Skip to main content

Una libertà di fondo e un orizzonte chiaro: la missione

1043/500

Cosa desidero da questo capitolo? 

Mi colpiscono queste parole di S. Ilario de Poitiers, che penso la maggior parte di noi conoscano, e che sembrano così attuali:

«Oggi ci troviamo a lottare contro un persecutore subdolo, un nemico seducente. Un tentatore che non flagella il dorso, ma liscia il ventre; non esilia a vita, ma condanna a morte coprendo di ricchezze; non ci chiude in carcere, dandoci la vera libertà, ma ci accoglie nei suoi palazzi, e così ci rende schiavi; non ci tormenta i fianchi, ma si impossessa del nostro cuore; non decapita con il ferro della spada, ma uccide l'anima con l'oro; non ci minaccia apertamente del rogo, ma in segreto attira su di noi il fuoco della Geènna. Non ci sfida, per non essere sconfitto, ma prevale su di noi con l'adulazione. Professa il nome di Cristo per poi sconfessarlo; si adopera per la conciliazione e ci toglie la pace; opprime gli eretici per fare sparire i cristiani; copre di onori i sacerdoti perché non vi siano più pastori; costruisce chiese e distrugge la fede». (S. Ilario di Poitiers, Contro l'imperatore Costanzo, 5)

Senza voler fare la scoperta dell’acqua calda, esse sembrano molto vicine all’idea che papa Francesco ci dà della “mondanità”. Non vorrei con questo accusare nessuno o fare polemica, ma lo sento dentro di me, appunto non in termini così evidenti come descritti, ma come qualcosa che subdolamente giace dentro di me. Sto scrivendo questa riflessione nel mese di febbraio, vicino alla quaresima e vorrei proporla anche nel ritiro parrocchiale.

S. Ignazio di Loyola, nelle sue regole per fare una elezione corretta, aveva chiaro che una cosa sola deve muovere l’esercitante: “il servire e lodare Dio”; ma nella vita ci accorgiamo dei vari spiriti che soffiano dentro il nostro cuore. Per questo motivo, Ignazio offre delle regole, per riconoscerli. Mentre le regole della prima settimana chiariscono quello che bisogna fare quando il male ci tenta apertamente; quelle della seconda settimana parlano di come il male cambia tattica travestendosi di “luce”, ingannandoci e trascinandoci verso gli interessi del nemico dell’uomo e di Dio.

Ripeto ancora: non si tratta di cercare i colpevoli, o di puntare il dito accusatore su qualcuno, ma di una tendenza che essendo subdola, si nasconde anche dentro ciascuno di noi e nelle nostre migliori intenzioni. Ora che mi è stato chiesto di dare il mio contributo nella riflessione per la preparazione al XVIII CG, sapendo che alcuni confratelli non hanno condiviso la scelta di prendere una parrocchia in Italia (e qui non si tratta di scegliere tra il male e il bene, ma di intuire il maggior bene, in questo momento storico), potrei avere dentro di me la pretesa di asserragliarmi nell’idea di difendere la decisione presa, e bloccare così qualsiasi obiezione che potrebbe essere fatta, o ragionata.

Immagino cosa potrebbe succedere se i capitolari avessero “intenzioni di difendere ad oltranza” o, meglio, avessero certe posizioni, che in fondo impediscono di accettare o di anche immaginare cammini che escono dalle proprie logiche, e dal proprio ego, sempre pronto a difendere i propri confini. Peggio ancora sarebbe poi boicottare le decisioni prese. E allora, cosa desidero da questo capitolo? Una libertà di fondo, e un orizzonte chiaro: la missione. Quali danni possono fare le “fazioni”, le “alleanze”, i “gruppi di pressione”!

