10.1934.
P. Crippa è la tipica vocazione fiorita e cresciuta in quei generosi terreni che erano le famiglie e le parrocchie della Diocesi di Bergamo nel primo dopoguerra. Difatti è il suo parroco che firma la sua presentazione, quando entrò all'Istituto a Grumone nell'ottobre 1945: «È un ragazzo da me ben conosciuto e seguito. È buono e di buona volontà. Ha un carattere, per la sua età, risoluto e volitivo. Credo che ben guidato potrà fare buona riuscita» (Don Teodoro Dolci, 29.7.46) .
Gli inizi risultarono movimentati e laboriosi poi il cammino scolastico e formativo si svolse con normale regolarità: Noviziato a S. Pietro in Vincoli (1951-52) e Prima Professione il 12.9.52; Liceo a Desio; Prefettato a Parma; Teologia a Piacenza (I e II) e a Parma (III e IV) dove fu ordinato presbitero il 26.10.1959. Questo il ritratto di P. Crippa, delineato nella presentazione agli ordini maggiori: «Più portato all'attività pratica e meccanica che alla speculazione. Pietà buona. Obbediente e premuroso. Discute con vivacità sostenendo i suoi punti di vista. Caritatevole e stimato dai confratelli. Sincero e leale».
Nella festa di S. Lucia del 1959 (il giorno dei regali in diverse località del Nord Italia) scrisse un biglietto al P. Generale, chiedendo «dalle mani generose di S. Lucia il dono tanto desiderato della missione». Il regalo non arrivò e alla conclusione degli studi teologici fu destinato all'Italia dove ebbe l'incarico di economo della casa di Alzano. Una comunità allora «con 85 apostolini. Erano ancora tempi di fatiche e di debiti» (22.2.96).
Nel 1965 fu destinato al Congo dove giunse nel 1966, dopo un anno di studio della lingua francese a Bruxelles.
Dal 1966 al 1976 operò nella pastorale parrocchiale e nella amministrazione: fu viceparroco ed economo a Kamituga (66-68), economo e procuratore della diocesi di Uvira (68-71), viceparroco a Kiringye – Centro Medico Sociale (72-75).
Dal 1976 al 1996 lavorò a Luvungi, viceparroco e incaricato della grande officina che serviva diverse diocesi e che fu impietosamente distrutta durante la guerra iniziata nel 1996. «Più di una volta l'ho sentito gridare per come usavamo le macchine. Una sua frase è sicuramente scritta nella storia dei Saveriani in Congo: “ Battezzate, battezzate e l’acqua non vi manca… salite in macchina e fate i vostri safari senza accorgervi che manca l’acqua nel radiatore … Si parla tanto di povertà, sì, di povertà e non si sa come si tiene una macchina!» (P. Lo Stocco, 26.10.09).
«Ricordo, scrive il P. Rino Benzoni (26.10.09), il 'sano' orgoglio con cui presentava il suo lavoro … Mi piace ricordare in questo momento che la missione ha bisogno di tante presenze e servizi, il più delle volte umili, ma anche il fatto che la sua attività principale non lo ha mai distolto dalla cura pastorale di una comunità cristiana».
Dal 1997 al 2004 fu a Bukavu con l'ufficio di Economo Regionale. «Erano gli anni della guerra; i contatti erano difficili; il Congo frequentemente isolato dal resto del mondo. Tutt'altro che facile, procurare il necessario per vivere. Non c'è comunità religiosa, non c'è realtà delle Diocesi di Bukavu, Uvira, Kasongo e di altre Diocesi, che non abbia ricevuto concreto aiuto dal P. Crippa che restava al tavolo di lavoro anche fino a mezzanotte per procurare il necessario» (P. G. Brentegani, 30.10.09).
Nel 2004 ritornò a lavorare nella Diocesi di Uvira, a Kavimvira. Quattro anni dopo, con il generoso aiuto dei suoi familiari, pose mano alla realizzazione di un suo sogno, la costruzione di un ospedale a Kamanyola.
Ma non ha potuto vederlo terminato. «Il Signore ha voluto chiamarlo a sé – ha commentato il P. Rino Benzoni – e dargli il premio di una lunga missione svolta con totale dedizione e mettendo a disposizione dei confratelli e della chiesa locale i doni che aveva ricevuto».
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