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Rastelli P. Caio

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Caio Rastelli

25 Marzo 1872- Ghiara di Fontanellato (Parma)
28 Febbraio 1901 - Tai-yen-fu (Cina)

- Nacque a Ghiara di Fontanellato (Parma) il 25 marzo 1872. 

- Entrò nel Seminario che Conforti aveva fondato nel 1895

- Ordinato prete nel 1898, divenne Vice Rettore del "Seminario Emiliano per le Missioni Estere". 

- Chiese in quelo stesso anno al Conforti di poter partire per la Cina. 

La risposta gli piombò sul capo come una piccola doccia fredda : "Ma don Caio, come posso fare senza di te? Non vedi quanto sono occupato in Curia dopo che il Vescovo mi ha nominato Vicario Generale?" 

La stessa sera un altro alunno del Seminario, unico studente del corso teologico, il suddiacono Odoardo Manini, si recò dal Conforti per dirgli: "Voglio partire anch'io...". Manini era "prefetto", ossia assistente della piccola comunità: nemmeno di lui si poteva far senza. E poi... non aveva nemmeno vent'anni ed era figlio unico... No: era impossibile! 

Il Fondatore si tormentava dentro, nella gioia di vedere l'ardore missionario dei suoi figli e nella impossibilità di poter aderire alle loro richieste. 

- Il 4 marzo dell'anno seguente, il 1899, fu il giorno degli addii. 

Rastelli partì da Genova il 7 marzo sul piroscafo tedesco "Prinz Heinrich". 

- Giunsero a Shanghai il 15 aprile. 

Qui cominciò la trasformazione: bisognava diventare cinesi! 

Arrivarono il 1° maggio a Taiyuan, la capitale della provincia dello Shanxi e del Vicariato apostolico; 

- Rastelli si mise con tutte le forze a immagazzinare caratteri ideografici e a cimentarsi con i molteplici toni con i quali i medesimi caratteri vengono pronunciati. 

Non è che gli entrassero ben bene nella testa, ma le urgenze erano molte. 

- Non passarono sei mesi che p. Caio fu destinato a una missione sui monti occidentali. A più di 300 chilometri dalla capitale si elevava un altopiano dominato dai monti Luliang. L'altezza si aggirava sui 1500 metri con alcune vette che superavano i 2500. P. Caio partì il 1° novembre, pieno di entusiasmo e di giubilo. 

- La lingua divenne un incubo: da un paese all'altro la pronuncia era diversa e non riusciva a raccapezzarsi. 

29, anni - A Pechino era scoppiata la guerra (siamo nel 1900): numerosi rivoluzionari fanatici si erano scatenati contro i bianchi, che ritenevano invasori della loro terra. Erano i boxer. Procedevano come orde selvagge, brandendo spade e fucili, la fronte legata con un fazzoletto rosso. Si erano preparati con incantesimi che avrebbero dovuto renderli invulnerabili. Mentre a Pechino venivano moltiplicati gli assalti alla Legazione e alla chiesa, a Taiyuan si consumava la tragedia: l'uccisione dei vescovi Grassi e Fogolla e di altri 42 europei, tra cui tutti i missionari. 

- Furono mandati messaggi a p. Rastelli perché si mettesse in salvo. P. Caio, vestito da contadino, con un gran cappello in testa e un sacco sulle spalle uscì di notte dalla residenza e marciò verso ovest. Arrivato al Fiume Giallo non lo riconobbero e lo lasciarono passare. Si recò nella residenza di un missionario al di là del fiume, ma si fermò un solo giorno; e fu fortuna perché il mandarino che gli era nemico gli aveva mandato dietro dieci soldati, promettendo un premio se lo catturavano. 

- P.Barnaba e Manini giunsero primi in Mongolia, a Xiao-kiao-ban, la residenza fortificata dei padri Belgi di Scheut. Era il 29 luglio: avevano viaggiato 22 giorni tra immense fatiche e timori. Qualche giorno dopo giunse anche Rastelli: era irriconoscibile per il travestimento e più ancora per la magrezza a cui si era ridotto per le strettezze della sua missione e gli strapazzi del viaggio. 

Pochi giorni dopo scoppiò la persecuzione anche in Mongolia: il Vescovo e alcuni Padri furono uccisi, mentre gli altri si rifugiarono a Xiao-kiao-ban. 

- La residenza fortificata era stata costruita dai Padri belgi solo cinque anni prima per difendersi dalle orde dei mongoli o dai musulmani. 

Ai primi movimenti sospetti, i Padri fecero affluire nella zona fortificata i cristiani del villaggio: circa 500 persone. 

Alle dieci di sera del 9 agosto una moltitudine di boxer circondarono la residenza; ad essi si unì un'orda di mongoli avidi di bottino. Avanzavano portando fiaccole e facendo un rumore pauroso. Gridavano a gran voce: "Morte agli europei! Vogliamo mangiare la vostra carne". 

Gli assediati si difendevano dalle mura sparando sugli assalitori e a volte facevano delle sortite per sgominare le avanguardie; con i Padri combattevano anche i cristiani. 

I boxer si ritenevano invulnerabili, ma quando una quarantina di assediati decisero di uscirgli incontro sparando e menando le spade, sei boxer caddero, malgrado la loro invulnerabilità, e gli altri si diedero alla fuga. 

Il giorno dopo ritornarono; e così mattina e sera e perfino alla notte. I Padri e i cristiani sparavano dalle feritoie. Rastelli era stato congedato dal servizio militare col diploma di tiratore scelto e avrebbe potuto uccidere ad ogni colpo, ma deve aver cercato di colpire alle gambe o alle braccia se ci furono molti feriti tra gli assalitori e pochi morti. 