Ammiro i nostri confratelli della Spagna che vedendo la loro situazione hanno deciso di tenere una sola casa a Madrid e di aprire una parrocchia in Murcia, vendendo i due appartamenti in cui risiedeva la comunità. Inoltre, hanno visto il loro numero e sono passati da Regione a Delegazione; ed anche se l’iniziativa è della DG, hanno creduto nell’apertura della comunità in Marocco. Evidentemente non voglio essere il loro postulatore per la beatificazione…, ma voglio sottolineare la libertà che hanno avuto nel modo di affrontare il futuro.

Oggi più che mai i cambi avvengono con una tale rapidità che può succedere quello che si verifica per il computer: nel momento in cui lo compro c’è già una versione più aggiornata. Ci troviamo con tante situazioni in un certo senso inedite, alle cui sfide i criteri di altri tempi non sono in grado di rispondere.

Alla libertà interiore, vorrei aggiungere il principio che nella Lettera Testamento il Conforti sostiene, “citando” san Paolo: Amatevi come fratelli; però – ed è quello che lo contraddistingue anche come pastore di Parma – rispettatevi come principi. E dalle testimonianze che abbiamo di lui, il suo agire era un’incarnazione del contenuto di quelle parole.

Papa Francesco parla di sinodalità, che diventa un altro nome per comunità o per spirito di famiglia. Ho avuto la fortuna di vivere in comunità dove la gente che ci conosceva diceva che quello che più li attraeva di noi era lo spirito di famiglia. Purtroppo, confesso, non in tutte. Quel “rispettatevi come principi”, diventa la cartina tornasole per vedere se una comunità è, come si dice oggi, “disfunzionale” o meno. Credo che non servano nuove strutture o nuovi strumenti perché le nostre comunità siano vicine allo spirito di famiglia che intendeva Conforti. Eppure, secondo il mio parere, che è sicuramente limitato e per questo ha bisogno del dialogo con i confratelli, in questo ci “giochiamo” il nostro futuro.

Già che il Signore ci ha aperto la strada delle comunità interculturali, esse stesse diventano la predicazione più efficace del Regno di Dio. Uno dei criteri, qualora si assegni un confratello ad una comunità, dovrebbe essere precisamente anche quello culturale. E un termine di verifica per ogni comunità non dovrebbe essere la “tolleranza”, perché quella si limita ai minimi termini. Piuttosto, dovrebbe essere quello della condivisione di tutto. Come diceva qualcuno, il principio educativo sarebbe “tutto noto a tutti, tutto condiviso con tutti, tutto discusso con tutti, tutto curato da tutti”. Se nella comunità rimangono ambiti, che “non riguardano” la comunità (escluso ciò che riguarda il foro interno, da trattare con un accompagnatore spirituale), iniziative e progetti “privati”, etc., essi sono segni di un cammino ancora lungo da percorrere, e quindi lontani da una evangelizzazione autentica. I progetti, le iniziative che si vorrebbero prendere sono frutto di desideri, a volte di bisogni personali, pressioni, che non sono condivisi nella comunità, ma tenuti ‘nascosti’ con molto timore.

Concludo dicendo che il rispetto non è solo il trattarsi con gentilezza, che già è qualcosa, ma è soprattutto il porre fiducia, l’aprirsi, l’ascoltarsi, l’accettarsi, il saper dare “tutto”.

Sono comunque convinto che alla fine lo Spirito Santo non ci abbandonerà nel capitolo, e quindi ci porterà, attraverso le decisioni prese dai capitolari, al cammino che dovremmo intraprendere per i prossimi anni. Per cui anche se non usciranno i risultati che ciascun confratello vorrebbe, tutto sarà sempre nelle mani del Signore.

P. Enzo Tonini, sx
Buttrio. Udine (IT)


A fundamental freedom and a clear horizon: the mission

What do I want from this Chapter?

I am struck by the words of St Hilary of Poitiers, which most of us know, and which seem so timely:

"Today we find ourselves fighting a devious persecutor, a seductive enemy. A tempter who does not whip the back, but smoothes the belly; he does not exile us for life, but condemns us to death by covering us with riches; he does not lock us up in prison, giving us true freedom, but welcomes us into his palaces, and thus enslaves us; He does not torment our hips, but takes possession of our hearts; he does not decapitate with the edge of the sword, but kills the soul with gold; he does not openly threaten us with the stake, but secretly draws down upon us the fire of Geenna. He does not challenge us, lest he be defeated, but overcomes us by flattery. He professes the name of Christ and then denies it; he works for conciliation and takes away our peace; he oppresses the heretics in order to make the Christians disappear; he covers the priests with honors so that there are no more shepherds; he builds churches and destroys the faith. (Saint Hilary of Poitiers, Against the Emperor Constantius, 5)

Without wanting to get into hot water, these sentences seem very close to the idea that Pope Francis gives us of "worldliness". I don't want to accuse anyone or be controversial, but I feel it within me, not in the same terms as St Hilary, but as something that is subtly hidden within me. I am writing this reflection in February, as Lent approaches, and I would also like to propose it at the parish retreat.

Saint Ignatius of Loyola, in his rules for making a correct election, made it clear that only one thing should move the retreatant: "to serve and praise God"; but in life we become aware of different spirits blowing in our hearts. For this reason, Ignatius proposes rules for recognizing them. While the rules of the first week specify what to do when evil openly tempts us, those of the second week tell how evil changes its tactics by disguising itself as "light", deceiving us and dragging us towards the interests of the enemy of man and of God.

I repeat: it is not a question of looking for the guilty, nor of pointing the finger at anyone, but of a tendency which, being subtle, is also hidden in each one of us and in our best intentions. Now that I have been asked to contribute to the reflection for the preparation of XVIII GC, knowing that some confreres did not share the choice of taking a parish in Italy (and here it is not a question of choosing between good and evil, but of sensing the greater good, at this historical moment), I could have the pretense of barricading myself in the idea of defending the decision taken, and thus blocking any objection that might be made, or motivated.

I can imagine what could happen if the confreres in the Chapter had "intentions to defend to the end" or, better still, had certain positions that finally prevented them from accepting or even imagining ways that go beyond their own logic and their own ego, always ready to defend its own boundaries. Worse still would be to boycott the decisions taken. So what do I want from this Chapter? A fundamental freedom, and a clear horizon: the mission. What damage can "factions", "alliances", "pressure groups" do!

I admire our confreres in Spain who, seeing their situation, decided to keep only one house in Madrid and to open a parish in Murcia, selling the two flats in which the community was living. In addition, they saw their number of members and went from Region to Delegation; and even though the initiative came from the GD, they believed in opening the community in Morocco. Obviously I don't want to be their postulator for beatification..., but I want to underline the freedom they had in their way of facing the future.

Today, more than ever, changes are happening so fast that what happens to the computer: by the time I buy it, there is already a more modern version. We are left with many situations that are in a sense new. The criteria of the past cannot always meet today's challenges.

To inner freedom I would like to add Conforti’s principle in the Letter Testament, "quoting" St. Paul: “Love one another as brothers; however - and this is what also distinguishes him as a pastor of Parma - and respect one another as princes”. And according to the testimonies we have of him, his actions were an incarnation of the content of these words.

Pope Francis speaks of synodality, which becomes another name for community or family spirit. I was fortunate to live in communities where people who knew us said that what attracted them most was our family spirit. Unfortunately, I confess, not in all communities. "Respecting each other as principles" becomes the criterion for whether a community is, as they say today, "dysfunctional" or not. I believe that no new structures or tools are needed to bring our communities closer to the family spirit that Conforti meant. However, in my opinion, which is certainly limited and which requires dialogue with the confreres, we are "gambling" our future in this.

Since the Lord has opened the way to intercultural communities, they themselves become the most effective preaching of the Kingdom of God. One of the criteria, if a confrere is assigned to a community, must also be the cultural factor. And a check term for every community should not be "tolerance", because that is limited to the minimum. It should rather be about sharing everything. As someone said, the pedagogical principle would be "everything known to all, everything shared with all, everything discussed with all, everything taken care of by all". If there are still areas in the community that "do not concern" the community (except for what concerns the internal forum, to be discussed with a spiritual guide), "private" initiatives and projects, etc., they are a sign of a long way to go, and therefore far from an authentic evangelisation. The projects, the initiatives that one would like to take are the result of desires, sometimes personal needs, pressures, which are not shared in the community, but kept "hidden" with great fear.