- Il 15 settembre, dopo trentasette giorni di assedio, Rastelli non ne poté più: si mise a letto divorato dalla febbre. 

Alla fine di settembre una notizia circolò tra gli assedianti: le armate straniere erano entrate a Pechino, l'imperatrice si era data alla fuga e i soldati europei facevano strage dei cinesi. Forse da qualche parte era anche giunto l'ordine di ritirarsi: i boxer lasciarono l'assedio e i mongoli, con i loro carri, si avviarono verso Ovest. 

- Qualche giorno dopo, p. Barnaba si avviò verso lo Shaanxi (Shenxi), la provincia a sud della loro missione. I due Saveriani dovettero attendere ancora quindici giorni perché Rastelli, non ancora ristabilito, non era in grado di intraprendere il viaggio. Partirono a metà ottobre; la guida, per non farli passare per le strade usuali forse pericolose, li condusse attraverso i monti, per sentieri impervii in una marcia che non finiva mai. 

Dopo quindici giorni, giunsero sfiniti a Xi'an, la capitale della Provincia dello Shaanxi. P. Rastelli pareva più malato di prima. 

Dovettero fermarsi per circa due mesi in attesa di un lasciapassare: solo il 10 dicembre lo ebbero nelle mani e il giorno dopo partirono. 

Ciò che trovarono appena entrati nel territorio della missione li colpì al cuore: sette sacerdoti cinesi uccisi tra i tormenti, 1.500 o 2.000 cristiani massacrati; le chiese e le residenze distrutte o gravemente danneggiate; le case dei cristiani date alle fiamme e interi villaggi completamente rasi al suolo. 

Gli eccidi erano stati compiuti paese per paese e i sopravvissuti erano nella più squallida miseria. 

- La sera del 24 dicembre giunsero al convento di Tong-el-kou. I cristiani accolsero i Padri con grandi manifestazioni di gioia. Era già l'imbrunire e, dopo tanti mesi di silenzio, la campana della chiesa cominciò a suonare per chiamare i fedeli alla celebrazione del Natale. 

P.Barnaba, Superiore del convento e Vicario generale della missione, costrinse affettuosamente Rastelli a celebrare la Messa di mezzanotte, rinunciando a celebrarla lui stesso, come sarebbe stato suo diritto. 

- Nei giorni seguenti p. Rastelli fu nominato Procuratore della missione. 

Iniziò subito un disagiato viaggio, per la vasta pianura, per valli e per monti, di paese in paese a riscontrare le rovine, a consolare i superstiti, a soccorrere gli indigenti. Un compito forse troppo pesante per il suo fisico indebolito e più per il suo cuore angosciato. 

- Dovette anche presentarsi al tribunale come rappresentante della Chiesa per chiedere la restituzione degli oggetti rubati durante i saccheggi e soprattutto per chiedere l'intervento dell'autorità per la riconsegna alla missione delle orfane che i pagani avevano rapito: di qualcuna non si ebbe più notizia. 

- Durò un mese questo suo peregrinare tra le miserie: si sentiva stanco da morire; tornato a casa ai primi di febbraio da un'ultima visita ai luoghi del dolore, si sentì male. Lo prese la febbre e la diarrea. Fu chiamato il medico cinese che diagnosticò il tifo. 

Furono tentati rimedi di ogni specie, si chiamarono dottori sempre più bravi, ma inutilmente. Odoardo Manini gli era sempre a fianco con affetto fraterno. P. Barnaba era andato a Pechino a implorare aiuti per i cristiani affamati e in convento rimaneva il p. Francesco Saccani di Parma che non abbandonò mai il malato. 

- Il 10 febbraio Rastelli volle alzarsi per far riposare le ossa rotte dal durissimo tavolato in cui giaceva. 

- Il giorno 13 si accinse a scrivere una lettera al Fondatore e ai genitori, ma la sospese alle prime righe perché si sentì mancare. Lo riportarono a letto, madido di sudor freddo e preso da tremiti in tutto il corpo. Riconobbe Manini ma non riuscì a parlare: gli strinse la mano affettuosamente. P. Francesco gli amministrò l'Unzione degli Infermi. 

Fu chiamato un vecchio medico di fama: diede qualche speranza, forse per non far brutta figura, scrisse una ricetta e se ne andò. Da quel momento si notò un cambiamento strano nel carattere di p. Caio: prima coraggioso, sprezzante dei pericoli, ora timido, pauroso, bisognoso che qualcuno gli stesse sempre vicino. 

- Gli ultimi giorni, al male fisico si aggiunse l'angoscia morale: lo avevano preso gli scrupoli. Si angustiava per ogni piccola cosa, temendo di commettere o di aver commesso peccato. Faceva spesso chiamare P. Francesco Saccani per ripetere le sue confessioni e non si dava pace. (...) Finalmente, dopo qualche giorno, il p. Francesco ebbe l'ispirazione di imporsi con l'autorità del confessore: gli comandò di non pensare più ai peccati e di abbandonarsi nelle braccia misericordiose del Padre celeste. Rastelli era tanto abituato a obbedire che, come per incanto, si calmò e passò tranquillo gli ultimi giorni. 

- Il 27 febbraio ebbe un po' di miglioramento, tanto che p. Francesco pensò di potersi assentare per affari urgenti. Alla sera sembrava assopito e il polso era abbastanza regolare, ma Manini era preoccupato; verso mezzanotte ritornò al capezzale dell'infermo. Alle quattro p. Caio entrò in agonia. Venne un sacerdote cinese per una nuova assoluzione e per le preghiere dei moribondi. 

- Alle sei e un quarto ebbe un colpo di tosse e spirò. Era il 28 febbraio; aveva 29 anni meno un mese.

DG
28 February 1901
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