I conclude by saying that respect is not only treating each other with kindness, which is already something, but it is above all trusting each other, opening up, listening to each other, accepting each other, knowing how to "give everything".

However, I am convinced that at the end the Holy Spirit will not abandon us in the Chapter, and therefore will lead us, through the decisions taken by the confreres, on the path that we must follow for the next few years. Therefore, even if the results desired by each confrere do not happen, everything will always be in the hands of the Lord.

Enzo Tonini, sx
Buttrio. Udine (IT)


Une liberté fondamentale et un horizon clair : la mission

Qu’est-ce que je veux de ce chapitre ?

Je suis frappé par les paroles de saint Hilaire de Poitiers, que la plupart d’entre nous connaissent, et qui semblent si opportunes :

« Aujourd’hui, nous nous retrouvons à combattre un persécuteur sournois, un ennemi séduisant. Un tentateur qui ne fouette pas le dos, mais lisse le ventre ; il n’exile pas à vie, mais condamne à mort en couvrant de richesses ; il ne nous enferme pas en prison, nous donnant la vraie liberté, mais nous accueille dans ses palais, et nous asservit ainsi ; il ne tourmente pas nos hanches, mais prend possession de notre cœur ; il ne décapite pas avec le tranchant de l’épée, mais tue l’âme avec de l’or ; il ne nous menace pas ouvertement du bûcher, mais secrètement attire sur nous le feu de la Géenne. Il ne nous défie pas, de peur d’être vaincu, mais l’emporte sur nous par la flatterie. Il professe le nom de Christ puis le renie ; il travaille à la conciliation et nous enlève notre paix ; opprime les hérétiques pour faire disparaître les chrétiens ; il couvre les prêtres d’honneurs pour qu’il n’y ait plus de bergers ; il bâtit des églises et détruit la foi ». (Saint Hilaire de Poitiers, Contre l’empereur Constance, 5)

Sans vouloir faire la découverte de l’eau chaude, ces phrases semblent très proches de l’idée que le pape François nous donne de la « mondanité ». Je ne veux accuser personne ou faire de la controverse, mais je le ressens en moi, non pas dans les termes aussi identiques que ceux de Saint Hilaire, mais comme quelque chose qui se cache subtilement en moi. J’écris cette réflexion au mois de février, à l’approche du Carême et je voudrais aussi la proposer à la retraite paroissiale.

Saint Ignace de Loyola, dans ses règles pour faire une élection correcte, avait clairement indiqué qu’une seule chose devait émouvoir le retraitant : « servir et louer Dieu » ; mais dans la vie, nous prenons conscience des différents esprits qui soufflent dans nos cœurs. Pour cette raison, Ignace propose des règles pour les reconnaître. Tandis que les règles de la première semaine précisent ce qu’il faut faire lorsque le mal nous tente ouvertement ; ceux de la deuxième semaine racontent comment le mal change de tactique en se déguisant en "lumière", en nous trompant et en nous entraînant vers les intérêts de l’ennemi de l’homme et de Dieu.

Je le répète encore : il ne s’agit pas de chercher les coupables, ni de pointer du doigt quelqu’un, mais d’une tendance qui, étant subtile, se cache aussi en chacun de nous et dans nos meilleures intentions. Maintenant qu’on m’a demandé d’apporter ma contribution à la réflexion pour la préparation du XVIIIe CG, sachant que certains confrères n’ont pas partagé le choix de prendre une paroisse en Italie (et ici il ne s’agit pas de choisir entre le bien et le mal, mais pour pressentir le plus grand bien, en ce moment historique), je pourrais avoir en moi la prétention de me barricader dans l’idée de défendre la décision prise, et de bloquer ainsi toute objection qui pourrait être faite, ou motivée.

J’imagine ce qui pourrait arriver si les confrères au Chapitre avaient des "intentions de défendre jusqu’au bout" ou, mieux, avaient certaines positions, qui finalement les empêchent d’accepter ou même d’imaginer des chemins qui sortent de leurs propres logiques, et de leur propre ego, toujours prêt à défendre ses propres frontières. Pire encore serait de boycotter les décisions prises. Alors qu’est-ce que je veux de ce Chapitre ? Une liberté fondamentale, et un horizon clair : la mission. Quels dégâts peuvent faire les « factions », les « alliances », les « groupes de pression » !

J’admire nos confrères d’Espagne qui, voyant leur situation, ont décidé de ne garder qu’une maison à Madrid et d’ouvrir une paroisse à Murcie, en vendant les deux appartements dans lesquels vivait la communauté. De plus, ils voyaient leur effectif et sont passés de Région en Délégation ; et même si l’initiative venait de la DG, ils ont cru à l’ouverture de la communauté au Maroc. Évidemment je ne veux pas être leur postulateur pour la béatification…, mais je veux souligner la liberté qu’ils ont eue dans leur façon d’affronter l’avenir.

Aujourd’hui, plus que jamais, les changements se produisent si rapidement que ce qui arrive à l’ordinateur : au moment où je l’achète, il existe déjà une version plus moderne. Nous nous retrouvons avec de nombreuses situations dans un certain sens inédites. Les critères d’autrefois ne peuvent pas toujours répondre aux défis actuels.

A la liberté intérieure, je voudrais ajouter le principe que Conforti soutient dans la Lettre Testament, "citant" saint Paul : Aimez-vous les uns les autres comme des frères ; cependant – et c’est ce qui le distingue aussi en tant que pasteur de Parme – et respectez-vous comme des princes. Et d’après les témoignages que nous avons de lui, son action était une incarnation du contenu de ces mots.

Le pape François parle de synodalité, qui devient un autre nom pour l’esprit de communauté ou de famille. J’ai eu la chance de vivre dans des communautés où les gens qui nous connaissaient disaient que ce qui les attirait le plus chez nous, c’était l’esprit de famille. Malheureusement, je l’avoue, pas dans toutes les communautés. "Se respecter comme des principes" devient le test décisif pour voir si une communauté est, comme on dit aujourd’hui, "dysfonctionnelle" ou non. Je crois que de nouvelles structures ou de nouveaux outils ne sont pas nécessaires pour que nos communautés soient proches de l’esprit de famille que voulait dire Conforti. Pourtant, à mon avis, qui est certainement limité et qui nécessite pour cela un dialogue avec les confrères, nous "jouons" notre avenir en cela.

Puisque le Seigneur nous a ouvert la voie aux communautés interculturelles, elles deviennent elles-mêmes la prédication la plus efficace du Royaume de Dieu. L’un des critères, si un confrère est affecté à une communauté, doit aussi être le facteur culturel. Et un terme de vérification pour chaque communauté ne devrait pas être la "tolérance", car cela se limite au minimum. Il devrait plutôt s’agir de tout partager. Comme quelqu’un l’a dit, le principe pédagogique serait "tout connu de tous, tout partagé avec tous, tout discuté avec tous, tout pris en charge par tous". S’il reste dans la communauté des domaines qui "ne concernent pas" la communauté (sauf ce qui concerne le for interne, à discuter avec un guide spirituel), des initiatives et des projets "privés", etc., ils sont le signe d’un long chemin à parcourir, et donc loin d’une authentique évangélisation. Les projets, les initiatives que l’on voudrait prendre sont le résultat de désirs, parfois de besoins personnels, de pressions, qui ne sont pas partagés dans la communauté, mais gardés « cachés » avec une grande peur.

Je conclus en disant que le respect, ce n’est pas seulement se traiter avec bienveillance, ce qui est déjà quelque chose, mais c’est surtout se faire confiance, s’ouvrir, s’écouter, s’accepter, savoir "tout donner".

Cependant, je suis convaincu qu’à la fin l’Esprit Saint ne nous abandonnera pas dans le Chapitre, et donc nous conduira, à travers les décisions prises par les confrères, sur le chemin que nous devons suivre pour les prochaines années. Par conséquent, même si les résultats souhaités par chaque confrère ne se concrétisent pas, tout sera toujours entre les mains du Seigneur.

Enzo Tonini, sx
Buttrio. Udine (IT)


Una libertad de fondo y un horizonte claro: la misión.

¿Qué deseo de este capítulo?

Me impresionan estas palabras de San Hilario de Poitiers, que creo que la mayoría de nosotros conocemos, y que parecen tan actuales:

«Hoy nos encontramos luchando contra un perseguidor astuto, un enemigo seductor. Un tentador que no flagela nuestras espaldas, sino que agasaja nuestro vientre; no nos exilia de por vida, sino que nos condena a muerte cubriéndonos de riquezas; no nos encierra en la cárcel, dándonos la verdadera libertad, sino que nos acoge en sus palacios, y así nos esclaviza; no atormenta nuestros costados, sino que se apodera de nuestros corazones; no nos decapita con el hierro de la espada, sino que mata nuestras almas con oro; no nos amenaza abiertamente con la hoguera, sino que en secreto atrae sobre nosotros el fuego de la Gehena. No nos desafía, para no ser derrotado, sino que prevalece sobre nosotros con halagos. Profesa el nombre de Cristo para luego renegar de él; busca la conciliación y nos quita la paz; oprime a los herejes para hacer desaparecer a los cristianos; cubre de honores a los sacerdotes para que no haya más pastores; construye iglesias y destruye la fe» (San Hilario de Poitiers, Contra el emperador Constancio, 5)

Sin querer hacer el descubrimiento del agua caliente, estas palabras parecen muy cercanas a la idea de “mundanidad” del Papa Francisco. No quiero con esto acusar a nadie ni polemizar, pero lo siento dentro de mí, sólo que no en términos tan obvios como los descritos, sino como algo que se esconde astutamente dentro de mí. Escribo esta reflexión en el mes de febrero, cercano a la Cuaresma, y quisiera proponerla también en el retiro parroquial.

S. Ignacio de Loyola, en sus reglas para hacer una correcta elección, tenía claro que sólo una cosa debe mover al ejercitante: “servir y alabar a Dios”; pero en la vida nos damos cuenta de los diversos espíritus que soplan dentro de nuestro corazón. Por eso, Ignacio ofrece reglas para reconocerlos. Mientras que las reglas de la primera semana aclaran lo que debemos hacer cuando el mal nos tienta abiertamente, las de la segunda semana hablan de cómo el mal cambia de táctica disfrazándose de “luz”, engañándonos y arrastrándonos hacia los intereses del enemigo del hombre y de Dios.

Vuelvo a repetirlo: no se trata de buscar culpables, ni de señalar con el dedo acusador a nadie, sino de una tendencia que, siendo perspicaz, también se esconde dentro de cada uno de nosotros y en nuestras mejores intenciones. Ahora que se me ha pedido mi contribución en la reflexión para la preparación del XVIII CG, sabiendo que algunos hermanos no han compartido la elección de tomar una parroquia en Italia (y aquí no se trata de elegir entre el mal y el bien, sino de intuir el bien mayor, en este momento histórico), podría tener dentro de mí la pretensión de atrincherarme en la idea de defender la decisión tomada, y bloquear así cualquier objeción que se pudiera hacer, o razonar.

Imagino lo que podría ocurrir si los capitulares tuvieran “intenciones de defender hasta las últimas consecuencias” o, mejor aún, tuvieran determinadas posiciones, que básicamente les impidieran aceptar o incluso imaginar caminos fuera de su propia lógica, y de su propio ego, siempre dispuesto a defender sus propios límites. Peor aún sería boicotear las decisiones tomadas. Entonces, ¿qué quiero de este capítulo? Una libertad de fondo, y un horizonte claro: la misión. ¡Cuánto daño pueden hacer las “facciones”, las “alianzas”, los “grupos de presión”!

Admiro a nuestros hermanos de España que, viendo su situación, decidieron quedarse con una sola casa en Madrid y abrir una parroquia en Murcia, vendiendo los dos pisos donde residía la comunidad. Además, vieron su número y pasaron de Región a Delegación; y aunque la iniciativa es de la DG, creyeron en la apertura de la comunidad en Marruecos. Evidentemente no quiero ser su postulador para la beatificación..., pero sí quiero destacar la libertad que han tenido en la forma de afrontar el futuro.

Hoy, más que nunca, los cambios se producen tan rápidamente que puede ocurrir lo que con el ordenador: en el momento en que lo compro, ya hay una versión más actualizada. Nos encontramos con tantas situaciones, en cierto sentido inéditas, a las que los criterios de otros tiempos son incapaces de responder.

A la libertad interior, me gustaría añadir el principio que Conforti defiende en la Carta Testamento, “citando” a San Pablo: Amaos como hermanos; pero – y esto es lo que le distingue también como pastor de Parma – respetaos como príncipes. Y por los testimonios que tenemos de él, sus acciones eran una encarnación del contenido de esas palabras.

El Papa Francisco habla de sinodalidad, que viene a ser otro nombre de la comunidad o del espíritu de familia. He tenido la suerte de vivir en comunidades en las que las personas que nos conocían decían que lo que más les atraía de nosotros era el espíritu de familia. Por desgracia, lo confieso, no en todas. Ese “respetaos como príncipes” se convierte en la prueba de fuego para ver si una comunidad es, como se dice hoy en día, “disfuncional” o no. Creo que no hacen falta nuevas estructuras ni nuevos instrumentos para que nuestras comunidades se acerquen al espíritu de familia que entendía Conforti. Sin embargo, en mi opinión, ciertamente limitada y por tanto necesitada de diálogo con los hermanos, es aquí donde nos “jugamos” nuestro futuro.

Ya que el Señor nos ha abierto el camino de las comunidades interculturales, éstas mismas se convierten en la predicación más eficaz del Reino de Dios. Uno de los criterios, a la hora de asignar un hermano a una comunidad, debería ser precisamente también el cultural. Y un término de verificación para toda comunidad no debería ser el de la “tolerancia”, porque ésta se limita a lo mínimo. Más bien debería ser el de compartirlo todo. Como alguno dijo, el principio educativo sería “todo sea conocido por todos, todo compartido con todos, todo discutido con todos, todo cuidado por todos”. Si en la comunidad quedan ámbitos que “no conciernen” a la comunidad (excluyendo lo que se refiere al foro interno, a tratar con un acompañante espiritual), iniciativas y proyectos “privados”, etc., son signos de un camino aún largo por recorrer y, por tanto, lejos de una auténtica evangelización. Los proyectos, las iniciativas que se quisieran tomar son fruto de deseos, a veces de necesidades personales, de presiones, que no se comparten en la comunidad, sino que se mantienen ‘ocultas’ con mucho miedo.

Concluyo diciendo que el respeto no es sólo tratarse con amabilidad, que ya es algo, sino que es sobre todo poner confianza, abrirse, escucharse, aceptarse, saber darlo “todo”.

Sin embargo, estoy convencido de que al final el Espíritu Santo no nos abandonará en el Capítulo, y, por consiguiente, nos llevará, a través de las decisiones que tomen los capitulares, al camino que debemos seguir en los próximos años. Por lo que, aun si no emergiesen los resultados que cada uno de los hermanos quisiera, todo estará siempre en manos del Señor.

P. Enzo Tonini, sx
Buttrio. Udine (IT)

Enzo Tonini sx
07 April 2023
1043 Views
Available in
Tags

Link &
Download

Area reserved for the Xaverian Family.
Access here with your username and password to view and download the reserved files.